Dark Web: contenuti e pericoli

Il dark web è quella porzione del Web ospitata dalle dark net, ma la parola dark fa subito pensare a criminali e vendite di droga e armi, mentre nelle dark net possiamo trovare di tutto, anche le versioni dark di famosi siti del Web, come il New York Times. Ne consegue che non tutti i contenuti del dark web sono illegali o pericolosi. Ne parliamo con Sara Magnoli.

Può spiegarci cosa sono le dark web, chi ci naviga e come accedervi?

Una premessa fondamentale che desidero fare, nel ringraziarla per avermi invitata a parlare del mio libro “Dark Web” pubblicato da Pelledoca Editore, è che il mio è stato ed è in generale un lavoro di tipo letterario. Ho scritto un romanzo, non un saggio. Nello scrivere questo libro ho avuto il supporto, la consulenza e la collaborazione di tecnici, come le informatiche forensi Maria Pia Izzo ed Eva Balzarotti, il vicequestore dalla polizia postale Rocco Nardulli, il sostituto procuratore della repubblica del tribunale dei minori Annamaria Fiorillo, la psicologa dell’età evolutiva Raffaella Pasquale, che, in base alle loro disponibilità, anche durante le presentazioni svolte sinora e che sono in programma del libro stesso mi hanno accompagnata proprio per rispondere alle domande come questa che sono considerazioni davvero di natura tecnica, così peculiari e non facili da spiegare.

In generale, il dark web si raggiunge attraverso software particolari. Ma, ripeto, per domande così tecniche credo sia più corretto interpellare tecnici. Io posso dire che nel mio romanzo la protagonista, Eva, non entra personalmente nel dark web, ma diventa vittima di personaggi senza scrupoli che lavorano sottotraccia nella parte “sporca” della rete.

Il dark web è uno spazio “protetto” in cui crimini orribili possono essere perpetrati ai danni degli adolescenti. Accanto alla difficoltà creata dall’anonimato, esso permette anche di scambiare materiale “a tempo”, che si autoelimina senza lasciare traccia, permettendo, quindi, di inviare e ricevere materiali che ritraggono anche violenze ai danni dei ragazzi. Lei concentra la sua narrazione proprio su una vicenda torbida inerente l’adescamento di una adolescente. Può fornirci dati in merito?

La vicenda meramente letteraria che racconto in “Dark Web” riguarda Eva, una quattordicenne che ha un sogno come tutti gli adolescenti in tutti i tempi. E lei, adolescente del 2020, sogna di fare l’influencer di moda, con un’idea però piuttosto superficiale e semplicistica per cui chiunque, basta postare una foto, può diventare, appunto, famoso e seguito. Eva insomma si muove un po’ nella logica in cui purtroppo spesso siamo bersagliati anche dai messaggi televisivi o social, la logica del tutto subito e tutto è facile, e nella sua ingenuità non si preoccupa minimamente di informarsi o acquisire consapevolezza e responsabilità nell’uso del “mezzo internet”, ma posta sue foto. Lei non visita il dark web, ma ne diventa vittima inconsapevole: è il personaggio che incontra e che le dice di essere un designer di moda che le carpisce informazioni e foto che poi fa girare nel web più profondo e nascosto come fosse merce di scambio. Eva resta comunque invischiata in questa ragnatela, si rende conto che le foto che ha mandato a questo personaggio possono finire nelle mani di chiunque, ma non riesce a uscire dalla trappola, si sente sola e persa. Il personaggio incontrato, che a Eva si presenta come Doom Lad, prima usa l’adulazione, poi il ricatto, la minaccia, l’intimidazione, che sono passaggi tipici dell’atteggiamento degli adescatori. Pur essendo opera letteraria, la storia risulta verosimile, in quanto le cronache sono piene di storie come queste, purtroppo spesso difficili da scoprire, e i dati ci dicono anche che chi resta invischiato in questi ricatti, giovani soprattutto, ma anche persone di una certa età, tenta il suicidio in una percentuale di circa il 50%. Sono dati che non possono lasciare indifferenti, così come credo non possa lasciare indifferente il fatto che i nostri ragazzi passano online moltissima parte del loro tempo. Chi legge “Dark Web” comprende sicuramente che non tutto il web e non tutto il mondo social sono pericolosi, anzi, io sono convinta che sia un mondo immenso e bellissimo, ma occorre secondo me creare una consapevolezza e una responsabilità nel suo utilizzo, occorre conoscerlo, noi adulti per primi, perché siamo poi noi adulti che possiamo aiutare i nostri ragazzi ad affrontarlo in maniera corretta e sicura.

Le pagine che ha scritto evidenziano le peculiarità delle dark web. La garanzia dell’anonimato è protetta da rigidi parametri d’ingresso. L’accesso è quasi sempre preservato da una registrazione: tuttavia bastano pochi dati ed è possibile accostarsi ad una quantità inimmaginabile di materiale fotografico e video. Ritiene che i giovani ne siano effettivamente consapevoli?

Dalla mia esperienza vissuta a contatto di moltissimi giovani nelle scuole come autrice direi che i nostri ragazzi sono pienamente consapevoli dei contenuti che possono trovare anche nel web nascosto e se non li hanno visti loro in prima persona ne hanno comunque sentito raccontare. Credo anche che spesso siano convinti di non poter mai essere loro prede e soprattutto non sono consapevoli delle conseguenze anche penali che ci possono essere dietro a un utilizzo del genere del web, ma anche dal far girare sulle chat di WhatsApp immagini rubate o video a sfondo pedopornografico che, ahimè, spesso arrivano e loro vivono come un momento “proibito”, “vietato” e dunque purtroppo spesso cercato proprio come tutti gli adolescenti che, sempre e da sempre, sono attratti da ciò che va oltre le regole. Materiale la cui detenzione e diffusione è reato, per cui si può essere indagati e perseguiti dalla legge. Quello che manca secondo me è piuttosto la consapevolezza di che cosa può accadere avendo a disposizione quel tipo di materiale, che cosa rappresenta, che non è semplicemente qualcosa di “proibito”, ma è qualcosa di pericoloso, che va denunciato.

Il protagonista del suo romanzo ha un’identità fasulla. Cosa può suggerire agli adolescenti per proteggersi dai “catfish” e, soprattutto, cosa, a suo parere, spinge una persona a creare un profilo falso, e, soprattutto, ad instaurare e mantenere relazioni nascondendosi dietro una falsa identità?

La falsa identità è un reato e questo deve essere ben chiaro anche ai ragazzi. Per accedere ai social occorre aver compiuto una determinata età e inserirne un’altra non si fa. Personalmente non mi fido di chi nasconde la propria identità dietro un nome fasullo: vero che qualcuno anagramma il proprio nome, o mette un nome che gli piace, ma questo potrebbe essere fatto nel nickname. Credo che non abbia senso frequentare un social nascondendo la propria identità a meno che tu non abbia davvero qualcosa da nascondere. Questo in generale, poi certo chiunque è libero di fare come crede e comunque spesso anche i nickname usati sono immediatamente riconducibili al profilo diretto e ben conosciuto di una persona. E questo non mi spaventa: se uso un soprannome o il nome del mio animale domestico e poi metto la mia foto o foto comunque dove sono riconoscibile, o posto commenti che mi rendono riconoscibile, da nascondere non ho proprio niente. No, è chi imbroglia su tutto che mi mette ansia e personalmente non do mai l’amicizia a chi non conosco anche di persona o a chi non è riconoscibile. E questa, credo, debba essere la prima regola da far seguire ai nostri ragazzi, oltre che seguire noi stessi.

Lei ha tessuto la trama di un romanzo young adult. Quali sono i tratti di riferimento di siffatto genere?

Sto leggendo proprio in questi giorni “Perché dovresti leggere libri per ragazzi anche se sei vecchio e saggio” di Katherine Rundell. Una frase, riportata anche sulla quarta di copertina, dice che i libri per ragazzi non sono un posto in cui nascondersi, ma sono un posto in cui cercare. “Dark Web” nasce come romanzo rivolto a un pubblico di adolescenti, per questo è definibile appunto come dice lei “young adult” che è un tipo di letteratura che si rivolge appunto a un pubblico non di bambini ma neppure di adulti, bensì di “teen”, tra gli 11/12 e 16/17 anni. I protagonisti sono ragazzi della loro età che affrontano le tappe della loro crescita, qualcosa insomma di “formazione”, ma con tematiche attuali, come vivono il rapporto con la famiglia, con la scuola, tra pari, con le tecnologie, con l’amore, con gli ostacoli o i problemi che incontrano nella vita quotidiana o che nella vita quotidiana incontrano i loro amici. E spesso questo percorso porta alla presa di coscienza della responsabilizzazione. Questo in generale, rispondendo alla sua domanda sulle caratteristiche del genere, ma se mi è permessa una sottolineatura io credo che non esistano romanzi, o comunque libri in generale, solo per adulti o solo per ragazzi o bambini. Molto dipende dalla persona che legge. Per esempio, in tanti pensano che i silent books, i libri fatti di sole immagini, possano essere dati in mano a bambini che non sanno leggere perché con le figure soltanto possono affrontarli da soli, invece il potere evocativo e le diverse interpretazioni delle immagini che questi libri hanno non solo necessitano dell’intermediazione dell’adulto, ma spesso possono farli considerare anche per un pubblico adulto. Tornando a “Dark Web” sicuramente è pensato per tematica, linguaggio, personaggi, per un pubblico di adolescenti e tocca un tema che li riguarda da vicino, ma mi auguro che possa essere una lettura utile anche per gli adulti, meno nativi digitali, più distanti dall’uso di determinate tecnologie, ma che sono i primi a dover proteggere i propri ragazzi da pericoli oggi ancor più sconosciuti.

 

Sara Magnoli vive in una casa ristrutturata che era il cinema di sua nonna. Giornalista professionista, è laureata in Lingue e letterature straniere moderne all’Università degli Studi di Milano.

Con i suoi romanzi per ragazzi e per adulti, principalmente gialli, ha vinto nu­merosi premi, tra cui la sezione ebook del Garfagnana in Giallo nel 2015, il premio della giuria culturale “L’Aringo” al premio Essere donna oggi di Gallicano (Lucca) del 2017 e il secondo premio del Milano International 2017 sezione letteratura edita.

Giusy Capone

Il dark web, quello che si nasconde nel lato oscuro di internet

Il caso di Chloe Ayling, la modella inglese rapita a Milano con lo scopo di essere venduta sul dark web a facoltosi clienti come schiava sessuale, pur con tutte le sue zone d’ombra e particolari ancora poco chiari, ha riacceso l’interesse mediatico per il mondo sommerso che si cela dietro ed oltre i rassicuranti confini di Google.

Non molti, infatti,sanno che il 90% delle pagine internet sono sospese in un limbo che non si può raggiungere con Google o con altri motori di ricerca; quello è il territorio selvaggio ed anonimo del “dark web”, ma anche quello chiuso del “deep web”, dove si possono nascondere attività criminali, quali pedopornografia, traffico di armi e droga, assieme alle comunicazioni riservate (e le richieste di aiuto) dei dissidenti dei regimi autoritari o degli attivisti.

Innanzitutto, è bene fare una precisazione terminologica: se il deep web è quella parte di internet non indicizzata dai comuni motori di ricerca in cui rientrano nuovi siti, pagine web a contenuto dinamico, siti privati aziendali o web software, il dark web costituisce una parte, un sottogruppo, del deep web. Anch’esso è inaccessibile ai motori di ricerca comuni, perché si appoggia su reti sovrapposte ad internet chiamate genericamente “Darknet” e per accedervi sono necessari speciali software che nascondono gli indirizzi IP. Ed è proprio l’anonimato ad attirare nel dark web criminali di vario tipo, ma non solo.

Una volta entrati nel dark web si può accedere tra vari siti e forum più o meno segreti, di cui naturalmente bisogna conoscere gli indirizzi. Alcuni nascondono attività criminali, ma altri permettono di fornire informazioni importanti nel più perfetto anonimato, oppure permettono a gruppi di dissidenti, in Paesi retti da regimi autoritari, di organizzarsi e comunicare tra loro e con il resto del mondo, anche per chiedere aiuto. Lo stesso Edward Snowden e gli attivisti delle primavere arabe hanno usato il “lato oscuro” di internet per sfuggire alla censura ed ai controlli. Poi ci sono i forum, dove si possono incontrare organizzazioni estremiste, l’Isis è tra queste, oppure e-commerce illeciti su cui acquistare droga, armi o documenti falsi.

Il 30 maggio 2015 Ross Ulbricht, creatore di Silk Road, è stato condannato in primo grado all’ergastolo per associazione a delinquere, frode informatica, distribuzione di false identità, riciclaggio di denaro e traffico di droga su internet, entrando di diritto nella storia dei più cattivi del dark web.

L’enormità del fenomeno di cui si sta tentando di dare un’idea è difficilmente calcolabile: il web visibile, cioè quello che motori di ricerca tradizionali sono in grado di indicizzare, è composto da una mole impressionante di pagine, qualcuno ha stimato tra i 60 ed i 120 miliardi, ma per il deep web una valutazione del genere risulta folle. Anand Rajaraman, uno che di deep web si è occupato a lungo ha dichiarato in un’intervista al Guardian che l’unica stima credibile potrebbe essere 500 volte più grande. Ed in questo mare sterminato di dati lo scarto tra legalità e illegalità si fa labile, così che nell’immensità del deep web le zone grigie la fanno da padrone e il fatto di non conoscerne quasi alcunché permette di imbattersi nel più depravato degli psicopatici o nel più geniale degli scienziati con la stessa probabilità.

Rossella Marchese

seers cmp badge