“Niente di personale”. Uno spettacolo di circo

“Niente di personale” di Doriana De Vecchi è stato definito come uno “spettacolo di circo”. E’ un’attribuzione affascinante ancorché anomala per un’opera letteraria.

Quali caratteristiche narratologiche fanno sì che le sue pagine divergano dal romanzo così come codificato?

(Sorrido). Niente di personale prima di essere un’opera letteraria è uno spettacolo di circo contemporaneo: chi legge capisce sin dalle prime pagine di perdere la definizione di lettore e, capitolo dopo capitolo, indossa gli abiti di uno spettatore. I protagonisti ed i personaggi sono atleti circensi che compiono un viaggio introspettivo ed emotivo attraverso le performance che portano sul palco (della vita). Ogni capitolo è abbinato ad una canzone che il lettore potrà cercare su Youtube e ascoltare durante la lettura, perché “Niente di Personale” è un’esperienza immersiva multisensoriale, in cui l’occhio viene catturato dalle immagini abbinate alla storia, e mentre il testo scorre tra le pagine e le dita del lettore, la musica lo avvolge nell’atmosfera. Del resto tutti noi non siamo altro che acrobati, sul filo teso della vita, tra scelte, sogni, desideri e occasioni da cogliere al volo.

Un tema affrontato è la comunicazione in una raffinata forma che valica i confini della parola e diviene complicità silente. In fondo, l’empatia è anche la capacità di coinvolgere emotivamente il fruitore/spettatore con un messaggio in cui lo stesso è incline ad identificarsi. I trenta artisti che la sua narrazione segue accompagnano lo spettatore con elevata partecipazione emotiva. Quale sentimento, magari sopito, ha inteso risvegliare?

“Niente di Personale” è la storia di Peter, che non vuole guardare anche se potrebbe, e di Chiara, che non vuole parlare anche se potrebbe. Questo libro è un incontro di anime e di vite diverse; quando due persone sensibili entrano in contatto, istituiscono da subito un linguaggio diverso dal consueto, una sorta di codice emotivo, e prendono le distanze dal resto del mondo perché si appartengono a livello intimo. Vorrei trasmettere una forte sensazione di energia positiva composta da passione, amicizia, impegno, sudore, coraggio, concentrazione, comprensione, entusiasmo, libertà, perseveranza, complicità, sensibilità, fiducia, speranza, spontaneità e fragilità; uno dei miei desideri più grande è che il lettore, finito di leggere il libro, sia pervaso da una voglia incontenibile e indomita di vivere, ed affrontare a testa alta tutte le tempeste della vita. Il messaggio è alla portata del lettore sin dalla copertina che rappresenta un albero rovesciato: le nostre esperienze sono le nostre radici e vanno poste verso il cielo affinché ciò che ci è accaduto faccia parte del nostro bagaglio senza appesantire le nostre scelte quotidiane, mentre le fronde, ovvero i sogni, vanno poste sempre vicino alla realtà (alla terra) per poterli realizzare concreta(mente).

La fragilità tange i protagonisti che lei ha così poeticamente tratteggiato, rendendoli figure quasi evanescenti; eppure essi denotano una forza granitica che li eleva miracolosamente. Crede che la vera forza possa maturare dalla virtù della debolezza?

Le debolezze che superiamo nel corso della vita ci fortificano. Spesso richiamo la citazione “sette volte cado, otto volte mi rialzo”: intendo dire che nella vita si deve mettere in conto che si può cadere, ma ogni volta che accade si impara a non farlo più. Compiamo scelte ogni giorno, ogni istante, e può accadere di sbagliare, ma è importante distillare il valore positivo anche dalle esperienze negative. Le cicatrici che indossiamo sono segni tangibili della strada percorsa ma non è tutto ciò che siamo. A volte si vorrebbe dimenticare ma la “dimenticanza” è un processo lento e intimo mentre i ricordi sono bambini impertinenti che hanno sempre l’energia di correre: noi siamo i ricordi di ieri che diventano forza del nostro domani.

Lei sembra aspirare ad un romanzo multisensoriale. Ciò implica una creatività inusitata, tendente ad un sincretismo di effetti e ad una combinazione di stimoli. Quali obiettivi si è posta nella sua produzione e quali esiti quanto a ricezione?

Io vorrei avvolgere il lettore in un altro mondo, fargli dimenticare per un attimo la sua vita reale e trasportarlo semplicemente altrove. Vorrei che il mio libro fosse per lui una casa da abitare e vorrei che i protagonisti diventassero i suoi migliori amici. Spesso quando leggo tendo a finire i capitoli e alcuni libri ne hanno di lunghissimi, così quando riprendo a leggere nei giorni successivi torno indietro di qualche pagina per riprendere il filo della trama. Nell’immedesimarmi nel lettore ho voluto rendergli la lettura leggera: i capitoli di Niente di Personale sono brevi, spesso durano poco più del tempo della canzone, per gustarlo a piccoli morsi, e quando lo riprendi in mano non hai bisogno di rileggere perché l’immagine associata al capitolo ti conduce immediatamente al punto in cui ti eri fermato. Ogni porzione di storia contiene una tappa del viaggio introspettivo: dall’eterna lotta tra la ragione e l’istinto, alla voglia di lasciarsi andare, alla fatica di recidere una parte di sé per far spazio a nuove esperienze e nuovi incontri, dal superamento dei propri limiti all’identificazione di quei confini che è meglio non superare per non autodistruggersi. Niente di personale vuole urlare “volare si può”, e se non ci credi, pensa ad una situazione che ti appesantisce e poi apri a caso il mio libro: sono certa che troverai un amico con un buon consiglio tra le righe del mio romanzo.

Lei è anche un’appassionata fotografa e videomaker. Quali sue competenze artistiche ha traghettato nella scrittura e qual è il suo rapporto con il digitale?

Spesso mi dicono che il mio modo di scrivere è fotografico: persino le emozioni diventano immagini sinestetiche. Ho prodotto diversi spettacoli multiartistici, e sto attualmente lavorando, insieme ad altri artisti, allo spettacolo del mio libro, in cui (e faccio un po’ di spoiler) si susseguiranno alcuni audiovisivi (foto e musica) intervallati da recitazione e improvvisazione teatrale. Il mio rapporto con il digitale? Appena l’ho completato ho costruito un quadro sonoro con letture digitalizzate in QRcode e schede interscambiabili. Mi piace sperimentare e inventare nuove forme di comunicazione. e poi… (sorrido). “Niente di personale” è stato scritto su un cellulare, è un romanzo metropolitano, esso stesso è nato in viaggio, eppure, per quanto anch’io mi stia adeguando al mondo social a fini promozionali, penso sempre che uno sguardo, consumato in silenzio, mentre la pelle ed i gesti già tutto dicono, sia l’esperienza più autentica che si possa vivere; per questo motivo il libro è dedicato alla vita, a chi me l’ha donata, e a chi ha il coraggio di vivermi.

 

Doriana De Vecchi ha pubblicato due romanzi: “Fogli sgualciti…”, noir thriller, e “Porta di confine”, noir psicologico, partecipato all’antologia “TOnirica” e ottenuto diversi riconoscimenti regionali e nazionali. Poetry slammer, performer, video maker e docente in corsi di fotografia, organizza mostre, rassegne di audiovisivi ed eventi culturali che uniscono poesia, musica, teatro e fotografia. Condu-autrice degli spettacoli “Idea Loading”, “I colori dell’anima” e “Un treno per l’Africa”, collabora con diversi Collettivi Artistici ed è l’anima di alcuni Caffè Letterari poetici. Crede profondamente che l’arte sia il mezzo capace di restituire al mondo tutta la sua luce e bellezza. E’ una tavolozza di colori e vitalità. Sogn-attrice. Lumin-osa. Cre-attiva. Fr-agile. http://www.dorianadevecchi.wordpress.com

 

Giuseppina Capone

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