Le Imperfette. Storie di donne nell’Inghilterra vittoriana e post vittoriana

Emanuela Chiaricò Le Imperfette è una raccolta di dieci racconti inglesi, nove dei quali mai tradotti prima in italiano, pubblicati tra il 1880 e il 1922. Cosa accade nel già citato quarantennio rispetto all’affermazione della New Woman?

Oggi è quasi impossibile immaginare quanti pochi diritti avessero le donne nell’Inghilterra vittoriana. In un mondo totalmente maschilista, per via del loro sistema riproduttivo erano considerate emotive e instabili, per estensione quindi incapaci di prendere decisioni razionali; e una volta sposate erano trattate poco meglio degli schiavi.  Agli occhi della legge, come spiego nella mia introduzione al libro, una donna dopo il matrimonio cessava di esistere; nel sistema patriarcale subiva il passaggio da figlia a moglie con un’unica prospettiva di completamento del paradigma vittoriano: diventare madre. Il controllo da parte del marito non era solo relativo ai suoi possedimenti ma anche al corpo. Per una donna sposata rifiutare il sesso era preludio di annullamento del matrimonio; il marito poteva picchiarla, anche violentarla senza conseguenza alcuna. Solo nel 1891 queste pratiche aberranti cessarono di essere diritti di cui poter godere da parte di un uomo.

Questo ci dice quanto uomini e donne vivessero due sfere molto diverse; i primi quella pubblica e le seconde quella privata. Le donne contenute nel libro ci raccontano esattamente questa evoluzione che porta alla nascita della New Woman, non alla sua affermazione.

In quadro sociale e legislativo così penalizzante, nella costruzione del progetto ho voluto far notare come da Alice Sheperd, protagonista de Il cuore fedele alla donna che sedeva con le mani in mano dell’ultimo e omonimo racconto, si sia trasformata la coscienza femminile. La prima, Alice, era una vera donna vittoriana, devota alla rassegnazione di un marito egoista e prevaricatore che addirittura la tiene nascosta alla famiglia per le sue origini umili e il dubbio passato; Esther Stables che dimora nel secondo racconto Inguaribile, è una sarta, una figlia del popolo che vede nel matrimonio la sua unica possibilità di riscatto da una vita di stenti, e con i poteri del suo pianto riesce a far capitolare Willoghby un giovane di 26 anni la cui una storia familiare e sociale le possono garantire una progressione. Kathleen in Il desiderio più profondo ha una storia simile ad Esther ma a differenza di quest’ultima non ama suo marito John; rimasta vedova decide di non sposare l’uomo di cui si è innamorata per punirsi dell’ingiustizia a cui ha sottoposto il pover’uomo che l’aveva sposata salvandola da una famiglia di origine anaffettiva. Queste tre donne sono ancora calate nel patriarcato vittoriano ma se pensiamo alla giovane Flo nel racconto Terra Incognita, siamo davanti ad un cambiamento, in lei c’è già l’embrione della New Woman. George Egerton che è in realtà lo pseudonimo di Mary Chavelita Dunnes Bright mette a confronto una madre vittoriana e una figlia che si ribella al matrimonio, per toccare il tema del matrimonio forzato contratto in totale inconsapevolezza (Flo ha solo 17 anni) e della violenza sessuale del marito, e osa anche di più alludendo all’aborto. Terra incognita fornisce alla costruzione narrativa del mio progetto quell’elemento deflagrante che evidenzia la nascita del movimento suffragista. In L’inquilino perfetto di George Gissing, la protagonista è una donna risoluta che non cede davanti alle piccole abitudini fastidiose del marito, un ex scapolo impenitente, e rivendica i suoi diritti quando lui con fare minaccioso sembra volerla aggredire fisicamente. I tre racconti che consacrano la nascita della New Woman e dello stream of consciousness che era il secondo obiettivo che mi era prefissa costruendo la raccolta antologica, sono L’Associazione di Virginia Woolf, Lena Wrace di May Sinclair e La donna con le mani in mano di L.Parry Truscott. Nel racconto corale di Woolf, le due protagoniste sono consapevoli che la donna nuova possa affermarsi grazie alla futura generazione di donne; le altre due sono emancipate da un punto di vista economico ma non emotivo perché ancora dipendenti dallo sguardo maschile per sentirsi legittimate, accettate.

Oltre al superamento dello stereotipo vittoriano femminile, si assiste alla nascita del modernismo. Di quali peculiarità si connota siffatto movimento che coinvolge la cultura tutta?

Sì, il progetto accompagna anche il passaggio dalla tradizione vittoriana alla nascita del modernismo; io ho approcciato i bagliori della nascita del modernismo che ha una spinta consolidante dopo la fine della prima guerra mondiale, i cui orrori  cambiano le priorità valoriali, e gli scrittori, dal canto loro, non possono ignorare i progressi tecnologici e i cambiamenti sociali del XX secolo, cimentandosi con la ricerca di nuove tecniche narrative e poetiche, e un approccio distaccato dall’opera, a cui si uniscono la mancata interferenza dell’autore o dell’autrice, la narrazione della coscienza, e la frammentazione modernista. Contrariamente a quanto si possa pensare, la prima ad utilizzare la locuzione flusso di coscienza in ambito letterario è May Sinclair e non Virginia Woolf; l’espressione compare infatti in una sua recensione ai romanzi della collega Dorothy Richardson, e in particolare in riferimento a Pointed roofs, contenuto in Pilgrimage (all’epoca erano solo tre in tutti, in seguito diventeranno tredici) sulla rivista The Egoist (aprile 1918, Vol. 5, No. 4).

The woman is perfected” è l’incipit di “Edge” di Sylvia Plath. Può definire la “perfezione” muliebre?

Il verso che lei cita ha ispirato la scelta del titolo della raccolta Le Imperfette, e per rispondere alla sua domanda riprendo le parole della coordinatrice del progetto Antonia Santopietro (Zest Letteratura Sostenibile/Literaria Consulenza Editoriale), che nella sua nota a margine dice: “Al culmine della vita, nella compiutezza raggiunta sull’orlo, si definisce la donna, la sua perfezione; e imperfette sono le donne confinate in ruoli o ambiti di irrilevanza, ritenute folli o moderatamente atte alla vita, inette o ripudiate, invisibili nei secoli, nei molti luoghi e nelle diverse culture”. La scelta del titolo voleva dunque rafforzare l’indefinibilità della perfezione muliebre, che non è un ideale a cui tendere, ma un recinto culturale in cui tenere addomesticato un’ideale femminile che configura la perfezione come il contraltare all’ossessione della virilità.

Quanto ha contribuito la narrazione nella comprensione delle questioni di genere?

Il suo contributo è stato assoluto, e con la costruzione cronologica progressiva dei racconti ho immaginato le autrici in particolare, ma anche alcuni autori passarsi il testimone letterario per approfondire e comprendere le questioni di genere.

Molte delle autrici contenute nel progetto sono state rivalutate da studiose dell’argomento, ad esempio Ann Ardis, Elaine Showalter ed Emma Burris-Janssen hanno lavorato su George Egerton; Rebecca Bowler e Claire Drewery su May Sinclair, e ovviamente tutti gli studi approfonditi sulla più conosciuta Virginia Woolf.

L’articolazione dell’identità femminista costruita da queste autrici è il frutto di una collusione, non di un’opposizione alle nozioni gerarchiche di differenza etnica e culturale. Una capacità assoluta di lettura dei tempi in cui vivevano, e al contempo letteraria per aver saputo trasferire quelle stesse nozioni e permettere loro di veicolare il più possibile. Alle volte non potevano essere esplicite, erano costrette ad alludere per via di temi tabù, il già citato aborto in Egerton ad esempio, ma ad una lettura più attenta non era impossibile cogliere a cosa si riferissero realmente.

I racconti proposti sono di George Moore, Ella D’Arcy, George Egerton, Netta Syrett, Arthur George Morrison, George Gissing, Virginia Woolf, May Sinclair, Elinor Mordaunt, L. Parry Truscott. Si può seguire un file rouge dal punto di vista formale, guardando squisitamente agli aspetti stilistici?

Nella costruzione del progetto ho tenuto conto del fil rouge di cui parla; anche qui c’è una sorta di staffetta linguistica e stilistica che si manifesta di racconto in racconto tracciandone l’evoluzione. In George Moore, ad esempio, si percepisce il germe della ribellione alla tradizione letteraria vittoriana soprattutto per i temi che predilige trattare: sesso, prostituzione, adulterio e omosessualità; Egerton restituisce il mondo interiore dei personaggi attraverso l’uso di momenti psicologici o passaggi quasi onirici; Morrison con il racconto dello slum, del periferico, pone scorci di modernità tematica e linguistica con sconfinamenti dialettali e l’ambiente povero del sobborgo sembra confluire nel paesaggio interiore del protagonista; Gissing pur con il suo lavoro consono al mercato letterario tardo vittoriano, rimane fedele a quello stile ma lo arricchisce con un’analisi psicologica e dialoghi accesi intrisi di intenso sarcasmo saturnino. Truscott che con il tentativo di catturare la natura simultanea e sfaccettata del pensiero e dell’esperienza, va oltre il desiderio di mostrare qualcosa di lineare e semplicistico e offre un esempio di flusso di coscienza potente regalando una dimensione quasi visionaria al racconto.

Emanuela Chiriacò è traduttrice. Collabora alla redazione del portale Zest Letteratura Sostenibile, per il quale scrive recensioni e traduce articoli. Ha pubblicato i racconti Fame da Bue nell’antologia Non ti resisto edito da Emma Books (Concorso Donna nel Quotidiano – Literaria Consulenza editoriale, 2017), Il nero assottiglia anche la notte, Uastasignu, Uno, Fish e Affetti feroci, amati rancori sulla rivista Fili d’aquilone dal 2017 al 2020, e Mièrum nell’antologia Racconti divini (Giacovelli editore, 2018). Ha tradotto e pubblicato i racconti A respectable woman (Una donna rispettabile) di Kate Chopin (Emmazine il magazine di Emma Books, aprile 2018), e The kiss (Il bacio) di Kate Chopin (Zest Letteratura Sostenibile, giugno 2018).

Giusy Capone

Fortezza Europa: a Napoli la mostra di Ferruccio Orioli

Ferruccio Orioli, architetto veneziano che vive e lavora a Napoli, ha studiato a Venezia e poco dopo aver conseguito la laurea in architettura si trasferì a Matera e successivamente a Roma. Dal 1994, Ferruccio Orioli ha scelto Napoli come luogo in cui stabilirsi definitivamente, reputando la città partenopea la sua più grande musa ispiratrice; ha da sempre amato l’arte e la pittura e, pur essendo autodidatta, ha iniziato ad usare l’acquerello nel 1978 ottenendo ottimi risultati. Le sue prime mostre sono state esposte a Napoli, Capri, Roma, Benevento, Bisaccia, Venezia e Matera.

“Fortezza Europa” è una sua mostra realizzata su idea di Marta Ragozzino e a cura di Claudia Borrelli e Anna Maria Romano. Le straordinarie opere di Ferruccio Orioli, realizzate pochi anni prima per diverse mostre tra il 2018 e 2021,  sono state ripresentare e messe in esposizione nella chiesa e sagrestia di Sant’Erasmo a Castel Sant’Elmo di Napoli fino al 22 settembre 2022.

L’artista, questa volta, ha deciso di raccontare, attraverso i suoi dipinti, questo arduo tempo storico: migrazioni e le conseguenze dannose o anche letali che patiscono tutti coloro che vivono queste situazioni, conflitti tra gli stati, ancora, una società lesionata da grandi diversità economiche e sociali e degli effetti negativi che questo può comportare soprattutto sulle nuove generazioni.

“Noi di qua, voi di là” è la mostra di Orioli che si è tenuta a Napoli, presso Fiorillo arte, dal 15 dicembre del 2018 fino al 18 gennaio 2019, a cura di Brunella Velardi. Sono state le ricerche sulla costruzione di separazione tra Stato e Stato a suggerire a Ferruccio Orioli il tema di questa mostra; settantanove le nazioni che partecipano economicamente alla costruzione dei muri per dividere Paesi e non solo, per fermare centinaia e migliaia di persone che scappano dalla miseria e dalla guerra.

“Sulle sponde del nostro mare” è la seconda mostra di Orioli, tenuta a Matera presso la scaletta, dal 12 luglio 2019 all’11 settembre 2019, a cura di Giancarlo Ferulano. Il tema principale di questa esposizione, invece, si concentra in particolare su coloro che perdono la vita durante i viaggi per fuggire dalle carestie, dalla fame, per salvare i propri bambini dalle guerre e dai disastri ambientali. “Abbandonati tra mare e cielo” è la terza mostra tenuta in esposizione a Napoli presso la Casa di Vetro, a cura di Claudia Borrelli, dal 12 dicembre 2021 all’8 gennaio 2022. Attraverso le opere di questa mostra, Orioli, racconta la storia di una donna migrante di nome Malaika e del suo viaggio a bordo di un gommone con altre 72 persone. Per la realizzazione di questi dipinti ad acquerello, l’artista, si è completamente immedesimato nella vita della donna, cercando di vivere, anche solo per poco la sua sofferenza. Difatti, questi quadri, riescono a trasmettere tutti i sentimenti che Malaika provava durante il viaggio: la paura di non farcela, la rabbia per chi ti costringeva a scappare, la voglia di ricominciare una vita nuova lontano da ogni strazio che per anni ha dovuto vivere.

Un viaggio immensamente lungo quello della giovane donna e delle altre settantadue persone che navigavano con lei, di trecentosessanta ore in cui anche Malaika, purtroppo, non riuscì a raggiungere la terra ferma. I dipinti di Ferruccio Orioli sono storie di vita vera raccontante con sensibilità, empatia e tanto coraggio.

Alessandra Federico

 

Grecia e Cina: culture a confronto

Diritti umani,  scienza, giustizia, istituzioni:  Grecia e Cina attraversate da analogie e differenze, affinità e diversità.

Interroghiamoci circa l’universalità della natura umana, facendo sì che la storia comparata divenga esercizio di rabdomanzia come da evocazione di Marc Bloch.

Quali sono le peculiarità della civiltà cinese antica?

Lo sviluppo senza arresto; la compresenza quasi sempre pacata di tradizioni religiose differenti; la fede ottimistica nella dolcezza della natura umana, individuale e collettiva; la poderosa importanza conferita all’istruzione e la cieca fiducia nella facoltà di educare tutti; la certezza della caducità delle istituzioni umane; i poderosi ideali d’unità politica e di eufonia sociale; l’intenso rispetto per la natura esternato in tanta arte e filosofia; la rilevanza attribuita alla moralità quale principale fonte di significato dell’esistenza umana.

Quali sono le caratteristiche della civiltà greca antica?

L’eterogenea vita politica di Atene con la convivenza di democrazia, populismo e nazionalismo; la consuetudine sportiva e la cura del corpo con la rivelazione del “corpo per scoprire l’uomo”; gli innumerevoli miti e le loro discordanti versioni per risalire alle origini del mondo; la religione con i bizzarri abitanti dell’Olimpo. E, poi, ancora, il soprannaturale, il credito attribuito al sogno nonché all’influenza delle stelle, i fenomeni psichici prossimi alla trance ed all’allucinazione, come l’ossessione dionisiaca ed il furore profetico, la divinazione, l’orfismo e le pratiche magiche.

Parrebbero distanti sideralmente.

Eppure, porgendo uno sguardo dialogico ed uno spirito critico coevo, le due lezioni paiono convergere nell’esortarci a reagire alle sventure con inclinazione alla tolleranza ed alla acquiescenza di fronte alle tempeste degli sconforti, delle affezioni, dei drammi misteriosi.

La Cina, fino al recente passato produttore di mercanzia a basso costo, oggi padrona del mercato high-tech mondiale; la Grecia da culla della civiltà occidentale a culla della povertà più nera, tradita dalle potenze occidentali.

L’individualismo dell’antico e nuovo milionario cinese e la polis, recente terra di necessaria solidarietà.

Confucio e Socrate in serrato confronto oltre i limiti territoriali e temporali, oltrepassando altresì quelli linguistici e culturali, così da farsi capitale comune di conoscenza per  noi gente del Terzo Millennio dopo Cristo.

Un networking che si attua mediante l’interrelazione di popoli che s’indagano scambievolmente, talora da un’angolazione estetico-formale, talora da un’ottica politico-dialogica.

A Pechino nel 2022 i “Greci: da Agamennone ad Alessandro Magno” e “Il mare nell’arte greca dall’antichità a oggi”, poiché il mare è da sempre, per i greci, la fonte cardinale delle imprese economiche, giacché gli armatori greci da decenni fabbricano i mercantili nei cantieri navali cinesi, perché il porto del Pireo è stato acquistato dalla Cosco sino al 2052.

A Creta, nel museo archeologico di Iraklio, accanto ai resti della civiltà minoica,  “Tesori melodiosi: riti e liturgie della dinastia Qing”, in sincronia con una mostra su Dedalo, il mitico architetto del labirinto.

Già, Geoffrey E. R. Lloyd, professore emerito di Filosofia e scienza antiche all’Università di Cambridge, mediante lo studio sistematico delle orme archeologiche del pensiero antico nelle testimonianze storico-letterarie pervenute, fu predittivo di relazioni ieratiche ed amichevoli.

Le relazioni sociali e culturali tra i due popoli  assumono la forma di un incontro di “sguardi” reciproci nell’ottica della promozione di un confronto “interumano” e “interdiscorsivo”.

La prospettiva delle scienze sociali e la prospettiva estetico-ermeneutica, di natura etica, si intrecciano con le percezioni emotive e sensoriali che emergono dal tessuto comunicativo fra le due civiltà antiche nel nuovo corso della storia.

Giuseppina Capone

Arte a Napoli: il Museo di Capodimonte ospita le opere di Caravaggio e di altri artisti del ‘600

“Oltre Caravaggio, un nuovo racconto della pittura a Napoli” è la grande mostra dedicata a uno dei più celebri artisti che hanno fatto la storia dell’arte italiana e non solo, il Museo di Capodimonte, ospiterà più di 200 importanti opere di diversi grandi pittori del 1600.

La mostra, a cura di Stefano Causa, docente di Storia dell’arte moderna e contemporanea presso l’Università  degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa e di Patrizia Piscitelli la responsabile Ufficio mostre del Museo Real Bosco di Capodimonte a Napoli, è in esposizione fino al 7 gennaio 2023 nel Museo e Real Bosco di Capodimonte.

All’interno di 24 grandi sale del museo, gli appassionati di arte e di storia, hanno l’opportunità di ammirare anche meravigliosi capolavori di altri pittori del seicento napoletano come le straordinarie opere di Jusepe de Ribera, artista spagnolo sbarcato a Napoli nel 1616.

L’arte e la tecnica di Caravaggio e di Ribera sono stati di grande insegnamento anche per gli altri pittori di quel tempo, come Luca Giordano, Francesco Fracanzano, Massimo Stanzione, Andrea Vaccaro, Battistello Caracciolo, Carlo Sellitto. Ogni singolo artista era pronto ad imparare e a rielaborare le nozioni apprese dai due maestri dell’arte, in una tecnica personale ma altrettanto originale.

Secondo Roberto Longhi, storico d’arte (1890-1970), il naturalismo di Caravaggio (Michelangelo Merisi) è la spina dorsale dell’arte napoletana. Tuttavia, lo scopo di questa mostra, è innanzitutto quello di fare omaggio a Caravaggio e al suo periodo trascorso nella città partenopea.

Caravaggio a Napoli

Napoli è una città ricca di storia e di arte e a contribuire a questa affascinante storia è stato anche Caravaggio con le sue meravigliose opere lasciate in eredità alla città partenopea.

Durante il suo soggiorno a Napoli, l’artista, dipinse diversi affreschi ma solo Le sette opere di misericordia corporali e La Flagellazione di Cristo (1607-1608 conservato nella Basilica di San Domenico Maggiore spostato in seguito proprio al museo di Capodimonte), sono rimasti a Napoli. È stato proprio lo stile che Caravaggio utilizzò per la realizzazione di questi affreschi ad essere stato di grande incoraggiamento per la pittura barocca partenopea, dando, da lì a poco, vita a molti esponenti caravaggeschi di quell’epoca come appunto gli altri pittori di cui i dipinti sono esposti al museo di Capodimonte assieme a quelli di Caravaggio. Indubbiamente, il soggiorno a Napoli per Caravaggio, che durò circa un anno e iniziò al termine dell’anno 1606, fu un periodo altroché gioioso ma soprattutto fruttuoso; a Napoli l’artista viveva nei quartieri spagnoli e durante l’intero anno continuava a dipingere e a realizzare magnifici affreschi come la Giuditta che decapita Oloferne (scomparsa); la Salomè con la testa di Golia (1607 – Kunsthistorisches Museum di Vienna); una prima versione della Flagellazione di Cristo (1607 – Musée des Beaux di Rouen); la Crocifissione di sant’Andrea (1607 – Cleveland Museum of Art); la Madonna del Rosario (1606-1607 – Kunsthistorisches Museum di Vienna) gli fu commissionata dai Carafa Colonna per la cappella di famiglia nella Basilica di San Domenico di sant’Andrea ed è stata la sua più importante opera eseguita durante il soggiorno a Napoli.

Nell’estate del 1609, Napoli, ebbe nuovamente la fortuna di ospitare il giovane artista milanese, e il quel periodo, Merisi, realizzò altre opere come il San Giovanni Battista disteso, la Negazione di San Pietro, il San Giovanni Battista, il Davide con la testa di Golia; la Salomè con la testa del Battista (per i cavalieri dell’ordine) e la Salomè con la testa del Battista destinato a Madrid. Tre tele per la chiesa di Sant’Anna dei Lombardi di Napoli: il San Francesco che riceve le Stimmate, il San Francesco in meditazione e una resurrezione (perdute tutte e tre le tele durante il terremoto del 1805). L’ultimo dipinto di Caravaggio a Napoli fu il Martirio di sant’Orsola (1610).

Alessandra Federico

Dalì e Hitchcock a Napoli: la prima mostra Spellbound

Continua a Napoli l’esposizione del progetto Dalì Universe. Lo scopo del progetto è quello di creare un connubio tra cinema, arte e musica, ed è proprio grazie all’opera del re del surrealismo Salvador Dalì (scenografia di un sogno) per il film Spellbound (Io ti salverò) del re del thriller psicologico Alfred Hitchcock, che si è potuto dare vita a questa interessantissima mostra iniziata il 14 aprile 2022.

La mostra, dedicata a Salvador Dalì e ad Alfred Hitchcock, a cura di Beniamino Levi, è in esposizione all’interno della Basilica di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta fino al 30 settembre 2022. Nel corso di una conferenza stampa, coordinata dalla presentatrice Veronica Maya alla presenza dell’Assessore regionale al Turismo Felice Casucci, del Rettore della Pietrasanta mons. Vincenzo De Gregorio, del direttore del Polo Culturale Pietrasanta Onlus Raffaele Iovine e del direttore del MANN Paolo Giulierini, Beniamino Levi e il direttore artistico hanno dato il via alla presentazione della mostra.

È Napoli, come unica città europea, ad avere il privilegio di ospitare due dei più grandi artisti della storia dell’arte e del cinema, in procinto di una prossima mostra a Seul in Corea e a New York.

La mostra a Napoli si svolge con l’esposizione di  più di cento opere di Dalì, e il tema principale mira essenzialmente sulla psiche umana; recupero della memoria, perdita della memoria, paranoia, fase onirica e psicoanalisi accompagnato, naturalmente, da autentici effetti sonori e multimediali della cinematografia di Hitchcock. L’allestimento, all’interno del film di Hitchcock “Spellbound” è ricco di opere di vetro Daum, libri illustrati, grafiche, tarocchi daliniani, sculture di bronzo, design e arredi surrealisti dal valore inestimabile che si  affacciano, appunto, sull’iconografia surrealista, per questo motivo, l’arte di Hitchcock si sposa perfettamente con quella di Dalì e con la sua originale opera dipinta nel 1945 per il film Spellbound. Perché solo Dalì, con il surrealismo, è stato in grado di raccontare il concetto dell’inconscio, anche attraverso la realizzazione della scenografia per il film Spellbound, esattamente all’altezza di ciò che il regista Hitchcock desiderava. La connessione tra arte e cinema è davvero imprescindibile, le loro strade si sono da sempre incontrate e hanno avuto una grande influenza l’uno sull’altra; i registi, ad esempio, hanno da sempre respirato l’influsso della storia dell’arte e reso la storia del cinema ricca di attinenze all’arte anche raccontando la biografia e la carriera dei più celebri artisti. Allo stesso tempo, l’arte assorbe continuamente influenze dei film o dei grandi registi. Settima arte, così anche viene definita la cinematografia, che, secondo Ricciotto Canudo nel 1921 (poeta, scrittore e critico cinematografico italiano), sta per indicare un nuovo mezzo di espressione, sintesi delle arti dello spazio e del tempo.

Alessandra Federico

Ascoltare, guardare: l’uomo greco si volge all’Altro

L’uomo greco è curioso, pettegolo, invadente, indiscreto: guarda l’Altro, lo osserva attentamente e lo narra abilmente. Omero è ammaliato e sedotto dalle innumerevoli, illimitate, infinite immagini che galleggiano sulla superficie mondana. Desidera vedere e conoscere.

Egli ambisce a puntellare con parole lo straordinario assortimento dei comportamenti umani: sesso, matrimonio, famiglia, guerra, religione, architettura. L’Odissea apre il sipario con l’eroe che “di  molti uomini vide le città e conobbe i pensieri

Il superpotere della visione e dell’osservazione. L’intrico d’amore, frode, menzogna, vergogna, voyeurismo.

La narrazione omerica rende potentemente deflagrante l’impatto visivo della beltà femminile e l’urto tragico nell’esito.

Gli anziani, allorché scorgono “Elena venire verso la torre”, la comparano ad una dea immortale: probabilmente battersi per lei può valere lutti.

Omero eccita, stimola e, soprattutto, accresce la nostra immaginazione visiva.

Com’è il guerriero omerico? Thàuma idèsthai! Splendido a vedersi!

La verbalizzazione è un monumento da ammirare e contemplare.

La custodia vigile avviene mediante l’occhio e l’orecchio, secondo Omero.

Allora, ecco un tumulo nel settimo libro dell’Iliade: “qualcuno tra gli uomini futuri/navigando con nave ricca di remi il livido mare:/’ecco tomba d’eroe che morì anticamente:/l’uccise – ed era un forte – Ettore Ettore luminoso’./ Così dirà qualcuno, e non perirà la mia fama”.

Lo intravedete? E’ “visibile da lontano”, afono. Parla per esso Ettore.

Anche le pietre sono mute, tuttavia si esprimono mediante iscrizioni: “Io sono la tomba, il monumento o la coppa di Tizio

Se un monumento non parla, non può essere ricordato, come asserito nell’Iliade è “tomba d’un uomo morto in antico

Ciò che è memorabile, ovvero degno di memoria, si trasforma in klèos, fama, da klùein, udire: resiste all’usura corrosiva del tempo.

In fondo, morire akleès è una sciagura senza rimedio.

Telemaco afferma che sarebbe stato meglio per il padre decedere ad Ilio: ”tutti gli Achei gli avrebbero fatto una tomba/e anche a suo figlio avrebbe acquistato gran gloria (klèos) per dopo./Ma ora se lo portarono ingloriosamente (akleiòs) le Arpie”

L’ascolto come mezzo di spietato ed accanito controllo sociale.

La memoria, orbene, parrebbe dipendere dall’udito ma è la vista che veicola, spinge sull’acceleratore delle vibranti emozioni.

Penelope ed Odisseo, durante l’agnizione, giocano con lo sguardo; Priamo ed Achille si scambiano occhiate di sbigottimento ed apprezzamento. Ed Achille, conscio del gigantesco turbamento che potrebbe provocare la vista del cadavere di Ettore comanda che sia deterso altrove “perché Priamo non lo vedesse,/e nel cuore angosciato non trattenesse più l’ira/alla vista del figlio, e l’animo si gonfiasse ad Achille,/e lo uccidesse, violasse il comando di Zeus

Il Greco spicca per la sua capacità attentiva, misura i dettagli, usa la visione per parlare e l’ascolto per emettere giudizi.

Giuseppina Capone

Al Convitto per ciechi Colosimo si conclude il Service Lions “Kairos-integrazione al contrario”

Con la cerimonia  di consegna a disabili e soggetti fragili e svantaggiati  delle donazioni frutto della raccolta-fondi realizzata in seno al Service Lions “Kairos-integrazione al contrario” si conclude il 15 giugno, alle 17.30, presso il Convitto per ciechi Colosimo, un impegnativo  Progetto teso a sensibilizzare comunità, studenti, Istituzioni su diversità e disabilità, per un mondo più’ giusto. Il Progetto ha sortito più esiti: la consegna di materiale didattico a più scuole del Distretto per valorizzare diversità ed inclusione imparando a “mettersi nei panni degli altri”; un libro, “Gli invisibili”, pubblicato da ben cento Clubs Lions del Distretto 108 Ya e scritto a circa sessanta mani da esperti, la cui  presentazione ad aprile  ha consentito un proficuo scambio tra istituzioni ed  associazioni; uno spettacolo teatrale sul “dopo di noi”  rappresentato a scopi solidali dal regista ed autore Angelo Rojo Mirisciotti e dalla sua Compagnia “Prove d’amore”.

L’impegno dei Lions non si esaurirà con questo nuovo incontro di “addetti ai lavori”, uniti, in una sede storica votata al recupero e potenziamento delle abilità diverse di giovani non vedenti, per dare luce e voce agli “invisibili”. Anche nel nuovo anno sociale i Lions  continueranno infatti  a combattere per i diritti dei più fragili ed il libro “Gli invisibili”, curato dalla Lion napoletana Valeria Mirisciotti, diventerà un audiobook per chi ha problemi di lettura, inserito nel circuito del “Libro parlato Lions” dell’Audiobiblioteca di Verbania.

Virginia Ciaravolo: D’improvviso si è spenta la luce. Storie di stupri, lacrime e sangue

Dottoressa Ciaravolo, qual è il sentire comune rispetto allo stupro, oggi, stanti le campagne d’informazione promosse da stampa, istituzioni e social network?

Credo che ancora siamo lontani da un’informazione corretta e capillare sullo stupro e sul tema della violenza di Genere . Dobbiamo fare di più nell’ambito della scuola e della formazione di esperti. Trattare la violenza sessuale come più volte evidenziato nel libro, significa diventare per queste donne cestino , significa essere sfiorati da brutture indicibili e se non adeguatamente formati , si corre il rischio di colludere.

Oggidì, il corpo messo al centro del dibattito nella società contemporanea è quello muliebre. Quali forze diverse ed in contrapposizione si combattono su questo campo?

Nel libro è stato analizzato il tema del corpo femminile come costruzione culturale volta a dimostrarne l’inferiorità biologica che ha contribuito alla creazione di stereotipi . Un corpo e’ una persona da dominare. La donna viene deumanizzata e “cosìficata” oggetto di piacere e potere usato, consumato e gettato come carta straccia.

Si reputa che la intimate partner violence si riveli una strategia per “fare il genere”, e per “fare le maschilità”. La polisemia di accezioni (genere linguistico, biologico e sociale) che la lingua sviluppa dimostra quanto la dimensione linguistica emani riecheggiamenti nella maniera in cui si avverte la realtà, si erige l’identità e si calcificano i preconcetti. Reputa che modi di dire, proverbi e battute possano costituire l’anticamera di forme di violenza?

Il linguaggio è lo speculare delle strutture profonde sociali e cognitive che influenzano i modi di pensare e di essere. Linguaggi sessisti, razzisti che inferiorizzano umiliano l’altra/o da sé fanno parte del circuito della violenza.

Quanto è responsabile la società nel suo complesso nell’avvalorare la cultura dello stupro?

Lo stupro come la violenza sono un fenomeno culturale e come tale vanno affrontati in senso multidisciplinare. Vale a dire attraverso una visione psicologica, antropologica, giuridica politica e legislativa. Nel libro mi sono avvalsa della collaborazione di esperti in varie discipline :Emerita Cretella, Stefania Ascari, Antonella Esposito, Nunzia Brancati, Valeria Fedeli, Luigi Riello, Alessandro Giuliano, Mauro Valentini.

A., una diciottenne a cui, in una giornata di sole, “d’improvviso si è spenta la luce” Qual è la sua storia?

Una storia dolorosa, come tutte quelle in cui si consuma una violenza che lascia come un terreno riarso , un buio improvviso dal quale sembra di non poter più uscire. Ma la forza della rinascita sta proprio in nella storia, in quel racconto che A ha volto donare per andare oltre quel buio. Mi auguro che questo ,insieme al lavoro terapeutico potrà far rinascere nuovi semi di speranza in una nuova alba di vita.

 

Virginia Ciaravolo Psicoterapeuta – criminologa, Presidente dell’Associazione Mai più violenza infinita Onlus, si occupa prevalentemente di Donne e minori. Esperta in reati di violenza di genere, abusi, bullismo e cyberbullismo. Laureata in Psicologia, Psicoterapeuta specialista in infanzia, adolescenza ed età adulta. Nel 2010 coniuga la sua passione per la criminologia conseguendo la laurea in Scienze dell’investigazione e sicurezza, presso l’Università di Perugia. Formatrice in numerosi corsi sulle tematiche evidenziate, ha collaborato con la Questura di Napoli ed e’ docente/consulente esterno per il Dipartimento Pubblica sicurezza. Fa parte della task force del primo Osservatorio nazionale CNOP sulla prevenzione dei suicidi. Inoltre collabora al Tavolo tecnico su abusi minori in ambito sportivo, Dipartimento Sport Presidenza Consiglio dei ministri Autrice di numerose pubblicazione, l’ultima opera pubblicata luglio 2021 per Armando Editore “ La violenza di genere dalla A alla Z.” .

Giuseppina Capone

E’ morta Liliana De Curtis

Triste giorno oggi per il mondo della cultura, è morta la figlia del grande Totò: Liliana De Curtis all’età di 89 anni. Era nata il 10 maggio 1933 a Roma da Antonio De Curtis e Diana Rogliani. Attrice e scrittrice Liliana si è spenta nella sua abitazione a Roma. Molte le iniziative artistiche e culturali in ricordo del padre che nel corso degli anni l’hanno vista protagonista o ospite d’onore.

L’irrazionale ed il mondo greco

I greci sono profondamente ed interiormente consci del vigore, dello stupore e delle insidie insite nell’irrazionale.
In fondo, perché ritenere i greci antichi immuni da forme di pensiero primitive, se non è immune alcuna società che cade sotto la nostra diretta osservazione?
Occorre scardinare una grecità costruita artificiosamente dagli storiografi, demolire l’immagine annacquata e neoclassica, palesarne antinomie e diversità.
Scorrazzando da Omero fino al II secolo a.C., si possono illuminare le teorie sul soprannaturale, il credito attribuito al sogno nonché all’influenza delle stelle, i fenomeni psichici prossimi alla trance ed all’allucinazione, come l’ossessione dionisiaca ed il furore profetico, la divinazione, l’orfismo e le pratiche magiche, delineando così aspetti ed espressioni dell’irrazionalismo greco.
I Greci hanno sempre sentito l’esperienza delle passioni come un fatto misterioso e pauroso in cui sperimentare la forza che è in noi, che ci possiede, anziché venir posseduta da noi stessi.
Il primo riferimento è all’Iliade: Agamennone offre in sacrificio Ifigenia, sangue del suo sangue, al fine di propiziare la buona disposizione d’Artemide ed inaugurare l’impresa bellica contro Troia. Inconfutabilmente, adattamenti posteriori di siffatto evento rimpiazzano il sacrificio della giovane con una bestia, mostrando un divenire della sensibilità. Agamennone medesimo, d’altronde, è angosciato ed agghiacciato per quanto gli esige la dea.
L’ate s’impadronisce della mente, obnubila la coscienza, rende provvisoriamente folli.
In molteplici altri brani Omero marca come un comportamento precipitoso, nefasto ed irresponsabile sia analogamente attribuito a forze soprannaturali.
Tali esegesi, verosimilmente, non sono traslati, allegorie o fantasie bensì fenomeni psichici.
Quest’analisi ha influenzato certamente Julian Jaynes così come Antonio Damasio nel tentativo di connettere ragione e sentimento, calcolo e creatività o intuizione, teoria o speculazione e prassi.
La grecità è davvero, pertanto, esclusivamente speculativa e razionale?
Probabilmente, è avvenuto un transito dalla shame culture alla guilt culture: un’atmosfera oppressiva, popolata di spettri.
Come non menzionare Nietzsche e chiedersi: Apollo e Dioniso rivaleggiavano sul serio?
Il senso schiacciante dell’ignoranza umana, dell’assenza di sicurezza in cui vivono gli uomini, la paura del phthonos divino, la paura del miasma sarebbero stati intollerabili se un divino consigliere onnisciente non avesse garantito ai Greci, dietro il caos apparente, l’esistenza di una sapienza e di una finalità.
Apollo, il dio solare, nasce da tale precipizio d’inquietudine, dalla corposità di questo panico.
Il razionalismo si mostra ipometrope nel non badare al fatto che, anche laddove la divinità si dilegui, i suoi riti perdurano parecchio più lungamente nello spirito sia dei popoli che dei singoli.
Ecco, il presupposto culturale e psicologico della definizione nietzscheana delle chiese come “Die Grüfte und Grabmäler Gottes
Audacemente interessante è l’ipotesi concernente l’ascendente dello sciamanesimo sui greci:  l’apertura del Mar Nero al commercio greco nel VII secolo avrebbe influito sul concepimento d’idee circa la relazione tra corpo e anima.
Pitagora è addotto come esempio di più importante sciamano greco. Orfeo, alla stessa maniera, è stimato quale figura sciamanica. Platone stesso, il più genuino emblema di questo processo d’avvio del razionalismo, si fa un simbolo controverso, operando un fecondo innesto delle idee magico-religiose che hanno remota origine nella civiltà sciamanistica settentrionale, anzi i Custodi della Repubblica sarebbero sciamani razionalizzati. La sua sistematicità ed il suo metodo s’imbevono, orbene, d’ingredienti magico-religiosi d’origine orientale.
Nel periodo ellenistico, poi, si ravviva l’esaltazione per la divinazione, la medicina magica e l’alchimia.
La grecità è eccitata dalle consuetudini orientali più illogiche ed acritiche.
Epicuro volle, viceversa, cassare il nocciolo granitico della prassi, facendo strada al pensiero della salvezza, a culti e riti distanti dalla mediazione razionale.
Il motivo?
La paura della libertà.
La luce produce ancora ora orrore e sgomento; quindi occorre assumere contezza dello strato ctonio ed indicibile della razionalità.
Giuseppina Capone
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