La lunga notte americana, sotto il tetto di cristallo

Doveva essere una notte storica per l’America e per il sogno americano: dopo il primo Presidente afro, una donna in cima al mondo, oltre il tetto di cristallo.

Invece la lunga notte americana ha portato ad un’alba ben diversa da quella che i media, i giornali, i sondaggisti di mezzo mondo ed il Partito Democratico americano avevano prospettato da 19 mesi a questa parte.

Il MidWest americano, la cosiddetta pancia dell’America, composta da quel ceto medio bianco ed impoverito dalla crisi economica, ha consegnato il paese nelle mani dell’imprenditore Donald Trump, che sarà investito del mandato dai Grandi Elettori il prossimo 12 dicembre.

Mr Trump “vince” la Presidenza degli Stati Uniti d’America conquistando stati roccaforte per i democratici e per l’Obama-pensiero, quali Pennsylvania, Iowa, Ohio, Wisconsin, Michigan; non è una vittoria di misura, bensì una sconfitta schiacciante per la sua avversaria, ancora più bruciante perché Mrs. Hillary Clinton non è riuscita a portare dalla sua quella parte delle minoranze afro e latine, delle donne e dei giovani millenials, che 8 anni fa si mobilitarono sull’onda dell’entusiasmo del “YesChange”, facendo la differenza per Barak Obama.

È finito un ciclo, quello rappresentato dalla lotta alle disuguaglianze sociali, dal sostegno diretto dello stato all’industria, dagli accordi per l’istruzione estesa e per la tutela pubblica della salute.

Inizia una nuova fase, all’insegna del protezionismo economico, della riduzione delle tasse per i più ricchi, delle grandi opere pubbliche a sostegno dell’occupazione e del laissez faire in politica estera.

Ma non è soltanto la vittoria del candidato repubblicano a sconvolgere l’opinione pubblica di mezzo mondo, o il brusco cambiamento voluto dagli americani che hanno scelto di pensare a se stessi e al lavoro, e meno agli affari esteri, all’ambiente o ai diritti sociali, ciò che più lascia perplessi è l’incapacità della classe politica e dei veicolatori di informazione a leggere la realtà ed interpretare i segnali di una società statunitense totalmente spaccata. Mr. Trump non incarna soltanto un voto di protesta o il desiderio degli americani di guardarsi l’ombelico, a dispetto di una globalizzazione che, probabilmente, non significa nulla per i suoi elettori, quest’uomo fuori dall’establishment (e neppure tanto se si conta la sua smisurata ricchezza) è la risposta che i cittadini spaesati e non allineati hanno trovato all’incertezza e alla paura.

Così come per Mr. Trump, anche le risposte cercate nel “Leave” inglese, nel “Front National” francese, o nel “Movimento5Stelle” italiano, possono essere lette come risposte di un Occidente che ha bisogno di trovare nuove vie espressive alle proprie manifestazioni di esistenza, che magari esulano dalle tradizionali strutture partitiche e di potere.

È necessario imparare a leggere questa società fluida e capire questi scossoni di isolazionismo che si propagano costantemente dall’Europa all’America e ritorno diventa assolutamente necessario, per uscire dalla bolla di vecchie convinzioni in cui politica ed informazione si sono infilate e colmare il gap che le stacca dai cittadini.

 

Rossella Marchese

Ritratto di una donna: Hillary Clinton

 

Ritratto di donna: Hillary Clinton, tra Watergate e Martin Luther King, la storia dell’avvocatessa che sognava la Casa Bianca.

La storia di Hillary Diane Rodham, prima donna candidata alla Presidenza degli Stati Uniti d’America, è fatta, per la gran parte, della sua caparbietà, che certamente può renderla odiosa a molti americani, molti dei quali giovani, ma che rimane il tratto caratterizzante della sua persona.

La granitica immagine che lascia trasparire di sé, perfettamente controllata e misurata, sembra cozzare di fronte al terremoto interno che sta attraversando la politica statunitense e, per certi versi, non sembra convincere, eppure, quello stesso atteggiamento contenuto, che la rende così poco “appetibile” al pubblico americano, dissimula un carattere forte, fuori del comune.

Cresciuta in una famiglia conservatrice, la giovane Hillary è fin da subito influenzata da un credo politico repubblicano tanto che, ancora studentessa, lavora per il candidato repubblicano Barry Goldwater nella campagna presidenziale del 1964. Sarà la morte di Martin Luther King, che conobbe personalmente nel 1962, a cambiare le carte in tavola: le idee di Hillary si spostarono verso valori più liberali portandola a militare tra le fila del Partito Democratico, dando l’inizio ad una grande carriera.

La sua formazione professionale si forgia presso la prestigiosa Yale Law School, dove incontra il suo futuro marito, Bill Clinton. Gli anni alla Yale saranno decisivi: lavora per gli emigrati, partecipa alla campagna presidenziale del democratico George McGovern, si avvicina ai bambini lavorando allo Yale Child Study Center, occupandosi di abusi su minori, offre la propria assistenza legale gratuita ai meno abbienti. Hillary si laurea a Yale nel 1973 con una tesi sui diritti dei minori e decidendo di approfondire con studi magistrali di medicina infantile.

La bravura, la tenacia e la grande conoscenza della materia politica portano la giovane avvocatessa ad entrare nello staff d’inchiesta dell’impeachment presidenziale durante lo Scandalo Watergate, nonché a diventare membro, una di sole due donne, dell’University of Arkansas.  Da sempre vicina alle tematiche dell’emancipazione femminile, decide di mantenere il suo cognome anche dopo il matrimonio; ed infatti, è proprio la questione femminile una delle tematiche che più le sta a cuore. In un suo discorso ha dichiarato: “Siamo qui per portare avanti la causa delle donne e per portare avanti la causa della democrazia, e rendere assolutamente chiaro che le due sono inseparabili. Non ci può essere vera democrazia fino a che le voci delle donne non saranno ascoltate”.

Le conquiste di questa donna sono state innumerevoli, tra queste, la partnership nel Rose Law Firm, uno degli studi legali più prestigiosi dell’Arkansas, nel 1979: la prima donna a riuscirci. Con l’elezione di Bill Clinton alla Presidenza degli States nel 1993, Hillary ridefinisce per sempre il ruolo di First Lady: è la prima donna ad entrare alla Casa Bianca con un “curriculum” ed una carriera professionale di primo piano. Affinerà le sue doti politiche tanto da riuscire a gestire intelligentemente e dignitosamente il Sexgate del marito e, dopo essere stata travolta da uno dei più grandi scandali degli Stati Uniti, ritrovare la lucidità necessaria per accettare la carica di Segretario di Stato nel 2008, e per lanciarsi, nel 2013, nella corsa alla Presidenza USA.

La sua vita racconta molto bene l’evoluzione della società americana, non ci resta che aspettare ancora qualche giorno per conoscerne l’ultimo stadio.

 

Rossella Marchese

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