Giornata Mondiale della Poesia. Solo la poesia ispira poesia

Solo la poesia ispira poesia

Ralph Waldo Emerson

Oggi si celebra la Giornata Mondiale della Poesia. La data, che segna anche il primo giorno di primavera, riconosce all’espressione poetica un ruolo privilegiato nella promozione del dialogo e della comprensione interculturale, della diversità linguistica, della comunicazione e della pace. La celebrazione della Giornata Mondiale della Poesia rappresenta “l’incontro tra le diverse forme della creatività, affrontando le sfide che la comunicazione e la cultura attraversano in questi anni”, spiega Giovanni Puglisi, già Presidente della Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco. “Tra le diverse forme di espressione, infatti, ogni società umana guarda all’antichissimo statuto dell’arte poetica come ad un luogo fondante della memoria, base di tutte le altre forme della creatività letteraria ed artistica”.

Cos’è la Poesia?

Certo, un componimento in versi! Definizione universalmente riconosciuta e tecnicamente ineccepibile. Tutti i dizionari vi concordano, taluni ci spiegano anche che l’etimologia della parola poesia sia da ricollegare al latino pŏēsis dal greco ποίησις, derivato a sua volta da ποιέω, produrre, fare, creare ed, in senso più ampio, comporre. Andando ancora più indietro, si risale alla radice sanscrita pu- che ha appunto il significato di generare, procreare.

Tutto parrebbe davvero molto concreto. Forse, chissà per sottolineare l’immane fatica che si compie per crearla: un viaggio faticoso, scosceso, una scalata a mani nude ad esemplificare un dolore che per tanti è condizione ontologica. Dalla prima poetessa della storia di cui si abbia notizia, la sacerdotessa sumera Enheduanna, vissuta nella Mesopotamia del XXIV secolo a.C., per raccontare una quotidianità quasi atemporale, una vita vissuta in una costante condizione di anonimato in cui, eppure, nell’anno manzoniano, ricordando Il Cinque Maggio non si stenta a non riconoscere il contesto storico in cui la vita si svolge. Un balsamo in un tempo politico, sociale ed economico che grida l’impellente bisogno di tessere un dialogo con sé stessi, per lenire la conflittualità interiore.

Ed il fine, lo scopo della Poesia? Qual è? No, è un mezzo: la Poesia ci aiuta ad esprimere ciò che non siamo capaci di comunicare, “la poesia educa il cuore, la poesia fa la vita, riempie magari certe brutte lacune, alle volte anche la fame, la sete, il sonno.”, scriveva Alda Merini, nata proprio il 21 marzo, neLa pazza della porta accanto”.

Ed ora, la voce dei Poeti per provare a definire ciò che esprime bellezza, gioia, allegria, serenità, ma anche afflizione, tormento, amarezza, malinconia e rimpianto.

Per Charles Bukowski “La poesia dice troppo in pochissimo tempo.

Per Stéphane Mallarmé “La poesia il sublime mezzo per il quale la parola conquista lo spazio a lei necessario.”

Per George Steiner “L’incertezza di significato è poesia incipiente.”

Per Antonin Artaud “La poesia è molteplicità triturata e che restituisce fiamme.”

Per Andrea Zanzotto “La poesia è sempre più di attualità perché rappresenta il massimo della speranza.”

Per Thomas Stearns Eliot “La poesia è fuga dall’emozione.”

Per Edoardo Sanguineti “Uno sguardo vergine sulla realtà: ecco ciò ch’io chiamo poesia.”

Per Pier Paolo Pasolini “La poesia è qualcosa di oscuro che fa luminosa la vita.

Per Walt Whitman “La poesia (come una grande personalità) è il frutto di molte generazioni – di molte rare combinazioni. Per avere grandi poeti occorre avere anche un grande pubblico.

Per Pablo Neruda “La poesia è un atto di pace. La pace costituisce il poeta come la farina il pane.”

Giuseppina Capone

Gli Uffizi come miglior museo italiano, parola del World Art Awards 2023

Sullo sfondo di una Firenze ancora scossa per l’ennesima azione di protesta degli ambientalisti che il 17 marzo hanno imbrattato con vernice arancione lavabile la facciata di Palazzo Vecchio, sede del municipio in piazza della Signoria, arriva un doppio e prestigioso riconoscimento per il capoluogo Toscano.

Il sito internazionale “American Art Awards” riconosce la Galleria degli Uffizi, diretta da Eike Schmidt e situata proprio adiacente a Piazza della Signoria nel centro storico (e che dal 1° marzo 2023 ha alzato il costo del biglietto d’ingresso in alta stagione a 25 euro), come miglior museo italiano nel 2023, inserendolo inoltre nella top 20 dei musei più importanti al mondo nell’anno in corso.

Il sito ogni anno stila la classifica “World Art Awards”, selezionando 20 tra i più affascinanti spazi tra gallerie e musei dell’intero globo tramite criteri chiave per la scelta come: la reputazione nel settore, l’importanza delle mostre organizzate, i programmi socio-educativi, gli artisti rappresentati ed il numero dei visitatori.

Nelle motivazioni di “World Art Awards” si legge: “Per noi è il Best in Italy, il più visitato, il più grande e il più conosciuto al mondo. Alla galleria degli Uffizi vi sono esposte una collezione di opere inestimabili, in particolare del periodo del Rinascimento italiano. Giotto, Simone Martini, Piero della Francesca, Beato Angelico, Filippo Lippi, Botticelli, Mantegna, Correggio, Leonardo, Raffaello, Michelangelo, Caravaggio, nonché capolavori della pittura europea, soprattutto tedesca, olandese e fiamminga”.

Tra i Paesi premiati nel 2023, oltre all’Italia con gli Uffizi, vi sonoil Canada con la Vancouver Art Gallery, il Ghana con la Savannah Center for Contemporary Art, il Portogallo con la sua Balcony Contemporary Art Gallery, la Francia il cui museo migliore è quello delle Belle Arti di Lione e l’Inghilterra con la Wolverhampton Art Gallery.

Camilla Golia

Marzo Donna con la Poesia. Armando Fusaro: Il Tempo

24Il Tempo


Il tempo è prezioso AMORE,
il nostro non è vendicativo.
Certe volte vorrei fermarlo e
a volte farlo passare in fretta
per la mia superbia convenienza.

Non posso ma vorrei farlo!…
Ci provo con carta e penna
solo per te mio unico AMORE.
Vorrei passasse in fretta
questo tempo, per stringerti
e baciarti ogni momento!…

Prigioniero sono del tiranno e,
non posso farlo.
L’orologio biologico del tempo,
con il suo ticchettio non lo permette.
Il tempo fa’ il suo mestiere,
ci sarà Colui che può fermarlo?

Noi creature di questo prezioso tempo
sappiamo di non sprecarlo e,
di non perderlo!…
Il tempo è passato amore,
forse sprecato e…
adesso non ritorna più…
peccato, AMORE peccato!!!…

Armando Fusaro

 

 

La Napoli di Artemisia Gentileschi

Artemisia Gentileschi è una delle rare firme femminili dell’arte italiana del 1600. Figlia di un’artista, è ben istruita e mostra fin da subito una predisposizione naturale verso la pittura. Un talento il suo, che cresce ed influenza il panorama artistico delle capitale del viceregno quando decide di recarsi proprio a Napoli e vi rimane, affascinata dal’atmosfera partenopea, tra il 1630 e il 1653, anno della sua morte.

Escludendo un breve viaggio a Londra alla fine degli Anni ‘40 del 1600, Artemisia decide quindi di trascorrere buona parte della sua vita nel napoletano, dando origine ad opere d’arte di estrema bellezza.

L’omaggio della città alla pittrice prende forma grazie alla prima mostra nella nuova sede del museo napoletano delle Gallerie d’Italia in Via Toledo, dedicata proprio al suo soggiorno divenuto un capitolo fondamentale nell’arte e nella vicenda biografica di Artemisia.

La mostra, realizzata in special collaboration con la National Gallery di Londra e in collaborazione con il Museo e Real Bosco di Capodimonte, l’Archivio di Stato di Napoli e l’Università di Napoli L’Orientale, inaugurata il 3 dicembre 2022 resterà aperta fino al 20 marzo 2023 e presenterà un’accurata selezione di opere provenienti da raccolte pubbliche e private, italiane ed internazionali, in grado di esplorare l’enorme successo di Artemisia Gentileschi e restituire un’immagine attendibile della grandezza artistica di questo complesso momento storico. Il percorso espositivo, infatti, presenta sia 21 opere realizzate da Artemisia (per la prima volta sono esposte al pubblico italiano capolavori come la giovanile Santa Caterina d’Alessandria, di recente acquisita dalla National Gallery di Londra, ma anche le grandi commissioni pubbliche della pittrice, dall’Annunciazione di Capodimonte a due delle tre monumentali tele realizzate tra il 1635 e il 1637 circa per il coro della cattedrale di Pozzuoli, il San Gennaro nell’anfiteatro e i Santi Procolo e Nicea, quest’ultima restaurata per l’occasione), sia le opere realizzate da artisti di primo livello a lei strettamente collegati, per lo più attivi a Napoli negli stessi anni della pittrice, come Massimo Stanzione, Paolo Finoglio, Francesco Guarino, Andrea Vaccaro o la riscoperta “Annella” Di Rosa, la maggiore artista napoletana della prima metà del Seicento, anche lei vittima – secondo una tradizione antica però inattendibile – della violenza di genere.

La realizzazione della mostra è stata preceduta da una intensa attività di indagine scientifica e di ricerca archivistica che ha restituito nuovo e importante materiale per la biografia di Artemisia. Si sono finalmente chiarite le circostanze dell’arrivo di Artemisia Gentileschi a Napoli, nel 1630, direttamente da Venezia, così come si sono aggiunte ulteriori tracce per quegli anni afflitti da difficoltà economiche, sia la sua vicenda privata (il concubinato della figlia Prudenzia Palmira e il matrimonio riparatore seguito alla nascita del nipote Biagio, nel 1649), sia alcuni degli aspetti salienti della sua attività, a cominciare dal ruolo della committenza vicereale e borghese, per finire con le relazioni tra Artemisia e le accademie letterarie, che già in vita contribuirono ad amplificarne la fama.

Una mostra quindi da non perdere per scoprire, o riscoprire, il talento di questa grandissima artista, figlia acquisita della città di Napoli.

Camilla Golia

Chiara Macor: Enrico Caruso. Una canzone d’amore

Enrico Caruso. Una canzone d’amore” appare non come un saggio biografico bensì come una biografia romanzata.

Per quale ragione ha preferito adottare questa specifica tipologia narrativa per esemplificare una figura tanto complessa, carismatica, prodigiosa di cui, ad oggi, non esiste una biografia perfettamente aderente alle peculiarità del genere?

Insieme all’Associazione Alessandro Scarlatti e al suo direttore Tommaso Rossi, abbiamo cercato di immaginare la formula più adatta che ci permettesse di raccontare ad un vasto pubblico non specializzato, le vicende umane di alcuni dei più importanti interpreti della musica napoletana ed europea. Per questo motivo abbiamo pensato di creare una serie di biografie a fumetti, che compongono appunto la collana pubblicata da Guida Editori, chiamata “Scarlatti Musicomics”.

Il nostro scopo è quello di formulare una narrazione avvincente che permetta ai curiosi di avere un primo incontro con figure storiche importanti e complesse come, in questo caso, Enrico Caruso, per far sì che nasca una curiosità sul personaggio che li conduca poi ad approfondire il discorso, avvicinandosi così alla musica classica e alla sua storia.

Il nostro progetto è nato già nel 2021 quando abbiamo pubblicato il primo volume della collana chiamato “La Musica nel Sangue. Alessandro e Domenico Scarlatti”. Anche in questo caso si tratta di una biografia romanzata a fumetti dedicata al rapporto padre e figlio di questi due grandi musicisti.

Il prossimo numero sarà invece sul viaggio di Mozart a Napoli, e dovrebbe vedere la luce nel 2023.

Il fumetto “Enrico Caruso. Una Canzone d’Amore” vede la collaborazione di molti professionisti del settore. In effetti io ne ho curato il soggetto e la sceneggiatura, mentre i disegni sono di Alessio Petillo, i colori di Chiara Imparato e la direzione artistica è di Pako Massimo. Tutta la nostra squadra ha fatto sì che questo romanzo a fumetti raccontasse uno spaccato della vita del tenore, veicolato attraverso la nostra sensibilità di artisti. Di certo non c’era la volontà di fare una pedissequa ricostruzione della sua storia (di fatto in 64 pagine di fumetto sarebbe stato impossibile, vista la densità di eventi che lo coinvolgono), quanto piuttosto di creare attenzione sul suo personaggio, cercando di dare un taglio interpretativo.

Per scrivere questa sceneggiatura ho dovuto documentarmi a lungo sulla figura del tenore, e sono rimasta veramente sorpresa dalla quantità di aneddoti (non sempre attendibili) che lo riguardano. Leggendo tutta la documentazione la domanda che mi sono posta costantemente durante la scrittura di questa biografia era sempre la stessa: chi era veramente Enrico Caruso? Dove finisce il mito e dove inizia l’uomo? È una domanda alla quale non ho trovato risposta, e spero che chi avrà modo di leggere il nostro fumetto cercherà di trovare un proprio punto di vista sulla questione.

L’uso “anatomico” del diaframma, dei polmoni, delle corde vocali fanno sì che Caruso continui a detenere il primato nell’ambito dell’evoluzione musicale.

Produzione vocale eccezionale o addirittura “divina”.

Quali sono le specificità della voce di Caruso?

Caruso ha avuto la fortuna di essere la voce giusta in un momento storico del tutto peculiare, denso di grandi cambiamenti in ogni campo.

Sicuramente la stagione del verismo nell’Opera ha fatto sì che i compositori vedessero, nel timbro scuro e drammatico del cantante e nelle sue capacità attoriali, la possibilità di distaccarsi da una tradizione della quale non si sentivano più interpreti, guardando ad un più moderno e realistico ventaglio di situazioni drammatiche e  musicali.

A questo va aggiunto anche il fatto che Caruso è stato uno dei primi ad incidere la propria voce su disco. Di fatto ha visto nascere e ha contribuito a sviluppare l’industria musicale. Questo fatto che la sua voce sia stata una delle prime ad essere registrate rappresenta di certo un elemento fondamentale per comprenderne la grande fortuna. Il disco ha permesso al nostro tenore di farsi conoscere in tutto il mondo e da tutte le classi sociali: chiunque avesse un grammofono poteva sentire l’opera lirica e la voce di Enrico Caruso, ed in pochissimo tempo il nostro tenore è diventato uno dei primi veri Divi del Novecento.

Caruso divenne noto poiché era stato capace di condividere incessantemente con il prossimo anche la “natura intellettiva” della sua arte. Ebbene, si potrebbe asserire che la magia di Caruso consista nel lasciare che ognuno senta come propria la sua voce?

Caruso, come dicevo prima, è stato uno dei primi divi. Non solo fu attivo nell’ambito dell’emergente industria discografica, ma fu anche una sorta di influencer. Pubblicizzava prodotti, come le sigarette egiziane di cui era grande consumatore.

Abbiamo numerosissime testimonianze di amici e colleghi che ci raccontano di un Caruso umile, umano, generoso e costantemente pronto ad aiutare il prossimo. Divenne, peraltro, anche un punto di riferimento per le prime comunità italiane di New York. Abbiamo inoltre traccia della sua grandissima recitazione nel film My Cousin che girò nel 1918.

Evidentemente Caruso doveva apparire al pubblico come una persona vera, anche quando recitava. Forse anche questa sua maschera di uomo del popolo ha fatto in modo che le persone di qualsiasi ceto e rango simpatizzassero con lui e si sentissero emotivamente coinvolte dalle sue vicende, sia quelle personali sia quelle vissute dai suoi personaggi sul palcoscenico.

Caruso resta un filo conduttore tra due epoche, quella sua povera ma ricca di iniziative e quella attuale, moderna benché sterile di progetti nei termini dell’Arte.

A suo avviso, è collocabile nel tempo o travalica il tempo?

Sicuramente Caruso è diventato un’icona della nostra storia. Ma lo è diventato proprio perché ha saputo sfruttare tutti gli strumenti che la sua epoca gli ha offerto. Sicuramente il suo vissuto lo rende ancora oggi un personaggio moderno e attraente per il pubblico contemporaneo.

Lo spirito libertario di Caruso si espresse attraverso l’incessante opera di carità verso gli ultimi ed i più deboli.

Caruso fu anche un generoso Mecenate: in nome di quali principi etici e morali?

Il fatto che Caruso fosse sempre attento ai più deboli (soprattutto se compatrioti), ligio al dovere e al lavoro, compassionevole verso chi aveva più bisogno, credo facesse parte davvero del suo carattere. Era un ragazzo nato e cresciuto in un quartiere molto povero, in una famiglia umile. È riuscito, grazie alla sua arte, a raggiungere l’apice della carriera e della notorietà, diventando anche ricco. Studiando molte testimonianze di persone che l’avevano conosciuto, mi sono fatta l’idea che forse Caruso avesse sempre nel cuore le sue umili origini, che non le abbia mai rinnegate, e per questo motivo si comportava con chi aveva più bisogno d’aiuto come un uomo che usava il successo che si era guadagnato anche come un’opportunità per fare del bene a chi invece non aveva avuto la sua stessa sorte.

 

Chiara Macor. Storica dell’arte, musicista e scrittrice. In qualità di sceneggiatrice ha collaborato con The Jackal, la Scuola Italiana di Comix, Fondazione Melanoma Onlus, il MANN, Comicon Edizioni, Associazione Alessandro Scarlatti e altre istituzioni locali e nazionali, scrivendo guide a fumetti per la valorizzazione del patrimonio storico artistico e sulla divulgazione scientifica.

Cura la collana “Scarlatti Musicomics” per l’Associazione Alessandro Scarlatti, pubblicata da Guida Editori. Ha scritto soggetto e sceneggiatura di “Amici per la Pelle”, cortometraggio nato da un’idea del prof. Ascierto, con Gigi e Ross per la regia di Angela Bevilacqua e prodotto dalla Bronx Film, vincitore dell’edizione 2022 dell’Ischia Film Festival nella sezione Scenari Campani.

È docente di Scrittura Creativa per il Corso di II Livello in Design della Comunicazione e per il corso di II livello di Cinema presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli. Insegna Sceneggiatura e Storytelling alla Scuola Italiana di Comix.

Giuseppina Capone

 

L’evento “Planta, non solo giardino” all’Orto Botanico di Napoli

Napoli è di nuovo protagonista di un emozionante evento: “Planta, il giardino e non solo”, si terrà domenica 5 maggio fino a martedì 7 maggio 2023 all’interno dell’Orto Botanico di Napoli.

Per chi ama la natura, passeggiare tra le incantevoli coreografiche piante, i colorati e profumati fiori, non può non approfittare di questo momento per trascorrere una giornata in famiglia in un giorno di primavera. Arrivata oramai alla sua IX edizione, la Mostra Mercato di Planta, è dedicata al florovivaismo di qualità. Diverse  saranno le aziende che parteciperanno all’evento e tutte selezionate a seconda del loro impegno sul lavoro di ricerca, autoproduzione e, soprattutto, l’azienda che ha mostrato di avere maggiore attenzione alla sostenibilità ambientale è stata scelta con maggiore preferenza. Durante la mostra saranno in esposizione prodotti per la realizzazione di orti e giardini, utensileria, collezioni botaniche esclusive, prodotti naturali ed arredo da esterni. Ad impreziosire l’evento, ci saranno kermesse artistiche e musicali per accompagnare gli ospiti con una dolce melodia. Ci sarà anche “Bimbi in Planta” per i più piccoli; intrattenimento tra giochi sempre a tema flower.

Storia Orto botanico Napoli

L’Orto Botanico, situato in via Foria a Napoli, appartiene all’Università Federico II. All’interno dell’Orto vi sono oltre 900 specie vegetali e quasi 25000 esemplari diversi.  L’Orto è stato fondato il 28 dicembre del 1807 con decreto di Giuseppe Bonaparte, anche se l’iniziativa fu del re Ferdinando IV ma, a causa della Rivoluzione Napoletana del 1799, la costruzione fu irrealizzabile. Al termine della rivoluzione, furono due architetti a iniziare il progetto: Giuliano de Fazio (autore della facciata monumentale e del viale a essa perpendicolare) e Gaspare Maria Paoletti che terminò, invece, la parte inferiore. Michele Tenore fu il primo direttore dell’Orto nel 1811. Tenore si interessò all’attività scientifica e alle relazioni esterne; fece coltivare sia piante esotiche ma anche molte specie di uso per quanto riguarda il campo della medicina.

Nel 1861 fu nominato direttore Guglielmo Gasparini migliorando ancor di più la qualità delle piante dell’Orto; accolse piante alpine, fece costruire una nuova serra riscaldata, e valorizzò anche il Museo botanico. Nel 1868 la direzione dell’Orto passò a Vincenzo Cesati, ancora, nel 1983 fu Giuseppe Antonio Pasquale ad occupare il posto di direttore. Federico Delpino, direttore dal 1893 al 1905, ebbe diverse difficoltà nella gestione dell’orto. Ma, nel 1906, la gestione passò a Fridiano Cavara che aveva come scopo quello di rinnovare diverse strutture, aumentare le collezioni e istituire la Stazione sperimentale per le piante officinali. Biagio Longo fu il direttore del 1930.

Nel 1940, all’interno della Mostra d’Oltremare si tenne una riunione della Società Botanica italiana.  Dopo la guerra, i danni dovuti dai bombardamenti furono notevoli; sottrazione di ferro per uso militare, popolazioni rifugiate all’interno dell’orto e uso dei terreni per coltivazione di cibo per sopravvivenza e tante altre conseguenze distruttive per l’Orto.

Il primo direttore dopo il dopoguerra fu Giuseppe Catalano. Il suo compito fu quello di ristrutturare l’Orto e riguardo l’arricchimento delle piante. Valerio Giacomini lo sostituì nel 1959. Per la storia dell’Orto  il momento importante fu nel 1963 quando direttore fu nominato Aldo Merola. Grazie a lui, nel ‘67, l’Orto ottenne autonomia economica e amministrativa e questo diede l’opportunità di ricevere finanziamenti straordinari per migliorare l’architettura dell’Orto.  Grazie a questo finanziamento, Merola riuscì a far realizzare diverse serre. Ma, nel 1980 l’Orto fu nuovamente rifugio per molte persone a causa del terremoto che, non solo fu invaso dalla popolazione, ma subì numerosi danni a causa delle forti scosse (periodo di direzione di Giuseppe Caputo). Nel 1981 iniziarono la totale ristrutturazione  della struttura seguito dal nuovo direttore Paolo De Luca.

Alessandra Federico

Il sogno di essere napoletano.Gli ottanta anni di Lucio Dalla celebrati al MANN a Napoli

“Un giorno di grande gioia!”. Il semplice, veritiero incipit di Paolo Giulierini, direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, saluta l’affollata platea di giornalisti, addetti ai lavori, rappresentanti la Musica, la Cultura Italiana, semplici amici del festeggiato ritrovatisi presso l’auditorium del MANN nella tarda mattinata del quattro marzo.

Un sabato italiano, napoletano, appena bagnato da una pioggia lieve e discontinua.

In una giornata dove il meteo incrocia ricordi recenti – il Vesuvio imbiancato dalla neve –

con l’approssimarsi dei venti miti di scirocco annunciatori di una primavera imminente.

“Lucio da lassù ci guarda e sarebbe felice che il suo ottantesimo compleanno sarebbe stato a Napoli.”

L’incipit di Alessandro Nicosia inaugura, nell’emozionante atmosfera, la conferenza stampa che apre ufficialmente la mostra evento dedicata a uno degli artisti più amati della nostra storia. “Lucio Dalla. Il sogno di essere napoletano”, prosegue il percorso iniziato un anno fa a Bologna, approdato con enorme successo a Roma.  Giunto nella città del cuore in occasione degli Ottanta anni trascorsi dalla nascita.

La mostra, promossa da MANN Museo Archeologico Nazionale di Napoli e Fondazione Lucio Dalla con Ministero della Cultura, con la collaborazione e il sostegno di Regione Campania e Fondazione Campania dei Festival è organizzata e prodotta da C.O.R. Creare Organizzare Realizzare. L’esposizione a cura di Alessandro Nicosia con la Fondazione Lucio Dalla, con il supporto di Lavoropiù è inclusa nelle iniziative “Il MANN per la città”.

L’attività vede la partecipazione di Archivio Luce Cinecittà. Con il patrocinio di RAI e la collaborazione tecnica di SIAE Società Italiana degli Autori e degli Editori, Universal Music Publishin Group, Grand Hotel Vesuvio e Broker Insurance Group. Il pregiato catalogo affidato a Skira editore.

Improbabile condensare in poche righe, le sensazioni di unanime empatia, oltre i contenuti e le testimonianze vitali offerte nel corso dell’incontro. Ancora più complicato descrivere l’intimo, struggente allestimento dei locali adibiti a ospitare la mostra.

Un termine non sufficiente a rappresentare un viaggio emozionale in un tempo e in uno spazio che trascendono i limitati recinti dell’umana ratio.

“Napoli era una nazione per Lucio. La cicogna aveva sbagliato sede facendolo nascere a Bologna”– ricorda Nicosia – fra gli innumerevoli aneddoti di uno sviscerato rapporto d’amore fra l’artista bolognese e il suo Regno, ai piedi del Vesuvio.

Fra i saluti istituzionali non poteva non risaltare il sempre originale intervento “a braccio” del Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, prodigo nell’omaggiare alla sua maniera, il talento geniale e innovatore di Dalla.

Incarnato in una napoletanità amata, vissuta e approfondita con uno studio quotidiano della lingua per più lustri della sua straordinaria vita.

Dopo l’avvio a Bologna, nella prestigiosa sede del Museo Civico Archeologico, la grande

Mostra ha fatto tappa a Roma, nella splendida cornice del Museo dell’Ara Pacis, per poi

festeggiare a Napoli, con l’inaugurazione del 4 marzo 2023, quello che sarebbe stato l’ottantesimo compleanno dell’artista.

Se la prima tappa è stata dedicata al legame indissolubile tra Lucio Dalla e la città natale,  la seconda ha rievocato i lunghi periodi trascorsi dall’artista a Roma. La terza, inaugurata al MANN, celebra la grande passione che Lucio Dalla nutriva per la città di Napoli.

 

Andrea Faccani, cugino dell’artista, suo collaboratore per vent’anni e oggi Presidente della Fondazione Lucio Dalla, ribadisce  l’amore incondizionato per la città partenopea.

“Diceva spesso che se qualcuno avesse inventato un’iniezione di dialetto napoletano a qualunque prezzo se la sarebbe fatta praticare, tanto grande era il desiderio di immergersi nella cultura di Napoli e di farla propria”.

Una passione carnale espressa a metà degli anni Novanta nel brano “Nun parla’”, scritto da Lucio e incluso nel bellissimo album “Canzoni”.

L’amore di Dalla per Napoli è stato ricordato con tanti contributi, giunti dalla platea.

L’incontro con la Canzone Napoletana, i suoi Autori, gli Interpreti, rimane la cifra di un legame di sangue.

Che vibra forte e permea la fisicità nelle stanze del Museo.

Enrico Caruso, Salvatore Di Giacomo, Roberto Murolo. Il culto personale per “Era de Maggio”, sino alla scrittura del brano “Caruso”. Realizzato a Sorrento mirando il mare dalla camera dell’Hotel Vittoria, in cui aveva alloggiato il grande Maestro .

E proprio la sezione dedicata alla vita napoletana di Lucio “vive” in tante situazioni e spaccati dell’esploratore felsineo.

Nelle vie, nei quartieri più popolari, negli anfratti e vicoli del centro storico partenopeo.

L’incontro con uno dei ristoratori più antichi della città è una perla di questo intrigante itinerario.

Impossibile ricordare tutte le candeline luminose di questi meravigliosi ottanta nel sogno di un sabato mattino al MANN.

Non possiamo dimenticare il contributo di Red Ronnie nel collegare la genesi di “Henna”, una preghiera laica scritta nel 1993, per scongiurare la guerra nei Balcani con la recidiva più sanguinosa e tragica, nell’ecatombe dell’invasione russa in Ucraina.

E ancora, la presenza affettuosa di tante anime della Cultura Partenopea, della Società Civile  e del Popolo più anonimo e verace.

Da Marisa Laurito ad Alessandra Clemente (consiglio comunale di Napoli) a tanti ospiti, napoletani e no.

Pronti a rivivere una parentesi entusiasmante di questo passaggio terreno con un grande compagno di viaggio.

C’è tempo al MANN (https://mann-napoli.it/) sino al prossimo venticinque giugno.

Luigi Coppola

 

(Foto: Luigi Coppola)

Gerardo Grossi lascia un grande vuoto

Una triste notizia ha aperto la giornata di oggi. L’Amico Gerardo Grossi è scomparso lasciando un gran vuoto in noi, nella cultura partenopea e nella sua Palomonte.

Lo ricorderemo sempre con grande affetto per la sua passione di studioso e docente universitario di lingua spagnola, di amante della cultura, della poesia, della storia di Napoli, ma soprattutto per la sua grande umanità.

Caro Gerardo sarai sempre con noi.

Bianca Desideri

Il ritorno di Flash Gordon

L’uscita in edicola de “La città di ghiaccio”, primo numero della collana dedicata all’eroe dei fumetti creato da Dan Barry, riporta all’attenzione dei lettori Flash Gordon uno dei “Grandi classici del fumetto americano”.

Gli amanti del fumetto e della fantascienza potranno seguire le gesta dell’eroe dello spazio nato  dalla fantasia di Alex Raymond e di Don Moore che iniziò presto a collaborare ai testi ma rimase, se così si può dire meno visibile, più dietro le quinte. Un personaggio quello di Flash Gordon che appassionò i lettori degli Anni ’30 e che oggi La Gazzetta dello Sport ripropone nella “serie inedita che raccoglie le strisce quotidiane” firmate da Dan Barry dal 1951 al 1968.

Un eroe, Flash Gordon, che continua a mantenere la sua forza attrattiva sul pubblico e che ha ispirato tante delle saghe e dei film di fantascienza che si sono susseguite nei decenni.

Insieme alla bella fidanzata Dale Arden, al terribile imperatore Ming e ad un mondo popolato da esseri straordinari Flash accompagnerà gli amanti dei fumetti alla riscoperta delle loro avventure in 20 volumi.

Antonio Desideri

 

Massimo Troisi, un genio senza tempo

Avrebbe compiuto quest’anno 70 anni Massimo Troisi, autore, attore e regista il cui ricordo è fisso nelle menti di chi lo ha conosciuto attraverso la sua arte.

Molte le celebrazioni per ricordare quel genio artistico, scomparso troppo presto a soli 41 anni il giorno dopo aver concluso le riprese del suo film “Il Postino”.

L’Università degli Studi di Napoli “Federico II” ha conferito all’attore la laurea honoris causa alla memoria in “Discipline della Musica e dello Spettacolo. Storia e Teoria”.

Tante le pubblicazioni a lui dedicate, fra queste “Troisi 70. Il Massimo dell’arte”  a cura di Ottavio Ragone, Conchita Sannino, Antonio Tricomi, Ernesto Assante, Giulio Baffi, distribuito con Repubblica nei giorni scorsi in edicola.  Un volume ricco di interventi, di storie, di testimonianze tra vita  e carriera.

Antonio Desideri

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