Flora Fusarelli: Le deboli

Flora Fusarelli è autrice di numerose recensioni di libri, ha curato una collana di classici e varie raccolte di racconti. Con Le deboli si cimenta nel suo primo romanzo.
Marietta, Vincenzina e Annuccia: un caleidoscopio di universi femminili, dissimili quanto ad età ed esperienza esistenziale. Qual tratto le accomuna?
Il tratto principale che le accomuna è di sicuro il loro essere donne oltre che quello di appartenere alla stessa famiglia. Essere donne con una forza che non sanno di avere ma che sapranno tirare fuori al momento giusto.
“I luoghi in cui si nasce, anche se li abbandoni presto, rimangono comunque dentro per tutta la vita”. Quale valore attribuisce all’elemento della “memoria” nel suo romanzo?
La memoria è fondamentale, non sono nel mio romanzo ma in ogni aspetto della nostra vita. Dovremmo ricordare per capire e imparare. Dico in modo quasi qualunquista che senza lo sguardo al passato e alla memoria non potremmo vivere il presente.
Quelle descritte sono di certo donne emblematiche: le loro passioni, le scelte, la debolezza e l’impeto del loro essere, ma anche l’inarrendevolezza e la forza di volontà che le hanno connotate. Quale messaggio ci offrono?
Ad essere sincera nessun messaggio specifico. Forse semplicemente l’idea che ogni persona ha il suo modo di essere, le sue sfaccettature. Ogni persona reagisce alle cose secondo la propria forza e le proprie possibilità.
“Le deboli” ha, evidentemente, richiesto ricerche storiche accurate e meticolose. Quale metodo si è imposta di adottare per trattenere le informazioni e, poi, renderle narrativa?
In realtà la parte storica è piuttosto una cornice, inevitabile, che mi ha permesso di inquadrare la storia in un contesto adeguato. Negli anni ’40, il patriarcato e il fascismo hanno evidenziato degli aspetti già esistenti e nemmeno troppo latenti in relazione alla figura della donna. Non ho seguito metodi e, come sempre quando scrivo, sono andata molto a istinto elaborando informazioni che già avevo.
Le donne sono riuscite ad abbattere con fiera determinazione le gabbie concettuali in cui abbiamo abitato per lungo tempo. Ebbene in cosa si diversifica il punto di vista muliebre?
Nel mio sguardo c’è una diversità di genere che è soltanto quella naturale esistente tra uomo e donna. È per questo che non amo molto parlare di femminismi. Il femminismo è uno soltanto che si può sicuramente scindere creando diverse visioni, ma resta uno e unico ed è soltanto quello che ci appartiene in quanto donne. Quello insito, atavico, ancestrale e profondo.
Giuseppina Capone
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