La  migrazione in Germania

Le priorità in Germania sull’immigrazione è l’integrazione lavorativa per tutti.

Sul Global migration compact, l’accordo internazionale sulla gestione delle migrazioni  vede i paesi dell’Unione europea non molto interessati, con l’Italia che non  intende partecipare alla Conferenza di Marrakech nonostante l’immigrazione sia uno dei temi più discussi all’interno della  coalizione.

In Germania invece, l’economia positiva consente di compiere ragionamenti a lungo termine, di natura demografica e per questo, in ottobre, il governo tedesco ha raggiunto un’intesa per la riforma della legge che la regola, introducendo un nuovo strumento per attrarre manodopera straniera.

Italia e Germania sono in questo momento i paesi Ue più in crisi dal punto di vista demografico, con saldi naturali profondamente negativi (differenza tra nati e morti, rispettivamente -190 mila e -148 mila). Tuttavia, nel 2017 la popolazione in Germania è cresciuta (+328 mila), mentre quella italiana è complessivamente diminuita (-105 mila) e questo è dovuto a una chiara differenza nelle politiche migratorie. Nel corso del 2018 la Germania ha raggiunto il record di 45 milioni di occupati, 15% in più rispetto ai 39,3 milioni del 2005.

Anche i cosiddetti “mini-jobs”, con paghe particolarmente basse, sono in diminuzione e il lavoro segnala ancora 750 mila posti che le imprese non riescono a coprire,specie nei settori logistica e trasporti, metalmeccanico, estrattivo e anche nel settore medico-sanitario, settore importante perché la Germania è uno dei paesi più anziani del mondo.

 

Dati demografici e occupazionali: confronto Italia-Germania

                                                                      Germania                           Italia

Popolazione 2018                                            82.850.000                60.483.973

 

Saldo naturale 2017                                          – 148.000                   – 190.910

Saldo Migratorio 2017                                      + 476.347                  +   85.438

Differenza pop. 2017 – 2018                            + 328.347                  –  105.472

 

Tasso occupazione 2017                                       75,2%                         58,0%

Tasso disoccupazione 2017                                    3,8%                          11,2%

Fonte: elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Eurostat

 

In Italia gli ingressi di immigrati per lavoro si sono fortemente ridotti a partire dal 2011 con la chiusura quasi drastica dei flussi per lavoro, negli ultimi anni la Germania ha mantenuto un alto numero di ingressi: come si può notare dal grafico, il saldo migratorio è rimasto molto elevato, con il culmine nel 2015 per l’afflusso di rifugiati.

La proposta di riforma della legge sull’immigrazione rappresenta un’ulteriore apertura con l’introduzione di un permesso di soggiorno per sei mesi per la ricerca lavoro, a determinate condizioni (livello di educazione, età, competenze linguistiche, offerte di lavoro e sicurezza finanziaria).

  • il nuovo strumento, nelle intenzioni del governo di Berlino, avrebbe tre effetti e consentirebbe di: attrarre in breve tempo nuova manodopera straniera, rispondendo mirata ai fabbisogni produttivi dell’economia tedesca;
  • separare in modo chiaro i percorsi dell’asilo e della migrazione economica, riducendo l’uso improprio dello strumento della protezione internazionale, fenomeno diffuso in Germania e nel resto d’Europa;
  • accelerare per i rifugiati le procedure di asilo e di favorire l’integrazione nel mercato del lavoro.

Riguardo alle informazioni e la trasparenza sulle azioni, il sito web dell’Ufficio federale per l’immigrazione e l’asilo (Bamf) è particolarmente accurato, con informazioni per i nuovi arrivati e per gli stranieri residenti.

A differenza dell’ Italia, che negli ultimi trenta anni ha “subito” l’immigrazione anziché gestirla fino alla chiusura dei flussi d’ingresso, la Germania ha stabilito alcune priorità, legate alla situazione economica e al mercato del lavoro, agendo favorendo l’integrazione lavorativa, sia dei rifugiati che dei migranti economici, e riducendo anche i tempi per le procedure amministrative e quindi anche i costi di gestione.

Danilo Turco

Mare Monstrum Mare Nostrum, non solo immigrazione

Appare impresa ardua, almeno un’operazione complicata, riuscire a inquadrare in un contesto verosimile il tema dell’immigrazione nel nostro Paese, riferito agli sbarchi marittimi ripetutisi negli ultimi anni nel canale di Sicilia con l’orribile, non meglio quantificata strage di morti annegati, molti dei quali rimasti nei flutti del Mediterraneo.

La percezione di un fenomeno grave, amplificata da un’incessante mole di notizie quotidiane, supera notevolmente la conoscenza delle cause che sono all’origine di questo dramma epocale, soprattutto delle storie degli esseri umani coinvolti, in gran parte vittime di condotte spietate perpetrate da altri esseri umani non sempre stranieri, non sempre lontani dai nostri luoghi quotidiani, dai nostri costumi, dalla nostra cultura.

Tocca ancora al lavoro di alcuni giornalisti di approfondimento, autori d’inchieste, inviati e contaminati nei luoghi consumati dai migranti, nei teatri della sofferenza, in mezzo al mare o sulle banchine di approdo, nei centri di accoglienza (o detenzione), raccontare visioni diverse dalle nostre, documenti non sempre fruibili a un’opinione pubblica sempre più spaventata o infastidita.

Risponde a queste domande, dando una chiave di lettura utile per le vicende che si susseguono in questi giorni, il saggio di Cristina Giudici, Mare Monstrum Mare Nostrum, dato alle stampe nel luglio del 2015 per i caratteri di UTET edizioni.  Nonostante siano trascorsi tre anni dalla sua uscita, il testo si rivela uno strumento essenziale in un’interpretazione laica che esplora lati oscuri del fenomeno condividendo lunghissime giornate di vita e lavoro con alcuni protagonisti impegnati da lustri nel contrasto all’immigrazione clandestina e al vasto indotto di criminalità a esso collegato.

Nei dieci capitoli del volume la Giudici svela una realtà complessa e aggrovigliata che evolve prima e dopo le più note scene drammatiche proposte dai media circa le disperate traversate marittime, i salvataggi effettuati in mare dagli uomini della Guardia Costiera, gli sbarchi sulla terraferma nei bivacchi delle banchine dei porti siciliani. Visioni apparentemente tutte uguali con i convogli di materiale umano riversati a Lampedusa o Pozzallo, Porto Empedocle, Augusta o Catania.

Il reportage della Giudici, redattrice del Foglio, già vincitrice del Premio Maria Grazia Cutuli nel 2005 (con L’Italia di Allah – Bruno Mondadori), vive nell’ingaggio durato alcune settimane in una particolare squadra operativa, coordinata dalla Procura di Siracusa.  In particolare con il sostituto commissario della Polizia di Stato Carlo Parini, responsabile del Gruppo interforze di contrasto all’immigrazione clandestina noto come GICIC. Nello straordinario pool, unico in Italia nel suo genere, oltre a diversi uomini appartenenti a più corpi militari operativi (inclusi guardia di finanza e guardia costiera) vi partecipano alcuni immigrati impegnati soprattutto in incarichi di traduzione e relazioni con i profughi tratti in salvo.

Nell’attività primaria di caccia agli scafisti e al contrasto delle organizzazioni criminali radicate sulle coste africane, colluse con le mafie nostrane, emerge il profilo più prezioso, il marocchino Aziz, brillante “detective kebabbaro”.  Avanza una fitta trama d’investigazioni e indagini giudiziarie che superano i confini nazionali e seguono le vie improbabili di personaggi senza scrupoli che alimentano il traffico di umani, in scenari orribili di guerra e inciviltà. Le tele ricostruite dal lavoro dell’autrice impegnata a braccare la “strana coppia”  (Parini – Aziz) dalle non comuni doti umane e di resistenza al logorio fisico, sprezzante per il pericolo, in tante operazioni estreme, consegna un quadro inedito dove emergono soprattutto le doti legate a singole espressioni d’impegno personale e dedizione. Personalità forti dai caratteri non sempre concilianti che muovono iniziative dove il perimetro legale e istituzionale non sempre può coprire decisioni rapide legate al buon senso dell’obiettivo comune.

Testimonianze che confermano l’essenza di determinati risultati dipendenti dalla particolare competenza di uomini che rimangono unici, talvolta isolati nel loro lavoro in ogni caso decisivo. Così Carlo Parini, senza apparire l’eroe fra mondi contrapposti, può risultare valoroso alle sue strutture gerarchiche come un don Andrea Gallo a Genova risultava tale alle gerarchie porporate. Di qui si comprende l’unicità del “modello Siracusa” come in ambiti analoghi è unico il “modello Riace” di Mimmo Lucano (http://www.networknews24.it/2017/10/28/mimi-capatosta-lutopia-della-normalita/).

Il prezioso contributo della Giudici (ispiratrice di un nuovo progetto di ampio respiro dedicato a una corretta presa di coscienza delle migrazioni contemporanee – https://radici.online/) conferma come l’impegno quotidiano di tutte le risorse istituzionali in campo (decisivi i contributi e le aperture delle Procure di Catania e Siracusa con i relativi responsabili) debba essere esplorato e diffuso secondo corrette e opportune coordinate evitando scorciatoie strumentali che aumentano fatalmente le discriminazioni sociali e culturali non solo nel nostro Paese.

Luigi Coppola

 

La complessità della questione immigrazione

Populismi e fake news si sprecano sui temi dell’immigrazione. Si diffondono pregiudizi, false certezze e addirittura probabili complotti, offrendo così una soluzione semplice nell’individuare i presunti responsabili nemici, senza volersi cimentare con nuovi problemi complessi da dover risolvere.
Una relativa novità sul tema della immigrazione riguarda l’uso spregiudicato di vere e proprie fake news, che ormai abbondano su internet, sui social network, diffondendosi così nell’opinione pubblica, fino a trovarne tracce evidenti anche nelle diverse nostre campagne elettorali. Si diffonde così la teoria risolutiva del complotto, che offre una facile conoscenza alle masse che seguono le informazioni sui media principali. Riguardo all’immigrazione, il cosiddetto complotto individua facili nemici: le istituzioni europee e americane, il capitalismo finanziario, gli Ebrei e altro, offrendo una semplice soluzione a problemi complessi e non facili, perché si tratta di una questione da affrontare in termini globali. A riguardo, nel mese di febbraio Onu e Unhcr (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) hanno presentato le prime bozze dei Global compact su migrazione regolare e rifugiati: due accordi internazionali ambiziosi e innovativi, che dovranno tradursi in impegni concreti da parte degli Stati se si vuole risolvere realmente la questione dell’immigrazione.
Entro la fine del 2018 avverrà l’adozione dei due accordi, iniziata sin nel settembre 2016, quando, con la Dichiarazione di New York, si è aperta la fase di negoziazione, su principi e impegni comuni sul fronte di migrazione regolare e rifugiati. Nel corso del 2017 le Nazioni Unite, in collaborazione con Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) e altre organizzazioni internazionali, hanno condotto una serie di consultazioni con attori locali e parti interessate per definire questa prima bozza dei due documenti, riguardanti i principi chiave che approfonditi, dovranno essere tradotti in impegni concreti. L’obiettivo riconosciuto da tutti è quello di migliorare la governance delle migrazioni, affrontando le sfide legate a quella attuale, specie con la valorizzazione del contributo offerto per lo sviluppo sostenibile. Si tratta di una pietra miliare nella storia del dialogo sulla migrazione globale.
Danilo Turco

Immigrazione e abbandono scolastico

Negli ultimi dieci anni la quota di immigrati regolari in Italia è passata dal 3,9 per cento (2006) al 7,6 (2016) (fonte ISTAT)e, pur essendo con numeri inferiori rispetto ai maggiori Paesi europei, si può comunque riconoscere come l’Italia sia meta dell’emigrazione internazionale e per il 90% degli immigrati proviene da Paesi in via di sviluppo e di questi, meno del dieci per cento ha un titolo di studio universitario. Questo ci porta facilmente a considerare che nel nostro Paese si ha un’immigrazione con competenze limitate e che contribuisce a generare il tradizionale modello economico che divide il lavoro in due tipologie e da cui consegue come  le retribuzioni del lavoro poco qualificato facciano aumentare quelle del lavoro qualificato. Da questo ne dovrebbe conseguire che gli Italiani dovrebbero investire di più in istruzione. Investendo in maggior istruzione, i giovani italiani potrebbero ambire alle mansioni che utilizzano in modo intensivo competenze comunicative e di astrazione, più qualificate e meglio retribuite. Questo in realtà non accade se si osservano i dati di abbandono scolastico (fonte MIUR) e gli effetti negativi si porteranno negli anni incidendo negativamente sul piano del tasso di integrazione sociale nel lungo periodo, se non si interviene con correttivi socio culturali ed economici.

In questo processo al ribasso, le richieste di retribuzioni delle mansioni con competenze intermedie tendono a diminuire, rinforzando l’dea fra molti giovani che non ci sia convenienza a conseguire un livello di istruzione intermedio. Fatto molto preoccupante, considerando che l’effetto dell’immigrazione sulle retribuzioni basse può ritenersi un fenomeno temporaneo, ma quello sull’istruzione bassa degli Italiani non può modificarsi facilmente per invertire la rotta nel breve tempo per indirizzarci verso il meglio del Paese.

Danilo Turco

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