Malika, cacciata di casa perché lesbica

 “L’errore non l’ho fatto io, per quanto io possa amare una persona del mio stesso sesso, non ho mancato di rispetto a nessuno. Non c’è niente di sbagliato, non c’è niente di male. Finché si ama non ci sarà mai niente di male. Ai miei genitori dico fatevi aiutare”.

Amare una persona dello stesso sesso non è una colpa, amare non è mai un errore. Le parole di Malika trasmettono tutta la sofferenza di chi è costretto a portate sulle proprie spalle il peso delle conseguenze dell’ignoranza del prossimo. Malika è la protagonista di questa storia complessa accaduta nel suo stesso nucleo familiare (madre, padre, fratello), all’interno del quale si sono verificati atti di disprezzo e ripulsione nei confronti della giovane donna.

Malika viveva in un paese vicino Firenze, ha ventidue anni e il 4 gennaio 2021 confidava ai suoi genitori di essersi innamorata di una donna. Malika viene insultata, derisa e in fine mandata via di casa in seguito a parole colme di violenza da parte di sua madre. I riferiti insulti della madre spingono Malika in una forte crisi di pianto e di panico. Trovatasi per strada senza un soldo, senza cibo, senza più nemmeno i suoi abiti Malika, l’8 gennaio prova a rientrare a casa con l’aiuto dei Carabinieri, ma anche il tentativo di tornare in possesso dei suoi oggetti personali non va a buon fine.

Le continue minacce da parte dei genitori e del fratello fanno vivere la giovane ventiduenne nel terrore e, in preda allo strazio, Malika decide di sporgere denuncia ai Carabinieri, ma non riesce, neppure dopo 3 mesi, a rientrare in possesso dei suoi effetti personali. Nonostante le infinite umiliazioni e violenze psicologiche subìte, Malika è ben consapevole di non aver nulla di cui vergognarsi anzi, sa bene di potersi ritenere una persona molto coraggiosa.

Purtroppo c’è chi,  ancora oggi, per salvare le apparenze, finisce per dare troppa importanza al giudizio altrui pur mettendo a rischio qualsiasi rapporto umano, anche quello che dovrebbe essere il più importante come quello tra genitori e figli. Sono le stesse persone che hanno ha paura di andare contro i pregiudizi, che hanno paura di lottare per i propri diritti, e preferiscono assecondare una società dalla mentalità chiusa, retrograda, discriminatoria (che ancora crede di avere il diritto di decidere quale dovrebbe essere la normalità tanto da condizionare le scelte altrui) anziché proteggersi e proteggere i propri figli.  Eppure si dice che, quando accade qualcosa di molto brutto, c’è sempre qualcosa di bello che ci attende e che quando il fato ti allontana da un certo tipo di persone ti sta solo salvando la vita.

Ma chi ha deciso che l’eterosessualità è la normalità?

L’omosessualità non è una malattia. Si spera che un giorno la parola omosessuale possa svanire per sempre (le parole etero e omosessuale non dovrebbero esistere, deve essere la normalità poter amare chiunque) affinché ogni essere umano riesca ad ottenere il diritto di sentirsi libero di essere ciò che sente, di innamorarsi, di sentirsi attratto da chi desidera, e di vivere serenamente la vita alla pari di qualsiasi altra persona. La vicenda di Malika dimostra chiaramente la scarsa sensibilità con la quale alcune persone ancora oggi affronta determinate situazioni e la totale mancanza di empatia.

Il ddl Zan, che si focalizza su questo tipo di reati ha subìto, ad aprile 2021, l’ennesimo rinvio in Senato (in Italia non ci sono ancora leggi che tutelano le vittime dei crimini di odio omotransfobico). È anche fondamentale essere al corrente che in spagna c’è una legge che autorizza i bambini ad andare a scuola come desiderano (anche maschietti vestite da bambine) perché non conta il loro genere biologico ma conta il loro genere sentito. Si spera che anche in Italia si possa un giorno sentirsi liberi di essere.  Ora Malika vive a Firenze, lontana da coloro che l’hanno messa al mondo, ma ad oggi è forte tanto da riuscire a buttarsi tutto alle spalle per vivere liberamente la vita come desidera.

Alessandra Federico

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