I primi 50 anni di Led Zeppelin I

Cinquanta anni fa usciva il primo album della storica band capitanata dal virtuoso Jimmy Page: il debutto discografico dei “più maledetti del rock”.

Eppure, lo storico Led Zeppelin I, iconografico già dalla sua copertina, con l’Hindenburg in fiamme, un momento prima di schiantarsi al suolo, non ebbe il riconoscimento che, invece, gli diede la storia. “Difficile da interpretare”, questo il tiepido commento che dell’opera prima degli Zep fece Rolling Stone; non andò meglio tra gli illustri colleghi del gruppo, cioè Beatles e Rolling Stones, che stroncarono il disco, definito inascoltabile.

Led Zeppelin I nacque in fretta e furia, da un’esigenza insopprimibile di Page che aveva messo su quel suo nuovo gruppo in 6 mesi, dalle ceneri degli Yardbirds, e voleva partire subito con un tour che promuovesse la musica nuova che aveva in testa e che riusciva ad interpretare benissimo con i suoi nuovi compagni di viaggio: alla batteria il “picchiatore” John Bonham, alla voce l’“adone biondo” Robert Plant e, per tutto il resto, il “versatile polistrumentista” John Paul Jones.

Il disco vide la luce alla fine di quel tour fulmineo per farsi conoscere; era il 1969.

I Led Zeppelin chiudevano così, simbolicamente, gli anni ’60 e inauguravano la decade successiva che li avrebbe visti padroni assoluti del mondo.

Basta melensaggini, il volume saliva a livelli mai visti, il blues diventava lisergico nelle mani degli Zep, dilatandosi e mischiandosi a vecchie formule folk. Il tutto trasfigurato da quattro individualità imbattibili ognuna nel suo genere, come per poche altre band è mai successo.

Dal manifesto di Good Times Bad Times che apre l’album fino alla tarantolata How Many More Times è un susseguirsi di standard che trovano il loro acme in Dazed and Confused, cavalcata onirica che, come da titolo, stordisce e confonde l’ascoltatore, accompagnandolo agli inferi e facendolo poi ritornare di sopra, con delle accelerazioni che fino ad allora non si erano mai sentite e uno spropositato tempo di esecuzione di 28 minuti.

Il Dirigibile era partito. E nessuno l’avrebbe più fermato.

Rossella Marchese

 

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