Mare Monstrum Mare Nostrum, non solo immigrazione

Appare impresa ardua, almeno un’operazione complicata, riuscire a inquadrare in un contesto verosimile il tema dell’immigrazione nel nostro Paese, riferito agli sbarchi marittimi ripetutisi negli ultimi anni nel canale di Sicilia con l’orribile, non meglio quantificata strage di morti annegati, molti dei quali rimasti nei flutti del Mediterraneo.

La percezione di un fenomeno grave, amplificata da un’incessante mole di notizie quotidiane, supera notevolmente la conoscenza delle cause che sono all’origine di questo dramma epocale, soprattutto delle storie degli esseri umani coinvolti, in gran parte vittime di condotte spietate perpetrate da altri esseri umani non sempre stranieri, non sempre lontani dai nostri luoghi quotidiani, dai nostri costumi, dalla nostra cultura.

Tocca ancora al lavoro di alcuni giornalisti di approfondimento, autori d’inchieste, inviati e contaminati nei luoghi consumati dai migranti, nei teatri della sofferenza, in mezzo al mare o sulle banchine di approdo, nei centri di accoglienza (o detenzione), raccontare visioni diverse dalle nostre, documenti non sempre fruibili a un’opinione pubblica sempre più spaventata o infastidita.

Risponde a queste domande, dando una chiave di lettura utile per le vicende che si susseguono in questi giorni, il saggio di Cristina Giudici, Mare Monstrum Mare Nostrum, dato alle stampe nel luglio del 2015 per i caratteri di UTET edizioni.  Nonostante siano trascorsi tre anni dalla sua uscita, il testo si rivela uno strumento essenziale in un’interpretazione laica che esplora lati oscuri del fenomeno condividendo lunghissime giornate di vita e lavoro con alcuni protagonisti impegnati da lustri nel contrasto all’immigrazione clandestina e al vasto indotto di criminalità a esso collegato.

Nei dieci capitoli del volume la Giudici svela una realtà complessa e aggrovigliata che evolve prima e dopo le più note scene drammatiche proposte dai media circa le disperate traversate marittime, i salvataggi effettuati in mare dagli uomini della Guardia Costiera, gli sbarchi sulla terraferma nei bivacchi delle banchine dei porti siciliani. Visioni apparentemente tutte uguali con i convogli di materiale umano riversati a Lampedusa o Pozzallo, Porto Empedocle, Augusta o Catania.

Il reportage della Giudici, redattrice del Foglio, già vincitrice del Premio Maria Grazia Cutuli nel 2005 (con L’Italia di Allah – Bruno Mondadori), vive nell’ingaggio durato alcune settimane in una particolare squadra operativa, coordinata dalla Procura di Siracusa.  In particolare con il sostituto commissario della Polizia di Stato Carlo Parini, responsabile del Gruppo interforze di contrasto all’immigrazione clandestina noto come GICIC. Nello straordinario pool, unico in Italia nel suo genere, oltre a diversi uomini appartenenti a più corpi militari operativi (inclusi guardia di finanza e guardia costiera) vi partecipano alcuni immigrati impegnati soprattutto in incarichi di traduzione e relazioni con i profughi tratti in salvo.

Nell’attività primaria di caccia agli scafisti e al contrasto delle organizzazioni criminali radicate sulle coste africane, colluse con le mafie nostrane, emerge il profilo più prezioso, il marocchino Aziz, brillante “detective kebabbaro”.  Avanza una fitta trama d’investigazioni e indagini giudiziarie che superano i confini nazionali e seguono le vie improbabili di personaggi senza scrupoli che alimentano il traffico di umani, in scenari orribili di guerra e inciviltà. Le tele ricostruite dal lavoro dell’autrice impegnata a braccare la “strana coppia”  (Parini – Aziz) dalle non comuni doti umane e di resistenza al logorio fisico, sprezzante per il pericolo, in tante operazioni estreme, consegna un quadro inedito dove emergono soprattutto le doti legate a singole espressioni d’impegno personale e dedizione. Personalità forti dai caratteri non sempre concilianti che muovono iniziative dove il perimetro legale e istituzionale non sempre può coprire decisioni rapide legate al buon senso dell’obiettivo comune.

Testimonianze che confermano l’essenza di determinati risultati dipendenti dalla particolare competenza di uomini che rimangono unici, talvolta isolati nel loro lavoro in ogni caso decisivo. Così Carlo Parini, senza apparire l’eroe fra mondi contrapposti, può risultare valoroso alle sue strutture gerarchiche come un don Andrea Gallo a Genova risultava tale alle gerarchie porporate. Di qui si comprende l’unicità del “modello Siracusa” come in ambiti analoghi è unico il “modello Riace” di Mimmo Lucano (https://www.networknews24.it/2017/10/28/mimi-capatosta-lutopia-della-normalita/).

Il prezioso contributo della Giudici (ispiratrice di un nuovo progetto di ampio respiro dedicato a una corretta presa di coscienza delle migrazioni contemporanee – https://radici.online/) conferma come l’impegno quotidiano di tutte le risorse istituzionali in campo (decisivi i contributi e le aperture delle Procure di Catania e Siracusa con i relativi responsabili) debba essere esplorato e diffuso secondo corrette e opportune coordinate evitando scorciatoie strumentali che aumentano fatalmente le discriminazioni sociali e culturali non solo nel nostro Paese.

Luigi Coppola

 

I premi ai banchieri

La regola europea pone un limite ai premi dei banchieri, ma continua in molti casi a essere aggirata, ma l’Italia è in buona posizione nel confronto internazionale

Le norme europee definiscono un limite ai compensi dei manager bancari detti premi (in denaro, azioni o opzioni) che sono legati ai risultati aziendali. Tale quota non dovrebbe superare la cifra corrispondente allo stipendio fisso, o massimo al doppio solo con l’approvazione dell’assemblea dei soci, ma accade che la regola viere raggirata con il trucco di non farsi classificare dalla banca per cui si lavora, come “rilevante” per il rischio della banca stessa e in questo caso il limite non si applica.

Il recente rapporto della European Banking Authority evidenzia che i miglioramenti sono marginali. Il vincolo stabilito ha la finalità di limitare l’effetto perverso che questi premi introducono, cioè, ritenere che se le cose vanno bene grazie al manager va assegnato il premio e se vanno male si annulla il premio. Su questo la situazione non è la stessa in tutti i Paesi europei e in nove, tutti gli high earners sono classificati come “rilevanti” per il rischio della banca e come tali soggetti al limite dei premi ricordando la direttiva europea, che indica che siano ritenuti “non rilevanti” in casi eccezionali, motivati e approvati dalle autorità di vigilanza. Ma in alcuni Paesi la quota dei “non rilevanti” lascia intendere che non si tratta di casi isolati, infatti anche in Germania la quota arriva al 25%.

L’Italia poi, presenta 172 manager bancari che guadagnano oltre il milione di euro e 32 di essi non sono classificati come “rilevanti”, quindi non sono soggetti al limite e molti di essi lavorano nel settore dell’investment banking. Sul totale degli high earners, il rapporto medio tra variabile e fisso è del 72 per cento: assai più basso della media europea. Una volta tanto, il nostro paese si pone in buona posizione per l’Europa.

Danilo Turco

L’utilizzo dei fondi europei in Italia

In Italia non si parla mai di fondi Ue, ma se si analizzano i dati, emerge che esiste una seria difficoltà di spesa. Questo fatto impone  un ripensamento della costruzione funzionale della politica di coesione in vista del prossimo  negoziato sul bilancio dell’Unione.

In Italia manca ancora un primo documento ufficiale che certifichi il livello di spesa per il periodo 2014-2020, ma basta consultare i  dati della Commissione europea per rilevare che l’Italia, a marzo 2018, è all’8 % della spesa, risultando agli ultimi posti insieme a Malta, Croazia e Spagna. Va poi evidenziata l’alta possibilità di spesa offerta che si rifà a oltre 75 miliardi di euro, risultando il secondo stato membro beneficiario, dopo la Polonia, che invece ha speso in valore assoluto più del doppio dell’Italia.

Dai dati della Commissione emergono numerosi spazi finanziari disponibili per l’attuazione della politica di coesione in Italia. Infatti a marzo 2018 risulta allocato solo il 42 per cento del budget. Restano così 44 miliardi di euro da associare a singoli progetti che avrebbero potuto risolvere questioni e problemi emergenti riguardanti gli investimenti pubblici.

In Italia non sono bastati oltre quattro anni per programmare progetti di crescita e sviluppo, e quindi neanche per spendere. Questo accadde anche nel ciclo 2007-2013, ma alla fine si è riusciti a certificare quasi tutto, perdendo qualche decina di milioni di euro.

Non è bastata la nascita dell’Agenzia per la coesione e del dipartimento per le politiche di coesione, per invertire le sorti di questa difficile missione italiana. Anzi, proprio l’Agenzia, che negli obiettivi avrebbe dovuto accelerare i meccanismi di spesa ed entrare in surroga delle amministrazioni meno efficienti, fa registrare per i due Pon (Programma operativo nazionale) di cui è autorità di gestione, i livelli di spesa più bassi (0,3 per cento per il Pon Gov. e 0,5 per cento per il Pon Metro). Risulta difficile per le amministrazioni  svolgere il ruolo di stazioni appaltanti, sia per le difficoltà oggettive introdotte dalla riforma del codice degli appalti e sia, per le attività di progettazione, attivate in tavoli di concertazione che durano anni. Per risolvere occorrerebbe decidere di rimettere mano alla governance dei fondi strutturali e ripensare a nuovi strumenti per la politica di coesione, che nella contribuzione al bilancio dell’Unione,siano lasciate nelle casse degli stati membri più risorse vincolate all’attuazione di una politica di coesione a sfondo sia europeo e sia nazionale insieme, per meglio rispondere ai bisogni immediati di crescita,con investimenti mirati sui singoli territori.

Danilo Turco

Francobolli: la formazione del prezzo

Guardando un catalogo di francobolli bisogna sempre ricordare un concetto fondamentale: quello della formazione del prezzo.

Il prezzo dei francobolli non può subire sconti applicati in modo fisso sempre e comunque. Gli sconti che si possono fare sul prezzo di catalogo sono estremamente oggettivi, parliamo sempre di vendita normale e non dovuta a situazioni disastrose per cui si è costretti a svendere per forza per realizzare denaro. In una situazione normale di vendita e di acquisto il prezzo è sempre determinato in primis dalla rarità del pezzo per cui quello introvabile, rarissimo anche se “spellato”, anche mal centrato, anche con qualche piccolo bollo deturpante, è pur sempre un pezzo di grande valore. Ma allora come possiamo districarci in questo settore cercando di determinare un prezzo, il più equo possibile, pur in presenza di una quotazione di catalogo abbastanza impegnativa?

Ecco alcuni parametri da considerare. Primo la centratura: più la centratura rilascia un’immagine uguale in tutti gli angoli e più il francobollo si vicina a quella bellezza che definiamo “standard massimo”. Per essere più precisi il bianco che circonda l’immagine centrale deve essere più o meno uguale in tutti i settori, questa differenza nella centratura determina un prezzo sicuramente molto più alto di quello già assegnato dal catalogo che generalmente si riferisce ad una centratura di buon livello, ad esempio un francobollo con margini molto grandi con un annullo leggero, non deturpante, con i colori vivi e non smorti magari dovuti ad un’imperfetta conservazione possono far valere un pezzo due o tre volte ed anche di più del prezzo indicato dal catalogo. E ovviamente è valido anche il contrario, margini corti, annulli brutti perché impediscono la visione chiara della vignetta, strappi o tagli possono creare un abbattimento del prezzo anche del 90%.

All’occhio di un inesperto sembra difficilmente credibile che due francobolli pressoché uguali possano avere valori così fortemente diversi. In questo range esiste tutta una serie di valutazioni intermedie sempre tenendo in considerazione i parametri suesposti che, come già detto, possono far lievitare in maniera significativa il valore. E’ sempre opportuno, quindi, qualora si volesse acquistare francobolli di un certo valore affidarsi ad esperti della materia, far corredare i pezzi con più certificati proprio per cercare di ridurre al minimo i rischi rivenienti da valutazioni approssimative e  facilone di un mercato filatelico dove spesso si possono infiltrare personaggi con pochi scrupoli. Il perché è anche facilmente intuibile, i pezzi rari si comprano e si conservano talvolta anche per decine di anni e quando poi viene il momento per qualcuno di realizzare spesso si trova a contare una serie di errori di valutazione che all’atto dell’acquisto non sono stati tenuti in considerazione e sono spesso dettati anche dall’emotività che dà il tenere fra le mani un pezzo raro di cui si è sempre agognato il possesso.

Nel campo filatelico ci vuole molta attenzione, un invito che mi sento di fare a tutti compresi i commercianti è quello di non sponsorizzare solo i pezzi rari, la filatelia è bella anche se i pezzi sono quelli comuni.

Salvatore Adinolfi

Alla Casa dello Scugnizzo la mostra “Napoli e i Sedili: i luoghi”

Con l’Associazione Culturale “Napoli è”, presieduta dal giornalista Giuseppe Desideri, fino al 31 luglio giugno è possibile compiere una passeggiata virtuale partita il 31 maggio alla riscoperta dei Sedili di Napoli attraverso una mostra fotografica nell’ambito degli eventi previsti per il 2018 per l’iniziativa “Rivive la Napoli dei Sedili. Il Palio dei Sedili” nata nel 1997.

La mostra è ospitata, come lo scorso anno, presso il Centro Studi “Mario Borrelli” della Fondazione Casa dello Scugnizzo a Napoli in piazzetta San Gennaro a Materdei n. 3, presieduta dal prof. Antonio Lanzaro.

“Anche quest’anno abbiamo voluto proporre un viaggio fotografico attraverso le vie dei Sedili di Napoli. La mostra nasce da un lungo percorso di ricerca storico-architettonica coordinato dall’architetto Laura Bourellis – evidenzia il presidente dell’Associazione Culturale “Napoli è” Giuseppe Desideri – come per il passato intende proporre una suggestiva visione di Napoli tra passato e presente attraverso le immagini di alcuni fotografi. Siamo, inoltre molto soddisfatti della preziosa sinergia con la Fondazione Casa dello Scugnizzo e con l’I.S. G. Marconi di Giugliano in Campania che quest’anno grazie ai bravissimi docenti e allievi ha realizzato un corto dedicato ai Sedili”.

Nella mostra dal titolo “Napoli e i Sedili: i luoghi” è coordinata dall’arch. Laura Bourellis, con la collaborazione di Orsola Grimaldi e Rossella Marchese, sono presenti i lavori fotografici di Alessandra Desideri, Nicola Massaro, del fotoreporter Enzo Barbieri e il lavoro di ricerca condotto dagli studenti dell’I.S. “G. Marconi” di Giugliano in Campania.

La mostra sarà visitabile tutti i giorni, ad ingresso libero, dalle 10.30 alle 13.00 il lunedì-martedì-mercoledì-venerdì , il giovedì dalle 15.30 alle 18.30.

L’evento rientra nel calendario delle iniziative 2018 “RIVIVE LA NAPOLI DEI SEDILI. Il Palio dei Sedili”, da un’idea di Bianca e Giuseppe Desideri, organizzato dall’Associazione Culturale “Napoli è”, e vede la preziosa continua rinnovata collaborazione con l’I.I.S. “Guglielmo Marconi” di Giugliano in Campania che ha partecipato all’iniziativa con una propria reinterpretazione visiva dei fasti dei vecchi Seggi.

Grazie alla preziosa sinergia instauratasi con la dirigente scolastica Prof. Giovanna Mugione e dei docenti Carlo Valle, Antonello Picciano, Cristina Morone, Lino Nolo, ogni anno gli studenti collaborano alla realizzazione di materiale fotografico o video.

In particolare quest’anno i professori Valle e Picciano, su testi elaborati da Rossella Marchese,  hanno coordinato il progetto per la realizzazione di un corto “La Napoli dei Sedili” a cura degli allievi.

La manifestazione “Rivive la Napoli dei Sedili. Il Palio dei Sedili” è nata nel 1997 ed è frutto di un lungo ed attento percorso di studio e ricostruzione documentale sull’evoluzione dei Sedili partenopei (Porto, Portanova, Capuana, Nilo o Nido, Montagna, Popolo), dal 1200 al 1800, curata da esperti del settore e giornalisti guidati dalla medesima passione per il recupero e la tutela della memoria storica cittadina.

La manifestazione intende tenere alta l’attenzione di cittadinanza e turisti sulla storia di Napoli e dei suoi gloriosi Seggi, le prime forme di organizzazione amministrativa decentrata cittadina, prototipo delle odierne municipalità.
Chiunque voglia partecipare all’iniziativa potrà proporre la propria collaborazione gratuita scrivendo all’Associazione Culturale “Napoli è” – Casella postale 333 – 80133 Napoli.

E-mail: associazionenapolie@libero.it; info@napolie.it

Roberto Di Roberto, un poeta, un impegno per la cultura

Esile figura, uomo dai modi signorili, sinceri e garbati, presente nel panorama culturale napoletano sin da giovanissimo, partecipa attivamente ad alcuni salotti e cenacoli artistici partenopei.

Sensibile ma allo stesso tempo forte nella comunicazione poetica, Roberto Di Roberto è nato poeta e di questo abbiamo conferma in un manoscritto di Giovanni Boccacciari che parla proprio del nostro Autore descrivendolo così: “I napoletani nascono poeti e, fin dalla nascita, la poesia la succhiano dal seno materno e la tramandano ai posteri. Anche colui che non ma mai scritto un verso, a Napoli è poeta nell’anima. E’ un male atavico e contagioso, dal quale non è uscito indenne Roberto Di Roberto, figlio e nipote di poeti, quali furono il padre Gennaro e il fratello della nonna paterna Pietro Sparano, intimo amico del  poeta Antonio Cinque che  fu direttore del periodico “La Piccola Fonte” e nonno della poetessa Anna Aita”.

E ancora “ è ormai da anni sulla breccia e il suo stile si è andato man mano affinando col tempo”. Di Roberto ha collaborato per numerosi periodici quali, fin dal 1966 , il “Rievocatore”, “Ribalta” e “6e22” diretti dal dinamico poeta e canzoniere Giuseppe Carullo, di “Miscellanea” di Salerno e del già citato “L’Eco del Popolo”. Ha pubblicato i volumi di poesie  dialettali:

‘E vvoce d’ ‘o core, prefazione di Giuseppe Porcaro; Aria ‘e primmavera, prefazione di Ada Sibilio Murolo; Vase e carocchie, consenso di Giovanni Boccacciari; Senza scuorno, prefazione e appendice di Gioanni Boccaccari; ‘E vvie d’ ‘o core e Tiempe d’ammore, entrambi in accoppiamento con Tina Piccolo, la poetessa fondatrice del Premio internazionale Città di Pomigliano d’Arco.

Di Roberto è noto anche per essere stato inserito nella “Letteratura dialettale napoletana di F. D’Ascoli; nel “Dizionario storico dei poeti italiani” di S. Natale, oltre che nelle antologie “Torna a Natale” di Renato Ribaud, “E’ sempre poesia” di V. Uliva, “La più bella antologia del nostro tempo” e “La letteratura dei sentimenti”, entrambe di Tina Piccolo; in “Poetica napoletana di fine Novecento”, edizione Ferraro.

E’ inoltre presente nelle varie edizioni del “Calendiario” di A. Rotondo. L’antica ditta V. Carcavallo ha pubblicato, sulle sue cartoline di vedute di Napoli antica, versi di Tina Piccolo e del Di Roberto. E’ stato varie volte ospite nel passato di Televomero e ha fatto parte del Salotto Tolino e del Cenacolo Spadaro.

Particolarmente prolifico, disponibile a trasmettere la poesia e la storia dei salotti ai quali ha partecipato e partecipa, frequenta da lungo tempo il Cenacolo dell’Associazione Culturale “Napoli è” fornendo la sua collaborazione per eventi e iniziative che vedono protagonista la cultura napoletana.

Di seguito riportiamo la poesia “Senza mamma”.

Alessandra Desideri

 

Senza mamma

 

A ‘o terzo piano, ‘a quanno è morta ‘a mamma

quatto criature stanno sole sole

e si quaccuna chiagne ll’ata chiamma…

pe ddi’ sti ccose, mancano ‘e pparole.

 

Donna Cuncetta, a porta, sente e trase:

– Nennelle meie so’ appena appena l’otto! –

Ll’abbraccia a una a una e po’ s’ ‘e vase;

fa friddo, lle fa mettere ‘o cappotto.

 

Mpruvvisamente se spalanca ‘a porta.

E’ don Gennaro torna d’ ‘a fatica

– Onna Cuncè’, vuie site ‘a meglia sciorta

pe sti ccriature e Dio ve benedica! –

 

Pecché nun me facite nu favore?

Vuie pure state sola stu Natale,

vuie date a sti ccriature gioia e calore

perciò s’hanno appiccià quatte bencale -.

 

E tutte quante mangiano cuntente,

doppo c’hanno vasato ‘o Bammeniello,

Donna Cuncetta s’  ‘e teneva mentel

levanno a tutt’ ‘e quatto ‘o capputtiello.

 

‘E spoglia, ‘ cocca e doppo ll’accarezza

mntre on Gennaro ‘a cerca mille scuse…

Donna Cuncetta è tutta tennerezza,

guarda ‘e ccriature, e tene ll’uocchie nfuse!…

 

Roberto di Roberto

(per gentile concessione dell’Autore)

 

La rivincita del cuore

“La rivincita del cuore. Attesa, dolore e gioie, fra testimonianze e racconti”, pubblicato da Homo Scrivens, è nato dall’esperienza e testimonianza di Umberto Mormile, malato di SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica), scomparso da tempo.

Non si poteva più muovere ma la sua voglia di comunicare ed esprimersi era ancora più forte di prima, da questa forte volontà sono nate molte delle pagine di questo volume curato da Emilia Ferrara e che porta in copertina un cuore pieno di nomi su fondo azzurro.

“Sono cosciente di non saper scrivere, non mi sento affatto uno scrittore. Scrivo solo – queste le parole di Umberto Mormile – perché mi fa star bene, anche perché non sapendo fare musica e non riuscendo a dipingere, mi diletto a scrivere con la speranza di trasmettere qualche emozione. Se così fosse, mi sentirei davvero un fortunato”.

Nell’intervento di Adele Ferrara “L’amore e la resistenza nonostante la SLA” si sente tutta la forza della vita nelle sue vibranti parole “la nostra malattia abbandona la zona buia per farsi luce. Pensiamo ai nostri affetti, ai nostri studi, alla nostra cultura, alle esperienze di lavoro fatte, e ci rendiamo conto che possiamo essere utili agli altri compagni di avventura che non hanno la possibilità di farsi valere”.

Nella prefazione Eduardo Savarese parla della malattia e di come possa diventare fonte di luce. “I temi scelti per i racconti presenti in questa raccolta, nella loro varietà e nelle molteplici sfumature con le quali vengono declinati, costituiscono l’evidenza luminosa e, forse, ovvia del fatto che la condizione del malato diviene una forma di vita” e aggiunge “la vita trascorre lungo un fiume di accadimenti molto simili per ciascun essere umano: l’amore, l’amicizia, la solitudine, la paura, la speranza, la resistenza, il combattimento…” e tutti questi sentimenti e sensazioni li ritroviamo nelle pagine di questo coinvolgente libro che ci porta a riflettere sulla condizione dell’uomo, sulla sua fragilità, ma allo stesso tempo sulla sua forza di andare oltre il dolore.

Racconti, quelli raccolti in questo elegante volume, che reinventano la vita. Una reinvenzione, che per Savarese, è doppia “perché il punto di partenza e il terminale di arrivo hanno a che fare con la sfida di chi ha immaginato di nuovo la sua vita, per resistere al male e realizzare con ogni sforzo la propria insostituibile pienezza esistenziale”.

Emilia Ferrara racconta, nella sua introduzione, la nascita del libro e come si è arrivati poi alla pubblicazione inserendo anche altri racconti e quattro poesie.

Ne ricordiamo solo una per il legame affettivo che con la nostra Redazione aveva l’Autore, prematuramente e tragicamente scomparso, Alessandro Selvaggio.  Un terribile 18 ottobre del 2015 Alessandro ha lasciato un vuoto incolmabile in tutti coloro che lo hanno conosciuto. Lo avevamo subito ricordato pubblicando su www.napolie.it la sua poesia e un pensiero che ci piace riproporre:

“Alessandro non c’è l’ha fatta.  Il giovane ventenne, studente universitario di psicologia, amante della poesia,  pieno di vita e di speranze, ci ha purtroppo lasciato.

Avevamo appena incominciato a conoscerlo e a volergli bene. Sensibile e intelligente studiava e lavorava, come fanno molti giovani. Amava la cultura e, con la timidezza ma anche con la voglia di essere protagonista positivo di un percorso di crescita, si faceva coinvolgere con grande entusiasmo in iniziative ed eventi.  Ci piace ricordarlo con alcuni versi della sua poesia “Emozioni di un preludio”.

Se guardi avanti, ci sono delle sottili linee di luce

che si riflettono nell’acqua scura.

E dei fari in lontananza, che illuminano fiocamente l’orizzonte buio.

Dei fari che rappresentano il mistero, di una terra e di un mondo,

ancora tutto da scoprire”.

 

Il ricavato della vendita  dell’antologia sarà devoluto all’associazione AISLA onlus (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica ) sezione di Napoli.

Salvatore Adinolfi

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