La provocazione dietro il quadro preraffaellita del museo di Manchester

 Lo scorso 2 febbraio è accaduto un evento alquanto insolito, che non tutti, compresi media internazionali e opinione pubblica di mezzo mondo hanno letto in maniera univoca: all’Art Gallery di Manchester, sotto disposizione della curatrice della collezione d’arte contemporanea del museo, mrs Clare Gannaway, è stato rimosso il dipinto del pittore preraffaellita John William Waterhouse, Hylas and the Nymphs, perché veicolatore di messaggi in contrasto con la campagna #metoo.

Inutile dire che la scelta ha provocato un dibattito di tale portata che non solo il dipinto è stato rimesso al suo posto, ma la Gannaway si è dovuta affrettare a spiegare quella che chiaramente voleva essere una provocazione e che, invece, è risultata un’azione poco riuscita e palesemente fraintesa.

Innanzitutto l’opera: Hylas and the Nymphs fu dipinto dal dotato Waterhouse nel 1896, una fantasia vittoriana frutto del clima artistico e letterario di quei tempi, tra romanticismo e decadentismo, che rappresenta il mito di Ila, il giovane amato da Eracle rapito e ucciso dalle bellissime Ninfe che lo trascinano nel fiume con loro.

Facendo riferimento ai sensuali ed adolescenziali corpi nudi delle giovanissime Ninfe ritratte, Clare Gannaway ha fatto tirare giù il quadro dalla parete ed al suo posto ha fatto esporre un avviso che spiegava dell’intento non di promuovere la censura ma di stimolare il dibattito; ma che tipo di dibattito? Forse una provocazione attorno ad una più generale visione del corpo delle donne nell’arte, degli artisti maschi e di coloro che di quell’arte hanno fruito, per lo più maschi.

Eppure si avverte qualcosa di difficilmente tollerabile nel gesto comunque quasi oscurantista della Gannaway; censurare un’opera d’arte che potrebbe offendere il moderno pudore di chi battaglia per la parità di genere apre, effettivamente, degli scenari quanto meno perturbanti e nuovi quesiti morali. È opportuno parlare di oscenità dei corpi, sempre, anche nell’arte? Fino a che punto si può rifiutare un’immagine?

C’è da rifletterci su.

Intanto, il caso di Manchester non è il solo; già in precedenza era stato censurato un dipinto di Balthus, Thérèse dreaming, che raffigura una ragazzina, pare, in atteggiamenti provocanti, esposto al Metropolitan Museum di New York, e contro il quale era stata lanciata una petizione da più di 8mila firme per la quale l’opera, realizzata nel 1938 dall’artista franco-polacco, doveva essere rimossa in quanto “promotrice di pedofilia”.

Si spera che questi atteggiamenti non diventino apparati specificamente preposti a prendere tali iniziative, ma rimangano appannaggio di singoli, e non trovino appoggio in professionisti inquadrati nelle istituzioni, più o meno compiacenti nel farsi pubblicità, che decidono di provvedere, per convinzione o opportunismo, in nome di un popolo in buona e cattiva fede.

Rossella Marchese

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