La nascita della posta aerea

Come si può vedere è lunga nei secoli la strada che portò  nel 1917  al  brillante e storico primato dell’Italia. Continuando nel nostro racconto (iniziato con i precedenti articoli) essenziale per poter intravedere la strada per la nascita della posta aerea in Italia e nel mondo bisogna proseguire la narrazione della storia partendo poi dal 22 luglio 1905  quando in Francia fu organizzato, come al solito a Parigi,  dal quotidiano “Le Matin”  un grande concorso  per dimostrare quali i grandi servizi che  potevano rendere i colombi viaggiatori e, in quella occasione,  un servizio di posta fu attivato anche a bordo della  nave “Arianna” che stazionava in vista  delle coste britanniche, fra Lizard e Capo  Land’s End.

Questi tentativi ebbero una parentesi fino al 1909. Il suo grande sviluppo la posta aerea lo ebbe però con l’uso di una macchina più pesante dell’aria ed è quindi con questi esperimenti che si arrivò a mettere insieme gli elementi per la posta volante.

Nel settembre di quell’anno a Brescia in occasione del primo circuito aereo internazionale venne emessa una cartolina postale che ha un enorme valore storico, ed è infatti il più pesante dell’aria che si afferma in questo servizio, l’aeroplano, il simbolo del progresso del secolo XX e la posta aerea ha il suo primo battesimo. Altri esperimenti vennero effettuati nel 1910 in Inghilterra, in Francia, negli Stati Uniti, in Argentina ed ancora in Italia, Firenze ma con scarsi risultati.

La stasi conseguente non fu inoperosa poiché diede modo di approfondire gli studi mettendo insieme progetti e discussione che in seguito si riveleranno preziosissimi. L’argomento però non era sentito da tutti, ma nell’apparente disinteresse maturarono grosse novità.

Nel pomeriggio del 19 settembre 1911 a Bologna venne ufficialmente inaugurato il primo servizio aereo postale del mondo. L’aviatore veneziano Del Mistro pilotava l’aereo che spiccò il volo dall’ippodromo Zappoli per iniziativa del giornale “Il Resto del Carlino” trasportando a Venezia una ventina di lettere che  vennero annullate con un timbro recante la scritta “Campo di aviazione di Bologna – 19 settembre 1911”.

Seguì nell’ordine sempre nel 1911 il servizio regolare aereo che venne effettuato sul percorso Milano-Torino-Milano, organizzato da due società italiane di aviazione sotto il controllo del Ministero delle Poste.

Il volo Milano Torino ebbe luogo il 30 ottobre e fu il primo in cui vennero impiegati gli apparecchi di massa. Vale la pena ricordare anche i nomi dei piloti, erano otto gli aerei individuati ed erano pilatiti dagli aviatori Bigliani, Brilli, Gino, Maffeis, Manssero, Ramazzotto, Re e Verona, tutti avevano preso il volo dall’aeroporto di Taliedo, tre soltanto riuscirono a compiere il percorso e appena uno di essi riuscì trasportare un sacco di corrispondenza.

Salvatore Adinolfi

La stampa rotocalcografica dei francobolli

Fare il punto sui diversi tipi di stampa costituisce un ulteriore elemento per districarsi nel complicato campo delle possibili falsificazioni. Parlando dei diversi meccanismi di stampa, in questo articolo affronteremo la stampa rotocalcografica che, come la tipografica, è stata fra quelle maggiormente usate. Consiste nel preparare una composizione con delle parti cave destinate a fare da matrice per la produzione della stampa.

Il procedimento è abbastanza semplice: si parte da una riproduzione fotografica del bozzetto originale che viene riportato su una lastra diapositiva tante volte quanti sono i francobolli che comporranno il foglio, all’epoca ci troviamo di fronte a composizioni di 100 e 200 immagini. La diapositiva viene poi fatta combaciare con un foglio di carta preventivamente impressionato con un fitto reticolo di sottilissimi fili che è conosciuto come il “retino”. Il foglio, esposto alla luce, riceve l’impressione delle immagini che sono sulla lastra, spezzettate dal retino in piccolissimi punti. La carta pigmento così denominata viene poi collocata su un cilindro ricoperto di rame sul quale viene incisa l’immagine, grazie all’azione di speciali solventi ed acidi. In questo modo la sottile sfoglia di rame collocata in precedenza sul cilindro diviene la matrice di stampa, che collocata nella macchina rotocalcografica per effetto della rotazione si immerge in un bagno di inchiostro ed è pronta per stampare. L’inchiostro superfluo viene asportato da uno speciale spazzolatore, entrando quindi a contatto con il rotolo di carta continua, depositerà l’inchiostro con il disegno inciso.

I francobolli stampati con il sistema rotocalcografico si distinguono per la levigatezza della carta ed anche perché, il fondo di sicurezza del francobollo stesso, osservato con una lente di ingrandimento, appare costituito da una fittissima rete di puntini.

I francobolli rotocalcografici hanno in comune numerosi elementi relativi alla composizione e alla numerazione dei fogli, alla dentellatura, alla gomma e alle varietà (varietà relative a stampe evanescenti e incomplete, a stampe su carta ricongiunta a difetti di incisione a gradazione di colore).

Dal 1929 in poi, contemporaneamente al trasferimento dell’Officina Governativa Carte Valori da Torino a Roma presso l’Istituto Poligrafico dello Stato ed in seguito all’acquisto di speciali macchinari da parte dell’Officina stessa, è stato il sistema più usato per la stampa dei francobolli italiani. Da quella data, come già detto, il sistema tipografico fu completamente abbandonato tranne per stampare le serie pacchi postali senza fasci al centro datati 1946.

Salvatore Adinolfi

La stampa tipografica dei francobolli

In questo articolo tratteremo i diversi modi con cui sono stati stampati i francobolli italiani ed anche quelli della vicina Repubblica di San Marino.

I sistemi principali di produzione dei francobolli sono quello tipografico, usato fino al 1929 con alcune eccezioni ed il sistema rotocalcografico usato dal 1929 in poi. Oltre a questi due sistemi,che possiamo definire principali, sono stati utilizzati i sistemi litografico, quello in offset o fotolitografico, il calcografico ed il rotocalcografico, qualche volta, come vedremo più avanti, anche contemporaneamente.

La stampa tipografica consiste nel creare una composizione recante in rilievo le parti destinate a dare la stampa. L’inchiostro versato sulla composizione, a contatto con la carta, impregna le parti in rilievo e nel successivo contatto determina la composizione dell’immagine.

Una delle caratteristiche di questo tipo di stampa è che i francobolli stampati presentano il disegno leggermente in rilievo anche al rovescio. Per la stampa tipografica dei francobolli si parte da un punzone in acciaio sul quale il disegno del francobollo viene inciso negativamente a mezzo di bulino. Con un bilanciere, in cui è inserito il punzone, vengono punzonate tante impronte di piombo, quante ne occorrono per la composizione di un foglio di 200 o 400 francobolli. Composta la relativa forma, questa è immessa nel bagno galvanico dove la forma di piombo viene riprodotta in rame. La stampa è eseguita su macchina tipografica nella quale le parti in rilievo della composizione vengono inchiostrate per imprimere l’immagine da riprodurre.

I francobolli tipografici italiani furono emessi dal dicembre 1863 per l’Italia e dall’agosto 1874 per la Repubblica di San Marino fino al 1929, per essere precisi detto tipo di stampa continuò per i pacchi postali fino al 1945.

Nello stesso periodo, comunque accanto a questo sistema di produzione tipografica furono utilizzati anche, per alcuni valori, il sistema litografico e quello in calcografia. I francobolli stampati in tipografia hanno in comune numerosi elementi relativi alla composizione dei fogli, alle diciture marginali, ai numeri progressivi e numeri di tavola apposti sul margine superiore dei fogli, al fondo di sicurezza, alla gomma e alla dentellatura. Va, comunque, detto che la stampa dei francobolli italiani spetta allo Stato, in applicazione della norma contenuta nell’articolo 26 della legge sulla riforma postale del 5 maggio 1862 n. 604. Lo Stato italiano ha sempre provveduto a questo suo compito, ad eccezione del periodo relativo alla parentesi londinese ed altre poche serie emesse, per i curiosi, nel 1908, 1921, 1923, 1925 e 1944. Con la legge 11 maggio 1865 n. 2285 fu creata l’Officina Governativa Carte Valori, mentre il successivo R.D. 25 maggio 1865 n. 2316, contiene le norme per l’impianto dell’Officina, che fu posta alle dipendenze del Ministero delle Finanze.

Salvatore Adinolfi

 

Francobollo autentico o falso? La parola al perito filatelico

Avete dubbi sull’autenticità di un francobollo? Anche i più esperti del settore possono avere dei forti dubbi sull’autenticità di un francobollo raro, su una sovrastampa, spesso nei circoli filatelici ci si confronta, si dibatte, se la perforatura è quella originale oppure no, ma quando le diversità di opinioni non convengono, anche gli esperti alla fine devono ricorrere all’ausilio del perito filatelico.

Il mestiere del perito filatelico è molto delicato e difficile, bisogna avere una esperienza non comune, una vista ben addestrata all’individuazione di particolari speso invisibili e per risolvere i casi più complessi il perito deve avere a disposizione campioni sicuramente autentici con i quali confrontare i pezzi ed anche un laboratorio attrezzato per le analisi ai raggi ultravioletti e per le indagini microscopiche. Per le perizie di pezzi di un certo valore il perito rilascia un certificato corredato dalla fotografia, sulla quale annota tutte le sue osservazioni. Per cose di minor valore al perito va richiesto un parere sull’autenticità del pezzo che generalmente esprime con una forma sul retro del francobollo. A richiesta il perito completa il suo lavoro dando anche un parere scritto che può contenere parole tipo “originali”, “falso”, “timbro originale”, “difettoso”, “riparato”, “ridentellato”, etc..

Molte sono le insidie che si possono nascondere dietro ad un francobollo di valore. La firma del perito come già detto e meglio ancora il certificato fotografico che rilascia ovviamente a pagamento, è sinonimo di garanzia la sua firma attesta l’autenticità del francobollo o della lettera e ci permette di affrontare acquisti anche importanti con la dovuta tranquillità.

Nell’acquistare un francobollo comunque ricordiamoci che lo stato di conservazione gioca un ruolo molto importante, può capitare di vedere in qualche convegno filatelico dei collezionisti che mostravano fieri dei pezzi particolari, ritenendoli in qualche caso anche unici, fierezza seguita poi da disappunto quando il perito od i periti, hanno detto loro che magari il colore non era originale ma che si erano scambiati alla luce molto forte, avevano come si suol dire preso un “colpo di sole”. Ricordiamoci queste parole: falso; originale; timbro originale; difettoso; riparato; ridentellato; risommato; senza gomma; sono tutte parole importanti in un certificato filatelico.

Salvatore Adinolfi

Parlamento europeo in filatelia

Una importante mostra fu organizzata  a Strasburgo nel 1964. Durante la Sessione del novembre 1964 i Parlamentari europei ed i visitatori della Maison de l’Europe di Strasburgo ebbero la possibilità di ammirare forse la più bella esposizione di documenti filatelici relativi alla storia del Parlamento europeo. L’esposizione fu organizzata dalla Direzione generale della Documentazione Parlamentare e dell’Informazione del parlamento europeo, per documentare i passi verso l’Unione che fino a quel punto erano stati fatti.

L’esposizione era suddivisa in tre grossi filoni.

Il primo presentava la raccolta di tutti gli annulli storici che documentavano i lavori di tutte le sessioni che il Parlamento europeo aveva tenuto presso la Maison de l’Europe di Strasburgo a partire dalla Sessione costitutiva del 19 marzo 1958. In quella raccolta tutti gli avvenimenti erano perfettamente documentati dai diversi annulli commemorativi, che comprendevano i lavori di tutte le sessioni del Parlamento europeo. Tra questi c’erano l’elezione dei diversi presidenti del Parlamento, la seduta solenne di commemorazione del X anniversario del piano Schuman del 1960, i documenti della sessione straordinaria del 18-19 gennaio 1961 nella quale venne approvato l’accordi di associazione della Grecia al Mercato Comune, la sessione del 29 marzo 1962, nella quale venne commemorato il V anniversario della firma del Trattato di Roma del 25 novembre 1963 che rendeva omaggio solenne alla memoria del presidente Kennedy e tante altre iniziative che l’allora Europa dei sei aveva intrapreso.

Il secondo rendeva un omaggio solenne a Robert Schuman, se vogliamo, il “padre dell’Europa” ed il suo ricordo era riportato su quattro quadri che comprendevano avvenimenti importanti che andavano dall’inaugurazione dell’Avenue Robert Schuman all’ottavo e decimo anniversario della CECA. I quadri comprendevano anche un insieme di documenti in onore della CECA e della CEE, nonché un documento relativo ad un incontro tra i rappresentanti dell’Assemblea Consultiva del Consiglio d’Europa e quelli del Parlamento europeo.

Il terzo segmento comprendeva il tema relativo alla Conferenza Parlamentari Europa Africa, in questi quadri erano compresi i documenti ricordo della Prima Conferenza Parlamentare Europa-Africa tenutasi a Strasburgo il 19 giugno 1961 e quelli delle varie riunioni dal 1962 al 1963. Vi figurava, inoltre, la collezione completa di tutti i foglietti e di tutte le buste primo giorno emessi dalle amministrazioni postali dei vari Paesi africani in ricordo della fine dell’accordo di convenzione di associazione economica euro-africana sottoscritta a Yaoundè il 20 luglio 1963, come pure degli aiuti economici dati dalla CEE ai diversi Stati associati. Su questi quadri presentati alla mostra di Strasburgo, vi erano numerosi documenti fotografici che corredavano la mostra stessa, tanto da farne una delle più grandi esposizioni. La mostra non interessò solo i filatelici ma diede a tutti i visitatori l’opportunità di vedere un lavoro costruttivo che il Parlamento europeo svolgeva per la costruzione dell’Europa.

Salvatore Adinolfi

 

 

La posta in aerostato

Riprendendo il tema della posta aerea (n.d.r. articolo 27 ottobre) vale la pena ricordare che il primo esperimento con regolare servizio di posta aerea con mezzo più leggero dell’aria è quello, come abbiamo ricordato dell’assedio di Parigi. In totale furono compiute 68 ascensioni, alcune delle quali piene di avventure e di emozioni per i più coraggiosi aeronauti che dopo i primi lanci di aerostati senza piloti, accettarono di correre i rischi del volo. In tal modo, però, era stato risolto solo una metà del problema, poiché se si era trovato il mezzo relativamente facile di inviare lettere in provincia, altrettanto difficile, se non più, risultava invece ricevere notizie dalle periferie. Era infatti semplicemente assurdo pensare di rientrare a Parigi con lo stesso sistema e i tentativi che vennero fatti con piccoli palloni, approfittando di venti favorevoli, non approdarono a nulla. Si pensò allora di ricorrere ai cani ma ben presto anche questa idea venne scartata in quanto nessuno degli animali inviati a Parigi riuscì ad attraversare le linee nemiche. Non si sa chi suggerì di servirsi dei colombi viaggiatori che sarebbero sicuramente riusciti a tornare alle colombaie parigine dove erano stati allevati e così dopo quattro secoli la posta aerea con i piccioni tornò in augue.

Il sistema ovviamente si rilevò praticissimo e venne adottato chiudendo il ciclo della comunicazione da e per Parigi assediata. Da allora con alterna fortuna, il servizio espletato dai piccioni venne sempre lasciato in efficienza e anche in epoca relativamente vicine a noi è stato usato talvolta a scopo militare.

Dopo l’assedio parigino, la Germania ha il vanto di aver effettuato nuove ascensioni durante le quali fu trasportata corrispondenza. E’ nel 1893 che troviamo notizie di un volo compiuto dalla divisione militare tedesca partito il 22 aprile di quell’anno da Riedesderf e che il 23 settembre, gettò su Schoneberg alcune cartoline postali.

Un altro tentativo fu fatto da Lipsia in occasione della famosa fiera e da Tarnau dal 19 al 22 ottobre 1897 con un pallone libero montato dal capitano Gobard, successivamente a Monaco di Baviera, durante l’esposizione con l’aerostato Europa avente come pilota lo stesso capitano e poi il 3 ottobre 1899 ancora a Monaco.

Ritorneremo ancora su questo argomento che come si può constatare è bellissimo e ci porterà a vedere poi il primo volo aereo con le lettere dell’epoca.

Salvatore Adinolfi

 

 

 

 

 

Ripercorrendo la storia della posta militare

A beneficio dei tanti lettori amanti della storia,dedichiamo alla posta militare uno spazio nella nostra rubrica. Potranno così attraverso questa ricostruzione, seppur limitata, ripercorrere brevemente le vicende delle guerre mondiali, le nostre vicende in Albania, Grecia, Iugoslavia, gli spostamenti delle armate, le varie dislocazioni delle nostre forze militari e degli alleati sul campo di battaglia. In verità all’epoca della Prima Guerra Mondiale non c’era un’affrancatura dedicata ai militari, ma solo bolli, timbri e fascette. Quando la lotta si fece più dura ed il silenzio e la censura imperavano, spesso l’unica dicitura consentita come indirizzo del soldato era una laconica scritta “zona di guerra” ed una matricola che indicavano a chi doveva rispondere la località dove il militare era assegnato e spesso anche per queste comunicazioni si utilizzavano cartoline in franchigia. Successivamente, nel Secondo conflitto mondiale, per questioni di interesse più squisitamente economico, furono utilizzati francobolli della serie imperiale sovrastampati con la dicitura “P.M.”.

L’emissione di questi francobolli, destinati in primis ai militari operanti in Albania, Iugoslavia e Grecia, avvenne attraverso l’emanazione di due decreti ministeriali, il primo datato 11 settembre 1942 ed il secondo 25 luglio 1943. Complessivamente furono autorizzati 20 valori. La validità ufficiale scadeva il 7 agosto 1945, ma il loro uso fu tollerato per quasi un anno fino al luglio 1946. Di questi 20 valori alcuni su busta regolarmente viaggiati sono abbastanza rari ed il costo è anche notevole. Per regolarmente viaggiati si intende che sono stati utilizzati in affrancature di emergenze dall’8 settembre 1943 al 7 agosto 1945, data di validità del decreto ministeriale, l’utilizzo successivo è di scarso valore filatelico. Anche la storia di questi francobolli è particolare, la loro emissione fu autorizzata per sostituire i francobolli italiani utilizzati negli uffici di posta militare in Albania, Grecia, Iugoslavia e negli altri paesi limitrofi, in quanto qualche solerte ufficio postale si era accorto che molto del quantitativo di francobolli italiani inviati in quelle località era acquistato ad un prezzo di gran lunga sotto il facciale per effetto della moneta locale e rivenduto in Italia con un largo margine di guadagno. I prodotti cambiano ma la nostra natura “commerciale” no.

Per ritornare alla storia va detto che nel periodo che va dal 1915 al 1923 circa 30 corpi d’armata erano stati dislocati sul fronte di guerra insieme a tanti altri comandi più piccoli ed alle tantissime divisioni, tutti o quasi tutti con timbri postali identificativi autonomi, posta da campo delle 30 armate che all’inizio del 1915 erano dislocate sul territorio. Parliamo della 1^. Le armate erano schierate nella Venezia Tridentina dallo Stelvio alla Croda Grande occupando il versante della Vallarsa dalla parte di Rovereto, fino alla Valsugana. In questo territorio furono utilizzati 21 timbri postali diversi di posta militare, oggi il valore di questi timbri varia da zona a zona. Ci sono timbri come quello dell’Ufficio Posta Militare 1^ Armata A dell’11/10/15 che sono rarissimi ed altri molto comuni. Gli Uffici più importanti operarono tra Verona Ala, Malcesine e Vicenza. Dal 28/5/15 operò lo sportello di Vicenza del Comando della 1^ Armata e dal marzo del 1918 si spostò a San martino Buonalbergo sino al 7/11/18, dal giorno successivo cominciò ad operare a Trento sino alla chiusura definitiva.

Salvatore Adinolfi

Piccioni viaggiatori e posta aerea

La posta aerea, ufficialmente costituita, qualche anno fa ha compiuto 100 anni di età ed è come si potrà vedere una creazione assolutamente italiana. Tuttavia, cosa che non tutti sanno, essa è nata molti secoli prima o per meglio dire sono trascorsi più di 800 anni dalla nascita dell’antenato della posta aerea, il colombo viaggiatore.

Il merito di aver organizzato per primo un servizio per il trasporto di dispacci a mezzo di piccioni è attribuito al sultano Noure Dim, che elevò questo sistema a rango di posta governativa.  Questa chiamiamola così “iniziativa” risale all’incirca al 12mo secolo così come riportatoci, infatti, le notizie che ci sono arrivate risalgono all’incirca al 1148.

Dalle notizie riportate storicamente ben dieci servizi di posta con piccioni risultavano operativi in Egitto ed i principali si effettuavano su percorsi abbastanza contenuti in termini di chilometri quali Il Cairo-Alessandria o Il Cairo e l’Alto Egitto, c’era poi anche un altro percorso che univa Il Cairo con Gerusalemme via Damasco e Gaza. Tutti questi percorsi effettivamente fatti sono riportati in una serie di appunti che certificavano la consegna dei documenti. Poi le invasioni dei Mongoli dell’Orda d’Oro segnarono il declino di questo ingegnoso e rapido servizio di posta aerea.

Storicamente questo servizio fu eliminato allorquando quelle popolazioni asiatiche nel secolo 13mo conquistarono Bagdad e nel distruggere il Califfato, subito si preoccuparono di sopprimere su tutto il territorio conquistato il servizio di posta svolto tramite i piccioni.

Storicamente va ricordato che dieci anni dopo anche la Siria subì la stessa sorte e verso la metà del secolo 15mo, soltanto in Egitto sopravvivevano i resti di questa posta aerea sui generis, fra il Cairo e Alessandria.

Passarono ben quattro secoli prima che qualcuno riproponesse un servizio postale analogo. Ciò avvenne precisamente durante l’assedio di Parigi del 1870, allorché fu gioco forza riesumare un sistema di corrispondenza che aveva avuto tanta fortuna secoli prima. Ma la modernizzazione poi aveva fatto sì che oltre ai colombi venisse utilizzato un altro mezzo considerato per l’epoca supermoderno e dovuto sempre all’ingegno umano, il pallone aerostatico.  Fu infatti il 23 settembre del 1870 che le truppe prussiane dovettero assistere impotenti al volo della prima mongolfiera, decollata da Parigi in  direzione ovest. In questo modo e attraverso vicende alterne per molti giorni la capitale francese poté comunicare con l’esterno e precisamente con  Tours dove era stata insediata poco prima dello sfondamento tedesco una delegazione del Governo.

Salvatore Adinolfi

Le tematiche nei francobolli

Cosa sono le collezioni tematiche? In molti fanno collezioni di eventi, di personaggi, di animali e di tante cose che, di tanto in tanto, le Poste Italiane immettono sul mercato, ad onor del vero negli anni passati c’era maggiore ricerca di eventi da tradurre in francobolli, oggi un po’ meno però vale la pena trattare questi argomenti e cercare di trovare degli spunti che possano ispirare ed invogliare i collezionisti.

Bisogna, comunque, partire da un punto fermo che è quello di come invogliare i giovani a collezionare e che cosa devono sapere per meglio districarsi in questo mondo che per noi vecchi del mestiere riveste un fascino incommensurabile ma per i nuovi collezionisti, quelli che si stanno avvicinando a questo mondo, ancora no.

Bisogna cercare di attirare la loro curiosità ed il loro voler collezionare scegliendo argomenti che li possono attrarre, ma anche su quelli che possono costituire le premesse per guadagni futuri. A tale scopo, a chi scrive, piace ricordare che una nota società filatelica, nella sua pubblicità attuale, nell’invitare la gente a collezionare francobolli si dichiara poi disposta a ricomprare quelli venduti ad un prezzo il 25% in più di quello pagato e ad avviso di chi scrive è un bell’affare il vedere che ancora oggi c’è qualcuno che compra pagando il 25% in più, fatto che a dire la verità riempie di gioia.

Tornando comunque agli argomenti di cui volevamo parlare gli stessi possiamo essere riepilogati in tre punti e sono i seguenti:

  1. Le collezioni tematiche sono utili o no allo sviluppo del collezionismo?
  2. Sono le stesse una forma di risparmio o possono essere dannose al collezionismo in senso generale? L’acquisto di valori effettuato in questo modo è remunerativo?
  3. L’acquisto di valori con tali requisiti può essere remunerativo?

Su questi argomenti tanti studiosi della materia si sono espressi con le teorie più disparate ed anche in momenti storici particolari. Vale la pena ricordare che in un recente passato tutta la corrispondenza passava attraverso l’utilizzo dei francobolli, dalla lettera alla fidanzata  alle comunicazioni del Tribunale, ogni cosa che si muoveva doveva essere accompagnata da una nota che certificava il passaggio. La modernizzazione, purtroppo, ha causato un progressivo abbandono e in alcuni casi oggi siamo costretti a farci bollare francobolli nuovi dall’ufficio postale, però niente paura i francobolli continuano ad essere un tema interessante ed ancora di più perché visto il numero ridotto di emissioni c’è una ricerca ancora più frenetica degli stessi.

Ad avviso di chi scrive è che anche oggi con le nuove emissioni si raggiungerà un valore molto interessante proprio perché gli esemplari in circolazione sono in numero inferiore alle passate edizioni.

Se tutti oggi spedissero una lettera o una cartolina anche se a sé stessi potrebbero accumulare un valore non indifferente nel tempo così come quelli che sono stati i valori dell’Ottocento che proprio perché non sono molti valgono anche spesso tanto.

Su questo argomento ritorneremo perché già oggi molti francobolli sono usciti dai vecchi schemi e molti cominciano ad avere un valore in molti casi ragguardevole. Investire qualche soldo in qualche cosa che ci piace non è sbagliato e in un futuro non remoto il piccolo investimento di oggi potrebbe dare un grande risultato.

Salvatore Adinolfi

Nascono nel 1851 i francobolli di Toscana

Da oltre 160 anni esistono i francobolli di Toscana. Sono quasi da considerarsi i primi che hanno calcato la scena della corrispondenza in Italia. Sono nati ufficialmente il 10 marzo del 1851 e furono istituiti con un decreto del Granduca ed eseguiti con il sistema adesivo più o meno come quello che si usa oggi. In commercio sono stati messi il 1° aprile dello stesso anno. Le quotazioni sono abbastanza interessanti e vale la pena collezionarli anche sulle buste. Per coloro i quali vogliono saperne di più è opportuno fare un po’ di storia, anche per vedere l’evoluzione dei tempi.

Nel 1736 si estingueva la Casa medicea con il Granduca Gian Gastone. Da quel momento il Granducato di Toscana era passato alla Casa arciducale degli Asburgo-Lorena che governò sino ai primi mesi del 1859 e, nel 1851, al momento della introduzione del francobollo regnava il Granduca Leopoldo II salito al trono il 18 aprile 1824 che in seguito ai moti popolari connessi alla Seconda guerra d’Indipendenza lasciò Firenze il 27 aprile 1859.

Va detto che il servizio postale prima dell’introduzione del francobollo era già molto efficiente e veniva svolto con un servizio di diligenze e con le corriere adibite in modo promiscuo anche al trasporto dei viaggiatori. Per fare una similitudine bisogna tornare ai pony readers che giravano in America a cavallo tutto il territorio e nel Granducato di Toscana il servizio funzionava quasi allo stesso modo con tante stazioni di posta dove avvenivano le operazioni di carico e scarico della corrispondenza per poi essere avviate con i postini dell’epoca nelle città del Granducato e da queste alle destinazioni stabilite. Nelle località principali infatti esistevano gli Uffici di posta quali collettori generali che, attraverso personale del luogo, si preoccupavano dell’inoltro della corrispondenza, mentre nei piccoli centri questo servizio  era effettuato in locali privati o dalle farmacie del posto.

Vi ricordate che cosa era il porto? Era il luogo di arrivo di una qualsiasi cosa che partiva da una parte ed arrivava ad un’altra e quindi da chi la spediva a chi la riceveva, per cui se un qualcosa doveva viaggiare passava per tante Province o Stati diversi ed il destinatario era costretto a pagare per ogni attraversamento una tassa, lettera o pacco o qualsiasi altra cosa dovesse viaggiare sul territorio. Per questo motivo molti scrivevano sul frontespizio della missiva cose non facilmente decifrabili ma che al destinatario erano chiare per cui una volta avuta la missiva nelle mani gli stessi la rifiutavano essendo venuti a conoscenza del contenuto della lettera. Con il francobollo, geniale intuizione, tutto ciò non era più possibile in quanto la tassa era pagata in partenza e non più dal destinatario.

Sempre per la storia va ricordato che nell’aprile del 1851 esistevano direzioni postali solo nei capoluoghi di compartimento, quindi non parliamo di capoluoghi di provincia e precisamente a Firenze, Arezzo, Livorno, Lucca, Pisa e Siena.

Da questi compartimenti poi dipendevano gli altri uffici distinti in amministrazioni, uffici di distribuzione di I, II, III e IV classe, situazione che sta a far intravedere la capillarità del servizio postale toscano e quindi anche il forte utilizzo della corrispondenza, di qui anche la grande varierà dei timbri utilizzati.

Tecnicamente l’esecuzione dei francobolli fu affidata alla tipografia granducale di Cambiai e Co. di Firenze, mentre gli stereotipi furono preparati da A. Alessandro su incisione di Giuseppe Niderose che era l’incisore ufficiale della Zecca del Granducato. Come ultimo va ricordato che la carta per la prima tiratura era di colore azzurro e veniva fornita per l’occasione dalla Cartiera Cini di San Marcello Pistoiese. La carta era fatta in maniera artigianale e la filigrana era composta di elementi la cui misura era sproporzionata in rapporto al francobollo, che infatti riusciva a contenere una minima parte della figura incisa nella filigrana che per la cronaca era costituita nella sua versione originaria ed integrale da corone granducali stilizzate disposte su quattro righe e separate verticalmente da una linea orizzontale.

Salvatore Adinolfi

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