Tommaso Urselli: Oggi ti sono passato vicino


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Caravaggio, ovvero Michelangelo Merisi, è uno dei più conosciuti pittori del nostro Paese. Nasce il 29 settembre del 1571 a Milano. Considerato tutt’oggi il più grande artista dell’arte occidentale, Merisi, si forma artisticamente nella sua città natale ma al contempo, tra il 1593 e il 1610, è operativo anche tra Roma, Napoli, Sicilia e Malta. Sin da subito molto è stata molto apprezzata l’arte del Merisi, anche se raggiunse grandissima fama dopo la sua morte. Una caratteristica della sua arte è il chiaroscuro; riusciva ad ottenere un eccezionale effetto grazie al suo modo di evidenziare diversi elementi alla luce e allo sfondo scuro.
I suoi dipinti raccontano il suo animo sensibile e attento soprattutto nell’osservare e percepire ogni stato d’animo e fisico di coloro che ritraeva. Paradossalmente, però, il suo spirito empatico era continuamente tormentato e irrequieto, e, infatti, da giovane venne condannato a morte accusato di omicidio durante una rissa il 28 maggio 1606.
L’artista scappò per il resto della sua vita. I genitori dell’artista, Lucia Aratori e Fermo Merisi, erano nativi di Caravaggio, ma si erano trasferiti a Milano poco dopo essersi sposati (14 gennaio 1571), ebbero anche altri due figli di cui una femmina di nome Caterina. L’intero nucleo familiare, però, fu costretto a scappare da Milano per tornare al loro paese a causa della peste. Ciò nonostante, malauguratamente, Fermo non riuscì a scampare e poco tempo dopo morì. Una volta terminato il periodo della pandemia Michelangelo, a soli 13 anni, iniziò a lavorare a Milano presso il laboratorio di Simone Peterzano (pittore del manierismo lombardo nonché allievo di Tiziano). Si trattava di un contratto di apprendistato (firmato dalla madre per poco più di quaranta scudi d’oro) col Peterzano, del 6 aprile 1584, che si prolungò per 4 anni, e dove soprattutto Merisi apprese la tecnica dei maestri della scuola pittorica lombarda e veneta.
Il giovane pittore, oramai non più alle prime armi, lasciò la Lombardia nel 1592 per raggiungere la capitale italiana. Secondo quanto riportano i documenti dall’Archivio di Stato di Roma, Caravaggio lasciò la città nel 1596 per recarsi presso la bottega del pittore siciliano Lorenzo Carli. Merisi a Roma, nel 1594, fu ospite di Monsignor Pandolfo Pucci da Recanati e per lui realizzava “copie di devozione” di cui, però, per il pittore non erano affatto soddisfacenti e decise quindi di andare via e procurarsi da vivere dipingendo ritratti.
Nel 1596 conobbe il pittore messinese Lorenzo Carli che gli offrì lavoro e soggiorno presso la sua bottega in via della scrofa. Qui l’artista, grazie a Carli, conobbe Mario Minniti che ben prestò diventò il suo più caro amico nonché suo modello. Poco dopo, Merisi, frequentò la bottega di Giuseppe Cesari. Ragazzo che monda un frutto, Bacchino malato (suo autoritratto) e Fanciullo con canestro di frutta sono i primi tre dipinti di un certo rilievo che Caravaggio realizzò in quel periodo.
Merisi Nel 1597 conobbe il cardinal Francesco Maria del Monte, che, rimasto affascinato dall’arte del pittore, volle acquistare alcuni dei suoi affreschi. Da quel momento il cardinale chiamò il giovane artista al suo servizio dove rimase per 3 anni.
Caravaggio conquistò l’ambiente della nobiltà romana con la sua pittura rivoluzionaria. In brevissimo tempo lo stile dell’artista mutò, abbandonò i singoli ritratti e le piccole tele e iniziò a dedicarsi ad opere più elaborate inserendo diversi personaggi all’interno dell’affresco e raccontando episodi specifici. Il riposo durante la fuga in Egitto è uno dei primi capolavori di quel periodo. Grazie al cardinal Francesco Maria del Monte, nel 1599, Caravaggio ottenne la prima commissione pubblica per due tele da collocare all’interno della Cappella Contarelli nella chiesa di san Luigi dei francesi a Roma (dipinti riguardavano tratti della vita di San Matteo: la vocazione e il martirio).
Non passò molto tempo e al giovane pittore furono commissionati altri importanti incarichi: dal commerciante Fabio Nuti la Natività con i santi Lorenzo e Francesco d’Assisi di Palermo. Poi, per ordine del monsignor Tiberio Cerasi, la Crocifissione di San Pietro e la Conversione di San Paolo. Nello stesso periodo da parte del figlio del cardinale Matteo Contarelli gli fu commissionato il dipinto di San Matteo e l’Angelo. Questa tela diede l’opportunità al pittore di dimostrare le sue grandi capacità e di ottenere la commissione delle tele del ciclo di San Matteo.
Il marchese Giustiniani era un ricco banchiere genovese nel giro della corte pontificia, che riuscì a salvare Merisi dalle questioni legali in cui spesso si trovava a causa del suo essere impulsivo e aggressivo. Inoltre, il marchese, collezionò diverse opere di Caravaggio (compreso quello di San Matteo tolto via perché considerato senza decoro) contribuendo, per di più, alla sua formazione culturale.
In quel periodo l’artista viveva un periodo di sconforto per via delle sue opere rifiutate come quella della prima versione della Conversione di San Paolo (cappella Cerasi in Santa Maria del popolo), anche se, secondo la dimostrazione di Luigi Spazzaferro, l’opera non fu rifiutata ma sostituita con quella attuale in seguito ad un accordo con l’artista. Ancora, nel caso del dipinto La morte della Vergine, ritenuta indecente dai Carmelitani Scalzi che decisero di rifiutare il dipinto perché la figura della Vergine era rappresentata con il ventre gonfio e i piedi in vista, Merisi subì un vero e proprio momento di scoraggiamento. Pieter Paul Ruben era un celebre pittore fiammingo (pittore di corte al servizio di Vincenzo I Gonzaga) che ammirava molto l’opera di Merisi, tanto da convincere Vincenzo I ad acquistarla. Nell’aprile del 1607 il dipinto La morte della Vergine entrò a far parte della ricchissima quadreria dei Gonzaga. Da lì a poco il Duca Vincenzo I svendette la collezione di famiglia. Carlo I d’Inghilterra acquistò gran parte delle opere tra cui la Morte della vergine di Caravaggio ma, dopo la decapitazione di Carlo I, i dipinti furono acquistati dal collezionista e finanziere Everhard Jabach e poi in seguito da Luigi XIV. Ad oggi il dipinto di Caravaggio si trova a Parigi al museo del Louvre. In quel periodo gli atti di violenza diventavano sempre più frequenti da parte del pittore che veniva, di conseguenza, spesso arrestato e portato nelle carceri. Girolamo Stampa da Montepulciano era un nobile ospite, come Caravaggio, presso la dimora del cardinal Del Monte (palazzo madama). Girolamo, dopo essere stato malmenato e rincorso con un bastone da Merisi, decise immediatamente di denunciarlo. Uscì dal carcere nel 1601 e tornò a dipingere; la Cattura di Cristo e Amor vincit omnia. Ma nel 1603, il pittore Giovanni Baglione denunciò Merisi per diffamazione (per aver scritto rime offensive nei confronti di Baglioni). Caravaggio fu liberato poco dopo e condannato agli arresti domiciliari. Era il 1604 quando, tra maggio e ottobre, il pittore fu trovato in possesso d’armi e non solo, fu spesso beccato a svolgere varie ingiurie alle guardie cittadine e per questo arrestato diverse volte.
L’animo del pittore era in continuo tormento; costretto a scappare a Genova (1605) per aver ferito un notaio. Quando tornò a Roma scoprì che aveva una querela da parte della padrona di casa dove lui soggiornava, a causa del mancato pagamento dell’affitto. Non solo, Merisi venne doppiamente querelato perché, travolto dalla rabbia, lanciò sassi contro la finestra.
La sera del 28 maggio del 1606, a campo Marzio, il pittore fu ferito in seguito ad un fallo durante il gioco della pallacorda. Senza alcun scrupolo, Caravaggio ferì mortalmente il suo rivale Ranuccio Tommasoni da Terni. Caravaggio fu condannato alla decapitazione in seguito all’omicidio di Tommasoni. Da quel momento l’artista dipingeva ossessivamente teste mozzate. Filippo I Colonna offrì al pittore asilo all’interno di uno dei suoi feudi laziali di Marino, Palestrina, Zagarolo, e Paliano. Merisi realizzò, per i Colonna, diversi dipinti tra cui la Cena in Emmaus, (Pinacoteca di Brera).
Alessandra Federico
La fotografia sociale si impone come obiettivo quello di documentare, di raccontare, di portare alla luce tante verità omesse o dimenticate. Jacob Riis è ritenuto uno dei più grandi creatori della fotografia sociale, famoso soprattutto per aver documentato le condizioni di vita degli immigrati negli USA alla fine dell’ottocento.
Riis Nacque a Ribe, in Danimarca nel 1849. Era il terzo di quindici fratelli, lavorava come falegname e, nel 1870, all’età di ventuno anni, emigrò negli Stati Uniti con la speranza di vivere una vita migliore. Purtroppo, la vita che lo attendeva non era proprio quella che si aspettava: la guerra civile aveva provocato una forte crisi e questo spinse molte persone a partire verso New York. Riis, negli Stati Uniti, lavorava come minatore, venditore ambulante e carpentiere. Diventò giornalista di cronaca nera per il New York Tribune nel 1877 dimostrando, sin da subito, un particolare coinvolgimento per la situazione di miseria in cui vivevano le persone a Lower East side. Il giornalista si rese conto che scrivere delle vicende non era sufficiente per trasmettere ai lettori la sensazione di sofferenza che quelle persone erano costrette a vivere e decise, quindi, di aggiungere ai suoi racconti le immagini fotografiche. Solo in questo modo avrebbe catturato l’attenzione di chiunque. New York Sun e Scribner’s Magazine erano le due riviste all’interno delle quali riportavano gli articoli e le foto dei bassifondi newyorkesi scattate da Riis. Non solo, gli stessi articoli e fotografie, si trovano nel libro How the other Lives (Come vive l’altra metà, pubblicato nel 1890, dalla casa editrice Charles Scribner’s Sons). In soli 5 anni, vennero pubblicate undici edizioni del libro e la fama del giornalista cresceva ogni giorno di più, anche se, le tecniche di riproduzione tipografica delle fotografie erano ancora di bassissima qualità: solo sedici su trentacinque fotografie furono stampate a mezza tinta e le altre nove fotografie furono illustrate sotto forma di disegno. Da lì a poco, il Commissario della polizia di New York Heodore Roosevelt, chiuse gli ospizi per poveri gestiti dalle forze di polizia.
I racconti di Riis non riguardavano solo gli avvenimenti tragici di coloro che vivevano nella povertà, nella disgrazia, lui eseguiva indagini anche sulla struttura architettonica ed urbana. Grazie ai suoi racconti e alle sue fotografie, Jacob, ottenne ciò che si era prefissato: sottolineare le differenze di stili e condizioni di vita tra le classi più povere e quella borghese, in modo da ricevere assistenza e sostegno per poter finalmente cambiare la qualità di vita degli immigrati. Era, infatti, la prima volta che, grazie alla fotografia, le condizioni di vita degli immigrati avevano l’opportunità di emergere. Children of the Poor è il secondo libro scritto da Riis ed ebbe ugualmente un immenso successo.
Riis è stato anche il primo in America ad utilizzare un flash a polvere di magnesio; per renderla meno pericolosa aveva modificato, assieme al suo amico Henry G. Piffard, la formula inventata in Germania nel 1887. Così, le foto che scattava sia di notte che di giorno, potevano rendere bene l’idea di una situazione alquanto critica dei bisognosi. Le fotografie e gli articoli di Riis hanno aiutato molte persone disagiate; con il suo operato è stato in grado di sensibilizzare il pubblico nei confronti di realtà che spesso non vengono contemplate.
Alessandra Federico
Una collana dedicata a far appassionare i piccoli ai grandi classici della letteratura quella che EMSE ha portato in edicola.
Libri riccamente illustrati che raccontano ai giovanissimi lettori le tante storie che hanno visto protagonisti personaggi diventati famosi grazie alla capacità creativa e letteraria dei loro autori, veri giganti della letteratura italiana e internazionale.
Dai Promessi Sposi che apre la collana ai Viaggi di Gulliver, a Moby Dick, all’Odissea, per proseguire con Alice nel paese delle meraviglie, Ventimila leghe sotto i mari, Zanna Bianca, L’isola del tesoro, Don Chisciotte della Mancia, I tre moschettieri, Le avventure di Pinocchio, Robinson Crusoe, Peter Pan, Le avventure di Tom Sawyer e ancora tante altre avventure e tanti altri personaggi.
La collana si compone di 50 volumi ed è destinata a dare un forte contributo a far avvicinare alla lettura i più piccini.
Antonio Desideri
Una pubblicazione per presentare al pubblico la bella e suggestiva Procida che è stata designata capitale della Cultura per il 2022, quella realizzata in collaborazione con Guida editori, che Repubblica ha voluto regalare ai suoi lettori. Il volume in 240 pagine ricche anche di immagini presenta l’sola con racconti di grandi scrittori e una guida agli eventi che si terranno nel corso del 2022 nell’isola di Arturo.
Procida ’22 si inserisce nella collana Novanta/ Venti, fondata nell’aprile di due anni fa, quando la redazione di Napoli di Repubblica, inaugurata il 18 aprile del 1990, festeggiò il trentesimo compleanno, in pieno lockdown. Il volume è curato da Ottavio Ragone e Conchita Sannino. Le parole di Maurizio Molinari, direttore di Repubblica, racchiudono il presente e il futuro della suggestiva isola “Procida può diventare il paradigma di una condizione contemporanea: stare dentro la globalizzazione ma con una propria essenza, riconoscibile e certa, che renda un luogo diverso da ogni altro, lo ponga al centro di relazioni forti e capillari ma al tempo stesso lo preservi con la propria millenaria storia, bella tutela e valorizzazione dell’ambiente”.
Bianca Desideri
Un’iniziativa editoriale che sicuramente non è passata e non può passare inosservata quella presa del Corriere della Sera che, oltre ad altre collane, ha lanciato nei mesi scorsi in edicola un’opera importante per la cultura del nostro Paese e dedicata ad una lingua che qualcuno potrebbe annoverare tra quelle morte: il latino.
Il latino è la lingua ma anche la cultura “alle radici dell’Occidente” e come tale la ritroviamo ogni giorno anche percorrendo le strade delle nostre città dove vediamo iscrizioni in una lingua, appunto il latino, che è stata la base di una civiltà che ha espanso i suoi confini, fisici e culturali, oltre quelli in cui il nostro Paese è oggi racchiusa. Molte delle nostre città si basano anche sulla struttura urbanistica che da quella civiltà hanno preso consistenza; comprendere la vita e la cultura romana di cui il latino era la lingua non significa solo studiare una fase della storia umana di una popolazione ma anche comprendere la cultura del nostro presente che prende l’avvio da quella.
Per meglio comprendere i diversi aspetti i venti volumi prevedono una parte più strettamente storico-letteraria ed una dedicata invece alla lingua e alla sua grammatica. Il tutto corredato da esercizi e giochi per rendere più vicina una lingua bella da imparare o da riscoprire.
Bianca Desideri