L’odissea del CAM, il Contemporary Art Museum di Casoria

Il CAM (Contemporary Art Museum) di Casoria combatte le sue battaglie per rimanere in vita, nonostante la cronica assenza dei fondi culturali ministeriali, praticamente da sempre, da quando, nel 2004, il suo fondatore e direttore, Antonio Manfredi, ha aperto i battenti di un’area espositiva di 3500 mq che ha la forma di un grande anfiteatro open space e nel quale sono raccolte, in varie sezioni denominate “sale”, circa 1200 opere, in una collezione permanente, di arte contemporanea di pittura, scultura, fotografia, video, arte multimediale ed installazioni di artisti provenienti da tutto il mondo. E non solo, il CAM vanta una delle maggiori collezioni europee di arte multimediale, di arte orientale, di arte contemporanea africana e la più completa collezione di opere degli artisti napoletani contemporanei dal secondo dopoguerra ad oggi

Nonostante ciò, il pericolo di chiudere è concreto anche per il prossimo 2018, tant’è che l’ultima campagna lanciata dal coriaceo direttore Manfredi, “support o’ CAM”, prevede   rivoluzionaria proposta per sopperire alla eterna mancanza di finanziamenti istituzionali.

Saranno gli stessi artisti a finanziare il museo adottando annualmente 1 metro degli spazi del museo e al contempo, privati cittadini e aziende potranno fare lo stesso, adottando a loro volta  una delle opere in collezione permanente oppure partecipando con una piccola somma  e vedere inserito il proprio nome permanentemente sulla “Colonna delle donazioni” al centro del museo. Una delle più interessanti operazioni artistiche mai realizzate da una istituzione culturale autogestita direttamente dagli artisti, da privati cittadini amici del museo e dalle aziende.

Ancora una volta l’unicità del CAM si manifesta con tutta la sua forza dirompente; il direttore Manfredi, che non è nuovo a forme di protesta originali e clamorose ha dichiarato con una nota all’ANSA, prima di farsi fotografare incatenato al termosifone della stanza del Sindaco di Casoria, Pasquale Fuccio, a proposito del pericolo chiusura: “Non permetterò ancora di giocare con un museo che da tredici anni lotta per la sopravvivenza e realizza mostre contro ogni forma di sopruso sociale e culturale in una terra di camorra e di problematiche sociali spaventose. Siamo un bene da tutelare”.

Rossella Marchese

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