Lavoro e contratti a tempo determinato

Le azioni messe in atto per ridurre i contratti a tempo determinato sembra che non bastino. Il mercato del lavoro presenta “lavori” temporanei che per loro natura non scompaiono.

Secondo Istat-Rfl e gli Osservatori Inps, il numero di lavoratori che nel corso di un anno (dati 2016) sperimenta almeno un rapporto di lavoro a termine è alto e ha riguardato 3,1 milioni, per cui ci si chiede è possibile ridurre la dimensione assoluta e quindi l’incidenza del lavoro a termine? Come risposta a tale richiesta diverse misure sono state attivate sino ad ora per incentivare i rapporti di lavoro a tempo indeterminato (decontribuzione in varie forme previste dalle leggi di stabilità 2014, 2015 e 2017; introduzione con il Jobs act del contratto a tutele crescenti, per eliminare nel tempo i contratti a termine).

Tutti questi interventi obbligano le imprese a intensificare il turnover dei lavoratori temporanei, ma di per sé non ne vincolano l’utilizzo. Per cui l’efficacia di ciascuna misura dipende dalla semplicità e capillarità dei controlli, che devono diventare tempestivi, non solo puntuali e non sporadici, per garantire che non vi siano applicazioni della norma discrezionali. Per questo occorre provare a individuare quanti posti fissi potenziali le aziende “omettono” con contratti temporanei, facendo ruotare nel corso del tempo diversi lavoratori sulla medesima posizione. Si tratta quindi di distinguere tra occupati con contratti a termine impiegati in posizioni di lavoro effettivamente temporanei (come accade per un commesso stagionale in un negozio) e occupati a termine che “occupano” invece posizioni lavorative che per natura risulterebbero stabili.

Un esempio di questa analisi è quella di Veneto lavoro da cui risulta che su circa 60 mila imprese utilizzatrici di lavoro a tempo determinato nel corso dell’anno 2016, circa (10 mila) risultano aver posti di lavoro a termine in tutti i dodici mesi, corrispondenti a circa 40 mila unità di lavoro full year equivalent, pari a meno di un terzo del valore corrispondente calcolato per tutti i contratti a termine. Simili stime approdano a risultati analoghii dati nazionali. Da questo si evince che una riduzione dei contratti a tempo determinato – qualora le norme riescano a centrare il bersaglio – è importante azione, ma non risolutiva, in quanto  gran parte dei posti di lavoro temporanei sono per loro natura tai e non possono essere trasformati a tempo indeterminato.

Danilo Turco

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