Nigeria, tra petrolio e Boko Haram si muove la prima economia africana

I World Development Indicators della Banca Mondiale relativi alla Repubblica Federale della Nigeria certificano come con i suoi circa 180 milioni di abitanti essa sia lo Stato più popoloso del continente e, a partire dal 2014, a seguito della revisione del metodo di calcolo del PIL, ormai anche la prima economia superando il Sudafrica.

Una terra ricca di materie prime e realtà tra le più privilegiate in un continente, però, spesso vittima della maledizione delle risorse. La rapida industrializzazione e l’urbanizzazione realizzata negli ultimi decenni è stata garantita e finanziata principalmente dal petrolio, che rappresenta oltre i 2/3 delle entrate dello Stato, e dall’afflusso di investimenti diretti esteri. La scoperta dell’oro nero nel 1956 da parte di Shell nello stato di Bayelsa ha reso il Delta del Niger un’area strategica a livello globale, e la città di Port Harcourt il principale hub petrolifero del Paese. Mentre solo recentemente è stato annunciato l’avvio dell’estrazione di petrolio anche al largo della capitale economica nigeriana Lagos, megalopoli da oltre 16 milioni di abitanti e settima città al mondo per velocità di crescita demografica. Di rilievo è anche l’estrazione di gas naturale, di cui la Nigeria possiede i più ricchi giacimenti del continente.

Eppure le difficoltà dovute ai sabotaggi agli impianti petroliferi  e la minaccia intermittente di Boko Haram a nord del Paese, ne fanno una realtà economica ancora poco stabile.

L’Italia, però, è da anni tra i sostenitori della necessità di rafforzare le relazioni con il continente africano. In questo quadro la Nigeria rappresenta un interlocutore imprescindibile e l’azione diplomatica del governo italiano negli ultimi anni in Africa lo ha dimostrato.

Dal 2014, infatti, l’attività diplomatica italiana nel continente africano è stata intensa, con missioni in Angola, Mozambico, Congo-Brazaville, Kenya ed Etiopia. Mentre nel febbraio del 2016 la terza missione africana del governo è partita proprio da Abuja per fare tappa successivamente in Ghana e Senegal.

Questa nuova attenzione per l’Africa da parte dell’Italia risponde alla convinzione strategica che per il nostro Paese è di fondamentale importanza rafforzare la cooperazione economica e politica non solo con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo, storicamente e culturalmente a noi più vicini, ma anche in quell’Africa Sub-Sahariana ricca di opportunità quanto di contraddizioni. Anche per far fronte a nuove ed incisive politiche migratorie.

I settori di interesse sono molteplici non solo nell’ottica dello sviluppo del know-how e dell’industria locale e nell’ammodernamento e ricostruzione delle infrastrutture (idrocarburi, industria estrattiva, meccanizzazione agricola, costruzioni, infrastrutture, servizi portuali e ingegneristica), ma opportunità interessanti esistono per l’esportazione di beni di consumo (arredamento, agroalimentare, abbigliamento) e di lusso. L’obiettivo è intercettare i tanti ricchi nigeriani. Basti pensare che in una città come Lagos, secondo le stime di un recente studio di SACE e ISPI, sono circa 10.000 i milionari che possono permettersi tutte le eccellenze del Made in Italy.

La sfida, in Nigeria così come in tutto il continente africano, passa dalla capacità di convertire un “boom economico” decennale, garantito dal super ciclo delle commodities e dai prezzi del petrolio lontani anni luce da quelli attuali, in una traiettoria di crescita di lungo termine sostenibile che ne dispieghi appieno il potenziale, dando a queste realtà i mezzi per affrontare un futuro sempre più complesso. Una sfida difficile ma indubbiamente giusta.

E l’Italia in questa sfida può, vuole e deve avere un ruolo.

Rossella Marchese

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