Mimì Capatosta, l’utopia della normalità

“Abbiamo scelto di lasciare parlare il cuore anziché le paure”.  La frase che risalta nel bianco assoluto della quarta di copertina, svela una matrice ideologica che permea le pagine di un saggio uscito in libreria lo scorso tre ottobre, edito da Fandango Libri per la collana documenti. Mimì Capatosta è l’ultima fatica letteraria di Tiziana Barillà, giornalista scrittrice, già inviata del settimanale Left, cofondatrice della testata www.ilsalto.net. Il sottotitolo (Mimmo Lucano e il modello Riace) con l’immagine del faccione sorridente del protagonista, cattura l’attenzione del lettore per scoprire una micro realtà italiana, la cui portata ha suscitato un’attenzione mediale internazionale nell’incontro di più dinamiche storiche complesse, realizzatosi in una specifica terra del sud d’Italia, la Locride.

Il libro tratta le vicende che nell’ultimo ventennio hanno cambiato la vita sociale di Riace e di una zona importante del territorio circostante, grazie all’azione politica e sociale impressa da Domenico Lucano, dal 2004 sindaco nel comune già noto per il ritrovamento marino dei “bronzi” nell’agosto del 1972.  Il suo progetto politico istituzionale è assurto ai primi posti nelle classifiche della popolarità globale, grazie al report pubblicato nella primavera del 2016 dalla famosa testata americana Fortune. Nella consueta classifica annuale dei cinquanta World Greatest Leaders, gli uomini e le donne più influenti nel mondo, fra Obama, Papa Bergoglio, Angela Merkel e i più noti profili, al quarantesimo posto, unico italiano, c’è Mimmo Lucano.  La motivazione di questo straordinario riconoscimento che attesta l’essere il migliore sindaco del mondo, consta nell’aver applicato nell’estremo sud d’Italia, alle falde dell’Aspromonte, “l’utopia della normalità”.  Una pratica avviata sin dal 1998 con lo sbarco a Riace di centinaia di profughi curdi. Nei suoi mandati istituzionali da sindaco, Lucano ha ospitato oltre seimila migranti che hanno ripopolato Riace, rendendo il centro della Locride un melting pot multietnico con oltre una dozzina di diverse nazionalità extra comunitarie. Un processo in netta controtendenza rispetto alla visione percepita del “problema” immigrazione nel nostro Paese: dagli albori degli anni novanta con le crisi di Albania e Balcani, sino ai giorni nostri con l’ecatombe nel Mediterraneo e la gestione del problema da parte dell’Unione Europea.

Il “modello Riace” scompagina la consueta vulgata nei confronti degli immigrati, considerati rifugiati e prima emergenza nazionale.  Nella Locride è la comunità locale che cerca, accoglie e ringrazia gli ultimi arrivati. Riconosciuti come chi ripopola paesi e centri storici abbandonati. Per la prima volta i migranti sono messi nella condizione di ricreare un tessuto urbano e cittadino fatto di relazioni e avviamenti per una serie di lavori che ricreano un’attività economica. Sostenuta con i progetti e i fondi europei per le politiche di accoglienza (s.p.r.a.r.) che creano nuovi posti di lavoro specifici per settanta, ottanta unità, fra mediatori culturali e addetti alla logistica a trecentosessanta gradi, di una sana e sostenibile integrazione. Non è un’operazione semplice, quella che conduce un ghanese a diventare il responsabile della raccolta differenziata, attrezzato con piccoli carretti fra i vicoli stretti del centro storico.  Così decisiva risulta la fruizione di vecchie case abbandonate da oltre cinquant’anni dai riacesi emigrati all’estero e ripristinate all’abitazione delle nuove famiglie arrivate. Per non dimenticare la potabilizzazione di una sorgente d’acqua che affranchi l’uso dell’acqua, bene comune e gratuito, dai monopoli affaristici di dubbia provenienza. Non è una favola la narrazione partita “dal basso”. Quella di Tiziana Barillà ha vissuto le fasi salienti di una vera e dura contrapposizione sorta a Riace nel 2016 fra l’amministrazione, la comunità calabra e le istituzioni centrali del governo italiano. Impossibilitato secondo l’impianto normativo vigente a riconoscere le iniziative di Lucano, volte a fronteggiare la sospensione o i ritardi dei fondi utili a continuare i progetti avviati. Nodo controverso, l’adozione di un sistema di “moneta locale” basato sullo scambio di bonus cartacei, equiparabili a buoni prepagati, raffiguranti, secondo il controvalore di scambio, personaggi storici dalla chiara vocazione rivoluzionaria. Lucano non è l’iconografia dell’uomo solo al comando. La sua popolarità recente ha già calamitato nel territorio troupe di editori tv (Beppe Fiorello ne ha già vestito i panni per una fiction di prossima programmazione televisiva) ed è già fiorente una narrativa indotta.

Il testo di Barillà, è un memoriale inedito, “un atto dovuto” secondo la direttrice editoriale di Fandango, Tiziana Traina che insieme alla scrittrice e allo stesso Lucano, ha partecipato alla prima presentazione del libro, avvenuta a Roma presso la sala stampa della Camera dei Deputati, (https://www.youtube.com/watch?v=iJ8Vy4pi4O4) lo scorso quattro ottobre.

Leggere le pagine di Mimì Capatosta, conduce inevitabilmente il lettore a vivere da cittadino, quei territori troppo “periferici “rispetto alle istituzioni dello Stato, dove la distanza fra giustizia e legalità, come ricorda anche Davide Mattiello nella presentazione citata, diviene pericolosamente enorme. La tendenza ricorrente, in una comunicazione superficiale, quando non di parte, nel creare miti o personaggi, declina in questo caso un passaggio da circoscrivere se non da archiviare. Rimane viva, a prescindere dai testi, dalle capacità talentuose di singoli individui libertari o anarchici, secondo le diverse interpretazioni, la contaminazione solidale di una comunità che scopre la via di una convivenza possibile, grazie anche e soprattutto all’aiuto di territori, comuni diversi e lontani. Protagonista, non solo nel libro, quanto nelle iniziative collegiali, le Rete dei Comuni Solidali (Recosol), rappresentata da Chiara Sasso.

Nella Locride, un territorio, impossibile dimenticarlo, condizionato pesantemente da presenze criminali, cristallizzatesi nelle strutture apparentemente più credibili o istituzionali, il modello Riace non è più utopia. Le iniziative degli ultimi giorni avviate dalla Procura di Locri che indaga sulle attività amministrative di Lucano confermano la necessità di approfondire e conoscere una realtà che coinvolge in ogni caso la nostra vita quotidiana.

Luigi Coppola

A Sassari gli incontri con Tiziana Barillà

DSC_0125-coppola1Prima trasferta in Sardegna per Tiziana Barillà, giornalista del settimanale politico Left, inviata sui fronti caldi della politica internazionale con particolare esperienza legata ai temi delle migrazioni e delle discriminazioni di genere. La giovane reporter originaria di Reggio Calabria è stata ospite nella mattinata del 10 marzo del seminario di studi organizzato dalla Biblioteca del Liceo Artistico Filippo Figari di Sassari. Il secondo in questo anno scolastico 2016/2017, nell’ambito  della rassegna “La biblioteca che promuove” a cura della professoressa Tiziana Fois.

Con le quinte classi e una delegazione di docenti nell’aula magna affollata da oltre cento studenti  si è approfondito il tema delle migrazioni umane.  Argomento  d’attualità e urgenza globale con le gravi e quotidiane ricadute negli stati della UE Italia compresa. Una discussione a tutto tondo sui flussi migratori, le strategie messe in campo dai nostri governi, spesso risolte con accordi bilaterali con Stati come la Turchia o in guerra come la Libia.

La giornalista ha aperto i lavori con la proiezione di un breve video divenuto un caso virale in Rete,  “Il viaggio del tuo dna” (https://www.youtube.com/watch?v=6yg4BDuJXV8), uno straordinario messaggio che sdogana con riscontri scientifici un puntuale ritorno  filo-razzista nel pensiero occidentale. Il secondo elemento forte nell’intervento della Barillà è stato la lettura di un documento inerente prescrizioni chiaramente discriminatorie nei confronti di una categoria precisa d’immigrati. Dalla lettura erano stati omessi  titolo e fonti visto che il contenuto appariva verosimilmente contemporaneo e riferito a note xenofobe nei confronti degli extra comunitari presenti nel nostro Paese. Quando è stato chiesto all’assemblea chi potessero essere i protagonisti del documento, immediata la risposta corretta di una studentessa nel riconoscere nelle autorità statunitensi gli estensori di quella disumana gazzetta, redatta agli inizi del Novecento nei confronti degli immigrati italiani approdati in massa nel nuovo e democratico continente.

Con una serie di dati oggettivi alla mano la Barillà ha offerto una panoramica dei flussi migratori nella società contemporanea destrutturando, al netto di qualsivoglia  impostazione ideologica, una ricorrente retorica “euro centrista” che addebita alla “invasione multi etnica” le note questioni internazionali tradotte nelle iniziative di gestione degli immigrati messe in campo nel nostro Paese. Una narrazione sui centri di accoglienza italiani declinati in diverse sigle e tipologie rispetto alle dimensioni e alle capienze offerte per una “ospitalità” che rimane un eufemismo, considerate le condizioni in cui versano ammassate centinaia o migliaia di esseri umani.

L’occasione ha offerto di estendere la discussione al sistema d’informazione organizzato dai network internazionali basato sui palinsesti delle maggiori e potenti agenzie di stampa che producono quotidianamente le materie prime per le priorità informative dei principali media nazionali estinguendo di fatto i reportage degli inviati divenuti quasi “arnesi da museo”. In questo contesto smantellare alcuni luoghi comuni divenuti punti chiave nella filosofia protezionista anti immigrato (“ci rubano il lavoro” – “sono portori di terrorismo e malattie” – “tornino a casa loro” – “ci costano 35 euro al giorno ciascuno”  e quant’altro), diviene una pratica molto complicata nella omologazione del pensiero unico. Hanno contribuito al dibattito le esperienze di Carlos Gardini (presidente della consulta degli immigrati a Sassari), argentino da oltre venti anni residente a Sassari e dalla sua collega Maria Grazia Satta di origini cilene.

Il messaggio unanime ha invitato i ragazzi, molto partecipi alle discussioni,  alla crescita di un personale spirito critico rispetto a tutto il mondo frenetico della comunicazione digitale che li circonda quotidianamente.

La giornata sassarese di Tiziana Barillà è proseguita in serata nella sua veste di scrittrice esordiente. Presso la libreria indipendente Koinè di Aldo Addis è stato presentato il suo primo libro “Don Quijote de la Realidad. Ernesto Che Guevara e il guevarismo”.  Il volume (edizioni bookabook) riprende una esperienza passata dell’autrice in occasione della sua tesi di laurea in Scienze Politiche, discussa all’Università di Messina. La versione distribuita in libreria nello scorso autunno nasce dall’esigenza di cogliere l’essenza della teoria politica e rivoluzionaria di Guevara, troppo spesso edulcorata in vere e proprie campagne strumentali.  Un tentativo, ben riuscito, di collocare in un orizzonte sostenibile l’ultimo “eroe a cavallo che sceglie di sacrificare la propria vita per la giustizia e la libertà degli oppressi del mondo”.

Nell’incontro presentato da Luigi Coppola, collaboratore di varie testate online fra le quali la nostra, è emersa la figura più verosimile di un combattente politico per la rivoluzione proletaria degli ultimi contro il neocolonialismo e l’imperialismo occidentale.

Una narrazione depurata dai noti clamori leggendari e sentimentali. Avvolti dal mito di un abusato refrain commerciale che ne ha spesso svilito la corretta conoscenza storica con tutte le conseguenze politiche che ancora oggi addensano nubi opache sulle vicende che sono a noi vicine. Molto più di quanto possiamo immaginare.

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