Addio al sociologo e filosofo Zygmunt Bauman, lo “sdoganatore” dell’idea di liquidità postmoderna

Se si volesse accostare un aggettivo al nome di Zygmunt Bauman, questo sarebbe sicuramente “liquido”.

Liquida è la società postmoderna “se le situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure”, liquida è la vita “quando non si è in grado di conservare la propria forma o di tenersi in rotta a lungo”, liquida è anche la ricerca della felicità, da quando abbiamo dimenticato cosa sia: “alla sua costruzione, ricerca, speranza abbiamo sostituito il desiderio. E il desiderio del desiderio: un castello di carta che, generando iperconsumo di massa, ha dissolto legami, relazioni, forme del fare e del convivere”, la soluzione a ciò?: “La felicità è risolvere problemi, non anestetizzarsi”. Sono solo alcune delle frasi del sociologo e teorico polacco della “società liquida”, Zygmunt Bauman, nato a Poznan nel 1925 e morto a Leeds il 9 gennaio 2017.

In quanto ebreo, Bauman dovette fuggire nella zona di occupazione sovietica dopo che la Polonia fu invasa dalle truppe tedesche nel 1939 all’inizio della Seconda Guerra Mondiale. Successivamente, divenuto comunista, si arruolò in una unità militare sovietica.

Fu dopo la guerra che incominciò a studiare sociologia all’Università di Varsavia e lo fece all’inizio con l’approccio tipico del fedele marxista, ma poi, quando anche il Comunismo dell’Europa orientale assunse i tratti dell’antisemitismo, la vita di Bauman cambiò nuovamente, si trasferì prima in Israele, ad insegnare sociologia all’Università di Tel Aviv, poi in Inghilterra, presso l’Università di Leeds.

Un mutatore di pelle, Zygmunt Bauman, che testò su di sé la sua teoria della società liquida; intento a spiegare la postmodernità attraverso le metafore di modernità liquida e solida, ha fatto derivare l’incertezza che attanaglia il nostro tempo dalla trasformazione dei suoi protagonisti da produttori a consumatori. Con la fine delle grandi “narrazioni” del Novecento, cioè le ideologie, prima tra tutte il Comunismo che egli seguì con passione, Bauman comprese l’impossibilità di mantenere intatta la pretesa di vivere secondo verità assolute e costruì il suo pensiero sulle ceneri del Secolo Breve.

Le morali sono tante, quante le individualità che circolano in una società liquida.

Ma questa non è l’estremizzazione del relativismo, piuttosto la teorizzazione delle possibilità; Zygmunt Bauman ci lascia con una prospettiva: “la felicità sarà la sfida dell’umanità presente, per la sua dignità futura”.

Rossella Marchese

 

seers cmp badge