L’allegria del ragazzo di Monghidoro infiamma Alghero

Strepitoso Gianni Morandi all’Alguer Summer Festival. Sold out all’anfiteatro Ivan Graziani.

Una splendida serata riporta alla Riviera del Corallo e in tutta l’isola una ventata di gioia e spensierata allegria per le migliaia di persone   di ogni età – accorse all’anfiteatro Ivan Graziani nell’ultima domenica di luglio.

A pochi giorni dal successo di Biagio Antonacci, le gradinate e le poltroncine in platea vanno rapidamente esaurite in tutti i posti disponibili. I varchi d’ingresso sono aperti per una festosa processione già due ore prima dell’inizio del grande concerto.

L’attesa, sostenuta da tempo, è divenuta spasmodica per l’unica data 2023 in Sardegna, per il ritorno di Gianni Morandi.

“Go Gianni Go! Estate 2023” è il titolo dell’ultimo tour, realizzato con la produzione Trident Music, con il debutto estivo lo scorso sei luglio nella piazza Garibaldi a Senigallia.

L’approdo nel nord Sardegna segue l’ultimo concerto nella penisola di Matera e realizza uno straordinario appuntamento nel palinsesto dell’Alguer Summer Festival con il contributo dell’associazione sassarese Le Ragazze Terribili, storico brand culturale fondatore del festival musico letterario Abbabula, giunto quest’anno alla sua venticinquesima edizione.

Il ragazzo di Moghidoro, appare sull’imponente palco algherese intorno alle 21.30 con un disinvolto completo bianco. Si illumina la scena con una alchimia di luci e trailer digitali.

Ritraggono la prima vita dell’attore cantante agli albori dei “Sessanta” con le prime immagini in bianco e nero trasmesse dalla tivù di Stato.

Allegria è lo scoppiettante brano d’apertura   un dono creato dall’estro di Jovanotti per l’amico Gianni – incluso nell’ultimo album, Evviva!

Il trentacinquesimo nella longeva carriera musicale di Morandi, pubblicato lo scorso tre marzo da Sony Music.

E’ l’avvio di un mega show che ne include tanti, quanto le vite, del protagonista in ribalta.

Supportato da una band di tredici eccellenti musicisti. Rappresentanti almeno tre generazioni nella storia musicale italiana. Al pari della composita fascia anagrafica del pubblico. Immediatamente coinvolto dalla vitale empatia del cantante bolognese.

Naturale l’interazione con le scatenate fan sistemate nelle prime file sotto il palco.

Arriva subito un omaggio per Gianni, un berretto con i Quattro Mori di Sardegna.

Il repertorio è vasto, come la sua immensa carriera.

Brani storici: Se perdo anche te – Occhi di ragazza –VarietàBella Signora.

Impossibile citare tutti i titoli dei brani visitati in oltre due ore consumatesi in un bellissimo viaggio sonoro.

Realizzatosi grazie ad un perfetto interplay musicale sul palco. Con la direzione dei suoni affidata al Maestro Luca Colombo, prima chitarra elettrica insieme al collega Michele Quaini.

Una performante sezione fiati riunisce Ambrogio Frigerio al trombone, Nicholas Lecchi al sax e la giovanissima – ventenne –Camilla Rolando alla tromba.

Quest’ultima protagonista nello struggente omaggio per Lucio Dalla nella interpretazione di Futura.

La dedica per l’amico fraterno, scomparso prematuramente nel 2012, include un commovente arrangiamento di Vita. Accompagnata dalla vibrante esecuzione di Roberto Tiranti. Non può mancare la cover di Caruso nel tributo a Lucio.

Tiranti è voce solista, nella terna del coro in scena, insieme con Silvia Olari e Alessandra Kidra.

La prima, esemplare nell’interpretazione in duo di In amore. Brano che valse il secondo posto al Festival di Sanremo nel 1995 per la coppia Morandi – Barbara Cola, dopo Giorgia che vinse con la canzone Come saprei. 

Al pari della seconda, Alessandra Kidra, magistrale nell’accompagnare Morandi in Grazie perché.

Con la Kidra, Morandi intrattiene un esilarante siparietto nella seconda parte dello show, per l’assunzione di tre pillolette del piano terapeutico per tutelare la sua veneranda età (classe 1944).

Lo stesso Morandi ironizza sulla sua longeva carriera, parafrasando l’amico Fiorello: “dall’eterno ragazzo a… l’eterno riposo è un attimo!” – scatenando risate scaramantiche dalla platea.

Tutti i musicisti hanno l’opportunità di offrire nelle rivisitazioni dei brani, il proprio talento: Maurizio Campo al pianoforte, Michele Lombardi alle tastiere, Ricky Quagliato alla batteria, Daniele Leucci alle percussioni.

Non da ultima, completa la sezione acustica, la bravissima Paola Zadra al basso elettrico.

Prima dei prolungati bis, c’è lo spazio per gli intramontabili: Andavo a cento all’ora – Un mondo d’amore – Fatti mandare dalla mamma.

E il pubblico che non vuole più lasciarlo, balla in piedi con Banane e lamponi.

Difficile descrivere altro con l’adrenalina e le emozioni vissute in questo viaggio musicale.

La possibilità migliore è viverlo in una delle prossime tappe. Con il sud della penisola pronto ad accogliere il “Go Gianni Go!”

Dopo la Sicilia e una puntata a Malta, sono due gli appuntamenti in Campania: il venti agosto a Baia Domizia e il 28 a Benevento.

Luigi Coppola

 

Foto Luigi Coppola

Al Ridotto del Mercadante Galatea Ranzi: “La mia Madonna contro il perbenismo”

Dal 29 marzo al 2 aprile il Ridotto del Mercadante offre al suo pubblico uno spettacolo di grande interesse e coinvolgimento “In nome della madre” con una protagonista d’eccezione l’attrice romana Galatea Ranzi, con la regia di Gianluca Barbadori, un lavoro tratto dall’omonimo romanzo di Erri De Luca.

Si tratta della storia che viene narrata in prima persona, di Miriàm/Maria, giovane donna della Galilea alla quale, in una visione, un angelo annuncia che avrà un figlio e le profetizza per lui un destino di grandezza. Subito dopo, la giovane scopre di essere incinta e ne parla con Iosef, il suo promesso sposo. Miriàm/Maria è consapevole del fatto che rischia di essere lapidata, ma rivendica “il mistero della sua gravidanza e la sua assoluta buona fede”. Iosef, dopo un sogno premonitore, decide comunque di sposare la giovane. I due sposi saranno costretti però ad un lungo viaggio a causa del censimento organizzato dai Romani.

Erri De Luca racconta facendo ricorso al “linguaggio semplice e terso della poesia la gravidanza di Miriàm/Maria e la nascita di Gesù in chiave laica e contemporanea”.

“È magistrale – dichiara Galatea Ranzi – il linguaggio che l’autore ci ha fornito, osservando i fatti col coinvolgimento di una testimonianza, mettendo a fuoco dettagli inediti, come ad esempio il rapporto con un Giuseppe uomo mansueto e allo stesso tempo rivoluzionario”.

“La mia Miriàm – continua l’attrice – riferisce a sua volta la sua condizione di ragazza di un piccolo villaggio, priva di contatti e affetta da riservatezza e pudore, ma capace anche di una visione critica rispetto alla chiusura del mondo in cui vive, infastidita dalle regole e dal perbenismo di chi la circonda. Il testo mostra l’assoluta ricerca di libertà di lei e di lui. Una prova d’amore”.

“La scrittura di Erri De Luca discende dalla sua passione per la cultura ebraica, pur senza appartenenza religiosa, da cultore di un’area spirituale storica e letteraria, ed è stupefacente – sottolinea Galatea Ranzi – la sua confidenza e la sua sottigliezza nel ritrarre i caratteri femminili arcaici, qui un profilo che però senti anche rapportato ai nostri giorni, scandito in quattro stanze. Che dire? Dopo tanti anni sentirsi vergini è bellissimo e terribile, e avverto adesione col personaggio sia nelle frasi acute e tenere, sia nelle osservazioni spiritose e affettuose. È un’affabulazione, meritevole di collocarsi pure in luoghi non teatrali”.

Il costume di scena è di Lia Francesca Morandini e la produzione dello spettacolo è a cura del Teatro Biondo di Palermo in collaborazione con soc. coop. Ponte tra Culture/ AMAT – Associazione Marchigiana Attività Teatrali, con il patrocinio di Regione Marche.

Uno spettacolo che da vedere e vivere con la necessaria attenzione per meglio calarsi nella storia e nel linguaggio del racconto di Erri De Luca.

Antonio Desideri

 

 

Diana e Claudio, da Casa Sanremo a Salerno

Pronti per il ritorno gli Ambasciatori della Posteggia Napoletana.

“E’ stata un’edizione di Casa Sanremo indimenticabile, fatta di incontri meravigliosi, tante interviste in radio e trasmissioni e tante esibizioni. Un’edizione che porteremo nel cuore, di cui, come sempre, ringraziamo il Patron Vincenzo Russolillo e la Vice Presidente Rita Petolicchio. Un’edizione che ci ha dato una carica incredibile, che ci ha lasciato un po’ di nostalgia, che ci fa già sentire la mancanza della “Casa” e che ci fa salire già da ora l’adrenalina per la prossima edizione, che non vediamo l’ora di vivere!”

Il messaggio di Diana Ronca è postato via social nella prima domenica del dopo festival.

Otto giorni dopo il trionfo di Marco Mengoni sulla ribalta dell’Ariston. Una settimana ancora discussa al centro di umori contrastanti, clamori e polemiche che in ogni caso renderanno straordinaria questa settantatreesima edizione dei record.

Un’ edizione inedita e da ricordare certamente per Diana Ronca e Claudio De Bartolomeis, al secolo l’espressione in carne e voce della Posteggia Napoletana. (https://www.posteggianapoletana.it/)

Abbiamo “intercettato” telefonicamente la coppia di Artisti, originari di Salerno, durante una prima colazione in Toscana, impegnati in un nuovo tour nel centro Italia ed appena rientrati dalla settimana in Liguria dove sono intervenuti con eventi tematici nel palinsesto di Casa Sanremo. (https://www.casasanremo.it/)

E’ Diana che mi risponde al telefono con il consueto tono di voce brillante. Le chiedo:

Claudio e Diana, siete sempre stati di casa a Sanremo, ricordiamo l’ultima trasferta prima della pandemia con il vostro originale “Salremo”.

Un tour italiano dalla vostra Salerno sino al tempio della canzone italiana.

In questa 73esima edizione del Festival, siete stati ufficialmente inclusi nella nutrita squadra degli addetti ai lavori nelle iniziative molto importanti – in sinergia con la gara canora consumatasi nelle cinque dirette di Rai uno dal teatro Ariston – di Casa Sanremo.

Ci raccontate com’è nata questa collaborazione e quali sono stati gli appuntamenti più belli di questa vostra presenza quotidiana in una così prestigiosa manifestazione?     

Siamo stati a Sanremo in occasione del Festival per una quindicina di edizioni. Prima della pandemia, come dicevi, con un tour che abbiamo chiamato “Sal-remo” con il quale abbiamo fatto varie tappe da Salerno a Sanremo, esibendoci in Castelli, librerie, stazioni radio, salotti di casa, fino ad arrivare a Casa Sanremo, dove abbiamo presentato il libro “Ultimi romantici”. Amiamo essere nella città ligure proprio nei giorni della kermesse perché la musica vive in ogni angolo, si fanno incontri speciali, si vive appieno la bellezza del nostro lavoro. Nel corso di questi anni, abbiamo tenuto contatti “epistolari” con il Patron di Casa Sanremo Vincenzo Russolillo, e con la vicepresidente Rita Petolicchio, due persone eccezionali, visionarie, ricche di senso del sacrificio e passione per il lavoro che fanno. Ci siamo incontrati prima dell’estate e Vincenzo ci ha proposto di esibirci, quest’anno, durante alcune serate di Gala dedicate alla Regione Campania. Inoltre abbiamo concordato la presentazione del nostro ultimo libro “Sì ma… il lavoro vero”. Andando via, avendo visto qualcuno degli episodi della sit commedy che abbiamo ideato per parlare di ciò che facciamo, ci chiese se avessimo pensato mai di fare gli attori. E dopo un paio di mesi, la proposta di realizzare alcuni episodi della sit, tra il serio e il faceto. Brevi sketch leggeri del nostro quotidiano domestico per proporre alcuni dei più bei brani del Festival. Con la “protezione” di Peppe Vessicchio, abbiamo avvicinato le persone all’inizio del Festival. Un’esperienza meravigliosa! Un onore grande fare parte dello staff di Casa Sanremo. Dopo il Teatro Ariston,  indiscutibilmente la location più prestigiosa. Qui abbiamo anche aperto un importante incontro letterario, siamo stati ospiti di Veronica Maya e di varie radio e trasmissioni.

Ci avete documentato con le vostre quotidiane dirette –  via social – la settimana sanremese densa di eventi e originali aneddoti sin dalle prime ore mattutine. Fra le centinaia di musicisti, vip o presunti tali, personaggi pubblici e non solo, quale incontro vi è rimasto scolpito, tale da rimanere indimenticabile?  Per quanto riguarda la kermesse musicale diteci i vostri vincitori ideali. La canzone che più vi è piaciuta e che magari, prossimamente, sarà visitata nel vostro ricchissimo repertorio.

Abbiamo condiviso con chi sta a casa e non ha mai avuto la possibilità di visitare Sanremo nei giorni del Festival, l’aria che si respira, una realtà che tanti neanche immaginano. Facendo dirette in cui mostravamo la strada che porta al Teatro Ariston, piuttosto che le varie sale di Casa Sanremo e tanto altro. Abbiamo incontrato moltissimi musicisti, ma anche tanti giornalisti che stimiamo ed apprezziamo per la loro professionalità. Di sicuro, avere avuto la possibilità di incontrare Amadeus è stata una esperienza indimenticabile: è molto difficile, nei giorni della rassegna canora, incrociare il presentatore di turno. Dispiace constatare che, da ormai molti anni, le canzoni del Festival non hanno più il “passo lungo”, non restano negli annali. Durano lo spazio di qualche mese. Alcune volte per una stagione brevissima: non si fa nemmeno in tempo ad aggiungerli al repertorio, che sono già dimenticati. Di sicuro la melodia di Mengoni è una di quelle destinate a rimanere un po’ più a lungo. 

Oltre 35 anni di carriera alle spalle, molti di più nella vostra vita privata.

Onorate con grande orgoglio e umiltà il ruolo di “Ambasciatori della Posteggia Napoletana”. Non uno stereotipo giornalistico ma un vero e proprio mandato consegnatovi in una straordinaria festa privata di compleanno del Maestro Roberto Murolo.

Un evento prezioso e datato che custodite nel vostro animo. Nelle serate a tema di Casa Sanremo avete rappresentato da par vostro la regione Campania nelle eccellenze musicali d’Italia. Occasioni importanti per raccontarvi anche con un vostro libro che reca in copertina un titolo particolare: “Si ma… il lavoro vero”. Prima di salutarci diteci la vostra idea del lavoro da trasmettere a tanti ragazzi, ma anche ai meno giovani in questa transizione epocale che viviamo.     

Siamo sempre onorati ed emozionati quando ci definiscono Ambasciatori della Posteggia Napoletana e sentiamo tutto il peso e la responsabilità di questa “incoronazione”, soprattutto perché abbiamo un rispetto enorme per un repertorio musicale inarrivabile, inimitabile.

Un patrimonio culturale che ci fa grandi e riconoscibili nel mondo. A Casa Sanremo abbiamo suonato per la Stampa e gli Artisti in occasione delle serate di gala ospitate dalla Regione Campania. L’emozione è stata forte. Soprattutto intrattenere tavoli di giornalisti e artisti che ammiriamo per dedicare loro una serenata. Un’esperienza bellissima! Per la presentazione del libro, poi, la giornalista Rai Marzia Roncacci ci ha fatto un regalo immenso, moderando l’incontro con la sua impeccabile professionalità con tutta l’umanità che riesce a mettere nelle interviste. Abbiamo il privilegio di andare spesso nelle scuole a parlare con i ragazzi. A loro cerchiamo di trasmettere la “cura” dei loro sogni, il valore del sacrificio, la perseveranza, il non arrendersi ai no, la bellezza di riuscire a realizzarsi e a vivere facendo ciò che più si ama. Di rientro da Sanremo, a parte le interviste di rito, qualche altro viaggio e qualche ospitata, siamo pronti a lavorare ad un progetto che è già in fase avanzata. Vedrà la luce, speriamo, tra aprile e maggio: un video che dedicheremo al tema degli emigranti. Quelli che lo sono stati e i nostri ragazzi, costretti ad andare via per realizzare i propri obiettivi. Il brano è, come sempre, un meraviglioso classico della tradizione partenopea.

E poi, ancora tante cose in cantiere, perché, come recita il nostro motto…

“Non abbiamo ancora iniziato!”

Luigi Coppola

(Foto di Diana Ronca e Claudio De Bartolomeis)

Liberato: il primo cantante napoletano a non mostrare il suo volto

Rimane ancora un mistero per tutti il volto di questo cantante: Liberato, il cantautore che si esibisce unicamente di spalle al pubblico. I suoi testi sono maggiormente in dialetto napoletano, anche se spesso inserisce frasi in lingua italiana. Altre volte, invece, ama usare parole o frasi in lingua straniere e, infatti, in alcuni suoi brani è possibile ascoltare frasi in lingua inglese, spagnola o francese.

Amato molto soprattutto dal popolo napoletano, le sue canzoni sono una ventata di freschezza e allegria  che abbracciano diverse tematiche attuali e, nonostante i suoi testi siano in dialetto napoletano, il suo successo non si è fermato all’interno della città partenopea ma è volato ben più lontano: i suoi testi, la sua voce e le sue canzoni sono oramai apprezzate in tutta Italia e non solo, la sua melodia è riuscita a far appassionare anche alcuni paesi dell’estero.

E’ diventato famoso grazie alla sua prima canzone Nove maggio, che fu il suo primo singolo pubblicato il 14 maggio del 2017 sul canale You Tube. Questo brano riscontrò  immediatamente successo quando, solo il giorno dopo 14 maggio, venne pubblicato anche su piattaforme streaming destando grande popolarità tra il pubblico di tutte le età.

“Tu t’è scurdat’e me” è il secondo singolo di Liberato e proprio il giorno nove maggio dello stesso anno, venne pubblicato su tutte le piattaforme digitali.

Il 2017 fu un anno ricco di soddisfazione per il giovane cantante napoletano, che terminò con la pubblicazione del video “Gaiola portafortuna” il 19 settembre che, secondo le tradizioni napoletane, è un tributo sia alla festa di San Gennaro patrono della città, sia alla strage di Castel Volturno (giorno in cui la camorra uccise sei immigrati africani).  Da quel momento in poi la carriera per Liberato è stata solo in ascesa: 20 gennaio 2018 esce “Me staje appennenn’ amò”, la sera del 9 maggio 2019, dopo una lunga assenza da parte del cantante e una lunga attesa da parte dei suo fans, Liberato pubblica il suo primo album chiamato “Liberato” (undici brani). Sua, anche la colonna sonora del film “Ultras” su Netflix e, il 23 marzo dello stesso anno, pubblica il suo secondo album chiamato “Ultras”.

Da tempo, tutti i suoi fans, attendevano con ansia l’annuncio di un suo concerto e, il 25 aprile 2020, avrebbe avuto luogo il suo primo spettacolo al Mediolanum Forum di Milano. I biglietti per il concerto di Liberato erano esauriti in brevissimo tempo ma i fans che non erano riusciti ad acquistarlo erano molti, tanto da convincere il cantante a decidere di esibirsi una seconda volta il 26 aprile ma, imprevedibilmente l’emergenza COVID-19 ha costretto la cancellazione dell’evento che è stato rimandato il 9 settembre 2022.

Continua la carriera di Liberato con la pubblicazione del singolo “E te veng’ a piglià”, il 9 maggio del 2021.

“Liberato II” si intitola il secondo album del cantante pubblicato il 9 maggio del 2022.

I fans di Liberato hanno potuto divertirsi ancora una volta durante il suo concerto (gratuito) a Procida Il 20 luglio dello stesso anno intitolato: “Miez ‘O Mare”.

Per quanto riguarda la vita privata del cantante non si ha alcuna informazione in quanto ha deciso di rimanere totalmente in anonimato non mostrando mai neanche il suo volto.

Alessandra Federico

Napoli: Capodanno 2023 nella città partenopea

Anche il 2022 è giunto al termine e, come ogni anno, l’intenzione di qualunque persona è quella di festeggiare nel miglior modo possibile per dare il benvenuto all’anno nuovo che sta per arrivare.

Salutare l’anno passato con una piacevole cena seguita da una grande festa è oramai una divertente abitudine alla quale nessuno rinuncerebbe, soprattutto quando si vive o si decide di trascorrere il momento del countdown in una città che può regalarti momenti indimenticabili come la bella Napoli.

La città partenopea è la scelta perfetta per chi ha intenzione di trascorrere l’ultima notte dell’anno per strada; le mille e più attrattive tra luoghi da visitare, divertimenti e tanto buon cibo sono di certo da considerare un grande privilegio per chi desidera godersi al meglio l’intera notte con l’assoluta certezza di non cadere un solo istante nella monotonia. Ma non solo, soprattutto per questo 31 dicembre, si prospetta un meraviglioso concerto di capodanno  in piazza del Plebiscito dove molti amati vip brinderanno tutta la notte assieme al loro pubblico. Sebbene, sarà difficile annoiarsi o sentire quel velo di malinconia solito presentarsi negli ultimi giorni dell’anno e, infatti, i momenti per divertirsi sono molti e la particolarità di quest’anno, a differenza di quelli precedenti, saranno tre le entusiasmanti giornate ricche di eventi: 29-30-31 dicembre.

Il 29 dicembre si parte, presso la galleria Principe Umberto, con un omaggio  a Pino Daniele, (programmata da suo figlio) grazie anche e soprattutto alla collaborazione di alcuni artisti emergenti del Conservatorio di San Pietro a Majella, dove canteranno alcuni brani dell’album di Pino “Nero a Metà”. Per chi ama il romanticismo e desidera trascorrere una serata con il suono del mare, la vista mozzafiato del lungomare di Mergellina, avvolto tra le braccia del meraviglioso golfo di Napoli potrà godere  la travolgente festa del 30 dicembre dove concerti (con le splendide voci del  rapper Rkomi  seguito dalle voci napoletane Nziria, Lil Jolie e La Nina), giochi, musica, danza e show, contribuiranno a rendere la zona di Mergellina ancora più luminosa, divertente e romantica.

L’ultima serata sarà decisamente la più ricca di sorprese: il concerto a piazza del Plebiscito sarà presentato da Peppe Iodice con il suo show Beppe Night. Gli amanti della musica napoletana neomelodica, non possono non godersi fino alla fine il concerto perché la serata sarà conclusa dal cantante Franco Ricciardi. Ancora, durante lo show, invece, saranno diversi gli ospiti che terranno compagnia e faranno divertire il pubblico; Lina Sastri, Belen e Stefano di Martino, Peppino di Capri. Al termine dell’evento ci sarà un incantevole spettacolo di fuochi d’artificio nella zona di Mergellina verso il Castel dell’Ovo. Ma la calorosa città partenopea, l’ultima notte dell’anno, offre anche altri concerti altrettanto esilaranti come la festa con musica latino americana che si terrà davanti alla sede della ex facoltà di economia, per gli appassionati del revival invece, potranno recarsi al Borgo Marinari dove ci sarà musica dance anni ‘70- ‘80, mentre la serata a piazza Vittoria, è per chi ha voglia di trascorrere una piacevole serena serata con musica d’autore. Insomma, allettanti serate da non perdere se si ha voglia di salutare il 2022 nel modo più divertente che si possa desiderare.

Alessandra Federico

Vikings, la serie tv che racconta l’ascesa dei popoli Vichinghi

La serie Vikings, ideata dal regista Michael Hirst per il canale televisivo canadese History Television, racconta l’ascesa dei popoli Vichinghi nell’Europa del IX sec.

Ispirata a fatti e personaggi reali, la serie racconta (in parte romanzata) la vita del guerriero Ragnar Lothbrok, un visionario pastore scandinavo che, con le sue gesta, contribuirà ai grandi cambiamenti storici, sociali e religiosi del suo tempo. L’obiettivo di Ragnar Lothbrok, (sposato con Shield-Maiden Lagertha), è quello di riuscire a condurre una vita migliore di quella che gli spetta secondo la tradizione celtica (per se stesso e per la propria famiglia)  fatta di benessere, di terra fertile e cibo in abbondanza, un futuro aperto a cambiamenti epocali, primo tra tutti il confronto tra paganesimo e Cristianesimo. Quella di Ragnar è l’Europa di Carlo Magno, divisa e lacerata da guerre religiose in cui nasce il sistema feudale, in cui i successori del grande imperatore hanno come sacro scopo quello di conquistare tutti i territori pagani per convertirli al Cristianesimo. La sua intenzione sarà quella di donare in eredità ai propri figli tutto ciò che conquisterà. In questo contesto, Ragnar indossa le vesti del Prescelto e, contravvenendo alle regole e alle conoscenze della propria cultura, inizia ad esplorare i territori ad ovest della Scandinavia scoprendo un mondo sconosciuto e ricco di nuovi confini geografici, politici e spirituali. Nel suo percorso di conoscenza (carico di ambigue profezie e desiderio di andare oltre), Ragnar incontrerà Cristo attraverso la figura di Athelstan, (monaco anglosassone rapito e reso schiavo in seguito alla prima incursione vichinga in Northumbria).  L’amicizia con il monaco cambierà la visione filosofica e religiosa che il protagonista aveva della vita, in una nuova dimensione esistenziale caotica e volitiva, devota alla famiglia e alle origini ma affascinata dal Dio Cristiano.

In quel periodo storico il popolo norreno non conosceva la scrittura, la loro cultura era orale; tramandava storie di generazione in generazione cantando gesta di eroi e dei loro destini. La loro mitologia dava significato a tutto e, non essendoci parola scritta, gli esseri umani necessitavano di medium per interrogare il proprio Dio, per stabilire cosa era giusto, cosa o chi era necessario sacrificare, in nome di quale destino andavano compiuti atti grandiosi e terribili.

Un’altra figura fondamentale della serie è Floki grande amico di Ragnar, costruttore della sua prima flotta, avversario spietato del nuovo Dio. Anche Floki è una sorta di prescelto; infatti, la sua storia privata e spirituale, segnerà momenti di svolta di grande impatto.

Oltre a queste tematiche, la serie da molto valore ai rapporti familiari tra il protagonista e la propria genia alla quale spetterà, nel corso di controverse e avvincenti avventure, di prendere possesso delle feconde terre Sassoni, di assicurare benessere ai Norreni e quindi di porre per sempre fine alle guerre intestine tra i popoli nordici. Ancora, i figli di Ragnar porteranno avanti i desideri del padre, ognuno a modo proprio, aggiungendo nuove storie e legami, rincorrendo nuove visioni, scrivendo nuove leggende. Alcune andranno perdute ma altre avranno il loro posto nel racconto delle gesta di questi uomini indomiti.

La serie  ha avuto un grande successo sia di critica che di pubblico. Di certo, le vicende narrate, i personaggi, il periodo storico e le tematiche trattate hanno dato vita ad un racconto corale, denso di emozioni e suggestioni che hanno mantenuto vivo l’interesse del pubblico per ben 6 stagioni. Tanti sono i fattori che hanno contribuito a tale successo della serie Vikings:  un cast eccezionale di attori capaci di interpretare il proprio ruolo in maniera impeccabile, immedesimandosi nelle rispettive parti. Anche la colonna sonora ha svolto un grande ruolo nella bellezza complessiva dell’opera, contribuendo a creare atmosfere molto suggestive. Infine, la fotografia, ha decisamente marcato la colorazione emotiva della narrazione, esaltando gli spettacolari paesaggi nordici, infondendo le luci e le ombre di quei tempi oscuri, conferendo un tono greve e intenso all’intera opera.

Alessandra Federico

Addio a Keith Levene, il musicista rock degli Anni ‘70

Keith Levene è morto all’età di 65 anni lo scorso 11 novembre, secondo quanto riportato dallo scrittore Adam Hammond attraverso un post sui social network:  “È con grande tristezza che comunico che il mio caro amico e leggendario chitarrista dei Public Image Limited Keith Levene è morto venerdì 11 novembre”.

Julian Keith Levene  nasce a Londra il 18 luglio del 1957 ed è stato un valente chitarrista e compositore britannico. Keith è ricordato soprattutto per aver dato vita a due dei più celebri gruppi musicali rock degli Anni ‘70: i Public Image e i Clash.

Il suo primo esordio nel mondo della musica è stato quello di roadie per gli Yes. Poco tempo dopo, il re del rock, riesce a prendere un accordo con Mick Jones, con il quale, da lì a poco, crea la band dei Clash. Fu proprio grazie a questo nuovo gruppo musicale che i due musicisti riuscirono a far inserire Joe Strummer nella band. Ma, malgrado la band fosse stata ideata anche da Keith, per motivi di disaccordi riguardo la direzione stilistica, fu ugualmente allontanato e, nel 1978, fondò, con l’ex Sex Pistols Johnny Rotten, i Public Image. Sembra che proprio durante la sua carriera musicale con i Public Image Keith Levene rinnovasse la funzione della chitarra; un completo cambiamento della musica rock degli Anni ‘70, la scoperta di un nuovo quanto innovativo suono che fino a quel tempo non era mai stato sperimentato.

“Tutti possono suonare la chitarra ma io non voglio farlo come nessun altro”. Le parole di Levene suonavano forti e sicure di sé proprio come la sua musica e, infatti, l’originalità del musicista britannico era proprio quella di trovare il lato positivo anche negli errori, che egli chiamava errori volontari. Trasformava ogni suo sbaglio in una nuova scoperta, in un pretesto per scoprire nuove note musicali e comporre pezzi del tutto moderni.

Alessandra Federico

Addio a Olivia Newton – John la protagonista di Grease

Grave lutto nel mondo del cinema per la morte dell’attrice Olivia Newton – John. Da molto tempo, l’attrice stava lottando contro un cancro al seno e purtroppo lo scorso 8 agosto Olivia ha perso questa battaglia. Ricordata da tutto il mondo per la strepitosa interpretazione di Sandy nel film Grease del 1978, la Newton, recitava a fianco del celebre John Travolta che, nel corso degli anni, ha più volte incontrato sul palcoscenico di diversi show e, perfino nella vita privata, i due attori hanno mantenuto saldo il loro rapporto di amicizia.

Il film Grease è stato un vero cult che ha fatto la storia del cinema americano e, infatti, sin dalla prima uscita nel lontano 1978, è riuscito ad appassionare il mondo intero grazie soprattutto alle spassose canzoni e alle meravigliose e dinamiche coreografie eseguite dagli attori all’interno dello spettacolo ed è stato, inoltre, trasmesso ogni anno attraverso diversi canali televisivi, riuscendo così a conquistare il pubblico di tutte le età, anche delle nuove generazioni e non solo, Grease continua a vivere mediante i musical rappresentati in tutti i teatri del mondo.

Nonostante le varie reinterpretazioni di Sandy, da parte di diverse attrici nel corso degli anni, quella della Newton – John  resterà unica e inimitabile, indelebile nel cuore di tutte le persone del mondo. Olivia Newton – John nacque a Cambridge il 26 settembre il 1948 da padre britannico Brinley Newton – John e mamma tedesca Irene Helene Born. Ma quando Olivia aveva da poco compiuto 5 anni, l’intero nucleo familiare si trasferì in Australia. Sin dai tempi della scuola, Olivia, dimostrò di essere dotata di una voce strepitosa e di avere una forte passione per la musica e per il canto, e, difatti, la piccola aspirante cantante non perse tempo per impegnarsi al massimo e iniziare a costruire la sua strada: Soul Four, si chiamava la band che Olivia fondò e di cui ne faceva parte assieme ad alcuni suoi compagni di scuola. Ma non passò molto tempo quando il vero successo bussò alla sua porta; vinse un concorso come solista il cui premio prometteva un viaggio in Inghilterra.

Nel 1966 incise, per la Decca Records, il suo primo singolo Till You Say Be Mine. Veloce come il vento, da quel momento in poi, la carriera da cantante per la Newton – John: nel 1970 fece parte di una band di nome Tomorrow, poco dopo iniziò la collaborazione con Bruce Welch e John Farrar. Ancora, la conoscenza con Cliff Richard fu di grande aiuto per la visibilità della Newton – John e di grande contributo per crescere e  maturare nel campo sia come cantante che come attrice. Have You Never Been Mellow è il singolo che arrivò in prima posizione nella Billboard Hot 100 e in Canada e in decima in Australia (1975).

La popolarità per Olivia arrivò alle stelle, fino ad ottenere la parte principale nel film di Grease nel 1978, riscuotendo il massimo del successo in tutto il mondo. Ed è proprio grazie al ruolo di Sandy che la star non smise mai di brillare, continuando nel mondo del cinema e del canto, incidendo tanti altri brani e recitando in tanti altri celebri film fino a qualche anno prima della sua morte.

Olivia Newton – John non ha mai abbandonato la sua vera passione bensì, il canto e la recitazione, sono stati per lei, inevitabilmente, l’unica ragione per continuare a combattere contro la malattia. L’unica fonte da cui estrarre ancora energia.

Alessandra Federico

La storia di Dragon Ball

Dragon Ball è una delle serie manga/anime più famose al mondo. La storia nasce nel 1984 da un’idea di Akira Toriyama e da lì a poco appare sulla rivista Weekly Shonen Jump, trovando, in seguito, la sua continuazione nell’adattamento televisivo dal 1986 al 1996 in Giappone, per poi riscuotere un successo a livello mondiale.

Akira Toriyama è nato il 5 aprile nel 1955 in Giappone, città di Kiyosu, ha frequentato la Prefectural High school di Tokyo e ha lavorato per la Shueisha e Bird Studio.

Ispirato dalla cultura cinese (Il viaggio in occidente classico della cultura cinese), dal cinema, in particolare dal kung-fu del noto attore Jackie Chan, dai classici del cinema western e di fantascienza (evidenti le influenze di film come Terminator, Alien, Frankestein, Dracula) e dall’animazione Disney, l’artista, ha creato una delle opere di animazione più famose e riconosciute, che ha accompagnato e avvicinato una moltitudine di generazioni per oltre un trentennio.

Il mondo di Dragon Ball presenta una visione futuristica e fantastica della terra, affiancata da elementi che richiamano all’era della Preistoria e, contemporaneamente, ad elementi tipici della magia.

Il mondo di Dragon Ball presenta specie antropomorfizzate, esseri umani, esseri artificiali, alieni e interpretazioni di figure divine.

Inizialmente, l’idea di Akira, era quella di realizzare un manga con protagonista femminile (Bulma), ma in seguito il ruolo principale venne affidato al piccolo Son Goku, giovane, forte ed esperto di arti marziali. Rimasto orfano del suo unico genitore, il giovane, vive sulle montagne e non ha mai avuto contatti con altri esseri umani, ad esclusione del suo nonno defunto.

Ed è proprio l’incontro con la giovane Bulma a determinare l’inizio del grande viaggio del protagonista alla ricerca delle fantomatiche sfere del drago.

Il percorso di Goku è un vero e proprio viaggio alla scoperta del nuovo, dell’inverosimile, dell’incredibile. La ricerca delle sfere del drago è il pretesto narrativo che porta il personaggio a crescere, a compiere delle scelte, a migliorarsi sia dal punto di vista fisico che da quello spirituale.

Il protagonista è un ragazzo dal cuore puro e lindo, libero da ambizioni materiali o di potere; e, la ricerca delle sfere capaci di esaudire i desideri, è dettata unicamente dalla volontà di abbattere una delle paure ancestrali dell’essere umano: la morte.

Goku, affronta una serie di antagonisti nel corso della storia e molti di essi sono rappresentazioni metaforiche di vari aspetti del male e delle inquietudini dell’essere umano; creature demoniache che si ispirano all’immaginario collettivo e a credenze religiose tipiche del mondo orientale. Ancora, l’esercito del Red Ribbon, nella prima serie Dragon ball, è una chiara denuncia ai sistemi totalitari che mirano alla conquista mediante la tecnologia militare e strategia del terrore. Mentre i personaggi provenienti dallo spazio rappresentano la paura dell’ignoto ma anche la consapevolezza dell’esistenza di altre forme di vita, ponendo interrogativi e riflessioni su differenze e similitudini tra umani e non.

I personaggi nati dalla mano dell’uomo, hanno un ruolo importante nella serie: essi mirano sull’evidente influenza che le macchine hanno nella vita dell’uomo, rappresentando il male che egli crea al fine di conquistare e, allo stesso tempo, sono creature che sviluppano un’intelligenza autonoma e una sorte di anima simile a quella umana. Infatti, nella serie, spesso i robot manifestano sensibilità, empatia, gentilezza e compiono scelte non dettate dai propri creatori.

L’arco narrativo di Dragon Ball Z è un metaforico viaggio che avanza una profonda critica all’uomo attraverso la sua trama lineare e apparentemente semplice. Quest’opera è riuscita ad unire, nel suo piccolo, il mondo orientale con quello occidentale, lasciando un segno indelebile nelle generazioni e nei cuori delle persone.

Alessandra Federico

Psycho di Alfred Hitchcok

Il film Psycho di Alfred Hitchcok è tratto dal romanzo di Robert Bloch, basato sulle vicende reali del serial killer Ed Gein.

La trama: Marion Crane è una giovane e avvenente segretaria che lavora in un’agenzia immobiliare. Il dirigente della filiale affida a Marion una cospicua somma di denaro da versare in banca ma la donna non sarà in grado di resistere alla tentazione: ruberà il denaro per poi scappare in auto verso un destino ignoto. Nella prima parte del film, il maestro del brivido presenta il primo e basilare concetto: la rottura della normale routine quotidiana dovuta ad un evento accidentale e l’emergere della cupidigia. Per l’autore è stato essenziale sottolineare, sin dalle prime battute, il ruolo fondamentale che la psiche ha nell’influenzare le scelte e, di conseguenza, il proprio destino.

Quello di Marion è un viaggio tormentato dall’inquietudine e dal senso di colpa; per sottolineare il ruolo della psiche nei comportamenti umani, Hitchcok, dà voce ai pensieri e alle emozioni di Marion, proiettando lo spettatore nella realtà interiore della donna, nelle sue paure e fragilità. Travolta da un temporale (elemento ‘naturale’ che rinforza la tensione narrativa) l’attenzione della giovane donna viene attirata dall’insegna di un Motel dove decide di fermarsi per la notte. Norman Bates, è il giovane proprietario e gestore del Motel, si presenta come un uomo mesto e sottomesso all’anziana madre.

I suoi tratti di dipendenza emotiva dalla madre sono stati enfatizzati dal regista per definire immediatamente il personaggio maschile come instabile e fragile, per conferirgli un aspetto poco rassicurante e per condurre lo spettatore sempre più addentro nelle dinamiche della psiche umana.

Pare proprio che, sin dall’inizio del film, Hitchcock abbia voluto far intendere che l’incontro tra Marion e Norman avrebbe segnato per sempre il destino di entrambi. Mentre Marion vorrebbe redimersi, tornare indietro, restituire il maltolto, recuperare la propria dignità, riprendere il filo della sua esistenza interrotto dall’irrompere della follia di un attimo, Norman è dilaniato dalla sua doppia personalità, anche se quel lato di sé ancora stabile ed equilibrato cerca un contatto con Marion, un disperato anelito ad una vita serena, una vita come quella delle altre persone, prevale, inevitabilmente, la parte più deviata dell’uomo, ed è proprio qui che il messaggio del regista arriva chiaro e diretto: non c’è posto per l’amore e per la serenità nella vita di chi ha subito un forte shock psichico.

Arriviamo dunque al climax dell’opera, alla celeberrima sequenza in cui Marion viene accoltellata sotto la doccia da una figura apparentemente femminile; Norman sembra sconvolto e non perde tempo per ripulire la scena del delitto e caricare il cadavere e la valigia nella macchina di Marion, (aggiungendo, infine, il giornale in cui la donna aveva nascosto il denaro rubato) per lasciarla sprofondare nelle sabbie mobili dello stagno più vicino al Motel. Tante tematiche in una sola sequenza; la beffa del destino, il tempo delle scelte che non perdona, il trionfo della morte sull’Amore. Pare proprio che qui, l’autore, abbia voluto insegnare allo spettatore una grande lezione sul senso del destino nelle storie umane; una combinazione di fatalità e di libero arbitrio in cui l’irruzione della follia può determinare esiti devastanti e definitivi. Solo alla fine si scoprirà la vera identità e la vera storia di Norman: ben dieci anni prima, egli, aveva ucciso la madre e il suo compagno. Anche se era riuscito a farla franca, diffondendo la notizia che la madre era morta suicida dopo aver assassinato il proprio compagno, il senso di colpa, per il giovane, era diventato oramai una persecuzione che aveva, col tempo, scisso in due la sua personalità: Norman aveva mummificato il corpo della madre (per illudersi di averla ancora in vita), vivendo una sorta di delirio quotidiano in cui era lui stesso ad interpretare il ruolo della madre indossando i suoi abiti e non solo, imitandone perfino la voce in modo impeccabile. La cattura del giovane da parte della polizia rivela altri particolari della sua vita di omicida, ma ciò che di questo film ha suscitato completamente curiosità, interesse, e un pizzico di incredulità è stata l’ultima scena in cui Norman, ormai completamente perduto nei meandri delle sue personalità, si rivolge al poliziotto impersonando sua madre attraverso la sua voce. La scena finale, in cui l’auto con il cadavere ed i soldi riemergono dal fango, conclude, tra l’amaro e il beffardo, le tristi storie di Norman e Marion, lasciando lo spettatore sospeso in un turbinio di emozioni e sentimenti contrastanti che spaziano dalla pietà empatica al rifiuto. Di certo, Hitchcok ha cambiato per sempre i canoni della narrazione cinematografica, ha imposto nuovi orizzonti esplorativi ed interpretativi della realtà ma, sopratutto, una concezione della normalità complessa, stratificata e suscettibile di imprevedibili, travolgenti cambiamenti.

Alessandra Federico

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