I capolavori di Giotto a Firenze, Rimini e a Padova

I capolavori di Giotto a Firenze, Rimini e Paova.

Crocifisso di Santa Maria Novella

Per Giotto la rappresentazione è concepita come un volume: le figure e il paesaggio dovevano essere estratti da un blocco di marmo con processo analogo a quello dello scultore. Il corpo del Cristo si sporge in avanti e il nudo è studiato dal vero. In tutta la storia dell’arte l’umanità del Cristo non era mai stata espressa in un modo altrettanto sincero e toccante. Per il Giubileo del 1300, Giotto si recò nuovamente a Roma dove ebbe importanti commissioni.

La pala della Madonna in maestà

Giotto dipinse la Madonna in Maestà per la chiesa fiorentina di Ognissanti (ad oggi agli Uffizi). Opera realizzata per essere inserita sull’altare maggiore dell’omonima chiesa. La Madonna è inserita per la prima volta entro un’edicola marmorea con tonalità di colori nuovo e vivaci.

La cappella degli Scrovegni a Padova

Enrico degli Scrovegni (ricco mercante padovano che commissionò la cappella da costruire e decorare) dichiarò che la desiderava per strappare l’anima del padre alle pene del purgatorio e per espiare i suoi peccati. Per questo motivo il ciclo di affreschi della cappella degli Scrovegni ha un carattere espiatorio. Tutto questo, però, scatenò la reazione dei frati del vicino convento degli Eremitani, i quali scrissero una lettera al vescovo affermando che i dipinti all’interno erano fonte di grande scandalo e che il committente aveva aperto la cappella per orgoglio, vanagloria e personale profitto e non che per lode, onore e gloria a Dio.

La cappella degli Scrovegni venne fondata nel 1303, venne poi consacrata due anni dopo. L’unica navata della cappella fu rivestita di affreschi. Tutto il restante dello spazio della cappella venne riempito con dipinti degli episodi della vita di Gesù. Da questi affreschi in poi, rispetto all’altro ciclo di Assisi, il senso della profondità e del rilievo permangono.

Giotto, accentua le gradazioni del colore, rende i contorni meno duri e incisivi, li attenua dando spazio ai  paesaggi che diventano sempre più parte della composizione. Ancora, Giotto, mette  a punto nuove definizioni degli affetti e dei sentimenti: la calma e concitazione dei volti dei personaggi danno rappresentazioni diverse e sempre più reali.

L’ultima fase della sua carriera, Giotto, la trascorse maggiormente viaggiando da Firenze a Napoli, a Milano, a Bologna. L’attività fiorentina dell’artista si svolse soprattutto nella chiesa francescana di Santa Croce, nella quale Giotto dipinse ben 4 cappelle che ad oggi, però, rimangono solo gli affreschi eseguiti per decorare le cappelle Peruzzi e Bardi, entrambe nel transetto dell’edificio. Le storie dei Santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista che decorano le pareti della cappella Peruzzi (1327-1318 – oggi molto rovinate ) segnano una notevole svolta nella carriera dell’artista: il senso di grande monumentalità reso attraverso la chiara disposizione delle figure e delle ampie strutture architettoniche è maggiore e restituisce l’idea dell’altissimo momento del percorso dell’artista. Per la decorazione della cappella Bardi, invece, furono scelte le storie di San Francesco  (1325-1328)

Verso la città partenopea

Da lì a poco, Giotto si recò a Napoli in seguito alla chiamata di re Roberto d’Angiò  presso la corte angioina. Giotto, in breve tempo venne nominato dal re “primo pittore di corte e nostro fedele” assegnandogli anche uno stipendio annuo. L’artista rimase  a Napoli fino al 1333. Una volta tornato a Firenze, essendo responsabile della fabbrica del Duomo, avviò la costruzione del celebre campanile. Poco tempo dopo, realizzò, per la chiesa bolognese di Santa Maria degli Angeli, il polittico raffigurante la Vergine in trovo e i quattro santi. Giotto morì l’8 gennaio del 1337 e venne sepolto in Santa Reparata.

Alessandra Federico

 

 

Giotto: l’artista imprenditore del Trecento

Giotto nasce a colle di Vespignano nel 1267 (Vicchio, Toscana) da una famiglia di possidenti terrieri. Affidato in tenera età alla bottega di Cimabue, rivela ben presto le sue capacità artistiche attraverso il suo primo disegno  (pecorella fatto col carbone su un sasso). Non solo, per la famosa “O” di Giotto (era capace di disegnare una perfetta circonferenza senza l’aiuto del compasso),  fu la conferma che il piccolo aspirante pittore-architetto possedeva grandi doti  artistiche che avrebbero fatto la storia dell’arte.

Nel 1287 sposò Ciuta con la quale ebbe ben quattro figlie e quattro figli. Successivamente aprì una bottega all’interno della quale progettava, assieme ai suoi alunni, ai quali lasciava fare compiti secondari, le opere e composizioni più importanti. Durante la sua lunga carriera, Giotto, ebbe mutamenti profondi. Si allontanò, infatti, dalla tradizione e compì nella pittura il grande mutamento: rinunciò a conservare la tradizione per esporsi invece ai rischi di un’elaborazione personale e, grazie alla sua scelta di distaccarsi dalle vecchie tradizioni, riuscì a stabilire un rapporto privilegiato e diretto con tutto ciò che viene definito natura. Agevolando la formazione dell’artista tutto questo fece sì che i suoi personaggi fossero maggiormente dotati di espressività di sentimenti e di stati d’animo.

La formazione di Giotto

Nella formazione e maturazione di Giotto ebbero una notevole importanza gli stimoli intellettuali di cui si nutrì la sua opera. Ad Assisi l’artista entrò in contatto con un pensiero profondamente innovatore (pensiero antiscolastico francescano), quasi sovvertitore rispetto all’autorità costituita dalla chiesa,  e con il forte senso della realtà di dio. Mentre a Padova entrò in contatto con la raffinata vita di corte e con i fermenti  di un’università votata allo studio della medicina, della filosofia aristotelica e del rapporto fra corpo  e anima.

Sempre a Padova, ebbe qualche nozione della civiltà bizantina del mosaico. Conobbe, inoltre, il percorso della scultura francese dal Duecento al Trecento.

Giotto era uno dei pochi grandi artisti capaci di mutare incessantemente pur rimanendo sé stesso. Questa grande capacità di espansione del linguaggio giottesco si lega ai mutamenti culturali del periodo passando anche attraverso forme di lavoro artistico. Nel periodo della sua maturità Giotto fu anche artista-imprenditore: progettava le opere, dirigeva il lavoro degli allievi all’interno della sua bottega che produceva per l’intera Italia. Giotto fu, di fatti, il protagonista della rivoluzione pittorica in Italia del Trecento. Con lui nasceva un nuovo modo di rappresentare e di raccontare.

Le opere di Giotto ad Assisi

Poco più che ventenne (1292) dipinse una delle volte e alcune scene bibliche ad Assisi. Poco dopo si dedicò alla realizzazione degli affreschi dedicati alla vita di San Francesco: ventotto scene ispirate alla vita del santo. San Francesco non era più raffigurato come immagine della santità, ma la sua umanità si distanzia dall’immagine formale, conforme ai canoni della pittura bizantina. Gli artisti traducono la sua leggenda come l’incontro con una persona reale. Le figure sono inserite in paesaggi aperti in modo da farle apparire perfettamente reali.

Alessandra Federico

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