La collina di Posillipo ed il Parco Virgiliano, necessario riqualificarli

 L’ingresso del Parco Virgiliano, situato alla fine del viale Virgilio, presenta un’entrata monumentale,  composta da quattro  pilastri, attraverso  la quale si accede ai viali  che conducono alle  numerose terrazze  dalle quali si  gode la visione del  golfo e  delle sue isole e si accede  all’impianto sportivo realizzato negli anni settanta dello sorso secolo.

L’impianto comprende un campo di calcio, una pista e varie  strutture  per l’Atletica leggera.

Nel 1975 venne realizzato un anfiteatro che si affaccia sul golfo dove furono organizzati concerti e spettacoli estivi.

Per un lungo  periodo il Parco fu abbandonato a se stesso, lasciando che precipitasse in uno stato di estremo degrado.

Nel 1997  l’Amministrazione comunale  decise di riqualificarlo  riaprendolo al pubblico nel luglio del 2002 consentendo esclusivamente l’accesso  pedonale.

La vegetazione, ispirata a quella in uso nelle antiche strade romane, schiera ai lati dei viali dei pini  marini ed altre specie di arbusti quali lecci, olivi, roveri, oltre al denso sottobosco di piante di rosmarino, fillirea e mirto, da  diversi anni soffre della mancanza di una corretta e costante cura e manutenzione.

Nel 2018, dopo una tragedia sfiorata in via Tito Lucrezio Caro, ed anche a  causa della fuoriuscita di radici che danneggiavano il manto stradale, il Comune di Napoli ordinò  il taglio di  numerosi  fusti di pino marino.

Attualmente, dopo la caduta di un pino su un furgone, l’amministrazione comunale  ha  fatto  sapere che non ci sarà, per il  momento, una nuova  piantumazione  di pini, decretando  così la  scomparsa dal panorama di Napoli del simbolo che la rappresentava in tutte le cartoline in giro per il mondo.  Se a tutto questo si aggiunge il crollo di una struttura di legno  realizzata  nei pressi  di un chioschetto, la chiusura  dei servizi igienici, l’interruzione   della  fornitura idrica e la mancanza di attenzione al parco  sottomarino  della Gaiola, non si può che essere rammaricati nel vedere il nostro patrimonio naturale ed archeologico unico  al mondo in uno stato di  tale abbandono.

Alessandra Federico

La collina di Posillipo ed il  Parco  virgiliano

Etimologicamente il nome Posillipo deriva dal greco Pausilypon che significa “tregua dal pericolo”  o “che fa cessare il dolore”, ovvero la bellezza quale antidoto  al dolore.

I primi ad abitare questa collina furono i greci, rapiti dalla sua incantevole bellezza.

Dopo i greci anche i romani furono conquistati dalla sua bellezza e vi costruirono le loro ville dove trascorrevano  le loro vacanze.

La spiaggia è disseminata  di rovine di antiche costruzioni ed in tutta l’area si possono notare tutt’oggi le tracce dei templi della Dea Fortuna, di Mercurio, Venere Leucothea e Mitra, segni  della prosperità degli abitanti del luogo.

Il parco Virgiliano fu realizzato su disposizione dell’alto commissario per la Provincia di  Napoli, durante gli anni  20 ed aperto al  pubblico nel 1931 come parco  Vittoria o della Bellezza.

Il parco è costituito da una serie di terrazze prospicienti il Golfo di Napoli da ove si possono  scorgere le isole di Capri, Procida ed Ischia  e l’isolotto di Nisida.

Si possono scorgere ancora le antiche aperture che ventilavano il tunnel che conduceva alla  residenza di Pubblio Vedio Pollione, a poca distanza dalla Villa Imperiale di Pausilypon  e  ai resti     del teatro del I secolo a. c.

Il parco archeologico scende dalla collina fino a raggiungere il vallone della Gaiola, a cui si accede attraverso la Grotta di Seiano, fatta costruire da Augusto e che mette in comunicazione Coroglio  con la Gaiola.

La cosa più strabiliante è il parco  sommerso, istituito nel 2022 dai Ministeri dell’Ambiente e dei Beni Culturali.

Nelle acque che circondano l’isolotto della Gaiola si estende fino alla baia di Trentaremi, il Parco sommerso che tra l’altro ha una  enorme importanza biologica, poiché, per la complessità dei  fondali e il continuo ricambio di acqua determinato dalle correnti marine, si è permesso l’insediamento  e lo sviluppo di una enorme e variegata  quantità di specie  marine.

Purtroppo  negli ultimi anni   questo prezioso  gioiello non è stato rispettato ed è stato  oggetto di speculazione edilizia e di abbandono da parte delle istituzioni.

Alessandra  Federico

 

 

 

 

Non si fermano gli aumenti. Federconsumatori prevede una nuova stangata autunnale

L’Osservatorio  Nazionale di Federconsumatori (O.N.F.) ha calcolato la “stangata autunnale” che si abbatterà sulla testa delle famiglie italiane tra settembre e novembre prossimi.

Una sorpresa al rientro delle vacanze non certo positiva e che nessuno vorrebbe. Da tempo, ormai, le famiglie stanno facendo i conti con i continui aumenti delle bollette, riscaldamento, visite mediche, prodotti scolastici, alimentari, benzina, mutui, prestiti, ecc. e i salti mortali per far quadrare le entrate con le uscite in continuo aumento.

L’Osservatorio di Federconsumatori prevede che “tra settembre e novembre le famiglie faranno i conti con una spesa di 2.924,70 euro per bollette, riscaldamento, visite mediche e prodotti scolastici. Cifre che salgono vertiginosamente se sommiamo le voci relative a benzina e alimentazione”.

Si tratta di “ben 252,92 euro in più rispetto all’autunno 2022 (in cui già era iniziata l’ondata di rincari)”. Ma la cifra non si ferma a questo, secondo Federconsumatori “non possiamo non calcolare, soprattutto quest’anno, visti i forti incrementi, le spese per due settori fondamentali quali alimentazione e carburanti. Se all’importo della stangata sommiamo queste voci di spesa il totale ammonta a 5.104,90 euro da settembre a novembre, 480,12 euro in più rispetto al 2022”.

All’appello mancano ancora “le bollette (su cui pesa fortemente il rialzo di luce e gas previsto per il IV trimestre dell’anno), la TARI, le spese per il riscaldamento. Per non parlare della spesa per alimentari e benzina, i cui costi sono schizzati alle stelle, non sempre in maniera giustificata, come più volte abbiamo rilevato”.

Qualche dato più nel dettaglio. Le famiglie spenderanno nel periodo settembre-novembre:

Scuola (libri, dizionari, parte del corredo) 906,59 €

Esami/visite mediche 274,00 €

Bollette (acqua, luce, gas, telefonia) 1.144,11 €

Tari (seconda rata) 171,00 €

Riscaldamento (prima rata) 429,00 €

TOTALE 2.924,70 €

Alimentazione 1.594,00 €

Benzina 586,20 €

Per molte famiglie tutti questi aumenti saranno difficilmente sostenibili, per molti addirittura insostenibili.

Nella situazione di forte difficoltà in cui si trovano le famiglie, per molti, questi costi saranno insostenibili. Occorre secondo Federconsumatori che “il Governo corra ai ripari, adottando misure in grado di sostenere le famiglie e contenere i rincari, attraverso:

– la costituzione di Comitati di sorveglianza sui prezzi costituiti territorialmente con la partecipazione delle Associazioni dei consumatori;

– l’aumento dei poteri di indagine e di sanzione di Mr. Prezzi;

– la rimodulazione dell’Iva sui generi di largo consumo e la riforma delle accise e degli oneri di

sistema sui beni energetici e carburanti;

– l’alleggerimento strutturale del peso del fisco e del cuneo fiscale sui redditi fissi, con la

detassazione di stipendi e pensioni, il sostegno ai rinnovi contrattuali e la giusta perequazione delle

pensioni al costo della vita” e per quanto riguarda i fondi necessari fornisce un elenco di interventi che potrebbero essere messi in campo.

Antonio Desideri

La natura e l’uomo

Quando parliamo di natura indichiamo l’ambiente e quindi  tutto il mondo  materiale  che è intorno a noi: un luogo esterno a noi.

In tal modo l’uomo quasi non si considera parte integrale della natura ma la considera solo come qualcosa da utilizzare  per i propri scopi.

Al contrario è proprio per tutelare  noi stessi, che dovremo  considerare la natura  come  l’universo  stesso, ovvero:

sistema totale dei fenomeni fisici e degli esseri viventi, animali vegetali e  minerali, che presentano un ordine, realizzano dei tipi e si formano secondo leggi”.

La parola natura quindi racchiude in sé il concetto stesso di esistenza.

Ma in effetti il concetto di natura è strettamente connesso a quello di ambiente.

Sono ambienti  naturali  i boschi e le foreste, il deserto, le spiagge ed il  mare e gli oceani e tutti gli ambienti che  non sono stati  artefatti dagli uomini.

Quando da nomade e cacciatore-raccoglitore, la specie umana  è divenuta  stanziale, ha iniziato ad apportare modifiche nell’ambiente naturale, per renderlo più idoneo alle proprie necessità, ma ha continuato a rispettare le leggi dell’universo, rapportandosi costantemente a loro, valutando ogni possibile impatto che ogni  innovazioni avrebbe potuto apportare non solo  nel  tempo immediato ma per le  future generazioni.

Questo è il modello di vita che ha consentito all’umanità di progredire nel corso dei millenni in  armonia con la natura.

Durante il medioevo esisteva una concezione  dell’armonia e dell’equilibrio tra l’uomo, la natura e l’universo, che rendeva l’uomo qualcosa di speciale, un tassello unico all’interno di uno straordinario e celestiale mosaico. Questa visione dell’armonia e dell’equilibrio cosmico  proveniente soprattutto dalle filosofie del mondo greco e romano, ha influenzato per secoli  la  mente umana rendendola capace  delle  più alte realizzazioni.

Sull’armonia tra uomo e cosmo.

Giuseppe  Veneziano

Quando  successivamente, ed in particolare  negli ultimi due secoli, le espressioni dell’uomo si sono  distaccate da queste concezioni, e abbandonando il dubbio  metodologico della ricerca  scientifica,  si è accostato alla scienza con lo stesso spirito di fede che aveva verso le divinità, il suo comportamento nei confronti della natura è radicalmente  cambiato.

“nei secoli il fare scienza ha cambiato radicalmente senso. Da una concezione che collocava  le  verità scientifiche in subordine a quelle  religiose si è passato alle più radicali  posizioni libertarie. La società condiziona, quindi, le scelte degli scienziati. Il progresso scientifico, a sua volta ha spesso innescato processi di  cambiamento della società”.

Umberto  Galimberti

L’antropizzazione ha quindi  fatto si che:

In alcune aree dell’ambiente  naturale si  è intervenuti trasformando e  modificando, sfruttando  le risorse  naturali mettendo a repentaglio  la sua  stessa sopravvivenza e quelle delle altre specie viventi”.

Stefania Belmonte. Il giornale dell’ambiente

L’ambiente antropizzato è  il luogo dove viviamo ed è l’insieme  delle condizioni sociali, morali  culturali, storiche ed economiche in cui un individuo vive e che lo definiscono

Alessandra Federico

Intervista a Katya Maugeri autrice del libro “Tutte le cose che ho perso”

Le donne detenute rappresentano appena il 4% dell’intera popolazione carceraria, percentuale esigua.

Emarginate fra gli emarginati: è possibile intravedere nella scarsità numerica la ragione per la quale se ne discute raramente?

La realtà carceraria è sommersa dal pregiudizio, dall’indifferenza collettiva che vede il carcere come una istituzione punitiva pertanto i detenuti e le detenute sono considerati scarti della società.                                                               
Le sette donne intervistate, recluse nel carcere femminile di Rebibbia, protagoniste di storie autobiografiche, non hanno nomi bensì numeri. Perché?

I capitoli sono divisi in “celle” con dei numeri che le rappresentano.

Loro, durante le nostre chiacchierate, mi hanno raccontato di sentirsi identificate in numeri e private della loro identità.

“Lo dovrebbero raccontare tutti che tra quelle mura il tempo smette di esistere”.

Un tempo senza frequenza, senza scansione.

Da quali azioni e pensieri è scandita la quotidianità dietro le sbarre?

È un non-tempo in un non-luogo, in cui si resta sospesi e intrappolati.

Ci sono varie attività che stimolano la creatività delle detenute, ma solo chi realmente ha la forza emotiva di rimettersi in gioco trova in quelle azioni il punto dal quale rinascere. Altre, invece, si abbandonano in pensieri negativi e scelgono azioni estreme.

“Il carcere è un universo parallelo, una realtà intrisa di pensieri disordinati, confusi, dove la stessa identità personale rischia di perdersi.”

Qual è il rapporto delle detenute con la peculiare condizione della genitorialità?

La genitorialità è molto complessa all’interno di un istituto penitenziario.

A soffrirne sono certamente i bambini che, da innocenti, scontano una pena ingiusta.

I bambini non dovrebbero assolutamente vivere dietro le sbarre, dovrebbero vivere da bambini liberi di poter sognare il proprio futuro.

Il 2022 è ricordato come l’anno record dei suicidi in carcere; nei primi sei mesi del 2023 già 25 persone si sono tolte la vita in cella. Qualche giorno fa 3 persone hanno scelto di morire.

Lo Stato non dovrebbe salvaguardare la salute e la libertà personale?

La salute mentale non si cura all’interno di un carcere ma in strutture specializzate, servono percorsi individuali per cercare di recuperare chi vive la detenzione.

I suicidi mostrano una chiara fotografia dei disagi all’interno degli istituti carcerari, sono dati allarmanti, è un’emergenza che non può più essere ignorata.

Il libro-inchiesta è arricchito dalla prefazione del magistrato Francesco Maisto, Garante dei detenuti, dalla postfazione della sociologa Eleonora de Nardis e dal contributo di Sandro Libianchi, Presidente del Coordinamento nazionale Operatori per la Salute nelle Carceri Italiane.

Che senso ha, oggi, l’uso del termine “rieducazione”?

La rieducazione è indispensabile se davvero vogliamo definirci una società civile, umana.

È la finalità della pena e consiste nel creare da parte dello Stato durante l’esecuzione della stessa, le condizioni necessarie affinché il detenuto possa successivamente reinserirsi nella società in modo dignitoso mettendolo poi in condizioni, una volta in libertà, di non commettere nuovi reati

“Il carrellino della felicità”.

Qual è il ruolo e la funzione degli psicofarmaci dietro le sbarre?

Il “carello della felicità” rappresenta il modo che hanno le detenute di sospendere i loro pensieri, le loro ansie.

Sono psicofarmaci prescritti per le loro patologie, non vengono forniti a caso chiaramente. È un modo per anestetizzarsi e allontanare angosce e preoccupazioni.

Dottoressa Maugeri, la narrazione della propria esperienza può assumere una finalità terapeutica?

La scrittura autobiografica è terapeutica, assolutamente. Me ne occupo da diversi anni all’interno di una comunità terapeutica per tossicodipendenti.

Raccontare di sé porta inevitabilmente a conoscere le proprie ombre, gli errori e le origini di questi sbagli. Raccontarsi è un pò come ritrovarsi. E da quel punto iniziare a migliorare, uscire fuori dal tunnel e camminare verso un futuro migliore.

Giuseppina Capone

Nola, alla luce nuovi reperti archeologici

La città di Nola è sempre stata un punto strategico nella Penisola, crocevia di diversi popoli, che hanno lasciato traccia nel centro campano.

Capita sempre più spesso, infatti, che vengano annunciate nuove scoperte, come il caso di qualche giorno fa, quando, in una zona periferica della città, è stato portato alla luce un reperto risalente all’età medioevale, nello specifico i molteplici impianti di calcare per la trasformazione in calce ci possono ricondurre ad un quartiere dell’artigianato.

La datazione è ancora incerta, ma si potrebbero collocare i ritrovamenti nel periodo VI-VII secolo, inoltre, la presenza di statue rappresentanti toghe romane ci fa comprendere come Nola fosse non solo abitata dai Germani, protagonisti dei famosi regni Romano-Barbarici, ma anche da mercanti e artigiani provenienti dall’Impero Romano d’Oriente e quindi di grande spessore.

Non ci dobbiamo meravigliare dinanzi a questa fusione tra due popoli così diversi, infatti Nola era stata un fiore all’occhiello della civiltà romana, insieme a Cuma e Capua, di conseguenza edifici e cultura romana erano ben collocati nella cittadina di Nola, spunto e occasione di erudizione per i “cugini” di Costantinopoli, che nonostante si dovessero confrontare con i rozzi barbari, non perdevano occasione di frequentare Nola e il vicino regno di Napoli per spunto ed erudizione “classica”, mantenendo culturalmente e socialmente viva la città.

Rocco Angri

 

(Foto di Rocco Angri)

Anfiteatro di Nola nuovamente visibile

Nola è un centro ricco di storia, addirittura più antico di Roma, grazie ai resti risalenti all’età del bronzo, al nome di origine etrusca “Hyria” e a quello sannitico “Nuvla” e diventato un vero e proprio punto di riferimento nella penisola durante l’epoca romana.

Parlare della “Festa dei gigli” (classificata come bene immateriale del patrimonio UNESCO) sarebbe limitativo, visto ciò che il territorio nolano ha da offrire, come il famoso “Anfiteatro Laterizio”, risalente al I sec a.C., che misura all’incirca 138×108 m, di cui purtroppo al giorno d’oggi è stato portato alla luce circa un terzo, anche se in questi ultimi mesi il vento sembra star cambiando.

La Soprintendenza dell’Area metropolitana di Napoli, rappresentata dall’arch. Mariano Nuzzo, ha programmato la riqualificazione dell’area dell’anfiteatro, cercando di riportare alla luce l’intera struttura, che magari darà spazio a nuove scoperte, e di aprire al pubblico lo spazio che riguarda anche le mura della città.

L’anfiteatro fu realizzato intorno al 80 a.C. sotto commissione di Silla, che dopo aver conquistato la città di Nola, ordinò una sorta di sviluppo civile e urbanistico, che racchiudeva nel progetto la realizzazione della struttura vicino alle mura della città, di cui ancora oggi possiamo vedere i resti.

Nel corso dei secoli l’anfiteatro subì diverse ristrutturazioni, tra cui una in cui si sostituirono le mura precedenti con delle nuove in tufo, più resistenti, che intorno al XV sec furono usate per la realizzazione della facciata di Palazzo Orsini.

Disponiamo anche di alcune testimonianze scritte, prima tra tutte quella di Ambrogio Leone nel suo “De Nola”, nel 1514 e altre fonti minori aragonesi che ci parlano della maestosità dell’anfiteatro, ed infine lo storico polacco Karl Beloch, amante di Napoli e dintorni, parla dell’anfiteatro come opera che sta andando a deteriorarsi, infatti era visibile ben poco, visto l’innalzamento del terreno e la poca attenzione che veniva data all’area.

Nel 1993 finalmente gli scavi hanno portato alla luce una piccola parte dell’anfiteatro, ma ci auguriamo che i lavori avviati dalla Soprintendenza, che dovrebbero terminare il 25/12/2023 diano ottimi risultati, conferendo a Nola un ulteriore motivo di vanto e sperando che nuovi elementi possano far tornare un flusso turistico per ammirare i resti dell’antica civiltà romana.

Rocco Angri

Claudio Scarano, un artista che ama definirsi “modestamente pittore”

Modestamente pittore, così si definisce Claudio Scarano , versatile e pluripremiato artista, considerato dalla critica come “l’ultimo pittore della Scuola di Posillipo”, l’ultimo pittore dell’800 napoletano.

Guardare le opere di Scarano porta a scoprire luoghi noti e meno noti che attraverso le sue pennellate diventano vera e propria emozione che si trasferisce nel soggetto della sua opera pittorica. E così, pennellata dopo pennellata, le immagini prendono corpo e i colori attraverso le loro combinazioni e ombreggiature costruiscono visioni e prospettive mettendo in risalto la sua abilità tecnica e la sua capacità di combinare insieme, in un mix vincente, colore ed emozione dando alla pittura quella “voce” propria che ne fa l’opera identificativa dell’autore.

Claudio Scarano nella sua lunga carriera artistica ha al suo attivo mostre personali e collettive in Italia e all’estero (New York, Londra, Francia), numerosi premi e riconoscimenti nazionali ed internazionali, riconoscimenti da critici e stampa. Tra i riconoscimenti internazionali che Scarano ritiene particolarmente significativi vi è l’Oscar Mondiale della pittura a Montecarlo.

Alcune sue opere sono esposte in via permanente nel Museo dei Sedili di Napoli presso la Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus.

La sua abilità artistica si rivela sia nelle opere realizzate in studio sia in quelle in “estemporanea” dove le pennellate conservano tutta la loro forza e valore. I suoi quadri e la sua carriera travalicano il suo definirsi semplicemente come “modestamente pittore”.

Antonio Desideri

L’allegria del ragazzo di Monghidoro infiamma Alghero

Strepitoso Gianni Morandi all’Alguer Summer Festival. Sold out all’anfiteatro Ivan Graziani.

Una splendida serata riporta alla Riviera del Corallo e in tutta l’isola una ventata di gioia e spensierata allegria per le migliaia di persone   di ogni età – accorse all’anfiteatro Ivan Graziani nell’ultima domenica di luglio.

A pochi giorni dal successo di Biagio Antonacci, le gradinate e le poltroncine in platea vanno rapidamente esaurite in tutti i posti disponibili. I varchi d’ingresso sono aperti per una festosa processione già due ore prima dell’inizio del grande concerto.

L’attesa, sostenuta da tempo, è divenuta spasmodica per l’unica data 2023 in Sardegna, per il ritorno di Gianni Morandi.

“Go Gianni Go! Estate 2023” è il titolo dell’ultimo tour, realizzato con la produzione Trident Music, con il debutto estivo lo scorso sei luglio nella piazza Garibaldi a Senigallia.

L’approdo nel nord Sardegna segue l’ultimo concerto nella penisola di Matera e realizza uno straordinario appuntamento nel palinsesto dell’Alguer Summer Festival con il contributo dell’associazione sassarese Le Ragazze Terribili, storico brand culturale fondatore del festival musico letterario Abbabula, giunto quest’anno alla sua venticinquesima edizione.

Il ragazzo di Moghidoro, appare sull’imponente palco algherese intorno alle 21.30 con un disinvolto completo bianco. Si illumina la scena con una alchimia di luci e trailer digitali.

Ritraggono la prima vita dell’attore cantante agli albori dei “Sessanta” con le prime immagini in bianco e nero trasmesse dalla tivù di Stato.

Allegria è lo scoppiettante brano d’apertura   un dono creato dall’estro di Jovanotti per l’amico Gianni – incluso nell’ultimo album, Evviva!

Il trentacinquesimo nella longeva carriera musicale di Morandi, pubblicato lo scorso tre marzo da Sony Music.

E’ l’avvio di un mega show che ne include tanti, quanto le vite, del protagonista in ribalta.

Supportato da una band di tredici eccellenti musicisti. Rappresentanti almeno tre generazioni nella storia musicale italiana. Al pari della composita fascia anagrafica del pubblico. Immediatamente coinvolto dalla vitale empatia del cantante bolognese.

Naturale l’interazione con le scatenate fan sistemate nelle prime file sotto il palco.

Arriva subito un omaggio per Gianni, un berretto con i Quattro Mori di Sardegna.

Il repertorio è vasto, come la sua immensa carriera.

Brani storici: Se perdo anche te – Occhi di ragazza –VarietàBella Signora.

Impossibile citare tutti i titoli dei brani visitati in oltre due ore consumatesi in un bellissimo viaggio sonoro.

Realizzatosi grazie ad un perfetto interplay musicale sul palco. Con la direzione dei suoni affidata al Maestro Luca Colombo, prima chitarra elettrica insieme al collega Michele Quaini.

Una performante sezione fiati riunisce Ambrogio Frigerio al trombone, Nicholas Lecchi al sax e la giovanissima – ventenne –Camilla Rolando alla tromba.

Quest’ultima protagonista nello struggente omaggio per Lucio Dalla nella interpretazione di Futura.

La dedica per l’amico fraterno, scomparso prematuramente nel 2012, include un commovente arrangiamento di Vita. Accompagnata dalla vibrante esecuzione di Roberto Tiranti. Non può mancare la cover di Caruso nel tributo a Lucio.

Tiranti è voce solista, nella terna del coro in scena, insieme con Silvia Olari e Alessandra Kidra.

La prima, esemplare nell’interpretazione in duo di In amore. Brano che valse il secondo posto al Festival di Sanremo nel 1995 per la coppia Morandi – Barbara Cola, dopo Giorgia che vinse con la canzone Come saprei. 

Al pari della seconda, Alessandra Kidra, magistrale nell’accompagnare Morandi in Grazie perché.

Con la Kidra, Morandi intrattiene un esilarante siparietto nella seconda parte dello show, per l’assunzione di tre pillolette del piano terapeutico per tutelare la sua veneranda età (classe 1944).

Lo stesso Morandi ironizza sulla sua longeva carriera, parafrasando l’amico Fiorello: “dall’eterno ragazzo a… l’eterno riposo è un attimo!” – scatenando risate scaramantiche dalla platea.

Tutti i musicisti hanno l’opportunità di offrire nelle rivisitazioni dei brani, il proprio talento: Maurizio Campo al pianoforte, Michele Lombardi alle tastiere, Ricky Quagliato alla batteria, Daniele Leucci alle percussioni.

Non da ultima, completa la sezione acustica, la bravissima Paola Zadra al basso elettrico.

Prima dei prolungati bis, c’è lo spazio per gli intramontabili: Andavo a cento all’ora – Un mondo d’amore – Fatti mandare dalla mamma.

E il pubblico che non vuole più lasciarlo, balla in piedi con Banane e lamponi.

Difficile descrivere altro con l’adrenalina e le emozioni vissute in questo viaggio musicale.

La possibilità migliore è viverlo in una delle prossime tappe. Con il sud della penisola pronto ad accogliere il “Go Gianni Go!”

Dopo la Sicilia e una puntata a Malta, sono due gli appuntamenti in Campania: il venti agosto a Baia Domizia e il 28 a Benevento.

Luigi Coppola

 

Foto Luigi Coppola

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