Simonetta Tassinari: Il sapere dell’anima. Tre filosofe al confine tra ragione e fede

Cosa l’ha spinta a scegliere proprio queste tre filosofe come protagoniste del suo libro?

Mi interessava indagare il punto in cui il pensiero femminile incontra la trascendenza, ma senza rinunciare alla ragione. Le tre protagoniste del libro – diverse per epoca, contesto e linguaggio – condividono una tensione comune: cercare Dio o il senso ultimo del reale non come dogma, bensì come esperienza conoscitiva. Ognuna di loro, a modo suo, fa filosofia con il corpo, con la visione e con la parola poetica. In loro il pensare è anche un modo di guarire il mondo.

In che modo la loro riflessione rappresenta un “confine” tra ragione e fede?

Il “confine” non è una linea che divide, ma uno spazio vivido, attraversato dal pensiero. È un territorio dove la ragione e la fede non si escludono, ma si interrogano a vicenda.
Le filosofe di cui parlo non scelgono un campo contro l’altro: abitano il varco, il punto in cui la ricerca razionale si apre al mistero senza smarrirsi.
In Ildegarda di Bingen, per esempio, la conoscenza nasce dalla luce interiore, ma si organizza in un vero e proprio sistema del sapere: mistica e metodo, visione e logica convivono.
In lei la fede non spegne la ragione: la accende, la rende più profonda e luminosa.

Pensa che oggi esista ancora una contrapposizione tra filosofia e spiritualità, o si sta trasformando?

Credo che si stia trasformando. Dopo secoli di separazione, la filosofia sembra riscoprire la dimensione interiore, la vulnerabilità, la domanda di senso.
Molti filosofi contemporanei – da Hadot a Ricoeur, fino a Vattimo – hanno dimostrato che pensare non significa solo argomentare, ma anche prendersi cura di sé e del mondo.
Oggi non è più scandaloso parlare di spirito, purché lo si faccia senza retorica.

Quale delle tre figure l’ha più colpita a livello personale, e perché?

Senza esitazioni: Ildegarda di Bingen.
È una donna che dirige un monastero, compone musica, scrive trattati di medicina e di filosofia naturale, e nel contempo si esprime con un linguaggio di pura luce.
Mi affascina la sua capacità di “vedere con l’anima” e di tradurre le visioni in parole concrete, utili alla vita. È una filosofa che non impone verità: cura, ascolta, guida le consorelle, affronta lunghi e difficili viaggi per diffondere la parola divina. E poi è modernissima: la sua idea di equilibrio tra corpo, mente e natura anticipa persino l’ecologia contemporanea.

Come hanno contribuito queste pensatrici a ridefinire il ruolo delle donne nella filosofia?

Hanno dimostrato che il pensiero femminile non è un’appendice della filosofia maschile, ma una forma autonoma di conoscenza.
Non cercavano di “fare come gli uomini”, ma di pensare da sé, partendo dal vissuto, dal corpo, dal simbolico.
La loro voce ha aperto una possibilità in un mondo che non prevedeva monache né mistiche né filosofe: eppure, malgrado tutto, si sono imposte come autorità intellettuali.

Il titolo parla di “sapere dell’anima”: come lo descriverebbe in termini contemporanei?

Il “sapere dell’anima” è una conoscenza che unisce logos e pathos, ragione e vita interiore.
Oggi potremmo chiamarlo intelligenza emotiva, coscienza ecologica, o semplicemente consapevolezza.
È un sapere che non pretende di dominare, ma che accoglie la complessità invece di ridurla. È la sapienza che nasce dal silenzio, non dal rumore.

Quali sono, secondo lei, le principali difficoltà che queste filosofe hanno incontrato nel far accettare il loro pensiero?

Prima di tutto, naturalmente, la semplice evidenza di essere delle donne. Dovevano giustificare ogni parola, scrivere “per obbedienza” o fingere di essere solo strumenti di una rivelazione divina per poter essere ascoltate.
In realtà, sapevano benissimo ciò che stavano facendo: trasformavano la marginalità in uno spazio di libertà.
Ma la difficoltà più grande era – ed è ancora – essere prese sul serio non come mistiche, ma come pensatrici.

C’è un legame tra la loro ricerca interiore e le sfide del nostro tempo, come la crisi di senso o la perdita di valori?

Senza dubbio. In un’epoca che misura tutto ma non sa più dove andare, queste filosofe ci ricordano che la conoscenza senza interiorità è vuota.

Ildegarda, ad esempio, direbbe che l’uomo moderno ha perso la “viriditas”, la linfa vitale che connette spirito e natura.
La loro lezione è attualissima: non si tratta di tornare alla fede dogmatica, ma di riscoprire una spiritualità del pensare, una dimensione del senso che non si compra e non si calcola.

In che modo il suo lavoro intende avvicinare il grande pubblico a figure filosofiche spesso trascurate?

Ho cercato di unire rigore e narrazione.
Non scrivo per specialisti, ma per lettori curiosi: il linguaggio è chiaro, le fonti sono solide, e il ritmo narrativo -almeno lo spero!- permette di entrare agevolmente nella vita di queste donne.
Credo che la filosofia, se dovesse restare nei chiostri accademici, correrebbe il rischio di inaridirsi un po’; viceversa, scendendo nella vita, tornerebbe a essere ciò che era all’inizio, ovvero un esercizio dell’anima.

Se potesse dialogare con una di queste tre filosofe oggi, quale domanda le porrebbe?

A Ildegarda chiederei: “Come si fa a mantenere la luce dentro, quando tutto intorno sembra spento?”
E sono certa che lei risponderebbe senza parole, forse con un canto o con un’erba medicinale.
Perché il suo insegnamento più grande è proprio questo: la conoscenza autentica non separa mai il sapere dal vivere, la mente dal cuore, la ragione dal respiro del mondo.

Simonetta Tassinari ha insegnato storia e filosofia nei licei e nel Laboratorio di didattica della filosofia dell’Università del Molise. Da anni coltiva la psicologia relazionale, la psicologia dell’età evolutiva, il counseling filosofico e divulga la filosofia tra bambini e ragazzi. Anima partecipati caffè filosofici e tiene conferenze in tutta Italia e all’estero. Collabora con la fondazione Quid+ e con Treccani Futura. Molto apprezzata dai lettori per la sua capacità di rendere la filosofia alla portata di tutti, è autrice per Feltrinelli del fortunatissimo Il filosofo che c’è in te (2019), cui ha fatto seguito Il filosofo influencer (2020), Contro-filosofia dell’amicizia (2022) e Il bello tra le crepe. Manuale di riparazione della vita quotidiana (2025). Per Gribaudo ha pubblicato diversi manuali, tra cui Instant filosofia (2021) e Il libro rosa della filosofia (2024).È stata candidata al premio Strega 2023 con il romanzo storico Donna Fortuna e i suoi amori (Corbaccio).

Giuseppina Capone

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