L’urban fantasy Sancta Sanctorum

Gilbert Gallo, Lei ha scritto una urban fantasy. Può definire siffatto genere e, qualora possibile, indicare il solco letterario in cui s’inserisce?

Si definisce Urban Fantasy un sottogenere del Fantasy in cui le vicende si svolgono prevalentemente in ambienti urbani. Quindi a differenza di Tolkien che ambienta le sue storie in ambienti aperti (foreste, montagne e piccoli villaggi), gli scrittori urban fantasy collocano il sovrannaturale in un ambiente urbano/metropolitano. Il setting può essere moderno (XIX secolo in poi) contemporaneo o anche futuristico.

I miei più grandi ispiratori del genere per Sancta Sanctorum sono Neil Gaiman col suo American Gods e il fumetto/serie TV “The Preacher” di Ennis/Dillon.

L’ambientazione ed il sottinteso diffuso è la mitologia a noi più familiare fornita dalla religione cattolica, con l’apparato sovrannaturale ed il manicheismo di cui è permeata. Qual è la prospettiva da cui guarda i Santi? Li ha concepiti come supereroi estranei alla tradizione altresì originali?

Ho sempre pensato che i Santi fossero i “nostri” supereroi: esempi di virtù, altruismo, sacrificio e paladini del bene. Li abbiamo “venerati” da sempre ma ultimamente li abbiamo dimenticati in favore di altri modelli. La mia opera vuole essere un tributo a queste meravigliose figure del nostro passato che non hanno nulla da invidiare ai supereroi Marvel o DC. Il potere che scorre nel sangue di San Gennaro, il potere della Rosa di Santa Rita o lo tsunami del fiume Giordano di San Giovanni Battista sono solo alcuni dei numerosi “superpoteri” che fanno dei nostri Santi della figure davvero potentissime. Ho cercato di renderli più concreti, umani e “veri” rispetto alle statue o alle pitture bidimensionali della cattedrali per cui il lettore di sicuro troverà dei Santi “diversi” da come glieli hanno raccontati, ma al contempo “veri” (per esempio, quanti di noi sanno che Sant’Antonio è Portoghese?).

Il suo romanzo ha attinenza con i giochi di ruolo?

I giochi di ruolo hanno avuto una fortissima influenza su di me, aiutandomi a creare storie, intrecci e dialoghi verosimili con naturalezza. Chi conosce quel mondo potrà trovare parecchi rimandi nell’opera, e infatti un progetto di creazione di un gioco di ruolo su Sancta Sanctorum era stato già messo in piedi anni fa con Edizioni Acchiappasogni.

“Perché siamo peccatori! Lamentosi, meschini, umani.” Qual è il confine tra Bene e Male che stabilisce nella sua narrazione? Come scioglie l’atavico dilemma morale?

Ahaha! Bella domanda! Tutta l’opera gira proprio attorno all’assioma che TUTTI pensano di essere dalla parte del giusto. Gli Oscuri pensano che sia loro diritto fare come credono. I Santi pensano che sia giusto seguire il Patriarca. I Martiri vogliono fermare Pietro II prima che scateni l’Armageddon. Ogni lettore è libero di farsi la sua idea su chi sia “il buono” e chi il cattivo. La Fede (ossia credere fermamente in ciò che si fa) è il fulcro di tutto: avere Fede non significa necessariamente essere nel giusto, ma può renderti più forte del tuo avversario. E come la Storia ha dimostrato più volte, Bene e Male vengono decisi dal vincitore.

Romanzo e fumetto: connubio efficace. Può accendere la nostra fantasia rispetto alle modalità d’interazione?

Adoro il fumetto. Dopo i videogames e il cinema è la forma più immediata di storytelling. Abbiamo in cantiere un paio di progetti per convertire il setting di Sancta Sanctorum in fumetto: spero di potervi fornire al più presto risposte concrete e precise.

 

Gilbert Gallo – Scrittore e Game Designer.

Come ogni aspirante supereroe che si rispetti, anche Gilbert ha una doppia identità. Di giorno grazie ai suoi superpoteri di guarigione riporta il sorriso sui visi che lo hanno perduto mentre di notte crea fantastici universi nei quali si muovono personaggi incredibili che vivono mirabolanti avventure.

Si dedica da svariati anni alla scrittura di manuali, settings e avventure per giochi di ruolo. Al momento collabora con numerosi editori Italiani ed Esteri come freelance e sia nell’ambito dei giochi di ruolo che in quello dei giochi da tavolo.

Nell’ambito dei giochi di ruolo è autore di più di 20 titoli pubblicati in varie lingue (Italiano, Inglese, Polacco).  E’ stato invitato più volte in conventions americane come ambasciatore del Gioco di Ruolo Italiano, fra le quali la GenghisCon41 di Denver (Colorado) del 2018, la GenghisCon42 del 2019 e la Savage Cruise del 2020 nel Mar dei Caraibi.

Collabora con Heroic Fantasy Italia (Delos Digital), Italian Sword and Sorcery ed è membro della World SF Italia.

Nell’ambito di racconti e romanzi, ha pubblicato: La Leggenda di Eracle vol I – Fuga Verso Delfi per Delos Digital; La Leggenda di Eracle vol II – Il Regno della Sfinge per Delos Digital; La Terra degli Anunnaki (antologia: racconto Fratelli di Sangue) per Italian Sword and Sorcery; Sancta Sanctorum – Le Reliquie dei Martiri per Les Flaneurs Edizioni

Giuseppina Capone

Pietro Favorito e la sua graphic novel Hot Play

Pietro Favorito è un dj e speaker radiofonico. Si occupa di spettacolo, musica e produzioni televisive. Ha diretto il mensile “Gente della Notte”, per il quale ha creato una linea di abbigliamento e presentato l’omonimo programma tv. Nel 2011 dirige il mensile SKN e a giugno 2013 dà vita al fumetto noir, a distribuzione nazionale, Lady Mafia, attirando le attenzioni della Titanus, che ne opziona i diritti cinematografici e televisivi. A luglio del 2014, in collaborazione con Radio Capital, pubblica il fumetto: Déjà Vu – Universi Paralleli. Risale invece a settembre 2014 la pubblicazione di un fumetto per bambini Se casco senza casco sono caschi miei, una collaborazione con Striscia la notizia e Unicef, con il patrocinio del MIUR. Tra il 2015 e il 2016 pubblica libri per bambini e ragazzi: Elfio e i Satanelli in collaborazione con il Foggia Calcio, Elfio e il castello di Bardi con la partecipazione straordinaria di Bruno Pizzul e Carolina Morace, e infine L’industria del male Bulli della rete. A dicembre del 2017 pubblica Parole Rubate un fumetto in collaborazione con RAI Radio 1. Nel 2018 pubblica il suo primo romanzo per adulti: Lady Mafia ed Empatia, un thriller in collaborazione con la radio nazionale m2o e il Samsara Beach.

HotPlay è una Graphic Novel: può definire il genere e le sue peculiarità?

Il romanzo a fumetti ha la peculiarità di raccontare storie auto-conclusive i cui intrecci accompagnano il lettore fino al momento in cui il personaggio principale risolve il proprio dramma o la propria crisi. Insomma, non occorrono altri volumi affinché il lettore abbia una visione esaustiva sui contenuti e il messaggio della graphic novel. Naturalmente, per HotPlay, così come accaduto alle più fortunate opere dello stesso genere, auspico possa esserci un sequel. O più di uno.

Amore, abbandono, dolore, gelosia, sangue: una girandola di sentimenti; i temi che tange paiono essere attinti dal patrimonio tragico greco. Quanto è stato influenzato dalle letterature che l’hanno preceduta? Ha dei mentori o non ravvede punti di riferimento?

In effetti era proprio ciò che volevo fare con questa Graphic Novel: sfiorare i temi cari alla tragedia greca e svilupparli in una semplice struttura in tre atti. Quando scrivo, siano essi fumetti, graphic novel o romanzi, sono solito sperimentare e infrangere la maggior parte delle regole narrative, ma questa volta ho voluto creare qualcosa che al contrario queste “regole” le rispettasse tutte. È infatti nella semplicità che va ricercato il vero punto di forza di HotPlay. La narrazione procede a un ritmo incalzante, l’azione ora sopravanza i sentimenti, e un attimo dopo gli cede il passo. Il bene e il male si confondono, e a un certo punto non si sa più dove inizi uno, e finisca l’altro.

Giada salva l’uomo che ama, Peter, allontanandosi da lui ma le loro strade sono deputate a convenire nuovamente. Quale ruolo gioca il destino, la sorte nella globalità della sua produzione?

Il destino ha un ruolo cruciale nella mia produzione artistica. I miei personaggi però sono in perenne lotta con esso. Il loro è infatti un cammino dell’eroe che spesso avviene nell’ombra, dato che cerco di creare personalità piuttosto complesse, che appassionino anche e soprattutto per la spiccata introspezione che li caratterizza.

Lei indaga l’atavico binomio vita-morte, sovvertendone la finitezza; anzi, dalla morte rifiorisce la vita in un percorso quasi esoterico e salvifico. Sembrano tornare alla luce millenarie ritualità misteriche. Il Sud in cui è ambientata la novel ha emanato echi d’antiche civiltà?

Brindisi è senza dubbio una città che ben si presta per creare ambientazioni mistiche e capaci di rievocare i fasti delle antiche civiltà che ne ha segnato la storia. Il forte legame che ho con il Salento e la mia Puglia più in generale è poi confermato dalla massiccia presenza di questo territorio in quasi tutte le mie opere: da HotPlay per l’appunto, a Parole Rubate piuttosto che Lady Mafia, solo per citarne qualcuna.

In HotPlay dalla morte rifiorisce una vita che se pur tormentata dal dolore e condizionata dalla condanna a uccidere per la sopravvivenza, è pur sempre vita. Significa esserci. Ed è meglio rimanere in una qualsiasi forma, anche quella di un vampiro, piuttosto che sparire nel nulla.

Tutti vorremmo vivere in eterno. E ai vampiri è data questa possibilità. Che questi siano poi alleati del male, non sembra rappresentare un problema, visti i consensi che nell’immaginario collettivo riscuotono.

Lei è poliedrico e tentacolare nell’esternazione dei suoi interessi artistici: musica, scrittura, produzioni televisive, radio e tanto altro d’affascinante e sontuosamente leonardesco: quanto crede nel sincretismo culturale, nella contaminazione di mondi apparentemente da intendersi come monadi?

Seguo le mie passioni da quando ho memoria. Non posso vivere senza. Fortunatamente l’arte travalica ogni confine e non la si può circoscrivere in nessuno stereotipo. Ecco perché miscelarla in ogni sua forma è quanto di più avvincente mi sia mai capitato. Il progetto “HotPlay” con Les Flaneurs Edizioni è sotto questo punto di vista un progetto a 360 gradi. A settembre infatti uscirà un brano musicale ispirato al fumetto intorno al quale creeremo un video musicale che sarà poi a tutti gli effetti il suo book trailer!

Giuseppina Capone

In viaggio con Aristotele

Emanuele Apostolidis “Apos” è scrittore, sceneggiatore ed attore, con spettacoli da lui stesso scritti. Ha un curriculum nutrito di scritti, fumetti e poesie a partire dal 2008: “Un toro per Dandolo” per SF Edizioni e un volume di storie brevi curato da Fabio Mori; partecipa con successo al concorso per sceneggiatori con la pubblicazione “Medusa” sulla rivista “Fumo di china”. Nel 2009 collabora con la Regione Veneto al progetto a fumetti “Demotopia” e con diverse aziende ed associazioni per fumetti pubblicitari. Realizza come sceneggiatore alcune storie sulla città di Schio. Nel 2015 progetta e scrive il fumetto “De Gustibus”, disegnato da Francesco Frosi, che presenzia all’EXPO di Milano in rappresentanza dell’azienda giapponese Shimadzu. In teatro porta spettacoli da lui stesso scritti e recitati come “L’amore ai tempi del cellulare”, “Se fossi figo”, “A cena coi pirati”, “L’insostenibile leggerezza di essere un precario” e “Indovina chi viene a cena”. Nel 2016 sette sue poesie vengono pubblicate su un’antologia di poeti contemporanei dal titolo “Navigare” edito da Pagine SRL. Nel 2017 pubblica per Becco Giallo la sua Graphic Novel “7 Giorni in Grecia” e nel 2020 “In Viaggio con Aristotele”.

Aristotele e Kazantzakis la accompagnano in un viaggio di scoperta affascinante e di un percorso acquisitivo ammaliante. Perché li ha scelti come guide d’eccellenza?

Il graphic novel ha due tematiche principali: la Grecia e la paternità.

Al protagonista, in attesa di un figlio, date le sue origini greche, viene chiesto di organizzare una gita scolastica ad Atene che lo porta ad interrogarsi su cosa sia meglio trasmettere ai suoi studenti, se la Grecia antica dei miti, della filosofia o la Grecia moderna del Rebetiko, di Kavafis, Kazantzakis. Ogni volta che il protagonista prova ad organizzare la gita si addormenta e in sogno riceve la visita di Aristotele e Kazantzakis, che gli raccontano dei fatti o aneddoti storici legati alla Grecia antica (in bicromia ocra e nero) e alla Grecia moderna (in bicromia azzurro e nero), ma soprattutto legati anche al tema della paternità e delle radici.

Quindi Aristotele e Kazantzakis diventano il simbolo e i portatori di tradizioni, aneddoti e curiosità uno della Grecia classica che tutti conoscono e l’altro di una Grecia semi-sconosciuta che nell’arco del Novecento ha dovuto sopportare guerre civili e dittature ma che ha però portato alla ribalta personaggi del calibro di Ritsos, Mercouri e Angelopoulos.

L’obiettivo del volume è raccontare le fragilità e le paure di un giovane padre, ma anche i ricordi che lo legano indissolubilmente alle sue radici, in questo caso greche, siano esse più vicine o lontane temporalmente. Attraverso i racconti di Aristotele e Kazantzakis ripercorriamo la vita del protagonista, dei suoi genitori, dei suoi nonni e allo stesso tempo scopriamo una Grecia diversa e capiamo un po’ di più della mentalità e delle usanze dei suoi abitanti. Il tutto raccontato con ironia e leggerezza, anche grazie allo splendido stile di disegno di Elisa Tadiello.

Guerra di liberazione, combattuta con orgoglio, e reazione ad una devastante crisi economica. Ravvede un medesimo moto d’animo, squisitamente greco, che cavalca i decenni?

Non solo nei decenni, ma la mentalità greca ha attraversato i secoli. Gli antichi greci definivano il tempo in diversi modi: due principali erano il tempo quantitativo (Kronos) e il tempo qualitativo (Keiros). Questo ancora oggi lo si ritrova nella Grecia di oggi e nella mentalità dei suoi abitanti. Come si ritrova ancora oggi quell’orgoglio nazionale positivo che unisce gli abitanti nei momenti di maggior difficoltà.

Omero e Kavafis: Grecia antica e Grecia moderna. Può instaurare qualche relazione e qualche confronto?

La Grecia antica e moderna hanno molte analogie ma anche molte differenze. Una fra tutte la notorietà. Personaggi come Kazantzakis, Ritsos e Angelopoulos sono sconosciuti o quasi ma sono tra i personaggi più grandi che ci siano stati nel novecento, non solo greco. Mentre personaggi come Aristotele, Ulisse o Platone sono conosciuti da tutti persino dai bambini. Con questo libro voglio sperare che qualche lettore vada a leggere Ritsos o Kazantzakis e se ne innamori come è successo a me.

I suoi libri intrecciano linguaggi differenti come fumetto, appunti di viaggio, aneddoti personali e familiari, nozioni storiche. Qual è l’apporto che ha avuto in questo ultimo testo l’imminente nascita di sua figlia?

I linguaggi differenti aiutano a filtrare messaggi diversi e dare l’opportunità al libro di avere più chiavi di lettura. I diari di padre sono racconti introspettivi a fine di ogni capitolo che mi consentono maggior profondità di pensiero, mentre il fumetto mi consente una narrazione più leggera adatta a diverse fasce d’età. Mia figlia è stato il pretesto per raccontare le ansie di un giovane padre, ma anche la gita scolastica realmente avvenuta è stata molto importante perché mi ha messo davanti al problema di come trasmettere la grecità agli studenti e di conseguenza anche a mia figlia.

Può indicarci un particolare della sua Grecia, un elemento per lei inconfondibile?

Sicuramente la filotimia, ovvero la capacità dei greci di essere ospitali e generosi senza secondi fini e poi quella straordinaria capacità di affrontare tutto con sorriso e leggerezza.

 

Giuseppina Capone

Cherofobia: il bisogno di essere infelici

Se sto sempre male non corro il rischio di rimanere deluso”. Queste sono le parole di chi ha vissuto gran parte della propria vita nella sofferenza. Cherofobico è il termine con cui viene definito colui che ha paura di trascorrere momenti gioiosi perché è abituato a vivere nell’infelicità. Traumi infantili e maltrattamenti possono esserne la causa. Chi ha paura di essere felice non vive necessariamente in uno stato depressivo, non è apparentemente afflitto anzi, conduce una vita piena e movimentata, si circonda di amici e di affetto, ma nel momento in cui gli si presenta la possibilità di essere felice fa di tutto per far si che ciò non accada, senza nemmeno rendersene conto. Il cherofobico crede che nella sua vita non ci possano essere momenti di gioia. Per lui ogni attimo di piacere è susseguito da momenti di tristezza e amarezza.

Ogni volta che mi accadeva qualcosa di bello, facevo di tutto per essere infelice”. Serena, 28 anni, racconta la sua paura di essere felice.

Serena, quando hai preso coscienza di questa tua fobia?

Precisamente non so dire il momento esatto, ma so che fin da bambina ho vissuto con questa malattia, se cosi si può definire. Con i giocattoli, ad esempio, sentivo il bisogno di doverli rompere e di dover piangere perché così mi sentivo meglio. Mi sentivo meglio perché ero triste ed essere triste mi faceva stare bene, paradossalmente. Tra la gente, con gli amici, sentivo il bisogno di dover ricevere offese da loro ed essere sminuita, perché cosi mi sarei sentita a casa. E se qualcuno mi faceva un complimento, io gli rispondevo che non era giusto ciò che diceva di positivo di me, perché mi ritenevo una buona a nulla. Ho sempre cercato di frequentare le persone che mi facevano del male. Se fossi stata una persona in gamba significava per me essere felice, ma credevo sarebbe successo qualcosa che mi avrebbe afflitta e tanto valeva soffrire sempre senza smettere, almeno non correvo il rischio di stare ancora più male. D’altro canto, sono cresciuta nell’infelicità.

Conosci oggi il motivo per cui hai sempre cercato di essere infelice?

Sì, e ci sto continuando a lavorare. Quando ero piccola sono stata maltrattata da chi mi ha messo al mondo: mio padre ha smesso molto presto di volermi bene. In realtà non sono sicura se avesse mai avuto una buona considerazione di me, mi umiliava facendomi sentire una buona a nulla. Quindi posso dire di essere cresciuta con una visione distorta di me: quella di non valere niente e di non essere in grado di poter aspirare ad alcun obiettivo nella mia vita. Ed è per questo motivo che ogni volta che ricevevo un complimento, non mi sentivo a casa. D’altronde si sa che crediamo di essere come siamo cresciuti. Anche quando studiavo, alle scuole medie, mio padre mi ripeteva in continuazione che io ero nata scema. Mi sono improvvisamente sentita come la protagonista del film ‘Matilda sei mitica’, sminuita dal proprio padre ma consapevole di essere una persona molto intelligente. Anche se lui non mi ha trattata così male da sempre. Oggi che ho 28 anni qualcosa in me è cambiato, anche se i traumi restano. Forse sono stata debole, a quel punto avrei potuto ribellarmi e dimostrargli di essere una persona capace di raggiungere ogni obiettivo. Ma ero solo una bambina e anche molto fragile. Mi piace pensare che ci sia un motivo valido per cui tutto questo sia accaduto proprio a me, e che ci sia qualcosa di bello che mi sta aspettando. Mi sento intrappolata, ho voglia di spaccare il mondo, ma è come se io mi stessi frenando da sola. La paura di essere felice non è una cosa da sottovalutare, è un problema di cui fai fatica a prendere consapevolezza e fai fatica a risolverlo perché ci ricadi con più facilità di quanto si possa immaginare. Mi piace anche pensare che il motivo del comportamento brusco di mio padre non sia stato per cattiveria ma forse aveva solo bisogno d’aiuto. Oggi l’unica cosa in cui credo fermamente è che non tutti sono in grado di fare i genitori.

Sai il motivo per cui tuo padre ha iniziato a trattarti in quel modo?

Purtroppo ho perso mia madre quando avevo solo 11 anni e da quel momento in poi la mia vita è diventata un inferno. Mio padre non è stato più molto presente, non c’era quasi mai e la sera spesso tornava a casa ubriaco e trattava molto male me e mia sorella. Ad oggi penso che il motivo per cui beveva ogni giorno tutto quell’alcool era dovuto alla sofferenza che si portava dentro dopo la scomparsa di mia madre. Ero troppo piccola per capirlo, pensavo volesse divertirsi senza noi e che eravamo solo un peso per lui. Credevo che non mi volesse più bene e che a quel punto non me ne avesse mai voluto. Pensavo che la colpa fosse stata mia e che avessi fatto qualcosa che l’avesse fatto allontanare. Ma io avevo solo bisogno di lui.

Ricordi un momento in cui sei stata felice con lui?

Il giorno della mia comunione. Decisi di indossare un abito rosa ornato di fiori gialli. Quel giorno lo ricordo particolarmente per i fiori colorati che addobbavano il giardino in cui si tenne la mia festa. Mia madre e mia sorella indossavano un abito simile al mio: un tubino rosa ornato di fiori gialli. Fu un regalo di mio padre, ‘perché siete le mie tre principesse’, diceva. Non ho mai più vissuto un giorno più bello. Posso definirlo senza dubbio il mio giorno più bello nel mondo.

Adesso che conosci il motivo della tua fobia, credi di poter finalmente raggiungere la felicità?
Ho passato anni a voler soffrire. Ho vissuto piccoli momenti di felicità ma mi spaventavano talmente tanto che ho sempre preferito vivere nell’infelicità, e quindi trasformare tutto in tragedia, o quasi. Tanto niente avrebbe potuto farmi del male, non più di quanto non avessi già sofferto. Ma mi rendo conto solo adesso che se hai paura di essere felice rischi di passare la vita da sola. In realtà la paura di essere felici nasconde la paura di essere delusi, di conseguenza la cherofobia dovrebbe trattarsi del timore di essere infelici. Forse è la paura di vivere uno stato che non conosciamo. Adesso che sono una donna e che ho messo tutte le carte della mia vita in tavola, ho voglia di essere felice. E ho voglia di ridere, soprattutto.

Oggi come vivi il rapporto con i tuoi amici?

Il problema è stato con i ragazzi: ogni volta che mi innamoravo o che qualcuno si innamorava di me, io facevo qualcosa per farlo allontanare. Come se dovessi mettere alla prova qualcosa o qualcuno, o forse proprio me stessa. ‘È mai possibile che questa cosa cosi bella sia captata a me? Dove sta l’inganno?’, mi domandavo. Allora cerco di scoprirlo da sola così magari ci resto meno male, tanto comunque la beffa è dietro l’angolo e potrei solo rimanerci più male se aspettassi che uscisse fuori da sola senza mettermi ad indagare. Perché è così che ho sempre fatto, ho sempre rovinato tutto con la mia mania di scavare a fondo nelle cose, nelle persone, per trovarci del marcio, perché cosi potevo stare tranquilla che niente mi avrebbe mai sorpresa. Oggi ci sto provando a vivere le relazioni serenamente e spero di essere uscita fuori da questa brutta situazione anche se credo dovrò lavorarci ancora per un bel po’. Per quanto riguarda le amicizie, sono cambiata anche con loro e coloro che mi stavano stretti li ho eliminati dalla mia vita. Oggi ho deciso di tenere una cerchia stretta di amici. Quelli che si contano sulle dita di una mano. In fondo quando esci fuori da una brutta situazione ti rendi conto di chi devi avere accanto: di chi non ha fatto altro che ostacolarmi nella vita, oggi posso farne anche a meno. Oggi so chi voglio essere e chi voglio al mio fianco. Quando viviamo un lungo stato di sofferenza, crediamo di poter meritare di vivere la nostra vita avendo solo esperienze negative, credendo che la normalità sia questa e che la vita non possa offrirci di più o che non la meritiamo. Circondarsi di persone positive potrebbe aiutarci ad uscirne fuori. Perché chi ti strappa un sorriso, merita sempre il tuo tempo.

Alessandra Federico

Natale 2020: decorazioni, tendenze e colori dell’anno

Ecco come decorare casa per Natale 2020: luci, stelle filanti, palline colorate, ghirlande, stella cometa, candele rosse e decorazioni artigianali.

Tante sono le idee per le decorazioni natalizie di quest’anno per dare un tocco d’allegria a questo particolare momento storico. Natale 2020 non sarà il Natale di sempre, conviene quindi approfittare per occupare il tempo che si ha disposizione valutando accuratamente quali colori scegliere per addobbare casa, attenendosi alle tendenze del momento, per sognare e vivere un Natale da “vip”. Quali decorazioni natalizie utilizzare se si è amanti delle luci colorate, come quelle che illuminano Time Square di New York ogni anno, o quelle che avvolgono l’albero che fa brillare la città? Ancora, quali colori scegliere per ispirarsi alle luci di artista di Salerno? In ogni caso, se siete a corto di ispirazione, non mancano gli spunti in rete. Anche gli e-commerce possono essere fonte di ispirazione per i vostri acquisti online. Siti come Westwing, Maison du Monde o anche Amazon ed eBay offrono una vasta carrellata delle novità e tendenze del momento. È bene attenersi alle tendenze si ha voglia di trascorrere il Natale più fashion del secolo.

“Il classico non passa mai di moda”  le parole di Coco Chanel non sbagliavano mai. Possiamo confermare che il classico non stanca mai: il rosso accompagna da sempre il nostro periodo natalizio. Possiamo divertirci ad ornare di rosso ogni zona della casa senza il rischio che possa stancare, perché il colore che da sempre è la scenografia del Natale è il rosso, il colore dell’amore. Il colore che evidenzierà le labbra di ogni donna desiderosa di essere alla moda anche la sera di Natale. Per seguire al meglio le tendenze del momento ecco  i  colori del Natale 2020: Bianco ottico, Rosa e rose gold, Green Ritual, British Old School, Colori tropicali.

Come addobbare casa utilizzando colori trend e spendendo pochi soldi

C’è da dire, però, che preparare addobbi per le feste per la propria abitazione è sempre un momento di unione per la famiglia, diverte soprattutto quando si sceglie di realizzare addobbi artigianali, con pittura, fili colorati e glitter alla moda. I colori del momento sono un ottimo addobbo per le famiglie che festeggiano il primo Natale con il nuovo arrivato: colori caldi per decorare lacameretta del tuo bebè. Basta poco per rendere il tuo Natale magico e unico. Scopri l’entusiasmo e la facilità di creare tanti addobbi natalizi artigianali e originali. Come realizzare palline colorate e ghirlande natalizie fatta a mano? Qui troverai le informazioni che desideri per addobbare casa utilizzando materiale poco costoso.

– Acquistare in merceria anelli in polistirolo bombati e  rivestire con diversi materiali: stoffa, pittura o glitter, creando così una figura su cui applicare diversi oggetti come pallina celeste, fucsia, rosa baby, rosa antico o rossa, fiocchi o foglie. Potete utilizzare stoffa come il cotone, il raso, la lana, la passamaneria.

– Passare con un pennello la colla sull’anello e avvolgerlo dolcemente con il materiale scelto.

– Utilizzare colla a caldo per attaccare le palline, distanziandole da loro anche 3 cm.

Potete scegliere di stendere la colla  non solo sul punto in cui va incollata la pallina, ma sull’intero anello, in modo da cospargere glitter fucsia e rendere fashion la vostra ghirlanda.

Alessandra Federico

Château de Chenonceau ospita la nuova collezione Métiers d’Art di Chanel

Château de Chenonceau, conosciuto come Château des Dames, si trova nella valle della Loira in Francia e questa volta fa da sfondo alla nuova collezione Métiers d’Art 2020/2021 di Virginie Viard, direttore artistico di Chanel. D’altro canto l’idea di Coco era quella di creare collezioni che raccontano sempre una storia e che si ispirano al luogo che le ospitano. Château fa parte della storia di Chanel e pare proprio che la rivoluzionaria della moda degli Anni ‘20, poiché ammirava molto le donne del Rinascimento, si sia ispirata proprio a Caterina de Medici per la quale non a caso, quel capolavoro architettonico, era la sua residenza preferita. Non a caso, le due C  che si intrecciano del marchio di Coco Chanel, sono simili alle due C intrecciate di uno dei numerosi monogrammi della regina Caterina de’ Medici, che sono ancora visibili nel castello.

Difatti, la vita di queste due donne sembrava somigliarsi: entrambe appassionate di esoterismo, si circondavano di simboli e condividevano la passione per il colore nero. Coco era orfana ed è cresciuta tra le mura di un convento proprio come Caterina de medici.

Kristen Stewart, unica spettatrice dello show in questi tempi di emergenza sanitaria, è la protagonista della campagna della collezione negli scatti di Juergen Teller.

Per la collezione Métiers d’Art 2020/2021, la texture a scacchi bianchi e neri che appare su minigonne di paillettes, sulla gonna lunga in tweed geometrico con frange patchwork, richiama lo stesso motivo del pavimento su cui le modelle sfilano.  Il tailleur in tweed chiaro coperto da un lungo cappotto di velluto nero ricorda il periodo in cui Caterina de’ Medici, dopo la morte del re di Francia Enrico II, vestiva solo di nero. I famosi arazzi del castello spuntano nei colori caldi della mantella in tweed, mentre i ricami floreali sul risvolto della giacca ricordano i fiori dei due giardini creati da Diane de Poitiers e da Caterina de’ Medici. I leggins, in velluto blu, rosa, bianchi o grigi, ricamati, si indossano sotto le gonne a portafoglio. Da non dimenticare le creazioni degli artigiani che da sempre collaborano con Chanel, come gli stivali di Massaro, il grande cappello Michael, l’abito di pizzo nero realizzato da Lemariè.  A completare la magnifica sfilata di moda le preziose collane catene e perle.

Alessandra Federico

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