Reggia di Caserta ospita i capolavori di Klimt

Dopo il successo registrato a Firenze, la Klimt Experience sbarca in Campania. Arrivano tutti, in blocco, alla Reggia di Caserta. Non gli originali, ma riproduzioni multimediali fedelissime, per un tipo di exhibit virtuale che attira sempre più pubblico.  “Il Bacio”, “Giuditta”, “L’Albero della vita” e altre numerosissime opere: i capolavori di Gustav Klimt saranno in mostra nel palazzo vanvitelliano da metà maggio fino al prossimo ottobre, diffusi da  trenta laser su megaschermi con risoluzione addirittura superiore al Full Hd.

I visitatori potranno ammirare  ben 700 immagini a grandezza naturale dedicate alla vita e alle opere del grande artista viennese. Il percorso includerà anche un’area interattiva, con ulteriori contenuti multimediali e didattici attuabili su un touch screen e proiezioni 3d da ammirare con gli occhiali Samsung Gear VR. Il prezzo del biglietto sarà di 10 euro, aggregato a quello della reggia.

Il perfezionismo di Gustav Klimt era leggendario, tanto che lavorò per tre anni al ritratto di Elisabeth Bachofen-Echt, figlia di una sua importante mecenate. Elisabeth era costretta a posare per ore. Klimt prendeva degli schizzi della ragazza in diverse pose, ma non era mai soddisfatto del risultato. Poiché Elisabeth dal canto suo criticava sia le posizioni come pure gli abiti scelti, si arrivò ben presto allo scontro e, durante una discussione, Klimt alla fine sbottò: “Dipingo una ragazza come mi pare e piace e basta!”. Dopo tre anni Elisabeth Bachofen-Echt perse la pazienza, si recò allo studio di Klimt, prese il quadro dal cavalletto e se lo portò a casa. Quando in seguito Klimt lo vide esposto nel salotto della famiglia avrebbe dichiarato, di cattivo umore: “Non le assomiglia per nulla”. La committente non si fece assolutamente scoraggiare da questa affermazione e commissionò a Klimt il ritratto di sua madre, Charlotte Pulitzer. “Contro Klimt” era il titolo di un’opera di Hermann Bahr in cui lo scrittore austriaco si schierava apertamente a favore del controverso artista. Nulla nella produzione artistica di Gustav Klimt aveva suscitato reazioni tanto appassionate quanto i Fakultätsbilder realizzati per l’Università di Vienna. Uno dei primi bozzetti di questo ciclo allegorico per la raffigurazione della Filosofia mostrava, nella parte inferiore, un giovane profondamente immerso nei propri pensieri. Quando il rettore dell’università vide questa immagine, circondata da coppie strette in abbracci sensuali e appassionati, sostenne che il ragazzo, in quella posa, non pensasse tanto alla filosofia quanto piuttosto sembrasse domandarsi come nascessero i bambini. Un’artista istrionico dal talento straordinario.

Nicola Massaro

 

Uno spettacolo a sostegno del Progetto Nest

E’ Tomcat, lo spettacolo di James Rushbrooke, con la regia di Rosario Sparno, in un primo momento previsto al Ridotto del Mercadante andrà invece in scena giovedì 6 e venerdì 7 aprile alle 21.00 al teatro NEST di San Giovanni a Teduccio in via B. Martirano 17.
Tomcat è un inedito per l’Italia è una produzione del Teatro Stabile di Napoli – Teatro Nazionale e Casa del Contemporaneo, nella traduzione di Roberto Vertolomo.
Ma non solo spettacolo, anche un impegno per il progetto culturale Nest, infatti l’incasso sarà destinato al sostegno di questo progetto.
Andranno in scena Francesca De Nicolais, Fabiana Fazio, Luca Iervolino, Elisabetta Pogliani, Rosario Sparno. I costumi sono di Alessandra Gaudioso, il disegno luci di Riccardo Cominotto, le scene di Enrico de Capoa, le sonorizzazioni e le musiche sono di Massimo Cordovani, i disegni di Micaël Queiroz, aiuto regia Paola Zecca, il progetto è della Compagnia Bottega Bombardini.
Perché Tomcat. Tomcat è lo stato d’animo della protagonista protagonista che sente di essere – e di fatto è – un animale domestico, una cavia, sia per i medici, che la studiano, sia per Tom, il suo infermiere. Interessante lo studio dei i labili confini etici della ricerca scientifica, ponendo nello spettatore inquietanti quesiti anche sull’aborto e la sanità mentale.
Uno spettacolo da vedere per molti motivi, valorizzazione del territorio e del teatro Nest e attenzione al progetto.

Alessandra Desideri

Johanna Bonger, l’altro Van Gogh

La tumultuosa e sofferta vicenda esistenziale di Vincent Van Gogh, così profondamente legata alla sua arte, ancora non smette di interessare il vasto pubblico.

A pochi giorni dalla restituzione al Van Gogh Museum di Amsterdam dei due dipinti, la spiaggia di Scheveningen e la Chiesa di Nuenen, trafugati 14 anni fa e ritrovati nel covo di un malavitoso a Castellammare di Stabia, il mondo torna ad affascinarsi alla tecnica travolgente del maestro olandese, ai suoi segreti ed alla sua vita tormentata.

Eppure la nascita del mito è legata esclusivamente alla volontà e compassione di una donna, la cui storia dimenticata merita una luce ben più adeguata.

Johanna Van Gogh-Bonger sposò Theo Van Gogh, l’adorato fratello minore del maestro ribelle, nel 1889; intelligente e ben istruita, proveniva da una benestante famiglia borghese olandese, figlia di un broker assicurativo. Quello che Johanna comprese immediatamente fu il fatto che aver sposato Theo significava aver contratto impegno anche con il cognato Vincent. I due, infatti, erano legatissimi, lo testimonia il fitto epistolario tra i due, più di 900 lettere fondamentali per la ricostruzione postuma della figura e della poetica del maestro dei colori.

Alla tragica morte di Vincent, nel luglio del 1890, seguì quella altrettanto sofferta di Theo, solo 6 mesi dopo, e Johanna rimase sola, con un altro Vincent, il figlio neonato della coppia, e un numero spropositato di tele, circa 200, da dover curare e gestire.

Fu così che la cognata, semisconosciuta e defilata, si trasformò nella più oculata e scaltra dei promotori d’arte, decisa a lanciare l’inimitabile genio di Vincent Van Gogh, così come avrebbe fatto Theo. Trasferitasi da Parigi a Bussum, non lontano da Amsterdam, conobbe il gruppo letterario ed artistico dei “tachtigers”. Questi uomini e le loro compagne avevano fondato un gruppo socialista in una comune chiamata “Walden” (vita nel bosco) di Thoreau. Johanna fu indotta all’attivismo socialista da alcune delle donne e da loro prese l’idea di ammobiliare la sua villetta come un museo, la prima galleria d’arte per Van Gogh. La villa aveva un motivo funzionale, serviva da esposizione, una galleria casalinga dove la donna invitava artisti, collezionisti e mercanti, vendeva quel che voleva vendere e presto trovò la sua abitazione piena di visitatori. E il nome del pittore cominciò a farsi strada. Pur vendendone i quadri, Johanna si tenne gelosamente i capolavori, con una strategia ben precisa: esponendoli nelle varie mostre avrebbero portato più popolarità. La mostra autofinanziata del 1905, con ben 464 tele provenienti da ogni dove fu accolta con grande clamore ad Amsterdam e, nel 1914, il colpo di genio: pubblicare l’epistolario tra il marito e Vincent, quando ormai il nome del pittore era solido e tutta l’attenzione poteva spostarsi sul suo lato oscuro e sul processo creativo.  L’insperato e definitivo riconoscimento dell’arte di Van Gogh si ebbe nell’anno 1924, quando la National Gallery londinese comprò uno dei quadri più celebri: il Vaso di Girasoli.

Il dipinto era il preferito di Johanna, quello che secondo lei meglio riassumeva l’essenza dell’artista e non avrebbe voluto privarsene. Indugiò ma fine cedette e con quell’acquisto Van Gogh ebbe l’immortalità. Ma ben altra sorte toccò a Johanna Bonger. Morì l’anno dopo lasciando tutto al figlio, che donò allo stato olandese i quadri che avrebbero formato il Museo Van Gogh  di Amsterdam.

Johanna venne dimenticata dalla storia e il suo nome eclissato dall’accecante immagine di Vincent Van Gogh, eppure senza di lei quell’immagine sarebbe durata un attimo. Si disse che tutto questo lei lo aveva fatto per il figlio, affinché il passato non fosse sepolto con loro; per tramandare la memoria di quegli uomini e mostrarla agli occhi delle future generazioni.

Rossella Marchese

RACNA Magazine, l’arte contemporanea in una rivista

RACNA Magazine e la sua progettualità saranno protagonisti al museo MADRE di Napoli giovedì 2 marzo 2017 alle ore 18.00. A presentare l’evento il direttore della rivista Carmine De Falco e la project manager Chiara Reale che dialogheranno con Sabrina Vitiello, curatrice del progetto Say no to trash, con il gallerista Piero Renna, con la giornalista e scrittrice Alessandra Farro, con Silvia Scardapane di Inward-Osservatorio sulla Creatività Urbana. Ad introdurre i lavori il direttore del museo, Andrea Viliani.
L’arte contemporanea al centro del progetto della rivista che “si propone di agire quale strumento di riflessione e condivisione su tutti i possibili linguaggi attraverso cui comunicare l’arte, e quale soggetto propulsore di iniziative rivolte alla valorizzazione dei giovani artisti e alla creazione di una rete tra tutti gli operatori culturali operanti sul territorio di riferimento”.
La rivista è stata fondata nel 2015 dalle associazioni Marchese Editore e Componibile 62 come portale multimediale dedicato all’arte contemporanea. L’idea base è quella di coinvolgere i protagonisti del sistema dell’arte che operano a Napoli e in Campania: artisti, galleristi, curatori, collezionisti, centri di produzione ed esposizione, di studio e promozione.
Un progetto destinato a raccogliere consensi e interesse non solo dagli operatori del settore ma anche da quanti amano l’arte e vogliono seguirla.
Alessandra Desideri

Theatrum Mundi: a Pompei la prima rassegna di drammaturgia antica.

Uno spazio che si riappropria della sua naturale attitudine, questo è il Teatro Grande di Pompei, che dal prossimo 22 giugno e fino al 23 luglio ospiterà la prima edizione della rassegna di drammaturgia antica “Pompeii Theatrum Mundi”, un ciclo di rappresentazioni immaginato per il teatro antico del più imponente sito archeologico del mondo.

L’intera manifestazione, diretta da Luca de Fusco, che firmerà anche la regia di alcune delle cinque grandi opere previste da cartellone, è nata dalla collaborazione tra il Teatro Stabile di Napoli e la Soprintendenza di Pompei; in programma ci saranno grandi tragedie tese a privilegiare ed esaltare il rapporto tra lo spazio scenico e la narrazione teatrale.

Apriranno il programma due capolavori di Eschilo: l’Orestea, affidata a Luca de Fusco, e il Prometeo, per la regia di Massimo Luconi, entrambe produzioni del Teatro Stabile di Napoli; Luconi firma anche la regia di Antigone, una storia africana, di Jean Anouilh, del Terzo piano teatro, a seguire Le Baccanti di Euripide, coproduzione di Napoli e Torino e per la regia dei Andrea de Rosa, concludendo con Seneca e la sua Fedra, diretta da Carlo Cerciello e prodotta dall’Istituto nazionale del dramma antico (INDA), quella gloriosa fondazione, per intenderci, che da 52 anni organizza e promuove le rappresentazioni classiche presso il Teatro greco di Siracusa.

Pompei ritorna a vivere, con il rito catartico della rappresentazione scenica ricreato nel Teatro Grande; l’edificio, edificato in età sannitica e completamente sepolto dall’eruzione del 79 d.C., fu il passatempo preferito dai laboriosi e ricchi romani che abitavano quei luoghi, nonché luogo d’eccezione in cui andavano in scena le così dette fabulae atellanae, le farse popolari di origine locale in cui si rideva rappresentando scene familiari di amori, corna e scherzi.

Ebbene, anche se con un programma un po’ lontano dalla antica e più ludica destinazione del Teatro Grande, Theatrum Mundi è il palco ideale per suggellare la rinascita del sito archeologico.

Rossella Marchese

Moonage Mantra, l’anteprima dei Dorian Gray in Sardegna

“Schizofrenia come ricchezza, diversità come valore, distanza come bellezza.

MOONAGE MANTRA è un polveroso Moleskine dove annotare i passaggi che portano all’eliminazione della parte trasparente della coscienza”.

Le didascalie che presentano l’ultimo album dei Dorian Gray preludono un progetto composito che va oltre i canoni abituali di un lavoro discografico. Per presentarlo nell’isola dove circa trenta anni fa, a Cagliari, avvenne la genesi della prima formazione; una selezione della band ha realizzato un tour in quattro tappe iniziato lo scorso 26 gennaio a Villamasargia, nel Sulcis-Iglesiente e conclusosi ad Alghero la domenica successiva.

DSC_0031Cinque autori, una band divisa in due, 16 pagine di rappresentazioni visionarie mutanti, in cui sono delineati personaggi, storie e diverse espressioni di uno stesso infinito, quello che ci manca da sempre. Le tavole originali di Marino Neri, Ausonia, Andrea Bruno, Davide Toffolo e Gildo Atzori inserite nella monografia che accompagna il disco, rappresentano la pop art del ventunesimo secolo, in uno scenario in cui suoni e immagini si fondono in un unico contenitore. MOONAGE MANTRA è un lavoro in cui musica, arte, innovazione formano un unico, grande affresco, un concentrato di arte contemporanea che utilizza più linguaggi e canoni di comunicazione. Per la prima volta, tutto questo è contenuto in un disco in vinile a 33 giri. Una confezione che racchiude oltre la collezione di immagini con i testi dei brani, anche una pen drive con le tracce in formato digitale.

Sabato 28 gennaio la tournèe  sarda ha fatto tappa a Porto Torres. Al circolo Acli “Al Baccanale”, Davide Catinari, voce storica e fondatore del gruppo, è stato accompagnato da Samuele Dessì (tastiera e chitarra) e Nico Meloni (chitarra acustica). Il set unplugged che offre un saggio del lavoro, contempla una importante connotazione di visioni riprodotte in tempo reale con una inedita metodica artigianale che contamina colori di china e proiezioni digitali. La mano agile e indomita di Gildo Atzori sostituisce il pennino robotico di un immaginario sismografo dove la rilevazione elettronica è sostituita dai sensori cognitivi del disegnatore che declina e traduce musiche e parole prodotte dai compagni in ribalta. Sul foglio prendono forma e vita schizzetti grafici dalle forme e colori che evolvono rispetto alle sensibilità sonore recepite. Un incontro di voci e immagini che cattura l’attenzione del pubblico.

La serata, presentata da Luigi Coppola (collaboratore di varie testate online, fra le quali la nostra), si è arricchita con la proiezione di un concept video intitolato “La luna negli occhi”, protagonista lo stesso Catinari, mentore e frontman di una straordinaria band di frontiera. In circa trent’anni di attività Dorian Gray ha collezionato eventi e attestati unici sulla scena globale. Prima formazione europea a esibirsi in Cina nel 1992 e attiva nei principali club europei (Londra, Berlino), vincitrice del premio Mei nel 2009, lo scorso anno è stata l’unica formazione italiana ammessa a partecipare al prestigioso festival Canadian Music Week di Toronto.

La condizione del bipolarismo è alla base dei contenuti sviluppati nell’album.

Dorian Gray e Golem Love sono due diverse caratterizzazioni per la stessa anima. La prima, rappresentata dai brani in italiano, è la condizione irrisolta del disagio interiore del qui e ora, la seconda, cantata in inglese, rappresenta la distruzione della consapevolezza attraverso l’innocenza. Lo stesso Catinari racchiude così la poetica del progetto: “Se Dorian Gray è lo sguardo disincantato sugli effetti di un’immortalità fine a se stessa, Golem In Love è il bambino che vuole mettere il mare in un secchiello. Visioni parallele di un percorso circolare che tende all’infinito, schizofrenia raccontata con amore”.

Collaborazioni prestigiose, a partire da Blaine L. Reininger (voce dei Tuxedomon) compaiono nell’album che sarà in vendita su più circuiti dal prossimo 10 febbraio con l’etichetta Cassavetes Connection. La serata è stata arricchita con la tipica ospitalità gastronomica locale con la direzione artistica di Donatella Parodi e la regia in consolle di Mario Francesconi.

 

 

Addio a Gerardo Marotta, il guerriero che fuse la realtà e il sogno filosofico.

Non è necessario averlo conosciuto personalmente per provare un senso di tristezza; con la scomparsa di Gerardo Marotta va via un grande e libero pensatore del nostro Novecento italiano, difensore per eccellenza del sapere filosofico.

L’amore per la storia e per la filosofia, che nel 1975 lo spinse a fondare a Napoli, sotto impellente invito di Elena Croce, l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, non si è mai estinto nello spirito dell’Avvocato ed ha continuato a perdurare caparbio attraverso le innumerevoli giovani menti che si sono incontrate tramite l’Istituto, grazie alle borse di studio, ai presidi culturali sparsi per tutto il Mezzogiorno, agli incontri ed ai seminari tenuti da intellettuali di fama internazionale.

L’infaticabile desiderio di proteggere il sapere filosofico e divulgare il pensiero hanno portato Gerardo Marotta in giro per il mondo a spendersi per una sola grande causa: lo studio della filosofia nelle scuole, come unico terreno fertile sul quale far germogliare il buon cittadino.

Fu talmente dedito a difendere questo credo che i suoi meriti di acuto intellettuale hanno trovato riconoscimenti e sostegno presso l’Accademia dei Lincei, al Parlamento Europeo e all’Unesco; ma soprattutto, l’Avvocato è stato amato dai suoi allievi, da tutti gli innumerevoli giovani che hanno attraversato le sale maestose di Palazzo Serra di Cassano, sede storica dell’Istituto, nei suoi 40 anni e più di attività. Che fosse l’Europa unita, o Giordano Bruno, il declino della cultura classica, o la Rivoluzione Partenopea del 1799, all’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, la sua creatura, si poteva parlare di tutto e con il grande pregio di non avere vincoli.

Da Gadamer a Popper, passando per Derrida, tutti i grandi sono stati ospiti dell’Istituto, e dall’Istituto hanno tratto ispirazione in quanto Accademia unica nel suo genere, di questo l’Avvocato Marotta ne è andato sempre fiero, lottando una vita intera per mantenere intatta e godibile per tutti quella unicità.

Con la sua scomparsa l’Istituto perde il suo Alfiere di prima linea, la città di Napoli resta orfana del suo più fine umanista e il Paese piange un cittadino impegnato generoso ed appassionato, “innamorato del pensiero”, come lo ha definito il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni.

Tuttavia rimane la storia, dell’uomo e del personaggio pubblico, e rimane l’Istituto con tutta la sua unicità da preservare.

Ai posteri  e alle istituzioni il compito di raccogliere l’eredità dell’Avvocato che è tutta volontà e passione civile, per un intellettuale europeo fuori dall’ordinario, l’ultimo eroe romantico di questa storia di ordinaria contemporaneità.

 

Rossella Marchese

Gerardo Marotta ci ha lasciati, la cultura ha perso un grande uomo

Gerardo Marotta, il filosofo di Palazzo Serra di Cassano, presidente dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, ci ha lasciato. Forte personalità sapeva motivare e ascoltare giovani e meno giovani. Stare con lui significava scoprire sempre nuove frontiere, conoscere e ampliare i propri orizzonti. Grande passione, una vita intera trascorsa a curare quella creatura, il suo Istituto, ma anche l’Istituto di tutti, che negli ultimi anni stava vivendo una situazione di grande sofferenza economica e di quella biblioteca sballottata da un deposito all’altro che ancora non ha visto la luce.

L’avvocato, così a tutti era conosciuto e tutti lo chiamavano, non ha visto concretizzato il sogno di vedere quei libri, preziosi non solo dal punto di vista del valore materiale ma soprattutto per quello che significano per la cultura, collocati in quella biblioteca che doveva essere crocevia di studiosi di tutto il mondo, così come era stato l’Istituto negli anni d’oro, quando risuonava il suo nome nelle istituzioni internazionali ai più alti livelli.

Quanto entusiasmo, quanta forza emanava quel minuto gentiluomo che accoglieva con il sorriso sulle labbra giovani e studiosi, che ascoltava felice i successi delle iniziative che l’Istituto portava avanti nonostante tutto, e anche di quell’ultima nata, l’idea di creare accanto alle Scuole estive le Acropoli dei Giovani che si sono realizzate al momento in quattro regioni italiane.

Avere avuto la fortuna di lavorare fianco a fianco negli ultimi anni è stato un grande onore. Mi mancheranno le conversazioni  nei fine settimana sulla politica, sulla cultura, sul futuro dell’Europa, sulle nostre Acropoli, sui mille progetti per i giovani da realizzare, mi mancherà e mancherà a tutti noi la sua presenza.

Istituto Italiano per gli Studi Filosofici

Come ultimo saluto lo ricordiamo con le foto della mostra fotografico-documentaria allestita a Palazzo Serra di Cassano organizzata dall’Associazione Culturale Napoli è per il Maggio dei Monumenti 2016 dedicata alla ricoperta degli antichi Sedili napoletani a cui hanno partecipato tanti giovani in collaborazione con l’ISI Marconi di Giugliano che aveva fortemente sostenuto.

 

Avvocato vivrai sempre nei nostri cuori e nelle nostre menti. Addio grande Maestro!

Bianca Desideri

 

People’s Choice Awards 2017: trionfa Ellen DeGeneres

Gli americani amano Ellen DeGeneres. Mercoledì 18 gennaio, la conduttrice e comica americana è diventata la più premiata nella storia dei People’s Choice Awards, i premi assegnati ogni anno dai fan, con un totale di 20 statuette. Parata di stelle del mondo “pop” e grande show all’insegna dell’informalità e del divertimento. Il glamour protagonista del red carpet soprattutto per l’abito sfoggiato da Jennifer Lopez, regina della serata in uno splendido vestito Reem Acra con cui ha ritirato il premio come Favorite Tv Crime Drama Actress. Durante la 43esima edizione svoltasi al Microsoft Theatre di Los Angeles e presentata da Joel McHale, la DeGeneres ne ha vinte tre molto importanti di statuette, migliore conduttrice, voce animata e collaborazione comica. Due le regine indiscusse della serata: Ellen DeGeneres, già citata, l’altra ‘maestà’ è stata invece Britney Spears, che ha vinto quattro statuette, tra cui Miglior Artista Donna, Miglior Artista Pop e Social, e per la sua collaborazione “comica” con la DeGeneres. A trionfare come artista maschile è stato invece Justin Timberlake. Johnny Depp è, invece, stata la vera sorpresa della serata dato che, all’indomani, della definizione dei dettagli del suo divorzio da Amber Heard nessuno si aspettava potesse presentarsi sul palco dei People’s Choice Awards. Invece l’ha fatto per ringraziare quanti “hanno avuto fiducia in me durante i momenti più brutti”. Il riferimento è sicuramente alle accuse di violenza domestica che sono state fatte a suo carico dall’ex moglie e alla sofferenza per la morte di sua madre. È un Johnny Depp commosso e di poche parole, che sottolinea più volte la parola “grazie”. “Senza di voi non sarei qui”, ha detto. Mentre Jennifer Lawrence e Ryan Reynolds, il cui Deadpool si è aggiudicato il premio come Miglio Film d’azione, sono rispettivamente i migliori attori femminile e maschile. Le Fifth Harmony, vincitrici come Miglior Gruppo, si sono esibite per la prima volta come quartetto, dopo il recente abbandono di Camila Cabello. Grey’s Anatomy  e The Big Bang Theory hanno vinto di nuovo come miglior serie drammatica e commedia, ma questa volta i beniamini dei due show non erano presenti alla serata. Come ogni anno, dei 64 vincitori nelle categorie musicali, televisive e cinematografiche, solo alcuni hanno ritirato i premi in persona. Blake Lively e Jennifer Lopez, che hanno vinto per le loro interpretazioni in Paradise Beach – Dentro l’Incubo e Shades of Blue, hanno ricordato il bisogno di ruoli femminili, la Lively ha confessato che il suo sogno di sempre è incontrare le Spice Girls.

Nicola Massaro

Dal disagio al lavoro, a Porto Torres storie che camminano

 

I corsi professionali dell’AGDHS formano sei cittadine e sette migranti.

Emerge più di un valore aggiunto all’iniziativa di formazione professionale, portata a termine dall’Associazione Governanti d’Hotel Sardegna che lo scorso 11 gennaio ha concluso un nuovo progetto di inclusione sociale per 13 donne residenti a Porto Torres.

La titolare di A.G.D’H.S., Eliana Loi, ha formato con una sessione full immersion di tre giorni, sei cittadine portotorresi over quaranta e sette giovani donne provenienti prevalentemente dalla Nigeria, attualmente ospitate nel centro di accoglienza cittadino presso Li Lioni.

L’iniziativa, completamente gratuita, per le corsiste, si è realizzata presso la sede comunale della Casa delle Associazioni e della Consulta del volontariato cittadino.

La composizione eterogenea della classe di studio si è resa possibile grazie al contributo della Refuges Welcome Sardegna, ultima costola della rete di cooperazione onlus mondiale, nata a Porto Torres, sul finire dello scorso anno, in coincidenza con il primo consistente sbarco di migranti avvenuto in città, grazie alla sensibilità di alcuni cittadini, coordinati da Marcella Marras.

Il progetto voluto da Eliana Loi si sposa con la filosofia e lo statuto dell’omonima associazione che si prefigge di formare donne che hanno bisogno di lavorare e affacciarsi al mondo del lavoro per la prima volta o reinserirsi nel circuito produttiva in una professione scarsamente valorizzata, nonostante una richiesta importante nella relativa filiera alberghiera.

Con un profilo di competenze acquisite in una esperienza pluridecennale, Eliana Loi (già governante d’hotel presso uno dei principali brand alberghieri a 5 stelle di rilievo internazionale), in un precedente meeting formativo, realizzato a Porto Torres, qualche anno fa ci delineava il suo percorso:

Ho iniziato negli anni Ottanta come cameriera. Il 2000, è stato per me un passaggio importante, perché all’hotel Cervo (a Porto Cervo ndr) ho fatto un corso come questo che mi ha avviato alla carriera. Ho ripreso a lavorare in Costa Smeralda presso l’hotel Melià, una società spagnola leader nel mercato mondiale. Lì è stata la mia formazione: un anno cameriera, un altro guardarobiera, poi il passaggio a governante.  Evidentemente avevo delle qualità che sono state apprezzate.  Ai miei ragazzi auguro il percorso fortunato che mi è toccato. Ho incontrato direttori che mi hanno insegnato tanto. Però questo è un lavoro di sacrifici. Bisogna avere la valigia pronta e andare. Ho girato molto: da Rimini a Folgaria nel Trentino. Sono stata nove mesi ad Amalfi, una esperienza enorme sotto il profilo umano e professionale.   

Per me il messaggio fondamentale è trasmettere questo mestiere. Che è sempre stato preso sotto gamba e neanche le scuole insegnano. L’Associazione è l’unica in Sardegna e sta iniziando a farlo. E’ stata chiamata anche a Roma, dove lo scorso anno ha tenuto dei corsi per un hotel della Capitale. Se non pensiamo di dover lavorare sotto casa, possiamo avere la fortuna che ho avuto io: lavorare per un grande gruppo internazionale”. 

Con questa esperienza alle spalle, il desiderio di condividerne i saperi e le gratificazioni conquistate con altre donne con diverse storie, spesso con poche opportunità e tante difficoltà, è stato un passo naturale, quasi necessario nel suo modo d’intendere la vita e il relazionarsi con il prossimo più vicino soprattutto a Porto Torres, la sua città di origine, unico comune sardo dove i corsi sono completamente gratuiti. A beneficio di quei soggetti in una ampia fascia anagrafica (dai 18 ai 25 e dai 45 ai 60 anni di età), che si trovano in serie difficoltà di auto sostentamento.

Alle 13 corsiste sono state consegnate gli attestati di frequenza al corso di formazione di “cameriera ai piani” che saranno inseriti nelle personali schede anagrafiche per una più agevole partecipazione ad eventuali selezioni lavorative di settore, che potranno eventualmente approdare con le dovute ore di lavoro acquisite, all’ottenimento della relativa qualifica professionale. La condivisione e la familiarità nata in aula fra le allieve provenienti da luoghi e storie personali molto diverse  ha già dato i suoi frutti. Eliana e Marcella stanno già lavorando ad un nuovo progetto d’integrazione sullo scambio dei diversi patrimoni linguistici: il sardo e l’inglese (in una versione dialettale quello in uso ai migranti) per avvicinare, con apposite giornate di studio, le distanti origini geografiche  e condividerne i profili culturali.

AGDHS  e Refuges Welcome Sardegna muovono storie e persone che camminano insieme a Porto Torres.

Luigi Coppola

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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