Grecia: su 2,8 miliardi di euro di aiuti, Eurogruppo ne ha sbloccati 1,1

I ministri delle finanze dell’eurozona, riunitisi a Lussemburgo lo scorso 10 ottobre, hanno accettato di versare alla Grecia solo una parte del totale di 2,8 miliardi di euro di aiuti previsti, rinviando a fine mese il pagamento del saldo.

L’Eurogruppo ha elogiato l’attuazione da parte delle autorità greche delle azioni premessa (riforme prioritarie essenziali per ottenere l’ennesima tranche di finanziamenti da parte dei partner internazionali) poste come condizione per il versamento degli 1,1 miliardi di euro destinati a pagare gli interessi del debito. Inoltre l’Eurogruppo ha apprezzato i pregressi relativi al pagamento degli arretrati da parte dello Stato greco e informa che la scadenza richiesta per completare la trasmissione dei dati necessari cade alla fine del mese. La quota di 2,8 miliardi di euro doveva completare una prima tranche di 7,5 miliardi, già versata a giugno per consentire alla Grecia di onorare i prestiti precedenti. Oltre al versamento di tale somma, l’adempimento delle azioni premessa dovrebbe consentire l’apertura di un nuovo capitolo del piano di aiuti di 86 miliardi di euro conclusosi nel 2015.

Per il Fondo Monetario Internazionale (FMI) la questione di una ristrutturazione del debito greco è di fondamentale importanza, pertanto, ha nuovamente domandato all’Ue un alleggerimento. Una tale ristrutturazione è propedeutica per il supporto finanziario di FMI al piano di aiuti per la Grecia.

Appesantita da rigorose politiche di austerità, lo Stato ellenico ha difficoltà ad uscire dalla recessione nonostante il miglioramento della sua situazione finanziaria.

 

Danilo Turco

 

 

Trump e lo “spettro della deglobalizzazione”

L’editoriale “Le fantasme de la démondialisation” pubblicato il 14 novembre dal quotidiano francese Le Monde, evidenzia come la rivoluzione tecnologica e il fenomeno della delocalizzazione del lavoro continueranno indipendentemente da chi considera il successo elettorale di Donald Trump un segnale premonitore della fine della globalizzazione.

Il nuovo Presidente degli Stati Uniti ha denunciato gli svantaggi della globalizzazione. Brexit ha vinto grazie ai voti delle regioni della Gran Bretagna colpite dalla deindustrializzazione in parte imputabile alla delocalizzazione. Pertanto, i partiti europei di estrema destra (come Front National in Francia) interpretano la vittoria di Trump come un segnale della fine della globalizzazione.

La propaganda del nuovo presidente USA ha sfruttato una realtà già nota da diversi anni: la globalizzazione ha ridotto le ineguaglianze tra il Nord e il Sud del globo, ma con le delocalizzazioni – soprattutto in Cina divenuta l’atelier del mondo – ha depauperato molti territori europei e americani. Tuttavia anche la rivoluzione tecnologica ha contribuito allo smantellamento dei vecchi bacini d’impiego. Infatti, il progresso tecnologico favorisce la delocalizzazione più dell’ideologia della globalizzazione.

L’impatto della vittoria di Trump produrrà negoziazioni più dure tra gli Stati del Nord e quelli del Sud e più acri battaglie sulle condizioni di concorrenza. Probabilmente Trump non sosterrà i due principali trattati di liberalizzazione commerciale – quello con l’Asia e con l’Europa – proposti da Obama. Tuttavia, l’idea di un ritorno al passato basato sul rimpatrio del lavoro rappresenta un’illusione. L’incremento di tariffe proibitive sulle importazioni cinesi e messicane verso gli Stati Uniti scatenerebbe una guerra commerciale e la perdita milioni di posti di lavoro in America e in Europa. Ancor più devastanti potrebbero essere gli effetti di una deglobalizzazione.

 

Danilo Turco

 

 

Refugee Facility: uno strumento per la cooperazione tra Unione europea e Turchia

 

La Turchia, data la sua posizione geografica, è un Paese particolarmente interessato dalle attuali dinamiche dei flussi migratori. Questo Stato ospita più di 2.5 milioni di persone tra rifugiati e richiedenti asilo e ha già speso più di 7 miliardi di euro delle sue risorse per far fronte a questa problematica. Il 15 ottobre la Commissione europea ha raggiunto con la Turchia un’intesa per un Joint Action Plan al fine di costruire una cooperazione nella gestione dei flussi migratori sulla base di sforzi coordinati e per affrontare in modo più adeguato la questione della crisi dei rifugiati. Al Consiglio europeo del 15 ottobre 2015, i Capi di Stato e di Governo dei 28 Stati Ue supportarono l’accordo e il Piano d’azione congiunto. L’Action Plan individua una serie di condotte prioritarie e urgenti che l’Ue e la Turchia devono attuare mediante azioni congiunte e coordinate al fine di gestire l’ampio numero di persone che, sul suolo turco, richiedono protezione.

La Commissione europea il 3 febbraio 2016 ha accolto l’intesa tra gli Stati Ue sui dettagli relativi ai 3 miliardi di euro del Refugee Facility per la Turchia, un supporto che la Commissione suggerì il 24 novembre sulla base di una proposta di cooperazione Ue – Turchia per la gestione dei rifugiati. La Commissione ha concordato di aumentare il suo contributo a 1 miliardo di euro, rispetto ai 500 milioni in origine proposti a novembre. L’Ue ora sarà in grado di stanziare velocemente nuove risorse finanziarie a sostegno delle comunità ospitanti per far fronte alla presenza in Turchia di rifugiati siriani sotto protezione temporanea.

Lo strumento del Refugee Facility per la Turchia è la risposta alla richiesta del Consiglio europeo di un significativo finanziamento addizionale per supportare i rifugiati presenti sul suolo turco. Un meccanismo di coordinamento congiunto è previsto per le azioni finanziate con il budget dell’Ue e con i contributi nazionali degli Stati Ue al fine di garantire una gestione coordinata ed esaustiva delle necessità dei rifugiati e delle comunità ospitanti. Al fine di garantire il coordinamento, la complementarietà e l’efficacia dal punto di vista del finanziamento, il Comitato direttivo del Refugee Facility fornirà una guida strategica e deciderà quali tipi di azioni saranno supportate e mediante quali strumenti finanziari. Il Comitato direttivo sarà composto da rappresentanze della Turchia, degli Stati membri e della Commissione. Inoltre tale Comitato eseguirà il monitoraggio e la valutazione sull’implementazione del Refugee Facility.

L’assistenza fornita con il Refugee Facility sarà subordinata alla conformità da parte della Turchia dello Ue-Turkey Joint Action Plan, che mira a strutturare la gestione dei flussi migratori e ad arginare il fenomeno dell’immigrazione irregolare e, allo EU-Turkey Statement del 29 novembre 2015.

 

Danilo Turco

Deflazione: uno spettro sull’eurozona

Un ritorno della deflazione, se prolungata nel tempo, potrebbe arrecare degli effetti negativi su tutta l’economia europea.  In seguito a un debole tasso d’inflazione pari a +0.3% in gennaio, l’eurozona, secondo l’Eurostat, ha raggiunto -0.2% a febbraio. Per la prima volta da settembre 2015, il tasso di inflazione della zona euro è approdato a un valore negativo.

Le cause di questa diminuzione dipendono in gran parte da una debole crescita economica e dal nuovo assestamento del prezzo del petrolio che spiega la caduta dei prezzi dell’energia, con una diminuzione dell’8% in febbraio rispetto al 5.4% del mese di gennaio. Tuttavia anche altri settori, oltre a quello energetico, sono interessati da una diminuzione dei prezzi. Secondo l’Eurostat i settori dell’alimentazione, dell’alcol e del tabacco hanno visto i loro prezzi aumentare dello 0.7% il mese scorso invece dell’1% di gennaio. I prezzi dei beni industriali non energetici hanno subito un incremento pari allo 0.3% in febbraio, comparato allo 0.7% di gennaio, quelli dei servizi a febbraio sono aumentati dell’1% rispetto all’1.2% di gennaio.

La debole inflazione sottostante preoccupa molti economisti. Essa potrebbe avere un impatto negativo sui salari. La diminuzione dell’inflazione è una preoccupazione prioritaria di lunga data per la Banca Centrale Europea. “L’inflazione debole o lievemente negativa è una porta d’ingresso verso una logica deflattiva in cui la diminuzione dei prezzi si autoalimenta. […] Per incrementare le vendite le imprese devono lanciarsi in una guerra dei prezzi e tagliare i loro margini” (afferma il giornalista Romaric Godin nell’articolo “Zone euro: la menace déflationniste toujours d’actualité”, pubblicato da La Tribune, il 29/02/2016).

La deflazione, essendo uno scenario da cui è difficile uscire, preoccupa molto la BCE. In un tale contesto, è atteso un ulteriore impiego del dispositivo di Quantitative Easing da parte di Mario Draghi. Questa strategia, che ha già mostrato i suoi limiti in materia di inflazione, mediante il suo flusso di denaro potrebbe anche arrecare dei danni nella misura in cui una politica accomodante comprenda varie componenti di una miscela pericolosa in grado di promuovere bolle speculative (opinione espressa dal canale d’informazione tedesco Deutsche Welle nell’articolo “Kommentar: Don Marios Kampf gegen die Windmühlen” pubblicato il 29/02/2016).

Secondo l’economista Anatoli Annenkov, senza riforme economiche più sostanziali, l’obiettivo di un tasso d’inflazione pari al 2% non può essere raggiunto prima di 4 anni (“ECB under mounting pressure to step up eurozone support”, pubblicato il 29/02/2016 da The Guardian). Riforme economiche più sostanziali tuttavia, appaiono poco probabili nel breve periodo.

Danilo Turco

 

LIU•JO Luxury  a VicenzaOro

 Il salone della gioielleria e dell’orologeria di Vicenza  vede un ritorno atteso: Liu Jo Luxury Dal 3 al 7 settembre sarà infatti presente. Una decisione, quella di ritornare dopo la parentesi svizzera, anche legata alla nuova formula dell’evento lanciata dal presidente Matteo Marzotto.
“Con quasi tre milioni e mezzo di pezzi venduti tra orologi e gioielli negli ultimi 10 anni Liu Jo Luxury,  è il caso di successo più clamoroso nel mondo dell’orologio e del gioiello fashion  italiano. Un brand che si è imposto tra un pubblico vasto quanto competente, mantenendo stile, proprietà e management italiani” si legge nel comunicato diffuso per l’occasione dal brand italiano.

La società è stata costituita nel 2006 diventando in breve una delle poche realtà imprenditoriali italiane a operare nel settore del fashion a livello internazionale. Un fatturato in continuo aumento e più di 1600 punti vendita in Italia.

Salvatore Adinolfi

CETA: l’accordo UE-Canada

L’accordo UE-Canada denominato CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement) è diventato un tema molto delicato per la Commissione europea. Martedì 5 luglio, il commissario per il commercio Cecilia Malmström ha dovuto presentare una proposta per la ratifica dell’accordo tra l’Unione europea e il Canada concluso nell’autunno 2014. Diverse fonti europee assicurerebbero che la Commissione sosterrebbe una proposta di accordo “non misto”, soggetta solo all’approvazione del Parlamento europeo e dei 28 governi degli Stati membri dell’UE. Il presidente Juncker aveva difeso pubblicamente questa posizione davanti ai dirigenti europei martedì 28 giugno in occasione di un vertice a Bruxelles. Ciò nonostante, trovare nel Consiglio europeo una maggioranza di Stati disposti a sostenere un accordo “non misto” sembra sempre più complicato.

L’opposizione al CETA, quasi inesistente fino alla metà del 2015, da allora non ha cessato di crescere soprattutto in Francia, Germania, Belgio e Austria. Una parte della sinistra, degli ambientalisti e dei movimenti populisti solleva contro questo testo le stesse rimostranze con cui è stato criticato il TAFTA (Trans-Atlantic Free Trade Agreement) – l’accordo di libero scambio in corso di negoziazione con gli Stati Uniti – e cioè: la mancanza di trasparenza, il rischio di un peggioramento dei servizi pubblici e il perseguimento della liberalizzazione a oltranza.

La Commissione non punta a commettere una negazione della democrazia, ma sostiene che l’accordo CETA possa essere considerato come “non misto”. Bruxelles auspicherebbe una ratifica dell’accordo entro la fine del 2016, in seguito alle votazioni in seno al Consiglio e al Parlamento europeo. Un vertice UE-Canada con il primo ministro Justin Trudeau sarebbe già stato progettato per il mese di ottobre.

Questa primavera, il Parlamento vallone e quello lussemburghese hanno espresso alcune riserve sul CETA. La Slovenia inoltre, ha contestato il meccanismo di risoluzione delle controversie previsto dall’accordo tra gli Stati e le multinazionali.

Al fine di evitare un’entrata in vigore molto tardiva, la Commissione ha studiato la possibilità di raccomandare un’applicazione provvisoria dell’accordo CETA, nell’attesa delle approvazioni nazionali.

Gli attacchi diretti in generale contro la Commissione europea, giudicata troppo politica, e in particolare contro il suo presidente, che non esita a opporsi agli Stati su alcuni temi (come il CETA), si sono intensificati soprattutto dopo la vittoria del Leave in occasione del referendum nel Regno Unito.

 

Danilo Turco

Bank of England: il piano di rilancio post-Brexit

La Banca d’Inghilterra (Bank of England), in seguito al brusco rallentamento dell’economia britannica successivo alla votazione del 23 giugno in favore dell’uscita dall’Unione europea, giovedì 4 agosto ha diminuito i tassi al fine di stimolare l’economia colpita dall’impatto negativo del Brexit. Inoltre l’Istituto monetario britannico ha deciso di impiegare tutti gli strumenti di politica monetaria disponibili per iniettare liquidità nell’economia.

La Banca d’Inghilterra (Bank of England – BoE) giovedì 4 agosto ha deciso di lanciare un vasto programma di misure monetarie per stimolare l’economia britannica post-Brexit. Il governatore della BoE, Mark Carney, ha annunciato una diminuzione dei tassi, abbassando il costo del denaro dallo 0,5% allo 0,25%. Una decisione particolarmente attesa dalle imprese e dai mercati. Inoltre, BoE ha intenzione di incrementare il suo programma di riacquisto delle obbligazioni statali, il cui ammontare totale passerà a 435 miliardi di sterline (518 miliardi di euro). Infine sarà avviato un nuovo programma di acquisto di obbligazioni d’impresa per un ammontare massimo pari a 10 miliardi di sterline (71 miliardi di euro).

Tuttavia, BoE è conscia di quanto sia difficile l’attuale situazione britannica, pertanto ha annunciato una crescita debole in seguito alla scelta di uscire dall’UE. Il governatore Carney auspica che tali misure monetarie permettano di ridurre l’incertezza e di mitigare il rallentamento economico. Queste misure possono ridurre ulteriormente i margini delle banche e penalizzare i risparmiatori. L’istituto monetario britannico certamente non può sostenere da solo l’economia del Paese. Il Ministro delle Finanze, Philip Hammond, ha già escluso altre iniziative del governo prima dell’autunno.

 

Danilo Turco

Venezuela: vacilla Maduro

La colpa dei disordini sociali, della crisi politica, nonché della grave carenza idrica ed energetica che sta affliggendo il Venezuela ormai da febbraio, sarebbe del Niño.

Il fenomeno meteorologico che periodicamente interessa l’area dell’Oceano Pacifico, provocando inondazioni, siccità ed altre svariate perturbazioni, quest’anno si è abbattuto con il suo picco più devastante tra dicembre e gennaio portando con sé un considerevole aumento delle temperature delle acqua di superficie del Pacifico, un calo considerevole delle piogge e, dunque, anche la crisi idrica nel Venezuela che ha quasi esaurito la capacità di produzione di energia idroelettrica.

In realtà la situazione del Paese è ben più complessa e trova molta spiegazione anche nel drastico calo del prezzo del petrolio, che ha provato enormemente l’economia venezuelana, la quale fonda sulla produzione e l’esportazione mondiale del greggio larga parte del suo PIL; tuttavia il governo ha scelto il capro espiatorio perfetto, muto e incapace di difendersi, per poter giustificare gli interventi severi e poco tempestivi che ha dovuto varare per correre ai ripari.

Per risparmiare energia è stata ordinata la riduzione dell’orario di lavoro degli impiegati pubblici, che da aprile hanno visto tagliata la settimana lavorativa a soli due giorni, sono stati imposti ai centri commerciali orari ridotti nel caso non possano autoprodurre elettricità nelle ore di maggior consumo, anche gli orologi sono stati spostati in avanti di mezz’ora per ridurre la domanda di energia elettrica in prima serata.

Intanto, mentre il Paese è sull’orlo di una rivolta, spinto dalla fame e dalla difficoltà di reperire beni di primaria necessità come farmaci e d’acqua, l’opposizione chavista, forte nel Parlamento ed ostile al Presidente Nicolas Maduro, ha raccolto le firme necessarie per richiedere un referendum contro l’attuale Governo, il quale sta rispondendo agli attacchi politici ed alle manifestazioni di piazza con la repressione ed il pugno duro.

Maduro ha, inoltre, deciso di prorogare ad oltranza lo stato di emergenza economica nel Paese, dichiarando tale misura: “fondamentale per sconfiggere il colpo di stato e la guerra economica in atto, in modo da stabilizzare il Paese e affrontare le minacce esterne contro la patria”.

Tutto questo mentre continuano a circolare in tutto il mondo le inquietanti immagini dei black out elettrici quotidiani programmati in tutto il Venezuela.

 

Rossella Marchese

Protom assume 40 esperti IT

Napoli, Milano, Verona, Bologna e Torino saranno le sedi di lavoro dei 40 esperti IT figure che la Protom intende inserire nel proprio organico.

Analisti e sviluppatori Java, sia senior che junior, esperti in Network&Security, sistemisti Microsoft, analisti Tibco, sviluppatori .Net C# e QLikView, analisti e sviluppatori K2 e User Interface Designer. Queste alcune delle figure che entro 6 mesi potranno entrare nel team di Protom società leader a livello europeo nei servizi avanzati di ingegneria e consulenza nello sviluppo di progetti e soluzioni ad alto grado di innovazione.
Dati di bilancio positivi con ricavi in aumento di oltre il 20%, per un totale di più di 14 milioni di euro e l’Ebitda raddoppiare, attestandosi a 3,5 milioni di euro, pari al 25% dei ricavi.
Cuore tutto napoletano ma con visione internazionale con una sede in Francia a Tolosa e l’ufficio commerciale e di comunicazione in Inghilterra a Londra.

Fondata nel 1995 come società di consulenza specializzata nella formazione, oggi è una realtà complessa, con attività diversificate con tre Business Unit oltre all’ IT: Advanced Engineering, PA Consulting e Training.

User comments

Fabio De Felice

Fabio De Felice è il fondatore di questa interessante realtà meridionale di cui si dichiara orgoglioso per la capacità di riuscire “ad  attrarre e trattenere così tante figure altamente qualificate sul territorio e in Italia. La nostra forza è la capacità di integrare competenze interne ed esterne, costruendo team eterogenei, con background differenti. È questa impostazione che ci rende capaci di soluzioni altamente innovative, senza perdere l’approccio tailor-made per una realizzazione personalizzata e ottimale di ciascun progetto.
La sede direzionale a Napoli è un valore aggiunto: la città si candida a diventare una delle capitali italiane dell’IT,  grazie alla presenza di competenze di alta qualità formate dagli atenei del mezzogiorno, che oggi attraggono anche colossi come Ibm, Microsoft, Cisco e, ultima in ordine di tempo, Apple”.
In un momento difficile per l’occupazione l’iniziativa di Protom apre uno spiraglio di speranza a quanti in possesso delle necessarie competenze digitali e di programmazione, potranno partecipare alla selezione e ancor più essere fra i 40 selezionati per andare ad arricchire l’area IT di Protom, guidata da  Giuseppe Santoro. Quest’area  – sottolineano da Protom – “è cresciuta negli anni grazie all’ingresso nell’azienda di un nucleo fondante di manager e professionisti di Olivetti Ricerca e di numerosi e brillanti giovani provenienti dal mondo Universitario Campano che hanno trovato nel nostro gruppo l’opportunità di esprimere il loro talento”.
“L’area It- dichiara Giuseppe Santoro- ha saputo capitalizzare le competenze accumulate negli anni, sviluppando soluzioni ad alto grado di innovazione negli ambiti della  System Integration e della realtà virtuale e immersiva, sia con ambiziosi progetti in partnership con player internazionali del settore, sia con il rilascio di innovativi prodotti sviluppati al nostro interno, ottenendo in pochi anni riconoscimenti nei mercati della PA, delle imprese e delle telecomunicazioni.”
Le figure ricercate sono:
Programmatori Java
Ottima conoscenza della piattaforma J2EE, buona conoscenza nel disegno e programmazione di basi dati, – Ottima conoscenza dei linguaggi di front-end quali HTML, CSS, Javascript, Conoscenza approfondita di ambienti, tecnologie e framework Open Source: Struts, Jquery, Json, Hibernate, Spring, Maven,
Programmatori .Net
Ottima conoscenza di C# – .NET Framework 4.5 – Database: Sql Server – Linguaggi: Html5, Xml, Css3, Javascript – MS Visual Studio 2013/2015 – Piattaforme Web: MVC; ASP.NET – ORM: NHibernate o Entity Framework
Programmatori PL/SQL
Ottima conoscenza di PL/SQL e SQL –  Eccellente padronanza del DB Oracle –  Dimestichezza con Oracle PL/SQL Developer –  Plus: aver acquisito certificazioni Oracle.

Programmatore ABAP
Si richiede conoscenza del linguaggio ABAP e JAVA e del customzing di base ( moduli MM-SD-FI-CO-Retail-WM).
Programmatore TIBCO
Si richiede competenza per installazione e configurazione di Tibco Businessworks, Tibco IProcess, Tibco Adapter Active Database, Tibco Adapter for File, WebServices su Tibco BusinessWorks, Tibco RendezVous,Tibco EMS,Tibco HAWK, PL/SQL, Oracle.
Sono auspicabili competenze in ambito Scripting Unix, Tortoise SVN, .NET

I  cv vanno inviati a recruiting@protomgroup.com

Alessandra Desideri

 

Unisin: bene ok UE a piano MPS ma bisogna tutelare i lavoratori

“Il risultato degli stress test evidenzia quello che Unisin (n.d.r. Unità Sindacale Falcri Silcea) ha sempre sostenuto. Ovvero, che le Banche Italiane, che durante la lunga crisi hanno sostenuto l’economia reale rispetto alle attività maggiormente speculative privilegiate da altre banche europee, non hanno nulla da invidiare ai competitors continentali, tutt’altro – dichiara il Segretario Generale aggiunto di Unisin Sergio Mattiacci – e quindi ora basta con le speculazioni contro il nostro Paese e contro la nostra economia”.

“Esprimiamo inoltre soddisfazione per la decisione della BCE e della stessa Commissione Europea in merito alla approvazione del piano di ricapitalizzazione del Mps che oltre ad essere la Banca più antica  è tornata, da tempo, a registrare trimestrali in utile e questo grazie all’impegno ed al sacrificio di tutti i dipendenti”, aggiunge il Segretario Mattiacci”.

“Relativamente ai dipendenti occorre ricordare che gli stessi in passato hanno accettato grandissimi sacrifici economici, e non solo, per consentire il rilancio della loro Banca andata in difficoltà, è bene ricordarlo, per gli errori e le azioni di un management non affidabile. Per tali ragioni Unisin – conclude Mattiacci – non consentirà che a pagare il conto del risanamento siano ancora una volta i lavoratori che, nei momenti più difficili conseguenti il susseguirsi di notizie negative sull’intero Gruppo Bancario, si sono distinti per serietà ed attaccamento alla loro Azienda”.

 

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