La Costituzione è presbite! L’ultimo ricordo di Alessandro Galante Garrone

Nell’anno che celebra il primo Sessantennio dalla promulgazione della nostra Carta fondamentale, ogni testimonianza appare preziosa, anche quelle che appartengono ad un passato prossimo.

Quindici anni fa ci lasciava Alessandro Galante Garrone, esponente di primo piano della Resistenza e del Partito d’Azione, magistrato antifascista, storico e scrittore, uno che osò criticare apertamente le leggi razziali subito dopo la loro promulgazione. Di queste testimonianze così dirette, purtroppo, il presente ce ne riserva sempre meno, pertanto rimanere saldi ad un certo nostro passato storico di lotta per la democrazia sembra piuttosto opportuno, soprattutto per combattere la deriva culturale che si sta abbattendo sul Paese, sempre meno strisciante.

Negli ultimi anni di vita Galante Garrone dedicò la sua riflessione alla memoria dei propri maestri e alle battaglie civili per la laicità dello Stato, contro l’antisemitismo e la corruzione e, interpellato sulla Costituzione italiana, nel 1997 scrisse un inedito per il convegno romano promosso in occasione del Cinquantesimo anniversario dell’approvazione del testo costituzionale, mai pubblicato fino ad oggi.

Nel testo si sottolinea l’importanza del rapporto tra l’indagine storica e il testo della Costituzione; un rapporto affascinante, scriveva Galante Garrone, anche per meglio intendere i problemi politici e sociali che vi sono connessi e che ne fanno una “scienza in azione”.

Si legge: “Il compito che sta davanti agli italiani, in quest’ora di solenne rievocazione, non è quello di creare dal nulla una Carta fondamentale nuova di zecca. Le Costituzioni veramente vitali non nascono da escogitazioni a tavolino, ma per lo più da vere e proprie crisi repentine e drammatiche: come rivolgimenti di fondo, una grande guerra perduta, il crollo di un regime, la dissoluzione di uno Stato. Così furono per noi gli eventi del 1943-’45. Oggi in Italia ci pare prevalga nell’opinione di gran parte degli studiosi, politici e cittadini che si prendono cura dell’avvenire della nostra patria, qualcosa di diverso: la volontà di preservare tutto quel che ancora di vitale sussiste nella nostra Costituzione. Il compito essenziale e improrogabile è, semmai, quello di irrobustirla ed ammodernarla, in due parole; non buttarla nel cestino o comportarci come se essa fosse già morta. Mi pare che si imponga la necessità di migliorare, anziché stravolgere o addirittura porre nel nulla la Costituzione di Cinquanta anni fa: questa Costituzione che, pur con tutte le sue pecche può ancora definirsi, come argutamente fu detto tanti anni fa da Calamandrei, una Costituzione “presbite”, perché guarda e vede lontano, nell’avvenire”.

Rossella Marchese

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