La stampa rotocalcografica dei francobolli

Fare il punto sui diversi tipi di stampa costituisce un ulteriore elemento per districarsi nel complicato campo delle possibili falsificazioni. Parlando dei diversi meccanismi di stampa, in questo articolo affronteremo la stampa rotocalcografica che, come la tipografica, è stata fra quelle maggiormente usate. Consiste nel preparare una composizione con delle parti cave destinate a fare da matrice per la produzione della stampa.

Il procedimento è abbastanza semplice: si parte da una riproduzione fotografica del bozzetto originale che viene riportato su una lastra diapositiva tante volte quanti sono i francobolli che comporranno il foglio, all’epoca ci troviamo di fronte a composizioni di 100 e 200 immagini. La diapositiva viene poi fatta combaciare con un foglio di carta preventivamente impressionato con un fitto reticolo di sottilissimi fili che è conosciuto come il “retino”. Il foglio, esposto alla luce, riceve l’impressione delle immagini che sono sulla lastra, spezzettate dal retino in piccolissimi punti. La carta pigmento così denominata viene poi collocata su un cilindro ricoperto di rame sul quale viene incisa l’immagine, grazie all’azione di speciali solventi ed acidi. In questo modo la sottile sfoglia di rame collocata in precedenza sul cilindro diviene la matrice di stampa, che collocata nella macchina rotocalcografica per effetto della rotazione si immerge in un bagno di inchiostro ed è pronta per stampare. L’inchiostro superfluo viene asportato da uno speciale spazzolatore, entrando quindi a contatto con il rotolo di carta continua, depositerà l’inchiostro con il disegno inciso.

I francobolli stampati con il sistema rotocalcografico si distinguono per la levigatezza della carta ed anche perché, il fondo di sicurezza del francobollo stesso, osservato con una lente di ingrandimento, appare costituito da una fittissima rete di puntini.

I francobolli rotocalcografici hanno in comune numerosi elementi relativi alla composizione e alla numerazione dei fogli, alla dentellatura, alla gomma e alle varietà (varietà relative a stampe evanescenti e incomplete, a stampe su carta ricongiunta a difetti di incisione a gradazione di colore).

Dal 1929 in poi, contemporaneamente al trasferimento dell’Officina Governativa Carte Valori da Torino a Roma presso l’Istituto Poligrafico dello Stato ed in seguito all’acquisto di speciali macchinari da parte dell’Officina stessa, è stato il sistema più usato per la stampa dei francobolli italiani. Da quella data, come già detto, il sistema tipografico fu completamente abbandonato tranne per stampare le serie pacchi postali senza fasci al centro datati 1946.

Salvatore Adinolfi

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