Gioco dunque sono. Filosofia di un videogamer

Massimo Villa ci porta nel mondo dei videogames.

Videogiocare attrae milioni di persone in tutto il mondo, di ogni età, ceto sociale, background culturale. Videogiocare è un’attività da valutarsi seriamente?

Come tutti i fenomeni che investono milioni di persone da generazioni, è indubbiamente un’attività da valutarsi seriamente. Ricordiamoci che da un punto di vista economico alle spalle c’è un’industria che fattura annualmente più di quella del cinema. Per quanto riguarda invece i videogiocatori, che ormai sono di tutte le età e di entrambi i sessi, la risposta è scontata. I videogame fanno parte del nostro bagaglio culturale, possono svagare, impegnare la mente, divertire, insegnare ed educare. Ricordiamoci che sono una forma d’arte esposta in musei famosissimi in diverse parti del mondo e l’art design è a scapito di artisti internazionali le cui qualità sono universalmente riconosciute. Come se non bastasse, i videogame hanno tenuto uniti i nostri figli durante l’emergenza Covid più della didattica a distanza. Si sono infatti potuti vedere, sentire, condividere, parlare in altre lingue, frequentare e divertirsi. Cosa non da poco.

Chi videogioca non si limita ad afferrare un joypad e mettere in funzione la PlayStation. La propria passione è seguita su uno smartphone, sul treno, in strada, in vacanza o al lavoro. Quanto siffatta pratica isola o può aprire anche al consesso umano?

In realtà è un falso problema. Anche leggere, guardare un film, dipingere o scrivere può isolare oppure unire, far trovare persone con gli stessi interessi, stringere rapporti umani. A mio avviso i social, in questo caso, sono più pericolosi dei videogame. Sui social molti si sentono liberi di invadere la vita altrui anche se non ne hanno una loro.

Videogiocare consente di spalancare porte su mondi alternativi in cui foggiare il proprio alter ego, così da poter vivere un’esistenza difforme dalla reale. Il gamer fugge, scappa, intende evitare lo scontro con il banale quotidiano?

No, anzi, spesso lo replica. Prendiamo un gioco simulativo come The Sims, conosciuto da tutti, anche dai non videogiocatori. In quel caso è proprio la routine umana delle nostre vite a essere replicata. In genere avere un alter ego in un videogame di ruolo invece, è un po’ come prendere le parti dell’eroe di turno nel nostro libro fantasy preferito o nella serie tv. E’ un modo di confrontarsi più visivo e immersivo che altre forme, questo sì. Poi è chiaro che dipende dai gusti. Giocare a un prodotto sci-fi diviene spesso forzatamente disancorato dalla realtà, ma è come vedere Inception al cinema, difficilmente si dirà che chi ha visto un film intenda evitare lo scontro col quotidiano.PORT THIS AD

Sulla scorta di fenomeni sociali innescati dai videogiochi, reputa che un gamer compia scelte etiche?

Spesso sì, per la qualità che hanno raggiunto i videogame oggi. Prendiamo un The Last of Us 2, di questi giorni, davanti al quale anche i sociologi sono rimasti senza parole. Spesso i protagonisti da noi guidati devono scegliere come comportarsi, prendere decisioni che molte volte implicano scelte morali complicate. Aiutare o tradire, vivere o morire, mantenere un atteggiamento invece di un altro, stare al gioco o esporsi alla verità, sposarsi o rimanere single. Purtroppo, spesso chi è estraneo al mondo videoludico tende erroneamente a identificare i videogiochi con un prodotto solo ed esclusivamente alla Super Mario (che rimane comunque un capolavoro) o Bubble Bobble. A queste persone dico “Ci sono stati quarant’anni suonati di innovazioni tecnologiche nei videogame. Provatene magari qualcuna, prima di giudicare”

Per chi non è hardcore nerd inside può esemplificare tendenze, mode, passioni e rivoluzioni tecnologiche veicolate dai videogiochi?

L’evoluzione tecnologica è evidente. Siamo passati dall’Intellivision e da Pong fino alla prossima PlayStation 5 o al PC con le schede video in SLI e a giochi come The Witcher 3 o il succitato The Last of Us. Le mode e le tendenze che hanno attraversato la storia del genere sono state molteplici passando per i cabinati arcade che in Giappone facevano file lunghissime fuori dalle sale giochi, alla Nintendo che ha creato un genere, fino a prodotti che hanno influenzati molte altre industrie, specialmente quella cinematografica, basti ricordare le infinite citazioni di Space Invaders presenti nei film hollywoodiani e non solo, a Ready Player One (che poi è tratto da un libro), fino alla serie TV acclamatissima come Stranger Things, dove in pieni anni ’80 i protagonisti giocano agli arcade dei cabinati che dicevamo prima. E poi vestiti, gadget, cosplayer, riviste, letteratura. Difficile trovare un settore dell’arte che non abbia avuto contatti con i videogiochi dagli anni ’70 a oggi.

 

Massimo Villa lavora per un’importante catena libraria italiana come responsabile eventi. Dagli anni’90 scrive di videogame su riviste e siti del settore. Ha pubblicato diverse opere di fantascienza, tra romanzi e racconti, nonché un paio di raccolte di poesie. Tra i vari scritti ricordiamo “Il rock uccide la vostra anima” (Mondadori) e Frigo Leader (Erga).

 

Giuseppina Capone

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