Elezioni in Germania: AfD, fratture interne

Frauke Petry, copresidente di AfD, ha inaspettatamente rifiutato di far parte del gruppo parlamentare del suo partito dopo un risultato elettorale positivo.

Lunedì 25 settembre, Conferenza stampa di AfD (Alternativa per la Germania), Frauke Petry – copresidente di AfD – ha rifiutato di far parte del gruppo del suo partito al Bundestag dopo il successo elettorale. AfD, considerato un partito di estrema destra, ha sorpreso la Germania ottenendo il 12,6 % dei voti alle elezioni legislative. Pertanto, Alexander Gauland e Alice Weidel – i due leader della campagna – insieme a Jörg Meuthen e Frauke Petry – i due copresidenti del partito – hanno visto l’AfD (un giovane partito con pochi anni di vita) diventare la terza forza politica della Germania.

Petry ha dichiarato che Alternativa per la Germania oltre ad essere un partito di opposizione, ambisce anche a governare. Tuttavia, AfD è un partito molto lacerato al proprio interno. In esso si fronteggiano due opposte visioni: quella di Petry – la più moderata – e l’altra più radicale dei suoi tre colleghi, i quali considerano le divergenze espresse da Petry come una mancanza di responsabilità particolarmente inappropriata, specialmente in questo momento.

Pertanto, il futuro di Petry all’interno di AfD è ormai compromesso. Da una parte, Alice Weidel – candidata alla presidenza del gruppo al Bundestag – ha chiesto che Petry lasci il partito (anche altri esponenti di AfD condividono quest’opinione). Dall’altra, Frauke Petry considera, da diverse settimane, l’eventualità di una scissione ormai come inevitabile.

Disporrà Frauke Petry delle risorse sufficienti per realizzare le sue ambizioni e fondare un nuovo gruppo? Dei circa 90 membri AfD eletti al Bundestag, una ventina sono conosciuti per le loro posizioni particolarmente radicali. Tuttavia, una trentina di membri difende la linea più moderata di Petry. La rimanente parte del gruppo è composta da deputati difficilmente classificabili.

Occorre almeno il 5% dei deputati del Bundestag per costituire un gruppo e l’obiettivo di Petry, in teoria, non sembra impossibile. Tuttavia, anche se non dovesse nascere questo gruppo dissidente all’interno del Bundestag, la decisione di Frauke Petry potrebbe creare altre difficoltà all’AfD. Questa estate, alcuni militanti di diversi Länder hanno costituito Alternative Mitte (Alternativa di centro), una corrente che punta a controbilanciare l’influenza di Björn Höcke, responsabile del partito in Turingia e figura importante dell’ala radicale di AfD.

La creazione di un gruppo dissidente AfD è stata annunciata lunedì al Parlamento regionale del Länder di Meclemburgo-Pomerania Anteriore, dove il conflitto tra l’ala moderata e quella radicale covava già da tempo.

Alternativa per la Germania rischia di dover fronteggiare una crescente opposizione interna.

Danilo Turco

Essere o non essere (vaccinati)? La legge decide per tutti

Lo sappiamo, la legge 119/2017 sulle vaccinazioni obbligatorie è una realtà ormai consolidata e recepita, eppure ancora non si spengono le polemiche attorno alla disposizione. Ancora pochi giorni fa si leggeva su La Tribuna di Treviso, che durante un dibattito con lo scrittore Gianni Lannes, apertamente schierato contro i vaccini, i presenti si organizzavano per mettere su una resistenza “gandhiana” contro la circolare del Ministero della Salute che rende operativa la legge e porta definitivamente a 10 il numero dei vaccini obbligatori.

Diventano obbligatorie l’anti poliomielite, anti difterite, anti tetanica, anti epatite B, anti pertosse, e anti emofilo B (esavalente) che si fanno al terzo mese di vita; seguono anti morbillo, parotite, rosolia e varicella. Non tutti i bambini nati dal 2001 al 2017 dovranno però farle tutte, perché per ogni classe di età verranno considerate solo le vaccinazioni previste a suo tempo dal piano vaccinale. Va specificato che l’obbligo vale anche per i richiami. In caso non si dovesse adempiere al dictat normativo è prevista per i genitori, dopo un richiamo formale dell’Asl e un colloquio informativo, una multa da 100 a 500 euro e soprattutto, permane, fino al momento dell’assolvimento dell’obbligo, il divieto di accesso per il bambino ad asili nido o a scuole dell’infanzia, mentre potrà accedere alla scuola dell’obbligo.

Pertanto i contrari parlano di inviolabilità del corpo, di legge contro tutte le carte a tutela dei diritti umani e di autismo, che potrebbe essere misteriosamente legato, quale possibile conseguenza negativa, all’inoculazione, il tutto senza che esista a riguardo alcuno studio scientifico dimostrativo: una caccia alle streghe adatta ai nostri tempi.

Eppure già gli antichi Greci avevano notato, ai tempi della peste di Atene (descritta da Tucidide e da Lucrezio) che coloro che l’avevano presa in forma lieve ne erano diventati immuni. E già nel 1796 Edward Jenner aveva inoculato del siero estratto da una pustola di vaiolo bovino in un ragazzo, rendendolo immune al vaiolo umano, ufficialmente scomparso nel 1980 (non grazie ad una resistenza “gandhiana” al problema).

La Natura, dimostrata scientificamente, fa sì che nelle popolazioni in cui almeno l’80% degli individui è vaccinato si sviluppi una immunità di gruppo, che tutela anche le minoranze non vaccinate, quelle che il vaccino non possono farlo per una intolleranza congenita. Ma, quando il tasso di vaccinazione scende, una malattia dormiente può risvegliarsi: è già successo negli anni ’90 con il morbillo in Inghilterra e la difterite in Russia e succede ancora e costantemente in molte zone dell’Africa con la polio.

Diventa fondamentale, quindi, che la medicina sappia parlare ai pazienti e ricordare costantemente, ad esempio, che l’idea che il vaccino può causare l’autismo, diffusa nel 1998 dal medico inglese A.J. Wakefield, fu dimostrata falsa da studi successivi  e Wakefield fu addirittura incriminato e condannato per frode.

Rossella Marchese

Spagna: Catalogna, indipendentisti sempre più determinati

Dopo la grande marcia di Barcellona – organizzata per rendere omaggio alle vittime degli attentati terroristici dello scorso 17 e 18 agosto – aumentano le tensioni tra il governo centrale spagnolo e Barcellona. Mariano Rajoy – capo del governo spagnolo – ha chiesto invano ai separatisti della Catalogna di rinunciare al referendum indipendentista previsto per il primo ottobre.
Secondo Carles Puigdemont – capo dell’esecutivo catalano – è impossibile frenare la volontà di un popolo che vuole votare. Tuttavia, secondo Rajoy, la maggioranza dei catalani non desidera questo referendum. La stampa spagnola è rimasta indignata non soltanto per le bandiere indipendentiste durante la marcia di Barcellona, ma anche per fatto che il fanatismo indipendentista, ponendo la questione di una Catalogna autonoma davanti alla memoria delle vittime del terrorismo, stia tentando di rompere un senso di unità nazionale che è indispensabile anche nella lotta contro Daesh.
Intanto, i collettivi indipendentisti si preparano a lanciare una campagna in favore del referendum previsto per il primo ottobre.
Danilo Turco

Jerry Lewis, una carriera di risate tra genio e sregolatezza

Ha fatto ridere il mondo scardinando i canoni della commedia per più di 50 anni e quell’ironia che gli ha regalato un posto al sole a Hollywood è stata la sua salvezza da un’infanzia povera e vagabonda al seguito dei genitori teatranti, immigrati russi di origini ebraiche, da cui Lewis erediterà la passione per il palcoscenico e la verve comica. Cacciato dalla scuola di Irvington per aver picchiato un insegnante che parlava male degli ebrei, il giovane Jerry, all’anagrafe Joseph Levitch, passa attraverso mille mestieri, tra cui quello di maschera a Brooklyn, dove i suoi sketch comici non passano inosservati e gli aprono le porte dello spettacolo, complice anche l’incontro con un certo Dean Martin, che sarà suo partner per i successivi 10 anni, tra teatro, cinema e tv. Il successo è immediato, e il mix delle due personalità fa colpo sul pubblico americano del dopoguerra, desideroso di un nuovo tipo di comicità: 16 film targati Paramount, oltre a centinaia di pezzi teatrali, televisivi e radiofonici e persino una serie a fumetti, consacrano il sodalizio artistico e ne fanno due dei più famosi attori del periodo, almeno fino alla rottura, avvenuta nel ’56 per attriti personali tra le due star.

Non solo grandi attori americani come Whoopi Goldberg e  Patton Oswalt esaltano la straordinaria bravura del comico, ma anche la Casa Bianca gli dedica una nota, in cui viene definito un uomo che “ci ha fatto ridere per oltre mezzo secolo” e che “ha cambiato la vita di milioni di persone con il suo impegno benefico”.

Dal 1966 fino a tempi recentissimi, infatti, Telethon, di cui Lewis è stato l’inventore, ha raccolto fondi contro la distrofia muscolare, diventando uno degli appuntamenti fissi della televisione americana. Nella nota, Sarah Huckabee Sanders , l’addetta stampa della Casa Bianca, ha anche affermato che Lewis “ha vissuto il sogno americano” e “ha veramente amato questo Paese, e il Paese gli ha restituito l’amore”. “Il nostro pensiero è con la sua famiglia, ora che ricordiamo la vita straordinaria di uno dei nostri più grandi intrattenitori e benefattori”, ha poi concluso. Jim Carrey spiega che “quel pazzo di Lewis non era uno stupido”, ma un “innegabile genio” della comicità. L’ex-Grinch racchiude poi in una frase tutta la sua ammirazione per l’attore scomparso: “Io sono perché lui è stato”. Sulla stessa scia anche Mark Hamill: “Da bambino vivevo per i suoi film. Nessuno può gareggiare con la sua ilarità. Un genio”. Jamie Lee Curtis, ricordando le collaborazioni tra sua madre Janet Leigh e il comico, dice che nella sua famiglia Lewis “era diventato molto importante”.

Nicola Massaro

 

Il dark web, quello che si nasconde nel lato oscuro di internet

Il caso di Chloe Ayling, la modella inglese rapita a Milano con lo scopo di essere venduta sul dark web a facoltosi clienti come schiava sessuale, pur con tutte le sue zone d’ombra e particolari ancora poco chiari, ha riacceso l’interesse mediatico per il mondo sommerso che si cela dietro ed oltre i rassicuranti confini di Google.

Non molti, infatti,sanno che il 90% delle pagine internet sono sospese in un limbo che non si può raggiungere con Google o con altri motori di ricerca; quello è il territorio selvaggio ed anonimo del “dark web”, ma anche quello chiuso del “deep web”, dove si possono nascondere attività criminali, quali pedopornografia, traffico di armi e droga, assieme alle comunicazioni riservate (e le richieste di aiuto) dei dissidenti dei regimi autoritari o degli attivisti.

Innanzitutto, è bene fare una precisazione terminologica: se il deep web è quella parte di internet non indicizzata dai comuni motori di ricerca in cui rientrano nuovi siti, pagine web a contenuto dinamico, siti privati aziendali o web software, il dark web costituisce una parte, un sottogruppo, del deep web. Anch’esso è inaccessibile ai motori di ricerca comuni, perché si appoggia su reti sovrapposte ad internet chiamate genericamente “Darknet” e per accedervi sono necessari speciali software che nascondono gli indirizzi IP. Ed è proprio l’anonimato ad attirare nel dark web criminali di vario tipo, ma non solo.

Una volta entrati nel dark web si può accedere tra vari siti e forum più o meno segreti, di cui naturalmente bisogna conoscere gli indirizzi. Alcuni nascondono attività criminali, ma altri permettono di fornire informazioni importanti nel più perfetto anonimato, oppure permettono a gruppi di dissidenti, in Paesi retti da regimi autoritari, di organizzarsi e comunicare tra loro e con il resto del mondo, anche per chiedere aiuto. Lo stesso Edward Snowden e gli attivisti delle primavere arabe hanno usato il “lato oscuro” di internet per sfuggire alla censura ed ai controlli. Poi ci sono i forum, dove si possono incontrare organizzazioni estremiste, l’Isis è tra queste, oppure e-commerce illeciti su cui acquistare droga, armi o documenti falsi.

Il 30 maggio 2015 Ross Ulbricht, creatore di Silk Road, è stato condannato in primo grado all’ergastolo per associazione a delinquere, frode informatica, distribuzione di false identità, riciclaggio di denaro e traffico di droga su internet, entrando di diritto nella storia dei più cattivi del dark web.

L’enormità del fenomeno di cui si sta tentando di dare un’idea è difficilmente calcolabile: il web visibile, cioè quello che motori di ricerca tradizionali sono in grado di indicizzare, è composto da una mole impressionante di pagine, qualcuno ha stimato tra i 60 ed i 120 miliardi, ma per il deep web una valutazione del genere risulta folle. Anand Rajaraman, uno che di deep web si è occupato a lungo ha dichiarato in un’intervista al Guardian che l’unica stima credibile potrebbe essere 500 volte più grande. Ed in questo mare sterminato di dati lo scarto tra legalità e illegalità si fa labile, così che nell’immensità del deep web le zone grigie la fanno da padrone e il fatto di non conoscerne quasi alcunché permette di imbattersi nel più depravato degli psicopatici o nel più geniale degli scienziati con la stessa probabilità.

Rossella Marchese

Terrorismo: Barcellona, Cambrils e lo spettro dell’autonomia catalana

 

In seguito ai due attentati di Barcellona e Cambrils, la pista di matrice terroristica si conferma. Il 19 agosto 2017 gli editorialisti della stampa spagnola hanno evidenziato l’importanza della questione unità nazionale in rapporto alla lotta contro il terrorismo.

L’articolo “Espagne: après les attentats, le spectre de l’autonomie de la Catalogne”, pubblicato da RFI il 19 agosto 2017, evidenzia come la stampa spagnola critichi quasi in modo unanime i commenti fatti da Carles Puigdemont – Presidente della Regione “Generalitat de Catalogne” – relativi al fatto che gli attacchi terroristici di Barcellona e Cambrils non muteranno (nonostante le interdizioni del sistema giudiziario e del governo di Madrid) la tabella di marcia relativa al referendum per l’indipendenza della Catalogna previsto per il primo ottobre.

Secondo il quotidiano (di Madrid) ABC, una tale dichiarazione evidenzia l’inopportunità politica o peggio ancora un errore etico sul significato del concetto d’interesse generale e di bene comune. Il giornale Catalano La Vanguardia critica la strumentalizzazione politica dell’attentato ed evidenzia come in nemici della Catalogna non siano a Madrid (e viceversa). Gli antagonisti della Spagna sono coloro i quali ritengono che il tempo del dialogo e dell’intesa abbia ceduto il posto a quello dei rimproveri e degli insulti. El Pais ritrae il popolo spagnolo come la carta vincente, pronto a essere esemplare e a mobilitarsi all’insegna della frase “No tinc por” (“io non ho paura” in catalano).

La sicurezza è una dei temi in cui le frizioni tra la regione della Catalogna e il governo centrale spagnolo sono particolarmente alte. La Catalogna e Madrid hanno migliorato i livelli di cooperazione. A luglio, il Ministro dell’Interno e la polizia catalana si sono riuniti per la prima volta dopo diversi anni. La polizia catalana è diventata parte del centro d’intelligence contro il terrorismo e il crimine organizzato. Tuttavia, a dispetto di tutti questi sforzi, i dispositivi di sicurezza di Barcellona sono spesso considerati inadeguati.

Molte critiche provengono dai partiti dell’opposizione e dal Ministero dell’Interno che aveva richiesto delle misure preventive e di protezione – mediante l’impiego di barriere e di più polizia – nei punti nevralgici della città. Il comune di Barcellona era d’accordo sull’incremento delle misure di sicurezza, ma solo in occasione di grandi eventi (come concerti o importanti partite di calcio). Pertanto, tali misure non dovevano costituire un approccio strategico quotidiano. Sulle Ramblas il comune aveva preferito impiegare una persistente presenza di polizia, ma senza installare blocchi di cemento. Secondo alcune critiche fatte al sindaco di Barcellona Ada Colau, queste barriere avrebbero potuto impedire alla vettura di proseguire il suo tragitto e di conseguenza avrebbero reso il bilancio in termine di vittime meno grave. Tuttavia, il sindaco ha replicato che è impossibile garantire la sicurezza al 100%.

Al momento dell’attentato, il comune di Barcellona aveva un livello di allerta pari a 4 (stabilito nel 2015, in seguito agli attentati successi in Francia) su una scala in cui il massimo livello è 5. Quest’ultimo livello prevede il dispiegamento dell’esercito per le strade della città.

Danilo Turco

 

 

 

 

Tredici anni di Soap Box Race

Ha compiuto tredici anni la “Soap Box Race” di Verbicaro, gara di velocità e simpatia estetica di particolari veicoli a quattro ruote la cui unica forza propulsiva è la gravità in discesa. Un chiaro successo per Agostino Cirimele, creatore ed organizzatore dell’evento e per l’amministrazione cittadina, attualmente capeggiata dal sindaco Francesco Silvestri, che sensibilmente permette l’iniziativa.

Approvazione anche dalla lontana Australia, con la presenza di Jessica Zerlinda Gnata, curatrice di analoga manifestazione nel suo continente e recentissima spettatrice di gare statunitensi, la quale non ha nascosto stupita ammirazione per la vivace creatività nostrana.

Ad irrobustire interesse e valore della manifestazione, il convegno imperniato sul tema del contributo della guida automobilistica in gara per la sicurezza della conduzione di veicoli su strada.

In definitiva, una bella prova turistica di un piccolo centro della provincia di Cosenza in attesa di ben più lusinghieri interessamenti da parte di istituzioni più ampie di quella strettamente locale, a facilmente prevedibile vantaggio, non solo cittadino o regionale, ma, se opportunamente valorizzata, finanche nazionale.

Rosario Ruggiero

WikiLeaks: 11 anni di rivelazioni e la nuova frontiera sembrano essere i dati sensibili

Per 11 anni 1 è stata l’organizzazione votata a a scovare intrighi diplomatici, scandali di Stato, negoziati segreti e molto altro, per poi trasformare tutte quelle informazioni in biblioteca digitale universale. Ma oggi, a detta di alcuni, l’organizzazione fatta di haker ed attivisti votati alla verità a tutti i costi, dopo aver cambiato le regole del gioco, sembra esservi entrata.

Questo pare sia successo all’indomani della pubblicazione dei “leaks” sul Partito Democratico americano, con Hillary Clinton che, in piena campagna elettorale presidenziale, ha dovuto difendersi per quelle migliaia di mail piene di dati sensibili di cittadini americani date in pasto alla rete, puntando il dito sull’intelligence russa; un episodio che ha fatto dichiarare persino ad un tipo come Edward Snowden la necessità per WikiLeaks  di moderare i contenuti.

Analizzando il passato recente dell’organizzazione si potrebbero distinguere due ondate ben evidenti di contenuti rivelati: la prima riguarda le guerre, con i dossier su Iraq ed Afghanistan; la seconda, inerente i trattati di libero scambio e le multinazionali; mentre per la terza ondata, contemporanea, riguarderebbe proprio le campagne elettorali e la montagna di dati sensibili in ballo con esse. Con la pubblicazione delle mail in piena campagna elettorale statunitense e le accuse alla Russia da parte di Hillary Clinton si è aperta a tutti gli effetti una nuova fase per Wikileaks che potrebbe diventare, oltre l’organizzazione che agisce in nome della trasparenza e protegge la segretezza delle sue fonti e dei suoi donatori, anche uno strumento per altri interessi. Questo, almeno è quello che sostengono personalità come il filosofo Slavoj Ziziek o Geert Lovink, teorici delle culture di rete, che parecchio stanno dibattendo sul futuro di WikiLeaks in questo periodo, preoccupati per la deriva che potrebbe prendere la questione delle mail e dei dati sensibili finiti sul web. Eppure l’organizzazione non smette di essere percepita dall’opinione pubblica internazionale come quella che ha avuto il merito di aver liberato i documenti e di averli interpretati per la prima volta in crowdsouring, insieme ad altri.

A guardare bene, il dibattito riguarda anche un futuro con tante WikiLeaks, ed in effetti le piattaforme per trasferire in forma anonima verità scomode sono già più di una: c’è il software opensource GlobaLeaks, c’è l’italiano IrpiLeaks, oppure le associazioni come Transparency  che offrono portali alle potenziali “sentinelle” in attesa che la legge le tuteli appieno.

Ma WikiLeaks ha aperto anche una nuova era del giornalismo; l’organizzazione di Assange per alcune rivelazioni collabora anche con i media partner, in Italia, ad esempio,  con L’Espresso.

Anno dopo anno questa task force di giornalisti provenienti da 65 paesi ha rivelato casi di corruzione ed evasione fiscale di proporzioni enormi; poi succede che online finiscano i dati sensibili di cittadini inermi e ciò pone al centro dell’attenzione i modi radicali di WikiLeaks.

Si potrebbe parlare di costo da pagare per il futuro della democrazia dell’informazione, ma per Assange, che ancora conserva la ragione dalla sua e la simpatia della gente, la strada aperta da WikiLeaks è insostituibile per le democrazie: tutti gli attori politici, le aziende, devono rendere conto di ciò che fanno, non basta che dicano di agire nell’interesse comune, ma da quando c’è WikiLeaks devono anche dimostrarlo.

Rossella Marchese

 

 

 

E’ uscito il nuovo numero di Professione Bancario

Con l’editoriale, il Segretario Generale Unisin Emilio Contrasto apre il nuovo numero della rivista Professione Bancario, che nella sua nuova veste editoriale scientifico-giuridica sta riscuotendo molto interesse sia nel mondo accademico che in quello delle professioni allargando così l’orizzonte delle lettrici e dei lettori dello storico giornale.
L’apertura è dedicata alla notizia che “un’altra prestigiosa Organizzazione si è unita ad Unisin, il Sinfub, che ha voluto aderire al progetto nato nel 2011 tra Falcri e Silcea, allargandone così i confini sindacali”.
Emilio Contrasto evidenzia anche l’attenzione “alle giovani generazioni che con difficoltà si affacciano al mondo del lavoro e nello stesso tempo l’attenzione verso tutti coloro che si trovano nell’ultima fase del proprio percorso lavorativo” e una vicinanza non solo nella difesa dei diritti nel mondo del lavoro ma soprattutto alla Persona nel suo complesso, impegno che porta Unisin a partecipare, dando il “fattivo contributo, ad azioni e iniziative sociali, culturali, educative, su tutto il territorio nazionale, a partecipare a gruppi di lavoro e di studio per contribuire al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro delle Persone”.
Di grande interesse le iniziative che Unisin sta portando avanti come ricorda il Segretario Generale “contro le discriminazioni di genere, per il miglioramento del clima aziendale inquinato dalle pressioni commerciali, per il sostegno alla legalità con l’adesione al progetto L’Agenda Ritrovata, la collaborazione con le istituzioni scolastiche nell’ottica di avvicinare i giovanissimi al mondo del lavoro e sensibilizzarli alle tutele che la legislazione prevede”.
Non poteva mancare il ricordo da parte di Emilio Contrasto della grave perdita subita dal Comitato scientifico della rivista con la scomparsa dell’avvocato Gerardo Marotta, presidente dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, istituzione di alta cultura nota a livello internazionale, che il Segretario Generale ricorda come “illustre giurista e uomo di cultura” con il quale aveva instaurato una profonda collaborazione, rivolta soprattutto ai giovani, che proseguirà con Massimiliano Marotta che oggi presiede l’IISF ed entra a far parte del Comitato scientifico di Professione Bancario.
La rivista, consultabile all’indirizzo www.professionebancario.it,  in questo numero approfondisce i seguenti temi: La “flexicurity” (avv. prof. Umberto Aleotti); L’assegno divorzile e l’assegno di mantenimento nell’evoluzione giurisprudenziale (avv. Antonella Verde); Il principio delle pari opportunità nell’Unione europea (prof. Antonio Lanzaro).
Alessandra Desideri

La storia straordinaria di Girolamo, l’italiano che sbarcò ad Honolulu

John Owen Dominis, principe consorte e governatore di Oahu, Honolulu, era di origini italiane, figlio di John Dominis, ovvero del conte Girolamo di Dalmazia, un italiano di fine Ottocento fuggito dalla dominazione austroungarica di quel periodo e sbarcato negli Stati Uniti, a Boston,  nel 1823. Lì, il conte Girolamo cambiò nome e sposò una certa Mary Jones, facoltosa figlia di mercanti bostoniani, dalla quale ebbe, appunto, suo figlio John Owen, futuro sovrano nel Pacifico. Questa storia, infatti, inizia come molte, immigrazione, ricerca di una vita migliore etc, ma poi prende una piega inaspettata e rocambolesca, degna di un romanzo salgariano. Da Boston, infatti, Mr. Dominis, fu conte di Dalmazia, salpò presto. Capitano esperto e coraggioso, fu tra i primi a riuscire a penetrare nel territorio dell’Oregon, dove importò per la prima volta pecore e semi di pesco e inventò uno strumento per calcolare la tela da impiegare nella fabbricazione delle vele; dall’Oregon alla volta di Honolulu, dove si trasferì con moglie e figlio nel 1846 e alla fine, come si conviene ad vero avventuriero, partì per un ultimo viaggio, non più come comandante ma come passeggero, con destinazione Manila e Cina, da cui non fece più ritorno.

Tuttavia la storia non finisce con la morte del capitano John Dominis; suo figlio sposò, poi, la principessa Lydia Kamaka’eha Pk e divenne principe consorte quando lei fu incoronata regina ad Honolulu.

Alla morte del principe consorte John Owen Dominis, la regina Lydia cercò di indagare sulle sue origini e su quelle del suocero, fino ad allora rimaste nel mistero. Scoprì, dunque, che i discendenti del capitano risiedevano a Zara ed erano originari dell’isola di Arbe, nella Dalmazia settentrionale, ancora sotto la dominazione austroungarica agli inizi del Novecento, assieme ad una porzione di nord Italia. La regina, affascinata dalla storia rocambolesca del suocero, scrisse a quei discendenti lontani per fargli visita, ma quelli, spaventati dall’indigena e non volendo compromettere il loro nome, le negarono il consenso. Lydia, nel frattempo destituita dagli americani, morì ad Honolulu 1917 senza scoprire le origini del marito e del suocero.

Eppure questa strana ed esotica storia si è salvata ed è arrivata fino a noi, assieme ad altre tutte raccolte in un volume dal titolo Storie straordinarie di italiani nel Pacifico, a dimostrazione di quanto valga il detto scolpito in tre righe sulla facciata del Palazzo della Civiltà Italiana: “popolo di Santi, poeti e navigatori”.

Rossella Marchese

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