La persecuzione degli africani “bianchi”

 Si tratta di una vera e propria mattanza quella che subiscono gli albini nel continente africano.

La tratta degli albini si concentra soprattutto nella fascia sub sahariana: cacciati come animali perché alcune parti del loro corpo vengono vendute e usate per compiere riti magici che si ritiene portino fortuna, ricchezza e salute; martirizzati ed emarginati dalle loro stesse comunità che in loro vedono solo un’anomalia da eliminare o oggetti preziosi da sfruttare.

All’origine di questo accanimento c’è un pericoloso cocktail d’ignoranza e superstizione. Numerose credenze popolari diffuse in varie zone dell’Africa, tra cui Malawi, Tanzania e Mozambico, vedono la nascita di un bambino bianco da una coppia di genitori neri come un segno divino da cui derivano una serie di conseguenze drammatiche. Il neonato, secondo un’interpretazione che varia a seconda delle regioni, viene considerato o un essere superiore o l’incarnazione di un demone. In entrambi i casi, il nuovo nato, è destinato ad una vita di persecuzione.

Ancora nel 2018 è questo il destino per molti albini.

Secondo un rapporto di Amnesty International, pubblicato lo scorso 13 giugno in occasione della Giornata Internazionale per l’Albinismo, contro ogni forma di discriminazione, in Malawi scompare un albino al mese, rapito e brutalizzato, spesso su commissione dei cosiddetti guaritori tradizionali che ne richiedono gambe, braccia capelli e ossa, per produrre pozioni magiche e portare fortuna ai clienti.

In realtà, in gran parte dell’Africa, ogni pezzo di un albino può valere molti soldi. Per questo il traffico umano che prende di mira bambini, adulti e anziani affetti dalla carenza di melanina nella pelle, non riesce ad essere estirpato. E persino da morti gli albini vengono presi di mira, i loro resti, infatti, vengono sistematicamente riesumati e razziati nei cimiteri.

Esiste un mercato nero che muove cifre da capogiro. In questo circuito commerciale le parti mutilate dei corpi delle persone albine vengono vendute per migliaia di dollari. Secondo la Croce Rossa, gli stregoni sono disposti a pagare addirittura 50mila dollari per un “set completo” di tutte le parti del corpo ritenute miracolose. Ed è per questo che in molti casi sono le stesse famiglie, soprattutto nei contesti rurali e più poveri, a consegnare le vittime nelle mani dei loro aguzzini in cambio di denaro.

Oltre al Malawi, i Paesi più esposti sono Tanzania, Mozambico e Zimbabwe. In Tanzania, ad esempio, si è cominciato a parlare con frequenza di questo drammatico fenomeno dal 2007, e ci sono numerose bande di criminali che alimentano il traffico di organi legato agli albini che stentano ad essere sventate. Stessa cosa succede in Mozambico, dove le persecuzioni contro gli albini non sono spesso neanche denunciate. In Zimbabwe, invece, è opinione diffusa che un uomo possa guarire dall’Aids facendo sesso con una donna albina. Questa diceria espone le donne albine a ripetute violenze sessuali e alla contrazione del virus.

Ad oggi nessun trafficante di questi esseri umani è mai stato fermato.

Rossella Marchese

Stilata la classifica delle migliori influencer del 2018 

 C’è anche la nostra italianissima Chiara Ferragni nella lista dei 10 migliori fashion influencer del 2018 che, fra la nascita del figlio ed il matrimonio in Sicilia, ha scalato molti posti in classifica. A stilare la Top10 delle influencer che hanno “influenzato maggiormente gli acquisti in questo 2018” è stata la piattaforma di ricerche di moda LYST, che ha usato come metodo di paragone Instagram, le ricerche sul web, i dati di vendita ed i post sui social. Fra le 10 migliori influencer dell’anno solo una effettivamente fa questo di mestiere, Chiara Ferragni, tutte le altre che hanno “influenzato gli acquisti” sono popstar, attrici, sportive ed anche delle esponenti della Royal Family. Al decimo posto c’è Ariana Grande, che ha generato una mole enorme di ricerche per un capo di abbigliamento in particolare, la felpa oversize: nel 2018 ha visto un aumento di click pari al 130%. Al nono posto c’è un’altra cantante, Rihanna, in classifica per la sua linea di cosmetici Fenty Beauty e per la linea di intimo Savage X Fenty.

All’ottavo posto c’è Blake Lively, in classifica grazie ai look sfoggiati durante il tour promozionale del film A Simple Favor, seguita da Chiara Ferragni che è stata menzionata grazie al suo abito da sposa: le ricerche di quel brand sono aumentate del 109%.

Al sesto posto c’è la tennista Serena Williams per la sua linea di moda ed al quinto la pop star Beyoncé per il video Apeshit, mentre al quarto posto c’è la rapper Cardi B grazie ai suoi look sfoggiati durante la settimana della moda di New York, tutti copiatissimi.

Sul terzo gradino del podio si trova Meghan Markle, considerata un vero ciclone mediatico, visto che ogni vestito da lei indossato fa boom di vendite e nell’arco di appena una settimana le ricerche del brand schizzano  fino al 200%. Secondo posto per Kim Kardashian, che ha ricevuto l’Influencer Award assegnato dal Council of Fashion Designers of America.

Al numero uno c’è Kylie Jenner che collabora con i brand più famosi al mondo, vanta due milioni di ricerche nel 2018 collegate al suo nome ed anche una copertina di Forbes secondo cui potrebbe diventare la miliardaria americana più giovane dai tempi di Mark Zuckerberg.

Nicola Massaro

The Global Compact of Migration

 

Il nome per intero di questo documento approvato dall’Onu è “Global Compact for Safe, Regular and Orderly Migration” e l’Italia avrebbe dovuto sottoscriverlo al summit di Marrakech in programma per il 10 e l’11 dicembre, ma è di alcuni giorni fa la notizia del dietrofront del Governo italiano rispetto alle dichiarazioni ufficiali di due mesi fa, a New York, del Ministro degli Esteri Moavero Milanesi, durante i lavori dell’Assemblea delle Nazioni Unite.

L’Italia non è stata presente a Marrakesh per firmare il documento, in quanto dovrà essere il Parlamento, a seguito di un dibattito, a dare il via libera per la sua approvazione.

Eppure il Global Compact rappresenta, finalmente, un tentativo di dare una linea direttiva unica, a livello mondiale, al problema della migrazione. Il principale obiettivo è quello di creare una rete internazionale per l’accoglienza di migranti e rifugiati: un’accoglienza sicura, si legge nella dichiarazione, e di sostegno.

Il punto di partenza del Global Compact è il principio, condiviso da molti firmatari, che la questione delle migrazioni debba essere affrontata a livello globale tramite rete di collaborazione internazionale.

Nel documento si parla di migrazione “disciplinata, sicura, regolare e responsabile” e si prevede una serie di impegni da parte di tutti i Paesi per tutelare diritti e bisogni di chi è costretto a fuggire dal proprio luogo natale.

Gli Stati che hanno riconosciuto la necessità di firmare questa dichiarazione di responsabilità hanno riconosciuto il bisogno di un approccio comprensivo alla mobilità umana, che è un fenomeno inarrestabile (datato quanto la presenza dell’uomo sulla terra), rafforzando la cooperazione a livello globale, impegnandosi a combattere la xenofobia, lo sfruttamento, contrastare il traffico di esseri umani, potenziare il sistema di integrazione e l’assistenza umanitaria, sostenere dei programmi di sviluppo e stabilire delle procedure di frontiera nel rispetto del diritto internazionale, ad iniziare dalla Convenzione sui rifugiati del 1951.

Pur non essendo un documento vincolante in alcuna sua parte, i principi sanciti all’interno del Global Compact hanno allarmato e scatenato parecchie polemiche di chi si sente minacciato nella difesa dei propri confini nazionali.

E la sterzata reazionaria mondiale si riconferma ad ogni occasione di dialogo.

La lista di coloro che non parteciperanno ai lavori di Marrakesh si allunga; oltre alla sterzata dell’Italia, anche gli Stati Uniti di Trump. Per quanto riguarda il Belgio, invece, il sì del Premier Charles Michel al Global Compact ha portato il partito nazionalista fiammingo a lasciare la coalizione di governo a cinque mesi dalle elezioni, aprendo di fatto una crisi al vertice. C’è, poi, il così detto blocco di Visegrad, formato da Repubblica Ceca, Ungheria, Slovacchia e Polonia, ferocemente contrari a qualsiasi politica migratoria che non preveda chiusure di confini, filo spinato e muri; nonché, Austria, Bulgaria, Croazia, Israele e Australia, pure assenti. Mentre la Svizzera, come l’Italia, non ha partecipato al vertice, in attesa di un pronunciamento del Parlamento sul Global Compact.

Di nuovo l’Europa si mostra più debole e poco armonica, pure condividendo i principi comuni di rispetto e tutela dei diritti umani, e che, dall’altro lato dell’Atlantico, l’America guardi positivamente questa situazione.

Rossella Marchese

La  migrazione in Germania

Le priorità in Germania sull’immigrazione è l’integrazione lavorativa per tutti.

Sul Global migration compact, l’accordo internazionale sulla gestione delle migrazioni  vede i paesi dell’Unione europea non molto interessati, con l’Italia che non  intende partecipare alla Conferenza di Marrakech nonostante l’immigrazione sia uno dei temi più discussi all’interno della  coalizione.

In Germania invece, l’economia positiva consente di compiere ragionamenti a lungo termine, di natura demografica e per questo, in ottobre, il governo tedesco ha raggiunto un’intesa per la riforma della legge che la regola, introducendo un nuovo strumento per attrarre manodopera straniera.

Italia e Germania sono in questo momento i paesi Ue più in crisi dal punto di vista demografico, con saldi naturali profondamente negativi (differenza tra nati e morti, rispettivamente -190 mila e -148 mila). Tuttavia, nel 2017 la popolazione in Germania è cresciuta (+328 mila), mentre quella italiana è complessivamente diminuita (-105 mila) e questo è dovuto a una chiara differenza nelle politiche migratorie. Nel corso del 2018 la Germania ha raggiunto il record di 45 milioni di occupati, 15% in più rispetto ai 39,3 milioni del 2005.

Anche i cosiddetti “mini-jobs”, con paghe particolarmente basse, sono in diminuzione e il lavoro segnala ancora 750 mila posti che le imprese non riescono a coprire,specie nei settori logistica e trasporti, metalmeccanico, estrattivo e anche nel settore medico-sanitario, settore importante perché la Germania è uno dei paesi più anziani del mondo.

 

Dati demografici e occupazionali: confronto Italia-Germania

                                                                      Germania                           Italia

Popolazione 2018                                            82.850.000                60.483.973

 

Saldo naturale 2017                                          – 148.000                   – 190.910

Saldo Migratorio 2017                                      + 476.347                  +   85.438

Differenza pop. 2017 – 2018                            + 328.347                  –  105.472

 

Tasso occupazione 2017                                       75,2%                         58,0%

Tasso disoccupazione 2017                                    3,8%                          11,2%

Fonte: elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Eurostat

 

In Italia gli ingressi di immigrati per lavoro si sono fortemente ridotti a partire dal 2011 con la chiusura quasi drastica dei flussi per lavoro, negli ultimi anni la Germania ha mantenuto un alto numero di ingressi: come si può notare dal grafico, il saldo migratorio è rimasto molto elevato, con il culmine nel 2015 per l’afflusso di rifugiati.

La proposta di riforma della legge sull’immigrazione rappresenta un’ulteriore apertura con l’introduzione di un permesso di soggiorno per sei mesi per la ricerca lavoro, a determinate condizioni (livello di educazione, età, competenze linguistiche, offerte di lavoro e sicurezza finanziaria).

  • il nuovo strumento, nelle intenzioni del governo di Berlino, avrebbe tre effetti e consentirebbe di: attrarre in breve tempo nuova manodopera straniera, rispondendo mirata ai fabbisogni produttivi dell’economia tedesca;
  • separare in modo chiaro i percorsi dell’asilo e della migrazione economica, riducendo l’uso improprio dello strumento della protezione internazionale, fenomeno diffuso in Germania e nel resto d’Europa;
  • accelerare per i rifugiati le procedure di asilo e di favorire l’integrazione nel mercato del lavoro.

Riguardo alle informazioni e la trasparenza sulle azioni, il sito web dell’Ufficio federale per l’immigrazione e l’asilo (Bamf) è particolarmente accurato, con informazioni per i nuovi arrivati e per gli stranieri residenti.

A differenza dell’ Italia, che negli ultimi trenta anni ha “subito” l’immigrazione anziché gestirla fino alla chiusura dei flussi d’ingresso, la Germania ha stabilito alcune priorità, legate alla situazione economica e al mercato del lavoro, agendo favorendo l’integrazione lavorativa, sia dei rifugiati che dei migranti economici, e riducendo anche i tempi per le procedure amministrative e quindi anche i costi di gestione.

Danilo Turco

La tutela delle donne vittime di violenza

Si terrà oggi 4 dicembre alle ore 16.00 presso la Sala del Chiostro di Santa Maria La Nova, l’incontro “La tutela delle donne vittime di violenza. In famiglia e nei luoghi di lavoro”.

L’evento organizzato dalla Consigliera di Parità della Città Metropolitana, Isabella Bonfiglio, in collaborazione con l’ADGI – Associazione Donne Giuriste – sez. Napoli, presieduta dall’avv. Valeria Palmieri,  vuole offrire un momento di riflessione sullo stato dell’arte.

Cosa prevede la legge, cosa si può fare e cosa si deve ancora fare per ottenere una regressione del fenomeno che, ormai, raggiunge vette poco consone ad uno stato democratico di diritto.

La violenza, come reato perseguibile, non può essere considerato soltanto come “fatto ormai accaduto”.

La donna vittima di violenza è, innanzitutto, una persona che va tutelata, ma la tutela deve essere immediata e preventiva in tutte le estrinsecazioni sociali: famiglia, lavoro, società in genere.

Si può e si deve intervenire sulle cause, ma in ogni settore specifico.

Imparare a riconoscere le fattispecie, ad isolarle, per approntare nuovi strumenti di tutela efficace ma, soprattutto, esigere il potenziamento della rete e implementare gli interventi delle istituzioni preposte.

Quali modelli e quali prospettive?

Interverranno oltre alla Consigliera di Parità, alla Presidente dell’ADGI Sez. Napoli e a chi scrive: avv. Maurizio Bianco, Presidente Consiglio dell’Ordine Avvocati Napoli; avv. Antonella Regine;  avv. Ivana Terracciano; dr. Fabio Delicato, criminologo; dr.ssa Antonella La Porta – commercialista; dr.ssa Ludovica Genna, medico AORN.

Antonella Verde

 

 

25 novembre: Non è normale che sia normale

Il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani ha aderito alla campagna ‘Non è normale che sia normale’ contro la violenza sulle donne.

All’inizio della conferenza stampa a margine del Consiglio straordinario sulla Brexit oggi a Bruxelles Tajani si è messo un tratto di rossetto sotto l’occhio.

Un importante adesione che si aggiunge a quelle che fino ad oggi sono pervenute da personalità del mondo della cultura, dello spettacolo, ecc. all’iniziativa promossa dalla vicepresidente della Camera dei Deputati Mara Carfagna in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne che si celebra il 25 novembre.

Un video e l’hashtag #Nonènormalechesianormale stanno veicolando attraverso mass media e social l’importante messaggio della lotta contro la violenza sulle donne che deve raggiungere quante più persone possibile in modo da poter affrontare in maniera capillare il tema così delicato e al tempo stesso così importante soprattutto per le gravi ripercussioni che molestie e violenze hanno sulla vita delle Donne, conducendole spesso a morte.

Sono 106 le donne uccise dall’inizio dell’anno, un bilancio alto destinato ad aggravarsi come accade, purtroppo, ogni anno.

“Non è normale che sia normale” vuole raggiungere ogni persona, ogni luogo, ogni ambito della vita sociale e lavorativa perché in ovunque si parli e si lavori per evitare che di violenza sulle donne e di violenza di genere si muoia.

Alessandra Desideri

L’onda rosa nel Congresso USA

Dopo le elezioni di metà mandato in America, tutti hanno vinto.

Il Presidente Trump è soddisfatto, per aver rafforzato la sua posizione al Senato, vero organo legislativo dello Stato Federale; i democratici sono soddisfatti per il risultato alla Camera dei rappresentanti, che mantiene una natura di controllo (oltre ad essere organo legislativo) sull’attività del Presidente in primis.

Tutti contenti, nessuno escluso; soprattutto le deputate dei Democratici, mai così numerose ed eterogenee come dopo questa tornata elettorale.

Ha ragione la reporter del New York Times, Amy Chozick, quando dice: “Sono convinta che l’alto numero di deputate donne che vedremo nel 2019 al Congresso non nasce solo dalla reazione alla misoginia di Donald Trump. Lo dobbiamo in parte anche a Hillary Clinton. Nel bene e nel male: perché se è vero che la sua corsa non ha rotto il soffitto di cristallo, la barriera che da sempre impedisce alle donne di arrivare ai vertici, di sicuro ha mostrato a tante, soprattutto in casa democratica, che la strada è possibile”.

Sembra che il Partito Democratico abbia compreso, almeno questa volta, che per risalire la china è impossibile prescindere dal ruolo politico della donna e dalle sue competenze: non si può parlare ad un Paese soltanto con metà voce.

Indubbiamente, il fatto che le elette siano donne americane di ogni etnia ed età appartenenti a quella cospicua fetta di America maltrattata ed umiliata dalle politiche e dai modi trumpiani, ha contribuito al successo delle urne.

Le nuove elette, infatti, sono rappresentanza di quella diversità che tanto spaventa il Presidente ma che ha sostanzialmente fatto grande l’America, per dirla con un’espressione a lui cara.

Così, Alexandria Ocasio-Cortez, 29 anni, eletta nel suo distretto per la Camera nello stato di New York, diventa la più giovane rappresentante al Congresso della storia americana: non una sprovveduta, ma un’attivista che ha sconfitto Joe Crowley, che in molti consideravano come il possibile successore di Nancy Pelosi come capogruppo del partito. Il suo trionfo conferma il trend già registrato nelle scorse primarie democratiche che favorisce candidati donne, liberal, esponenti delle minoranze e millennial.

Nel numero record di donne elette per il midterm, moltissime sono esponenti di minoranze, come le prime due deputate musulmane, Rashida Tlaib, avvocato di origine palestinese, votata in Michigan, e Ilhan Omar, 36enne somala con un passato da rifugiata nei campi profughi kenioti, in Minnesota;  o le prime deputate native americane, Sharice Davids e Deb Haaland, elette in Kansas e New Mexico. La Davids è diventata anche la prima donna nativo-americana a mettere piede nel Congresso.

Ed ancora, la rifugiata afghana Safiya Wazir, 27 anni e madre di due figlie, è stata eletta con i democratici all’Assemblea legislativa dello Stato del New Hampshire; fuggita dall’Afghanistan dei Talebani nel 1997 con la sua famiglia quando aveva sei anni, Safiya è la prima ex rifugiata a ottenere un seggio all’Assemblea legislativa del New Hampshire.

Dunque, delle 92 donne che occuperanno gli scranni del Congresso americano, 28 sono quelle neoelette, un risultato davvero ragguardevole.

L’augurio è che il trend americano, in questo caso, diventi mondiale.

Rossella Marchese

Il mistero dell’iceberg perfetto

È stato individuato e fotografato dalla NASA nei giorno scorsi un bizzarro iceberg dalla forma rettangolare perfetta che ha subito scatenato sui social media la caccia all’intervento alieno.

Lo strano fenomeno è stato individuato vicino alla piattaforma di ghiaccio di Larden C, nella penisola antartica. Le foto mostrano uno spesso blocco di ghiaccio lungo un miglio che spicca minaccioso da un mare di acqua gelata e sottile, e che si pensa sia stato recentemente scheggiato.

Gli scienziati hanno preso lo scatto da un aereo usato per monitorare il cambio di terra e ghiaccio marino nel Polo Sud e, non appena reso noto, molti hanno sottolineato la sua forma particolare in relazione, alternativamente, con un lavoro di Photoshop o come opera aliena.

Tuttavia la scienziata della NASA Kelly Brunt, esperta dei ghiacci e dei loro comportamenti, ha spiegato che il processo causa della stranezza è, invece, abbastanza comune. Esistono due tipi di iceberg: un primo tipo, molto comune, anche nel nostro immaginario collettivo, prismatico come quello che speronò il Titanic, per intenderci; il secondo tipo, meno comune, chiamato “iceberg tabulare” la cui forma e sviluppo è assimilabile a quella di un’unghia che cresce troppo e alla fine si spezza. Questo spiega la forma bizzarra dell’iceberg individuato dalla NASA; staccandosi dalla piattaforma ghiacciata, esso si è spezzato in maniera geometrica e regolare, nessun alieno, dunque, soltanto madre natura.

Come per tutti gli iceberg, anche per quelli tubolari vale la regola del 10%, per cui la parte visibile è solo quella minima e superficiale, il resto, la quasi totalità della sua mole, rimane sommerso.

L’operazione della NASA che ha portato a questa scoperta si chiama Icebridge, la più vasta missione di ricognizione aerea dei poli mai fatta. Con questa missione la NASA vuole raccogliere immagini tridimensionali dall’Artico e Antartide come non è mai stato fatto prima.

I voli di Icebridge offriranno, ogni anno, uno sguardo sui rapidi cambiamenti dei ghiacci di Groenlandia e Antartide, aiutando a completare i dati raccolti con il satellite della Nasa IceSat nel 2003 e 2010, e ICESat-2, programmato per il 2018. I voli si faranno da marzo a maggio in Groenlandia e da ottobre a novembre in Antartide.

Nicola Massaro

 

Porto Torres, raccolta differenziata virtuosa

 

Porto Torres è un comune virtuoso per la raccolta differenziata, infatti “in due anni con il nuovo sistema di raccolta differenziata siamo riusciti prima ad abbattere il muro del 60%, che sembrava invalicabile, e a superare poi anche quello del 70%. È un risultato estremamente rilevante – sottolinea l’Assessora all’Ambiente, Cristina Biancu – e ci colloca fra i comuni del territorio che possono vantare la più alta quantità di rifiuti differenziati. Questo ci fa ben sperare sul raggiungimento delle premialità regionali. Già lo scorso anno, grazie alla virtuosa raccolta della plastica, abbiamo ottenuto dei contributi che ci hanno permesso di effettuare dei ritocchi al ribasso sulle bollette della Tari. Un plauso va ai cittadini, ai quali chiediamo sempre grande attenzione alla differenziazione e sensibilità sul corretto smaltimento delle diverse frazioni. Possiamo ottenere il duplice obiettivo di tutelare l’ambiente e ridurre i costi del servizio”.

E a parlare sono i numeri, una vera e propria impennata della raccolta: dal 2012 al 2016 la “forchetta” è rimasta praticamente invariata (tra il 57 e il 60%), nel 2017  il primo sostanziale miglioramento con il 63,5%, nel 2018  si è raggiunta quota del 73,3%.

E a parlare è il Sindaco Sean Wheeler che sostiene  che “Il packaging dei prodotti che acquistiamo nei negozi e nei supermercati può essere differenziato quasi totalmente e tutti dobbiamo fare un piccolo sforzo per continuare a separare correttamente le diverse frazioni. L’Amministrazione comunale si impegna a proseguire nel miglioramento del servizio e ai cittadini chiediamo di continuare a utilizzare tutti gli strumenti messi a disposizione per il corretto smaltimento, non ultimo l’ecocentro comunale”.

Un vero e proprio successo per Porto Torres che con l’apertura dell’ecocentro comunale, le campagne di comunicazione, l’introduzione nelle strade dei cestini multiscomparto e l’inasprimento dei controlli da parte del  Comando di Polizia Locale hanno contribuito in maniera sostanziosa al raggiungimento dei risultati.

Sono anche state eliminate le isole ecologiche per i commercianti e introdotto  il porta a porta anche per i locali del centro.

Utile il servizio presente nella home page del sito web comunale con la sezione Differenziata, con tutte le informazioni sulla raccolta, i contatti utili e gli orari di apertura dell’Ecocentro.

Salvatore Adinolfi

 

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