I miti allo specchio. Riscritture femminili liberamente ispirate al mito

Intervista alle curatrici Sara Manuela Cacioppo, Giovanna Di Marco, Ivana Margarese.

Penelope, Calipso, Nausicaa, Circe: Omero rende tali figure funzionali al suo percorso umano, emotivo, emozionale. Lei, invece, dà loro voce; le rende protagoniste, mutando la prospettiva circa il genere. Perché?

Giovanna Di Marco: Penelope e Calipso non sono personaggi che fanno parte della nostra antologia; Circe sì. Non c’è stata una linea programmatica nell’accettare un personaggio femminile del mito piuttosto che un altro: abbiamo accolto le figure che più si confacevano alle inclinazioni delle autrici che hanno aderito al progetto. In linea di massima, le figure femminili di cui ci siamo occupate sono state quelle più demonizzate nell’arco della storia occidentale. E perché? Perché ritenute pericolose e destabilizzanti rispetto a un mondo dominato dall’uomo. Ribaltare la prospettiva è dare voce e spazio a chi per troppo tempo è stato zittito e condannato dal potere dominante, dalla razionalità di Atena, dea nata dalla testa del padre, come se avesse dimenticato l’aspetto il corpo e le emozioni. L’intelligenza emotiva, la capacità generativa ben oltre la maternità e il fatto che questi aspetti avessero la luce: questi sono alcuni dei motivi che ci hanno condotte alla genesi di quest’opera.

Sara Manuela Cacioppo: Abbiamo voluto restituire la parola a personaggi femminili del mito spesso occultati o marginalizzati, attraverso una pluralità di voci e di esperienze. Si tratta di figure trasportate verso la modernità, donne che sanno guardare allo specchio la loro essenza impavida, non intaccata dal patriarcato. Alcune vi cercano una forma che sia consona alla loro soggettività, per superare l’ibridismo a cui sono state condannate, dichiarandosi iniziatrici della fluidità di genere; altre vi colgono una natura ribelle che non può essere confinata dentro un sistema di regole respingenti nei confronti dei loro desideri.

La vostra apprezzata opera ha protagoniste femminili. Quali differenze o analogie è possibile cogliere tra le ninfe, le dee, le vergini, le maghe, le spose omeriche e le eroine della modernità?

Ivana Margarese: Ciò che ci stava a cuore mostrare, al di là delle differenze, era l’occultamento o il silenzio a cui sono state nel tempo confinate le figure femminili e dare loro spazio e possibilità di parola, al di là del ruolo di mogli, seduttrici, madri o temibili mostri. Ci interessava contattare queste figure e dare loro una voce contemporanea, sottraendole alla consunzione ( penso alla ninfa Eco e a Euridice) o a un destino di colpa o sacrificio, che ha finito col mortificare le loro potenzialità  creative e generative.

Le opere greche si confermano quali testi archetipici del pensiero occidentale, contemporanee ad ogni epoca.

Quali ragioni ravvede nella specifica proprietà della letteratura greca di porsi sempre in maniera speculare alle fratture epocali?

Ivana Margarese: Elémire Zolla, autore che ha a lungo riflettuto sul concetto di archetipo, ci ricorda che l’esplorazione  discorsiva delle possibilità semantiche d’un simbolo, essendo inesauribile, spezza la dominazione esclusiva della conoscenza discorsiva, poiché la mostra incapace di cogliere tutte le potenzialità d’un simbolo. L’archetipo è di per sé fecondo, porta quindi alla possibilità di molteplici riletture e riscritture, a innesti che come in un percorso rizomatico si muovono su molteplici livelli e direzioni.

“Alterità”, “metamorfosi” e “pluralità” sono le “parole chiave” attraverso cui leggere di donne, di diversa età e provenienza, che raccontano di donne. Quanto incide la molteplicità di linguaggi adottati nella piena comprensione del mito?

Ivana Margarese: Il progetto de I miti allo specchio è nato dalla esperienza di rete della rivista “Morel voci dall’isola”, un luogo dove si raccolgono voci e opinioni, che si collocano non al centro ma piuttosto ai margini, così da ricercare nelle piccole cose sproni in grado di animare un dialogo vivace e attento a ciò che stiamo vivendo. Il nostro libro propone una polifonia di voci, un intreccio fluido di posizioni e figure femminili differenti. I racconti, nonostante siano riscritture, restano fedeli al carattere originario del mito che sempre racconta di esperienze di trasformazione. C’è inoltre un appello alla pluralità e al fare comunità come risorsa del pensiero. Un approccio questo per me prezioso, che ho conservato anche nel nuovo progetto editoriale che sto portando avanti con Ginevra Amadio e che è incentrato sul valore generativo dell’amicizia.

Giovanna Di Marco: Di ogni mito ci arrivano spesso più versioni, da cui derivano numerose letture su vari piani; altro aspetto del mito è quello della metamorfosi: spesso i suoi personaggi vengono mutati in altre forme. Il mito di per sé si apre a molteplicità formali e contenutistiche. Era dunque interessante per noi in questo esperimento – che non voleva essere solo letterario, ma di ricerca sul femminile – cercare di capire quante versioni e nuove visioni del mito potessero scaturire, per replicarlo nella nostra contemporaneità, in un’ottica non sono di molteplicità, ma anche e soprattutto di pluralità. Non a caso, la nostra antologia accoglie due racconti ispirati al mito di Medusa e ben quattro ispirati alle Sirene.

Sara Manuela Cacioppo: L’intento sociale dell’opera è dunque la rimozione della cristallizzazione del femminile nel mito. Donne che raccontano di donne liberandole dallo sguardo maschile opprimente e manipolatore, che le rilega a una condizione di subalternità e immobilismo, servendosi di nuovi linguaggi che rischiarano significati “altri”, riassunti nelle parole chiave “alterità”, “metamorfosi” e  “pluralità” sensoriale percettiva.

Dicotomie persistenti, ibridazioni e pluralità storico-identitarie. Perché l’isola di Sicilia è il luogo d’elezione per rappresentare la femminilità del mito nelle sue magnifiche contraddizioni?

Ivana Margarese: Il mito si rivela come risorsa inesauribile perché va oltre le dicotomie. La metamorfosi, che è carattere proprio di ogni mito, si oppone alla fissità di un modello e diviene elemento creativo, elemento pegasèo che, nato dal superamento dell’immobile si misura con nuovi contesti e visione di orizzonti.

Perché l’isola di Sicilia è il luogo d’elezione per rappresentare la femminilità del mito nelle sue magnifiche contraddizioni?

Giovanna Di Marco: L’insularità è uno stato esistenziale di confinamento circolare, che nasce certamente dal limite geografico e spaziale. Questa terra bellissima è tanto luminosa quanto tetra, come ci insegna la storia. Ci sono tante isole nel Mediterraneo, ma è difficile trovarne una così complessa e stratificata come la Sicilia: granaio di Roma, ma terra di povertà; luogo di approdo e luogo da cui voler fuggire. Questa Grande Madre ha spesso divorato i suoi figli migliori o magari li trattiene ancora incatenati ad alcuni retaggi. L’isola fornisce però gli strumenti per guardare il mondo dall’isola, per immaginarlo. E per immaginarne altre forme e formule che non siano solo grandiose e roboanti, ma che diano voce a ciò che non è consueto intravedere. Anche a una femminilità che non sia dominata e irreggimentata o che, a sua volta, non domini o, peggio, divori.

Sara Manuela Cacioppo: l’Isola di Sicilia, con le sue dicotomie persistenti, le sue ibridazioni e pluralità storico-identitarie, ben rappresenta la femminilità del mito nelle sue fulgide contraddizioni.

Giuseppina Capone

Napoli: arriva la pista di pattinaggio sul ghiaccio a Edenlandia

A Napoli arriva finalmente la pista di ghiaccio per il pattinaggio; per molti anni l’area è stata costruita alle spalle del Castel Nuovo, a piazza Municipio (comunemente chiamato Maschio Angioino, storico Castello medioevale e rinascimentale, uno dei più importanti castelli della città partenopea). Quest’anno, però, ma già da diverso tempo, ad ospitare la pista sarà Edenlandia (parco divertimenti situato in viale Kennedy Fuorigrotta, Napoli) da venerdì 18 dicembre fino al 12 febbraio 2023.

Chi ama pattinare sul pavimento glaciale non può non precipitarsi al divertente ed entusiasmante parco giochi dove, oltre alla spassosa pista di ghiaccio, potrà trovare le magiche innovazioni Sweet Christmas (fatte di giochi, dolci, casette golose), assieme ai simpaticissimi animatori che accolgono, con grande entusiasmo, chiunque desideri trascorrere un Natale all’insegna del divertimento e magia. Sweet Christmas è un evento dove caramelle giganti addobbano l’intera Edenlandia; donano maggiore allegria e dolcezza a tutti i bambini ma anche agli adulti affezionati al parco. Ma non finisce qui perché l’incantevole parco ospiterà anche due delle case di cioccolato più famose e deliziose: Lindt e la Caffarel che, per le feste natalizie, decoreranno graziose casette di gadget simpatici e squisiti cioccolatini dalle forme natalizie, caramelle gommose, e marshmallows.

Ancora, il magico parco giochi regalerà momenti indimenticabili questo Natale con l’animazione e spettacoli per grandi e piccini, con i laboratori di Natale con i suoi “truccabambini” (animatori pronti a soddisfare ogni desiderio dei bambini con trucchi per il viso adatti all’occasione), la grande parata e l’arrivo di Babbo Natale per divertire i bambini con giochi e doni. Numerosi i divertimenti che aspettano il pubblico nel parco giochi napoletano questo Natale 2022, pronto, come sempre, a far vivere a tutti gli effetti l’atmosfera natalizia.

Edenlandia è il parco giochi più grande di Napoli, la sua costruzione iniziò nel lontano 1937. L’intenzione era quella di creare un parco divertimenti dove i bambini potessero passare giornate intere nella spensieratezza assicurando i  genitori di aver lasciato i loro figli in un posto accogliente e sicuro. Disgraziatamente, però, a causa della guerra la costruzione del parco fu interrotta e riprese solo negli anni sessanta.

Edenlandia fu inaugurata nel 1965. Giochi, dolci e peluche erano una grande novità per i bambini italiani di quel tempo e, infatti, soprattutto la domenica, molte famiglie si precipitavano nel meraviglioso parco per trascorrere una piacevole giornata.  Chiunque abbia avuto il piacere di vivere anche solo una volta una giornata all’Edenlandia, è senza dubbio tornato a casa con un piacevole  e dolce ricordo.

Alessandra Federico

Il Giornalismo che cambia. Professione e regole. Deontologia e nuovi profili

A Cagliari la conferenza con il presidente nazionale dell’Ordine, Carlo Bartoli.

Pronta la “Carta di Olbia” di Gi.U.Li.A  Giornaliste.

“Un futuro fatto per la professionalità, lo studio, le conoscenze. Per questo c’è l’Ordine.”

Lo stralcio di un passaggio saliente nel prologo, offerto a Cagliari da Carlo Bartoli, può significare una sintesi condivisibile nei contenuti di un importante incontro formativo con i giornalisti sardi.

Bartoli, presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, in carica da un anno, è intervenuto lo scorso 2 dicembre all’evento organizzato da Odg Sardegna dal titolo: “Giornalismo: professione e deontologia nella società che cambia”.

I lavori sono stati introdotti dai saluti del presidente dell’Ordine dei giornalisti sardi Francesco Birocchi, nella gremita Sala Vittoria presso l’Hotel Regina Margherita.

Le opportune osservazioni istituzionali del Presidente Birocchi.“L’Ordine ha mantenuto il ruolo di ente pubblico. Nato per tutelare diritti di natura pubblica. Eliminare l’ordine significherebbe impoverire la società civile.” – avviano i contributi dei relatori al tavolo di presidenza. “Se sei bravo, continueranno a sfruttarti…” – la realistica esternazione di Celestino Tabasso, giornalista de L’Unione Sarda, già presidente di Assostampa sarda, esprime l’attuale drammatico quadro che raffigura il precariato lavorativo nel settore giornalistico nazionale e regionale. La consonanza che ha distinto i percorsi e le finalità di Odg Sardegna e dell’Associazione stampa sarda non è stata la norma, rispetto alle non isolate divergenze a livello nazionale fra i rispettivi enti di garanzia. Un fenomeno – ha ricordato Tabasso – che con “nessun governo amico”, non ha risolto i nodi cruciali, quanto drammatici: l’equo compenso e le querele bavaglio, argomenti strettamente legati per l’accesso alla professione, obiettivo o utopia per la selva di giovani over quaranta che ancora frequentano le redazioni giornalistiche, nell’accezione tradizionale del termine. In sintonia l’intervento di Simonetta Selloni neo presidente di Assostampa Sardegna. La giornalista de La Nuova Sardegna ha tradotto la metafora dal comparto edile per il discusso pacchetto 110%, applicandolo alle ristrutturazioni in essere nelle redazioni giornalistiche. Un turn over che non garantisce la qualità del lavoro di chi dovrebbe raccontare la verità. L’assise cagliaritana ha espresso una importante proposta innovativa per il consiglio nazionale dell’ordine. Le relazioni di Susi Ronchi (cofondatrice Gi.U.Li.A giornaliste) e Francesca Arcadu (vicepresidente Uildm Sassari) hanno illustrato i contenuti di una bozza programmatica per una Carta deontologica sulla rappresentazione nei media delle persone con disabilità. La suddetta Carta di Olbia trae origine da un corso tematico organizzato da Odg Sardegna e Gi.U.Li.A giornaliste in collaborazione con le associazioni Sensibilmente Odv e Uildm, tenutosi nel centro gallurese nel dicembre 2019. L’evento dedicato al contrasto sulla narrazione del dolore e all’enfasi del pietismo sui casi disabilità, ha avuto un seguito nel secondo corso (posticipato per l’emergenza sanitaria) tenutosi a Cagliari nello scorso mese di giugno. Il documento ha preso forma volgendo uno sguardo all’estero con “studi e ricerche accademiche che hanno messo al centro le persone” ha spiegato Susy Ronchi. Il lavoro corale, firmato da Caterina De Roberto, Vannalisa Manca e Susi Ronchi (Gi.U.Li.A giornaliste Sardegna) con Veronica Asara (Sensibilmente Odv), Francesca Arcadu (Uildm Sassari) e Sara Carnovali, avvocata, phd in Diritto costituzionale, hanno redatto “la Carta che non c’è”.Il testo s’ispira alla convenzione ONU che riconosce nella disabilità, un concetto in evoluzione: “il risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali e ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di eguaglianza con gli altri”. Per questo la Carta è corredata da un glossario capace di correggere tutte quelle espressioni che nelle cronache dei media enfatizzano la patologia o il disturbo rispetto alla centralità della persona. Titoli ricorrenti come “costretto sulla sedia a rotelle” dovranno estinguersi non per un precetto tecnico quanto per radicale cambio di prospettiva. Dove quella sedia è una “opportunità per una vita normale, non uno strumento di condanna. ”Come ribadito da Francesca Arcadu nel suo intervento, così sarà opportuno eliminare “quel di più” riferito al sensazionalismo della disabilità che non è essenziali nel contesto della notizia trattata.  Il seminario termina con le conclusioni del presidente Bartoli, pragmatico nella presa d’atto delle sollecitazioni emerse nei lavori. Il futuro prossimo vede l’Ordine nazionale impegnato sulla stesura di un testo unico della deontologia che rappresenti in modo conciso e puntuale la complessità dei cambiamenti in atto. Un processo decisivo che faccia i conti una informazione indipendente seriamente compromessa dalle problematiche esposte. La priorità di difendere una professione rispetto ad antichi privilegi di corporazione anacronistici nella società digitale dei media dove le nuove competenze assunte dai social media manager sino ai web master, con l’adozione delle intelligenze artificiali, s’incontrino con una riconoscibilità professionale del giornalista. Sono necessarie aperture sui termini della comunicazione che non sviliscano i codici etici del giornalista. E’ chiaro che la sfida continua in una società globale e nazionale dove la narrazione della verità è un bene irrinunciabile per una convivenza democratica.

Luigi Coppola

 

(Foto Luigi Coppola – da sinistra Francesco Birocchi presidente Odg Sardegna, Carlo Bartoli presidente nazionale Odg, Simonetta Selloni Presidente Assostampa Sardegna)

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