Strategie monetarie divergenti

Le Banche centrali dei Paesi industrializzati sembravano condannate a una politica di tassi bassi di lungo periodo. La Federal Reserve statunitense (Fed) dopo aver incrementato i tassi nel dicembre 2015 ha avuto dei dubbi. Il consenso non è più stabile e molti economisti e investitori credono che la Fed, non solo alzerà i tassi di interesse durante la riunione di dicembre, ma che nel 2017 ne velocizzerà il ritmo di crescita.

Dopo le promesse di Trump di rilanciare le spese in infrastrutture e di diminuire le imposte, la Commissione europea pronostica un allentamento della pressione sui deficit. Secondo alcuni osservatori, la BCE potrebbe seguire l’esempio americano sospendendo il riacquisto dei debiti e incrementando i tassi. Tuttavia, questo scenario sembrerebbe prematuro in Europa data la debolezza dell’unione monetaria e la prudenza dell’Istituto di Francoforte.

A dispetto delle ambiziose misure di rilancio promesse da Trump, è probabile che la Fed continuerà a incrementare i tassi, mentre la BCE seguiterà a supportare l’economia. Le conseguenze di una divergenza monetaria tra le due sponde dell’Atlantico potrebbero non solo far approdare più capitale negli Stati Uniti (grazie alla prospettiva di rendimenti più elevati), ma anche spingere il dollaro più in alto. Ciò costituirebbe uno svantaggio per i prodotti americani, che diventerebbero meno competitivi, bensì un vantaggio per gli esportatori europei.

Tuttavia, la BCE rischia una difficile situazione dovuta al deprezzamento dell’euro rispetto al dollaro. L’incremento dell’inflazione importata andrebbe a discapito dei consumi delle famiglie soprattutto in Francia, Italia, Spagna, Grecia e Portogallo, dove il costante livello elevato della disoccupazione limita gli aumenti salariali.

Danilo Turco

 

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