Il ritorno agli Atenei, cresce il numero degli studenti universitari

Rispetto all’anno accademico 2016/2017, per questo appena trascorso il numero degli iscritti è salito ancora, quasi 12mila matricole in più in tutta Italia. Un trend positivo, questo, che si ripete ormai da quattro anni; uno dei pochi in realtà.

Dagli anni Duemila, questa, per le immatricolazioni universitarie è l’annata migliore. Tra esperti del settore e rettori, tutti sono concordi nel dire che si è tornati a vedere quota 300mila nuovi iscritti nel 2018. Ciò vuol dire che anche per l’università la grande crisi 2008-2014 ha smesso di mordere.

La crescita è abbastanza omogenea in tutto il Paese e questo rappresenta un plusvalore, soprattutto se si considera, dati ufficiali del Miur alla mano, che di 44 atenei che crescono, 14 si trovano al Sud.

L’Università di Ferrara guida la fila, raddoppiando gli iscritti da 3mila a 7mila, grazie all’abolizione del numero chiuso in buona parte dei dipartimenti; segue l’Università dell’Insurbia (Como e Varese), mentre i successivi, terzo e quarto posto di questa classifica, spettano agli Atenei di Messina e Catanzaro. Va registrata una crisi nel Centro Italia, area geograficamente limitata ma con molte università a risultati negativi. Agli Atenei messi in seria difficoltà dai terremoti, L’Aquila e Macerata, si aggiungono le difficoltà di prestigiose università laziali quali La Sapienza, Tor Vergata, con il rettore sotto processo per tentata concussione ed istigazione alla corruzione, la Tuscia nel Viterbese e l’Università di Roma foro Italico.

Pure l’Alma Mater di Bologna non sembra brillare in questa indagine, pagando un calo delle immatricolazioni per aver introdotto il numero chiuso in alcuni dipartimenti molto popolari, come Scienze Politiche. Mentre la Federico II di Napoli vive una ritrovata fiducia dei suoi studenti, attraendone molti sia dentro che fuori regione.

Intervistato sull’argomento, il rettore della virtuosa Università di Ferrara, Giorgio Zauli, ha parlato dell’abolizione del numero chiuso per i corsi di laurea a livello locale come di una battaglia culturale: “facciamo male al Paese se impediamo ai giovani di seguire le proprie inclinazioni. Tra l’altro c’è bisogno di più laureati, non il contrario. Come per Medicina: tra 10 anni mancheranno 110mila medici in Italia. Mantenere il numero chiuso a livello nazionale non ha senso”.

I paletti sono come sempre stretti, il sottofinanziamento degli Atenei e della ricerca all’interno di essi è un dato reale, tuttavia la tendenza positiva che mostra questa indagine non è da sottovalutare. Significa, anche, che nell’ultimo quadriennio positivo per le immatricolazioni, sono stati recuperati all’istruzione superiore decine di migliaia di diplomati; e questa è certamente un’ottima notizia.

Rossella Marchese

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