Le nuove collezione di LIU•JO Luxury

Orologi e gioielli sono diventati nel corso degli ultimi 10 anni un vero successo con una vendita complessiva di quasi quattro milioni tra orologi e gioielli in più di 30 paesi da Liu Jo Luxury (www.liujoluxury.it).
Un marchio italiano nato dalla partnership tra il brand d’abbigliamento LIU•JO (www.liujo.com) e la Nardelli Luxury (www.nardelliluxury.it) che a Basilea ha presentato la nuova collezione in occasione di Baselworld, la più importante fiera mondiale dell’orologio e del gioiello.
“Partecipiamo con interesse a Baselworld”, ha dichiarato l’amministratore delegato della Nardelli Luxury e direttore creativo di Liu Jo Luxury Bruno Nardelli. “Per noi è una tappa significativa di una strategia volta a intensificare la presenza del brand sui principali mercati, sulla scia del successo riscosso da Liu Jo prima in Italia e poi all’estero. I mercati a cui puntiamo di più sono Europa, Medio Oriente e Cina”.
La partecipazione a Baselworld, costituisce uno dei punti di un più ampio progetto di fidelizzazione della clientela.
“L’azienda – si legge in un comunicato -, unica realtà del settore, dal 2014 ha promosso con il Comitato Leonardo (www.comitatoleonardo.it) un Premio di laurea, che coinvolge giovani studiosi, laureati o laureandi in una ricerca sugli stili di consumo e i bisogni del cliente del fast fashion, individuando le leve di comunicazione e di marketing più efficaci. La cerimonia di assegnazione dei premi si svolge in primavera a Roma al Palazzo del Quirinale alla presenza del Presidente della Repubblica”.
Salvatore Adinolfi

Unisin Regionale Campania: “Donne e benessere psicofisico”

Inserito nel calendario del Marzo Donna 2017 rassegna ideata e promossa dall’Assessorato alla Qualità della Vita e alle Pari Opportunità del Comune di Napoli in collaborazione con gli Assessorati alle Attività Produttive, alla Scuola e all’Istruzione, ai Giovani, alla Cultura, al Welfare, le 10 Municipalità e gli organismi di parità, gli ordini professionali e le associazioni datoriali, sindacali e di categoria, si è tenuta presso la Fondazione Casa dello Scugnizzo il 28 marzo la tavola rotonda “Donne e benessere psicofisico”.

A parlarne dopo i saluti di apertura di Salvatore Adinolfi, Presidente Unisin Regionale Campania, Antonio Lanzaro, Presidente della Casa dello Scugnizzo e docente di diritto internazionale presso l’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”, e i saluti istituzionali di Daniela Villani, Assessore alla qualità della vita e alle Pari Opportunità del Comune di Napoli sono stati Maria Rosaria Bartoli, Comitato di Pari Opportunità Unisin Regionale Campania, Giuseppina Cesarelli e Luisa Festa, Comitato Unico di Garanzia Pari Opportunità del Comune di Napoli, Enzo Grano, massmediologo, Umberto Aleotti, avvocato e docente presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Antonella Verde, avvocato giuslavorista e il medico oncologo Claudia Pizzi.

A moderare la tavola rotonda e coordinare i lavori il Segretario Regionale di Unisin Regionale Campania Bianca Desideri.

Importanti ed interessanti spunti di lavoro e di approfondimento sono scaturiti dalla discussione che ha visto impegnati esperti e dirigenti sindacali.

“La tutela della salute e del benessere psicofisico è fondamentale per la vita delle Persone, in particolare delle Donne sulle quali oltre all’impegno lavorativo o professionale cedono anche i carichi della famiglia e la cura di bambini e anziani” ha evidenziato la Segreteria Regionale Unisin della Campania.

Molto si fa e si è fatto, ma molto ancora resta da fare e “compito delle politiche di pari opportunità e di welfare è quello di migliorare, con la partecipazione di tutti gli attori coinvolti, norme e servizi a supporto delle Donne e della famiglia”.

Prevenzione, tutela e cura, questi i temi di cui si è parlato e di cui si continuerà a parlare anche dopo il Marzo Donna.

 

 

Contro ogni violenza e discriminazione Unisin con e a fianco delle Donne

Una giornata trascorsa a parlare di discriminazioni e violenza di genere quella che ha visto impegnata a Roma Unisin con una tavola rotonda che ha concluso le attività dedicate al mese di marzo. Ormai  l’attenzione non è focalizzata più solo sull’8 marzo ma si preferisce dedicare alle Donne tutto il mese. In Italia e nel Mondo si sono succeduti moltissimi eventi che hanno focalizzato la loro attenzione sulle Donne e sui principali aspetti legati all’universo femminile.

Oggi 31 marzo UNISIN ha ripreso lo slogan lanciato l’8 marzo come titolo dell’incontro nel corso del quale sono stati affrontati i temi di principale interesse per le politiche di genere e di pari opportunità e di tutela delle donne  vittime di violenza di genere, di conciliazione vita/lavoro.

“Discriminazioni e violenza di genere sono purtroppo ancora fenomeni di cui siamo costretti a parlare – ha evidenziato Emilio Contrasto, Segretario Generale di UNISIN – e il mondo del lavoro rappresenta uno dei luoghi privilegiati per la prevenzione e per il contrasto alla violenza e alle politiche sessiste e per l’affermazione di piene pari opportunità per tutti”.

Emilio Contrasto e Daniela Foschetti, hanno portato i saluti dell’Organizzazione Sindacale anche da parte di Sergio Mattiacci, soffermandosi poi sull’attività che UNISIN svolge a tutela delle lavoratrici.

A seguire gli interessanti interventi di Umberto Aleotti, avvocato e docente presso l’Università di Napoli “Federico II” e Scuola Superiore per Mediatori Linguistici di Maddaloni; Immacolata Troianiello, avvocato e componente del C.d.A Cassaforense; Gabriele Slavazza, di Unisin; Giovanna Mugione, dirigente scolastico I.S. “G. Marconi” di Giugliano in Campania; Amalia Caso, docente I.S. “G. Marconi” settore audiovisivi; Emanuela Sermolino, docente I.S. “G. Marconi” settore audiovisivi e grafica; Cristina Morone, docente I.S. “G. Marconi” – responsabile web TV Marconi;  a concludere i lavori Antonella Batà, avvocato e ricercatore t.i. presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”.

Ha moderato l’incontro Bianca Desideri, direttore responsabile della testata giornalistica Professione Bancario e responsabile nazionale del Coordinamento Unisin Donne & Pari Opportunità.

Presenti e in piena attività di alcuni allievi del progetto web TV Marconi che hanno realizzato interviste e seguito i lavori e e alunni in rappresentanza della classe 5A che ha realizzato il corto sulla violenza di genere dal titolo “Non toccarmi” proiettato nel corso del dibattito.

Una giornata che ha visto la presenza di numerosi dirigenti sindacali di Unisin provenienti da molte regioni del Paese.

Alessandra Desideri

Uno spettacolo a sostegno del Progetto Nest

E’ Tomcat, lo spettacolo di James Rushbrooke, con la regia di Rosario Sparno, in un primo momento previsto al Ridotto del Mercadante andrà invece in scena giovedì 6 e venerdì 7 aprile alle 21.00 al teatro NEST di San Giovanni a Teduccio in via B. Martirano 17.
Tomcat è un inedito per l’Italia è una produzione del Teatro Stabile di Napoli – Teatro Nazionale e Casa del Contemporaneo, nella traduzione di Roberto Vertolomo.
Ma non solo spettacolo, anche un impegno per il progetto culturale Nest, infatti l’incasso sarà destinato al sostegno di questo progetto.
Andranno in scena Francesca De Nicolais, Fabiana Fazio, Luca Iervolino, Elisabetta Pogliani, Rosario Sparno. I costumi sono di Alessandra Gaudioso, il disegno luci di Riccardo Cominotto, le scene di Enrico de Capoa, le sonorizzazioni e le musiche sono di Massimo Cordovani, i disegni di Micaël Queiroz, aiuto regia Paola Zecca, il progetto è della Compagnia Bottega Bombardini.
Perché Tomcat. Tomcat è lo stato d’animo della protagonista protagonista che sente di essere – e di fatto è – un animale domestico, una cavia, sia per i medici, che la studiano, sia per Tom, il suo infermiere. Interessante lo studio dei i labili confini etici della ricerca scientifica, ponendo nello spettatore inquietanti quesiti anche sull’aborto e la sanità mentale.
Uno spettacolo da vedere per molti motivi, valorizzazione del territorio e del teatro Nest e attenzione al progetto.

Alessandra Desideri

Johanna Bonger, l’altro Van Gogh

La tumultuosa e sofferta vicenda esistenziale di Vincent Van Gogh, così profondamente legata alla sua arte, ancora non smette di interessare il vasto pubblico.

A pochi giorni dalla restituzione al Van Gogh Museum di Amsterdam dei due dipinti, la spiaggia di Scheveningen e la Chiesa di Nuenen, trafugati 14 anni fa e ritrovati nel covo di un malavitoso a Castellammare di Stabia, il mondo torna ad affascinarsi alla tecnica travolgente del maestro olandese, ai suoi segreti ed alla sua vita tormentata.

Eppure la nascita del mito è legata esclusivamente alla volontà e compassione di una donna, la cui storia dimenticata merita una luce ben più adeguata.

Johanna Van Gogh-Bonger sposò Theo Van Gogh, l’adorato fratello minore del maestro ribelle, nel 1889; intelligente e ben istruita, proveniva da una benestante famiglia borghese olandese, figlia di un broker assicurativo. Quello che Johanna comprese immediatamente fu il fatto che aver sposato Theo significava aver contratto impegno anche con il cognato Vincent. I due, infatti, erano legatissimi, lo testimonia il fitto epistolario tra i due, più di 900 lettere fondamentali per la ricostruzione postuma della figura e della poetica del maestro dei colori.

Alla tragica morte di Vincent, nel luglio del 1890, seguì quella altrettanto sofferta di Theo, solo 6 mesi dopo, e Johanna rimase sola, con un altro Vincent, il figlio neonato della coppia, e un numero spropositato di tele, circa 200, da dover curare e gestire.

Fu così che la cognata, semisconosciuta e defilata, si trasformò nella più oculata e scaltra dei promotori d’arte, decisa a lanciare l’inimitabile genio di Vincent Van Gogh, così come avrebbe fatto Theo. Trasferitasi da Parigi a Bussum, non lontano da Amsterdam, conobbe il gruppo letterario ed artistico dei “tachtigers”. Questi uomini e le loro compagne avevano fondato un gruppo socialista in una comune chiamata “Walden” (vita nel bosco) di Thoreau. Johanna fu indotta all’attivismo socialista da alcune delle donne e da loro prese l’idea di ammobiliare la sua villetta come un museo, la prima galleria d’arte per Van Gogh. La villa aveva un motivo funzionale, serviva da esposizione, una galleria casalinga dove la donna invitava artisti, collezionisti e mercanti, vendeva quel che voleva vendere e presto trovò la sua abitazione piena di visitatori. E il nome del pittore cominciò a farsi strada. Pur vendendone i quadri, Johanna si tenne gelosamente i capolavori, con una strategia ben precisa: esponendoli nelle varie mostre avrebbero portato più popolarità. La mostra autofinanziata del 1905, con ben 464 tele provenienti da ogni dove fu accolta con grande clamore ad Amsterdam e, nel 1914, il colpo di genio: pubblicare l’epistolario tra il marito e Vincent, quando ormai il nome del pittore era solido e tutta l’attenzione poteva spostarsi sul suo lato oscuro e sul processo creativo.  L’insperato e definitivo riconoscimento dell’arte di Van Gogh si ebbe nell’anno 1924, quando la National Gallery londinese comprò uno dei quadri più celebri: il Vaso di Girasoli.

Il dipinto era il preferito di Johanna, quello che secondo lei meglio riassumeva l’essenza dell’artista e non avrebbe voluto privarsene. Indugiò ma fine cedette e con quell’acquisto Van Gogh ebbe l’immortalità. Ma ben altra sorte toccò a Johanna Bonger. Morì l’anno dopo lasciando tutto al figlio, che donò allo stato olandese i quadri che avrebbero formato il Museo Van Gogh  di Amsterdam.

Johanna venne dimenticata dalla storia e il suo nome eclissato dall’accecante immagine di Vincent Van Gogh, eppure senza di lei quell’immagine sarebbe durata un attimo. Si disse che tutto questo lei lo aveva fatto per il figlio, affinché il passato non fosse sepolto con loro; per tramandare la memoria di quegli uomini e mostrarla agli occhi delle future generazioni.

Rossella Marchese

 Unisin Regionale Campania: tavola rotonda “Donne e benessere psicofisico”

Diffondere la cultura di genere ed implementare concetti fondamentali come la sicurezza sul lavoro in una visione non neutra, ma differenziata tra uomo e donna, o, ancora, la valorizzazione della diversità reattiva dell’organismo femminile e maschile allo stress come alla malattia, sono i temi del dibattito che Unisin Regionale Campania ha posto al centro della tavola rotonda “Donne e benessere psicofisico” che si terrà domani 28 marzo, ore 10.00, presso la Casa dello Scugnizzo in piazzetta San Gennaro a Materdei n. 3 a Napoli.

A parlarne dopo i saluti di apertura di Salvatore Adinolfi, Presidente Unisin Regionale Campania, Antonio Lanzaro, Presidente della Casa dello Scugnizzo e docente di diritto internazionale presso l’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”, e i saluti istituzionali di Daniela Villani, Assessore alla qualità della vita e alle Pari Opportunità del Comune di Napoli e Antonietta Bozzaotra, Presidente dell’Ordine degli Psicologi della Campania, saranno Maria Rosaria Bartoli, Comitato di Pari Opportunità Unisin Regionale Campania, Giuseppina Cesarelli e Luisa Festa, Comitato Unico di Garanzia Pari Opportunità del Comune di Napoli, Enzo Grano, massmediologo, Umberto Aleotti, avvocato e docente presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Antonella Verde, avvocato giuslavorista e il medico oncologo Claudia Pizzi.

A moderare la tavola rotonda e coordinare i lavori il Segretario Regionale di Unisin Regionale Campania Bianca Desideri.

L’iniziativa è inserita nel calendario del Marzo Donna 2017 rassegna ideata e promossa dall’Assessorato alla Qualità della Vita e alle Pari Opportunità del Comune di Napoli in collaborazione con gli Assessorati alle Attività Produttive, alla Scuola e all’Istruzione, ai Giovani, alla Cultura, al Welfare, le 10 Municipalità e gli organismi di parità, gli ordini professionali e le associazioni datoriali, sindacali e di categoria.

“La tutela della salute e del benessere psicofisico è fondamentale per la vita delle Persone, in particolare delle Donne sulle quali oltre all’impegno lavorativo o professionale cedono anche i carichi della famiglia e la cura di bambini e anziani” evidenzia la Segreteria Regionale Unisin della Campania.

“Le Donne, inoltre, sono le più soggette al rischio povertà, che incide in maniera rilevante su prevenzione e cure per la salute” – sottolinea la Segreteria Regionale.

Normative internazionali, nazionali e di contrattazione di primo e secondo livello garantiscono la tutela della salute e del benessere psicofisico ad ogni livello compresi i luoghi di lavoro. “Ma si può fare di più – sostiene la Segreteria Regionale Unisin Regionale Campania – e compito delle politiche di pari opportunità e di welfare è quello di migliorare, con la partecipazione di tutti gli attori coinvolti, norme e servizi a supporto delle Donne e della famiglia”.

Prevenzione, tutela e cura, se ne parlerà domani nel corso della tavola rotonda.

A Sassari gli incontri con Tiziana Barillà

DSC_0125-coppola1Prima trasferta in Sardegna per Tiziana Barillà, giornalista del settimanale politico Left, inviata sui fronti caldi della politica internazionale con particolare esperienza legata ai temi delle migrazioni e delle discriminazioni di genere. La giovane reporter originaria di Reggio Calabria è stata ospite nella mattinata del 10 marzo del seminario di studi organizzato dalla Biblioteca del Liceo Artistico Filippo Figari di Sassari. Il secondo in questo anno scolastico 2016/2017, nell’ambito  della rassegna “La biblioteca che promuove” a cura della professoressa Tiziana Fois.

Con le quinte classi e una delegazione di docenti nell’aula magna affollata da oltre cento studenti  si è approfondito il tema delle migrazioni umane.  Argomento  d’attualità e urgenza globale con le gravi e quotidiane ricadute negli stati della UE Italia compresa. Una discussione a tutto tondo sui flussi migratori, le strategie messe in campo dai nostri governi, spesso risolte con accordi bilaterali con Stati come la Turchia o in guerra come la Libia.

La giornalista ha aperto i lavori con la proiezione di un breve video divenuto un caso virale in Rete,  “Il viaggio del tuo dna” (https://www.youtube.com/watch?v=6yg4BDuJXV8), uno straordinario messaggio che sdogana con riscontri scientifici un puntuale ritorno  filo-razzista nel pensiero occidentale. Il secondo elemento forte nell’intervento della Barillà è stato la lettura di un documento inerente prescrizioni chiaramente discriminatorie nei confronti di una categoria precisa d’immigrati. Dalla lettura erano stati omessi  titolo e fonti visto che il contenuto appariva verosimilmente contemporaneo e riferito a note xenofobe nei confronti degli extra comunitari presenti nel nostro Paese. Quando è stato chiesto all’assemblea chi potessero essere i protagonisti del documento, immediata la risposta corretta di una studentessa nel riconoscere nelle autorità statunitensi gli estensori di quella disumana gazzetta, redatta agli inizi del Novecento nei confronti degli immigrati italiani approdati in massa nel nuovo e democratico continente.

Con una serie di dati oggettivi alla mano la Barillà ha offerto una panoramica dei flussi migratori nella società contemporanea destrutturando, al netto di qualsivoglia  impostazione ideologica, una ricorrente retorica “euro centrista” che addebita alla “invasione multi etnica” le note questioni internazionali tradotte nelle iniziative di gestione degli immigrati messe in campo nel nostro Paese. Una narrazione sui centri di accoglienza italiani declinati in diverse sigle e tipologie rispetto alle dimensioni e alle capienze offerte per una “ospitalità” che rimane un eufemismo, considerate le condizioni in cui versano ammassate centinaia o migliaia di esseri umani.

L’occasione ha offerto di estendere la discussione al sistema d’informazione organizzato dai network internazionali basato sui palinsesti delle maggiori e potenti agenzie di stampa che producono quotidianamente le materie prime per le priorità informative dei principali media nazionali estinguendo di fatto i reportage degli inviati divenuti quasi “arnesi da museo”. In questo contesto smantellare alcuni luoghi comuni divenuti punti chiave nella filosofia protezionista anti immigrato (“ci rubano il lavoro” – “sono portori di terrorismo e malattie” – “tornino a casa loro” – “ci costano 35 euro al giorno ciascuno”  e quant’altro), diviene una pratica molto complicata nella omologazione del pensiero unico. Hanno contribuito al dibattito le esperienze di Carlos Gardini (presidente della consulta degli immigrati a Sassari), argentino da oltre venti anni residente a Sassari e dalla sua collega Maria Grazia Satta di origini cilene.

Il messaggio unanime ha invitato i ragazzi, molto partecipi alle discussioni,  alla crescita di un personale spirito critico rispetto a tutto il mondo frenetico della comunicazione digitale che li circonda quotidianamente.

La giornata sassarese di Tiziana Barillà è proseguita in serata nella sua veste di scrittrice esordiente. Presso la libreria indipendente Koinè di Aldo Addis è stato presentato il suo primo libro “Don Quijote de la Realidad. Ernesto Che Guevara e il guevarismo”.  Il volume (edizioni bookabook) riprende una esperienza passata dell’autrice in occasione della sua tesi di laurea in Scienze Politiche, discussa all’Università di Messina. La versione distribuita in libreria nello scorso autunno nasce dall’esigenza di cogliere l’essenza della teoria politica e rivoluzionaria di Guevara, troppo spesso edulcorata in vere e proprie campagne strumentali.  Un tentativo, ben riuscito, di collocare in un orizzonte sostenibile l’ultimo “eroe a cavallo che sceglie di sacrificare la propria vita per la giustizia e la libertà degli oppressi del mondo”.

Nell’incontro presentato da Luigi Coppola, collaboratore di varie testate online fra le quali la nostra, è emersa la figura più verosimile di un combattente politico per la rivoluzione proletaria degli ultimi contro il neocolonialismo e l’imperialismo occidentale.

Una narrazione depurata dai noti clamori leggendari e sentimentali. Avvolti dal mito di un abusato refrain commerciale che ne ha spesso svilito la corretta conoscenza storica con tutte le conseguenze politiche che ancora oggi addensano nubi opache sulle vicende che sono a noi vicine. Molto più di quanto possiamo immaginare.

USA: primo incontro tra Angela Merkel e Donald Trump

La Cancelliera Merkel ha incontrato per la prima volta il Presidente statunitense Donald Trump.

Venerdì 17 marzo, c’è stato il primo incontro tra la Merkel e Trump dopo la sua elezione a presidente degli USA. L’obiettivo è raggiungere una convergenza sulla difesa e sugli scambi commerciali. Trump ha apprezzato il Brexit; il suo consigliere strategico – Stephen Bannon –  considera l’Unione europea un limite per i nazionalismi necessari per preservare la minacciata identità occidentale.

Secondo Walter Russell Mead – geopolitico dello Hudson Institute – la logica America First implicherebbe una visione della Russia non più come minaccia importante per gli interessi americani. Ciò rimetterebbe in discussione le fondamenta del Patto atlantico.

Le proposte moderate di fine febbraio a Bruxelles del vicepresidente statunitense Mike Pence (una delle voci discordanti nell’Amministrazione Trump) rassicurarono l’Ue. Pence promise di approfondire i rapporti con un’Europa insidiata dal Brexit. L’Ue pertanto attende la concreta linea americana in materia di libero-scambio e tassazione delle imprese. Un moderato ottimismo non ha eliminato del tutto le speranze sul TTIP (l’accordo commerciale con gli USA), nonostante l’opposizione di Trump.

La Cancelliera tedesca è il primo premier europeo a incontrare il Presidente Trump ed è inoltre alla guida di una potenza (nelle esportazioni) i cui successi commerciali non sono particolarmente graditi dal Presidente americano. Angela Merkel è stata accompagnata da alcuni importanti dirigenti di aziende tedesche: Harald Krüger di BMW e Joe Kaeser de Siemens, due imprese saldamente radicate negli USA.

Gli Stati Uniti rappresentano il terzo partner commerciale per la Germania che è disposta a incrementare la sua quota di spesa per la sicurezza, raggiungendo il 2% del PIL per il budget della difesa – un’esigenza degli USA per la NATO –, ma in modo progressivo. Angela Merkel punta a sviluppare buoni rapporti con Trump basandosi sulla pazienza e l’impegno.

Danilo Turco

Ritornano sulle scene musicali The Cranberries con un nuovo album

Esce il 28 aprile “Something Else” (BMG Rights Management), il nuovo disco dei Cranberries. Il disco sarà anticipato dal primo singolo “Why”, in radio dal 24 marzo. “Something Else” contiene tre brani inediti e i successi della band irlandese rivisitati in chiave orchestrale. Il titolo del nuovo lavoro “Something Else” ha un legame con il primo disco “Everybody Else Is Doing It”. “Non è un titolo causale – chiarisce Dolores O’Riordan, leader del gruppo. Non dice per forza che ci sarà qualcos’altro e non dice nemmeno che questo sia un gran finale. Credo che segni un legame con il primo disco piuttosto bene. Non ho idea di cosa ci sia in serbo per noi. Non sono più gli anni ‘90, questo è sicuro. E nemmeno vorrei che lo fossero. Spero ci sia del nuovo. Spero che ai fan piaccia quello che abbiamo fatto con le canzoni”. Dolores aveva 18 anni quando i The Cranberries iniziarono. “Ero solo una bambina allora. Ero una innocente diciottenne, non ero matura, ero più simile a una quindicenne. Ero molto fortunata del fatto che le canzoni avessero avuto così tanto successo, ma la cosa aveva anche i suoi lati negativi. Il successo è stato travolgente per me. Sei così occupato a lavorare che non hai nemmeno il tempo di guardare e di capire cosa stai passando”. Grazie all’abilità di scrittura di Dolores e Noel, le nuove canzoni si posizionano, accanto a pezzi come “Zombie”, “Dreams”, “RidiculousThoughts” e “Ode to my Family”, che hanno fatto la storia del gruppo,  il tutto accompagnato da sontuosi nuovi arrangiamenti d’archi che affondano le radici nel fecondo suolo irlandese, distillati in un grande tempio del mondo accademico. “Ho iniziato piuttosto giovane a scrivere canzoni”, racconta Dolores, “avevo forse 12 anni. Non avevo idea del perché lo stessi facendo; era solo qualcosa dentro di me che voleva uscire. Sono orgogliosa delle mie vecchie canzoni, adesso posso concedere a me stessa il fatto di riconoscerlo. Ma la vita è così frenetica che non si ha spesso la possibilità di farlo. Credo che questo sia il significato di questo disco per me”. I Cranberries partiranno, a maggio, con un nuovo tour che toccherà anche l’Italia: il 12 giugno Milano, il 23 Piazzola sul Brenta, il 24 Firenze, il 26 Roma, e il 27 Cattolica.

Nicola Massaro

Corto d’autore per le donne ribelli dimenticate dalla storia

Si chiama Nessuno può portarti un fiore ed è un cortometraggio, girato nel 2012 e finanziato tramite crowfunding, nato in Argentina dall’idea tutta italiana di Stefano Chiovetta e Viola Kanka, ispirati dall’omonimo libro di Pino Cacucci.

Nel progetto cinematografico sono raccolte e raccontate le storie di tre donne ribelli e fuori dall’ordinario, che hanno pagato con la propria vita la scelta di inseguire i propri ideali: Edera Francesca de Giovanni, Irma Bandiera e Tania Tamara Bunkee.

Edera, aveva 21 anni quando il 1° aprile del 1944 fu fucilata da un plotone di esecuzione fascista, dopo essere stata torturata per ottenere informazioni sul’organizzazione dei gruppi partigiani bolognesi. La storia racconta che, dopo la cattura, accusata di essere a capo dell’organizzazione della 36ma Brigata Garibaldi, davanti ai suoi assassini gridò: “ Tremate! Anche una ragazza vi fa paura!”. Fu la prima vittima della Repubblica di Salò. Dopo di lei, Irma Bandiera, la donna che custodiva i segreti della Resistenza, aveva con sé dei documenti cifrati quando fu catturata e le autorità fasciste volevano sapere da lei chi fossero i capi del movimento e dove fossero le basi; fu torturata per giorni, inutilmente, perché lei non fece nessun nome. “La più ignominiosa disfatta della loro sanguinante professione si chiamò Irma Bandiera”, così Renata Viganò, partigiana e scrittrice, conclude un passo del suo libro Donne della Resistenza.

Tania “la guerrigliera”, fu braccio destro del Chè. La sua famiglia di origine tedesca era comunista e scappò dalla Germania nazista rifugiandosi in Argentina; lavorando come interprete, nel 1960 conobbe Ernesto Che Guevara, erano gli anni della Rivoluzione cubana e nel ’64 le venne affidata una missione speciale: infiltrarsi nell’alta società boliviana e raccogliere informazioni per la grande causa rivoluzionaria. La sua dedizione alla causa fu totale e combattè fino a trovare la morte nel 1967, in una imboscata. Quell’anno Tania scrisse una poesia: “il mio nome sarà dimenticato e nulla di me rimane sulla Terra”. Oggi il suo nome campeggia a fianco a quello del Chè sul Mausoleo della Rivoluzione a L’Avana.

Nel corto, l’intenzione dei nostri connazionali è quella di rispettare ed onorare la forza femminile e quanto è capace di fare, e le ambientazioni che sono state scelte per rendere questo concetto non sono casuali: dal delta del fiume Tigri, ai palazzi abbandonati di Sarajevo la suggestione è quella che deve portare lo spettatore in un viaggio oltre ogni limite. Per il regista, Stefano Chiovetta: “la natura e l’architettura abbandonata, che l’uomo ha lasciato dietro di sé, sono i posti perfetti per poter narrare la memoria di queste donne, per poter narrare la sofferenza e la solitudine che hanno patito”.

Nessuno può portarti un fiore nasce dalla lettura del libro di Pino Cacucci, ed ha aperto le porte di questo universo di celluloide. Nel libro, le storie dei ribelli dimenticati, tra cui queste donne, sono diventate i fiori che omaggiano queste vite lontane, le mimose ideali per questo marzo de nuovo millennio.

Rossella Marchese

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