Il patrimonio di Napoli e della Campania: Parco e Reggia di Capodimonte un gioiello nella città

Il Real Parco di Capodimonte di Napoli è il più grande parco urbano nazionale.

Questa meraviglia che si affaccia sul panorama del golfo di Napoli, con un’area verde di circa 134 ettari e con centinaia di specie vegetali diverse, nel 2014 è stato definito il parco più bello d’Italia.

Come già ricordato nella prima parte del nostro racconto (n.d.r. 25 aprile 2024), il parco è stato progettato con maestria scenografica dall’architetto Ferdinando Sanfelice che in quest’area verde, tuttora incontaminata, dispose una serie di vialetti dove sorgono 16 edifici storici composti da residenze, casini di caccia, laboratori, chiese e depositi di verdure e di carni.

Nel Parco Borbonico, oltre a varie specie di frutteti  e palme vi sono ben 13 alberi monumentali tra i quali ha un posto di riguardo il maestoso albero della canfora  che fu portato dalla Cina dai regnanti della Casa Borbone più di 200 anni fa ed è uno degli alberi più antichi di Napoli e tra i principali canfori d’Europa.

Quest’albero, alto circa 18 metri, si incontra  sul cammino dei visitatori all’ingresso  dell’entrata posteriore  del Casino dei Principi e grazie alle sue  enormi dimensioni è diventato  un vero ecosistema  dove trovano rifugio gli uccelli boschivi, scoiattoli e  si sviluppano funghi, felci e una vasta varietà di muschi.

Un altro albero di Canfora di 24 metri di altezza, ma relativamente più giovane, si trova nel Giardino Torre, dove da qualche tempo è stata aperta una pizzeria-ristorante dove c’è il forno  che circa 200 anni fa sfornò la prima margherita.

Gli alberi storici presenti nel Real Bosco di Capodimonte, oltre i due Canfori già descritti, sono:

La Melaleuca del Giardino dei Principi; il Cipresso di Montezuma nel Giardino dei Principi; l’Eucalipto Robusta del Giardino dei Principi; Il Tasso nel Giardino dei Principi; l’agrumeto nel Giardino Torre; la Palma blu del Messico nel Bosco; la Magnolia; la Palma di Teofrasto; il Platano; Il Podocarpo; l’eucalipto menta bianca del Giardino dei Principi.

Nel Giardino Torre o “Giardino Biancour” dalla famiglia  di giardinieri che lo presero in cura, su mandato della Reale Famiglia, era il luogo delle delizie dove venivano coltivate varie specie di ortaggi, agrumi e frutta esotica destinate alla tavola dei monarchi.

Recentemente, dopo attento studio e accurate sperimentazioni, sono state  ripristinate circa 600 specie botaniche alimentari tra le quali spiccano i saporiti e profumati mandarini  giunti a Napoli nel 1847, le famose “Cerase d’o Monte”,  le  pere  coscione  e l’intramontabile  e squisita pommarola Sammarzano.

Una notizia  molto saporita: domani  sabato 18 maggio 2024, Giardino Torre riapre i cancelli a Slow Food, mercatino della Terra dove saranno presenti con i loro prodotti  i produttori campani che coltivano rispettando i ritmi della terra recuperando  campi  da tempo abbandonati.

Alessandra Federico

Fino al 19 maggio la FIAF si incontra ad Alba per il Congresso Nazionale

Giorni di grande impegno per i circoli fotografici aderenti alla FIAF (Federazione Italiana Associazioni Fotografiche) che si incontrano ad Alba in Piemonte per rinnovare gli Organismi della Federazione. Si tratta del 76mo Congresso nazionale e si svolge nella città nota per i tartufi bianchi e per essere stata insignita nel 2017 del titolo di Città Creativa della Gastronomia UNESCO.

Tantissimi gli eventi in programma ed i momenti  confronto che mirano a valorizzare la diffusione della fotografia nel nostro Paese. Ne citiamo solo alcuni: incontro con Michele Smargiassi, mostra del Grande Autore 2024 (Franco Zecchin), mostra dell’Autore dell’Anno FIAF 2024 (Luciano Bovina), esposizioni dei Talent e delle foto del Gran Premio Italia.

Oggi pomeriggio alle 18.00 nell’auditorium della Fondazione Ferrero si terrà la consegna delle onorificenze e l’incontro con Guido Harari.

La Campania partecipa con un nutrito numero di Circoli molto attivi ed impegnati in iniziative, confronti, incontri con autori e fotografi di livello locale e nazionale, corsi di fotografia, mostre e tanto altro ancora.

Antonio Desideri

Successo della XXVII Rievocazione Storica del Gran Premio di Napoli – Circuito di Posillipo

Si è tenuta il 2 maggio la 27ma edizione della rievocazione storica del “Gran Premio Napoli – Circuito Posillipo”.

Le condizioni meteo sfavorevoli non hanno fermato la macchina organizzatrice del Classic Car Club Napoli che, per la ventisettesima volta ha portato le auto d’epoca in mostra al Viale Virgiliano per ricordare che in questi luoghi, dagli anni ‘30 fino al 1962 si correva il Gran Premio di Napoli su una delle piste più belle e difficili del panorama mondiale: il circuito di Posillipo. E sul rettilineo di partenza si schierano ogni anno le creature custodite da soci ed appassionati.

L’edizione 2024, disturbata dalla pioggia, ha fatto rimanere a casa molte vetture ma lo schieramento era comunque consistente, con un’ottantina di esemplari disposti sui due lati della strada. Nonostante pioggia ad intermittenza, il pubblico è accorso numeroso ad ammirare gli esemplari esposti, e quest’anno brillavano due splendide Ford A dei primi anni’30 e la sontuosa Lancia Artena del 1934. E poi due Topolino, un splendida MG, Triumph, Appia, Giulietta Sprint e tantissime altre automobili che hanno contribuito a far sognare intere generazioni negli anni del boom economico. Bella partecipazione anche di Ferrari (tutte rigorosamente iscritte all’Automotoclub Storico Italiano (A.S.I.). Fra le Post-Modern, ricca partecipazione di Porsche di Mercedes e di Alfa Romeo, ma una segnalazione particolare va alla rarissima alla Lancia Delta Turbo 4WD dell’americano Asbury, la vettura che ha aperto la strada al dominio del marchio torinese nel mondiale Rally con le 4 ruote motrici.

La prova di abilità che ha concluso la parte attiva della XXVII Rievocazione Storica del Gran Premio di Napoli ha visto affermarsi Enrico Di Taranto con un’Alfa Romeo Spider del 1992 dopo una serratissima lotta con la Giulia del 1976 di Lorenzo Galletta e la Ferrari 355 di Francesco Galletta, racchiusi in pochissimi centesimi di secondo.

Grande la soddisfazione del Presidente del Classic Car Club Napoli Giuseppe Cannella: “Certo il meteo non ci è stato favorevole, ma sia i soci che il pubblico sono molto affezionati a questo evento e non ci hanno abbandonato – afferma soddisfatto dei numeri registrati al Virgiliano – ed ho visto che anche le condizioni dell’asfalto sono meno disastrate degli anni scorsi. Con un altro piccolo sforzo da parte del comune, il sogno di portare alcune Formula 1 di quegli anni in parata sui 4 chilometri della pista più bella del mondo potrebbe diventare realtà”.

Elena D’Incerti: Dentro San Vittore. Due anni di lezioni di Italiano in carcere

Vissuti problematici, anni di traversie personali e di emarginazione sociale.

Qual è la molla che spinge a riprendere a leggere e studiare?

A qualcuno dei detenuti viene consigliato, immagino da educatori e assistenti sociali. C’è un risvolto pratico ai fini processuali perché lo studio favorisce un giudizio di buona condotta.

Alcuni però, in una riflessione sul loro vissuto che in carcere finalmente riescono a fare (hanno molto tempo a disposizione) vedono la scuola come un’opportunità persa  ma recuperabile: una volta usciti, un diploma può facilitare la ricerca di un impiego.

Va detto però che sono davvero pochi quelli che, tra le numerose attività che il carcere propone, scelgono la scuola.

La sua riflessione assume un’ottica chiaramente istituzionalista e libertaria.

Come si può in un contesto scolastico, dunque normato, incedere oltre la struttura architettonica scolastica così come data e nota, appunto le mura di un carcere?

Premetto che il mio ‘lavoro’ in carcere non è la scuola istituzionalizzata, ma è un’attività di volontariato: un aiuto ad accompagnare gli studenti detenuti a sostenere esami di idoneità o, per quelli veramente motivati, di maturità.

La scuola in carcere non assomiglia quasi per niente alla scuola che c’è fuori, nonostante il lodevole tentativo dell’istituzione carceraria di ricostruire piccole aule scolastiche con banchi e lavagna e nonostante il desiderio (quasi struggente) dei detenuti più giovani di riavere il contesto che hanno perso solo pochi anni fa.

Diversa è anche la routine dei voti, dei programmi e delle interrogazioni: tutto più morbido. L’obiettivo è passare degli esami.

Il rispetto per la prof. invece è commovente: a volte immagino che molti di loro, finché hanno frequentato delle scuole da ragazzi liberi, non avessero gentilezze e premure. Ma anche questo fa parte probabilmente di un percorso di elaborazione del sé che, prima della detenzione, non hanno mai avuto l’opportunità di intraprendere.

A metà degli anni Trenta, Simone Weil aveva raccontato i miti greci agli operai e alle operaie di una fonderia francese.

La Letteratura, ieri come oggi, è funzionale al proprio riscatto?

La letteratura contiene risposte a domande di senso che molti studenti detenuti si pongono magari per la prima volta. Con mia grande sorpresa, commentano spesso la letteratura in modi totalmente diversi dai miei studenti ‘liberi’: anche questo dipende dai loro vissuti, da ciò che davvero cercano leggendo, dalla capacità di sorprendersi di fronte alla bellezza che non avevano mai sperimentato.

Le loro ‘risposte’ hanno spesso arricchito anche me.

Professoressa, lei ha proposto ai detenuti la scrittura in funzione terapeutica.

Lo scrivere può essere concepito come alternativo mediatore pedagogico, affinché ciascuno acceda ad una profonda comprensione di sé stessi e dell’Altro?

Sì e questo vale anche per le persone libere. Sarebbe molto bello proporre percorsi di scrittura creativa.

Ammetto però che della loro esperienza di studenti ‘liberi’, molti detenuti conservano una certa riottosità al lavoro in forma di compito, o spesso hanno paura a riprendere in mano la penna, per paura di non esserne capaci.

Quindi bisogna farli scrivere in presenza, durante le ore di lezione: ci vuole tempo perché si appassionino, poi scrivono, scrivono, scrivono. I giovani testi rap, i meno giovani anche poesie.

In tema di disuguaglianze qual è lo specifico valore che attribuisce alla Scuola?

La scuola dovrebbe essere ascensore sociale e non lo è: spesso mi sono chiesta se questi ragazzi si troverebbero in carcere se la scuola (in assenza di famiglie presenti attente) li avesse guardati, aiutati, inclusi davvero.

La scuola non include perché non ne ha più né tempo né mezzi, purtroppo. E a pagare sono i soggetti socialmente più fragili.

Io insegno in un liceo del centro di Milano dove è molto improbabile che un ragazzo (anche il meno studioso) possa non godere di un salvagente esterno: famiglie attentissime, opportunità alternative allo studio, una rete di protezione socioeconomica che permette maturazioni anche molto lente. Cose che chi da bambino cresce sulla strada, ahimè non ha.

A meno che non incontri dei docenti quasi missionari.

 

Elena D’Incerti, docente, traduttrice e curatrice di classici latini e greci, collabora da anni con alcune testate nazionali e con alcune riviste su temi legati al mondo della scuola.

Giuseppina Capone

 

A Caserta inizia oggi il Congresso del Distretto 108 Ya Lions International

Saranno tre giorni intensi per il Distretto 108 Ya Lions International che abbraccia tre regioni del Sud (Basilicata, Calabria, Campania). Il più grande distretto lionistico in Italia e uno tra i più grandi d’Europa celebra a Caserta il suo 28° Congresso alla presenza di oltre 400 tra delegati e soci in rappresentanza dei 139 Clubs del Distretto.

A fare gli onori di casa presso il Teatro comunale Parravano, in via Mazzini, da venerdì 3 a domenica 5 maggio il Governatore distrettuale Pasquale Bruscino.

I lavori si apriranno ufficialmente venerdì pomeriggio con la suggestiva sfilata delle bandiere e i saluti istituzionali del Sindaco di Caserta Carlo Marino, socio Lions. Seguiranno i saluti delle autorità lionistiche presenti: il Presidente della Circoscrizione di Caserta Alberto Martucci, il Presidente di zona Mauro Sellitto, il Presidente del Club Caserta Host, il primo per data di fondazione dei sei club operativi nella città di Caserta, Roberto Santoro, il coordinatore del congresso Aldo Cobianchi, il Past Governatore Franco Scarpino, il primo Vice Governatore Tommaso Di Napoli e il secondo Vice Governatore Pino Naim.

La prima giornata di lavori congressuali si chiuderà con la relazione del Governatore del Distretto 108 Ya Pasquale Bruscino il quale traccerà il bilancio finale del proprio anno sociale e delle azioni di servizio espletate.

Il programma dei lavori congressuali previsto è intenso e vedrà numerosi momenti di incontro fra i Lions delle diverse regioni del Distretto, riunioni delle commissioni di studio in cui è articolata l’Associazione, relazioni dei responsabili dei diversi dipartimenti organizzativi, l’approvazione del bilancio della Fondazione distrettuale.

Nel pomeriggio di sabato 4 maggio sarà la volta delle elezioni dei nuovi vertici chiamati a guidare il Distretto nel prossimo anno sociale: governatore, primo e secondo vice governatore, oltre al nuovo presidente del consiglio di amministrazione della Fondazione collegata al Distretto.

“A Caserta, splendida location scelta per il nostro Congresso, avrò modo di evidenziare il grande lavoro svolto dai Lions in questo anno sociale. Sono particolarmente soddisfatto dei risultati raggiunti sinora – sottolinea il Governatore Pasquale Bruscino –. Il nostro Distretto, con i suoi 139 Clubs, i suoi 3.539 Soci, si è mosso con impegno ed entusiasmo all’interno delle Cause Globali individuate dal Lions International. I Clubs si sono impegnati con passione, competenza e professionalità in service coinvolgenti per soci e non soci sulle cause umanitarie globali della nostra Associazione: diabete, vista, fame, ambiente e cancro infantile e non solo. Violenza contro le donne, bullismo, sicurezza stradale, disabilità, arte e cultura sono alcuni degli altri importanti temi che ci hanno visti impegnati in questo anno”. “Dobbiamo sempre ricordare che i Lions – prosegue il Governatore Bruscino – sono costruttori di pace e di solidarietà, sono impegnati nel dare risposte ai bisogni dell’umanità e dei territori coniugando la visione globale con l’azione locale. Migliorare la salute ed il benessere, rafforzare le comunità, sostenere chi ha bisogno sono i cardini della nostra azione continua e definiscono il nostro essere, il nostro agire e il nostro servizio nell’ottica di quel “We Serve”, motto che ci contraddistingue come Lions. Caserta rappresenta una tappa del nostro cammino con e per le Persone, i territori, le comunità” conclude il Governatore Bruscino.

Lions International, fondata nel 1917 negli Stati Uniti da Melvin Jones, è una delle più grandi Associazioni di servizio del mondo. Vanta un milione e 400 mila soci ed opera in sette cause umanitarie globali, vista, cancro infantile, diabete, assistenza in caso di disastri, ambiente, opere umanitarie, giovani e fame.

Alla Biblioteca Nazionale una mostra su Aldo Giuffré

Nel centenario della nascita, la Biblioteca Nazionale di Napoli allestisce una mostra per ricordare la carriera di Aldo Giuffré, eclettico protagonista dello spettacolo italiano.

In occasione del centenario della nascita dell’attore napoletano Aldo Giuffré, lunedì 29 aprile alle ore 16 presso la sala Rari della Biblioteca Nazionale di Napoli verrà presentata al pubblico la mostra Aldo Giuffré. Una vita per lo spettacolo 1924-2024, che sarà visitabile fino al 29 giugno. La mostra, allestita nel Salone della Sezione di Arti e Spettacolo Lucchesi Palli, ripercorre la multiforme carriera di Giuffré attraverso un percorso espositivo articolato in sedici teche, organizzate secondo un preciso ordine cronologico.

Forse solo l’aggettivo “eclettico” può definire al meglio la vita professionale dell’attore, che partì dalla radio nel 1943, approdò al cinema arrivando poi al teatro e giungendo, infine, alla televisione.

Dopo aver vinto un concorso come speaker radiofonico presso l’EIAR, Giuffré venne avviato alla carriera d’attore da Eduardo De Filippo che, dopo averlo inserito nel cast del film Assunta Spina (Mattoli, 1948), lo scritturò in compagnia facendolo debuttare nel 1947 con Napoli Milionaria. Da quel momento per l’attore iniziò una carriera tutta in ascesa: lavorò con Andreina Pagnani, Luchino Visconti, Giorgio Strehler, spaziando dalla commedia al teatro impegnato. La sua avventura con la televisione prese l’avvio negli anni Cinquanta, con alcuni lavori teatrali adattati per la tv e proseguì fino alla conduzione di Senza rete nel 1973. Parallelamente continuò a lavorare nel cinema, dove prese parte anche a importanti produzioni (come Le quattro giornate di Napoli, Loy, 1962 e Il buono,il brutto e il cattivo, Leone, 1966).

La mostra darà anche l’opportunità ai visitatori di poter conoscere un lato poco noto dell’artista: quello di scrittore. Dagli anni Ottanta, infatti, Giuffré iniziò a pubblicare alcuni romanzi che attirarono il parere favorevole di intellettuali partenopei, come Raffaele La Capria e Michele Prisco. Una vena autoriale, la sua, già emersa negli anni Settanta con la pubblicazione di articoli giornalistici e lettere aperte.

Lungo il percorso espositivo, si avrà l’opportunità di visionare, attraverso totem dedicati, alcuni filmati tratti dai suoi lavori cinematografici e televisivi. Il materiale esposto nelle teche consiste in fotografie, dépliant, copioni, quaderni manoscritti, tutta documentazione costituente il Fondo Aldo Giuffré, che il 19 febbraio scorso è stato generosamente donato dalla moglie dell’attore, la signora Elena Pranzo Zaccaria.

Il coordinamento scientifico della mostra, che si avvale del patrocinio della Rai di Napoli, è della dottoressa Maria Iannotti, mentre i curatori sono Domenico Livigni, Attilio Laviano e Laura Bourellis. L’accesso alla mostra è gratuito; lunedì 29 sarà possibile visitarla liberamente, mentre dal giorno seguente e per tutta la sua durata è necessario prenotarsi presso l’URP – Ufficio per le Relazioni con il Pubblico della Biblioteca Nazionale di Napoli (tel.: 081 7819325 – mail: bnna.urp@cultura.gov.it).

A Scampia i Lions per la prevenzione dell’infarto miocardico e dell’ictus cerebrale

Occhio… al cuore delle donne

Si è svolto stamani sabato 27 Aprile, presso i locali della Parrocchia della Resurrezione Nostro Signore Gesù di SCAMPIA uno screening per malattie cardiocerebrovascolari dedicato solo alle donne.

Organizza l’evento la XI Circoscrizione del Distretto Lions 108 Ya Presidente Giovanni Cibelli in collaborazione con l’Associazione  Regionale Cardiologi Ambulatoriali per la Campania Presidente dr Francesco Guarnaccia, dalle Associazioni pazienti diabetici della Campania coordinate da Anastasio Fabiana.

L’iniziativa nata dal progetto Lions del Distretto 108 Ya (Basilicata, Calabria,Campania) di cui è responsabile Distrettuale Antonio Lopizzo, ha come tema la prevenzione dell’infarto miocardico e dell’ictus cerebrale – Occhio…..al cuore delle donne – con il principale obiettivo di contribuire ad abolire l’attuale differenza di genere che ancora esiste all’accesso per le cure intensive per queste patologie.

Le donne avranno la possibilità di sottoporsi gratuitamente ad esame della glicemia, del peso corporeo, della pressione arteriosa, ad elettrocardiogramma con visita cardiologica ed a  valutazione nutrizionistica.

Ancora oggi è opinione comune, anche da parte di molti operatori sanitari e di decisori pubblici, che le malattie cardiocerebrovascolari siano un problema tipicamente maschile e che se dovessero interessare le donne siano da curare come gli uomini. La grande maggioranza delle donne, anche da recenti studi statistici, ha una percezione molto bassa dai pericoli causati da queste patologie e dei propri fattori di rischio. Ritengono,infatti, che la patologia tumorale sia la prima causa di morte per le donne, mentre in realtà risulta essere al secondo posto dopo le malattie cardiocerebrovascolari (MCV).

Le MCV si presentano nelle donne con un ritardo di 10 anni rispetto agli uomini. Infatti fino alla menopausa le donne beneficiano della protezione ormonale estrogenica; in seguito vengono colpite più degli uomini da eventi che spesso sono più gravi in termini di mortalità e di invalidità.

Le MCV, considerando infarto miocardico ed ictus cerebrale, rappresentano in Italia ed in Europa la prima causa di morte nelle donne (38,8 %) con una percentuale significativamente superiore a quella rappresentata nella popolazione maschile (32,5%)

Esiste, ancora oggi una diseguaglianza di genere all’accesso alle cure intensive. Infatti circa il 20 %  delle donne non beneficia  di interventi di angioplastica coronarica nei primi 90 minuti dall’evento acuto con maggiore mortalità a 30 e 90 giorni  in  confronto agli uomini.

Anche l’ictus cerebrale è una patologia declinata al femminile: infatti è responsabile del 10,7% delle morti delle donne contro il 9,2% degli uomini presentando un rischio doppio per un secondo evento acuto ischemico nei cinque anni successivi e quasi il 30% di possibilità in meno di accedere alla trombolisi, altra procedura salvavita.

Tutto ciò accade per un ritardo decisionale nell’allertare il sistema urgenza-emergenza da parte della donna e dei familiari.

Il più delle volte i sintomi dell’infarto nella donna si presentano in maniera diversa dagli uomini. Il classico dolore retrosternale con irradiazione al braccio sinistro può mancare o può localizzarsi in altra sede come al collo o in sede interscapolare o sostituito da sintomi come improvvisa sudorazione, malessere generale, dispnea, palpitazioni,facile stancabilità.

Anche nell’ictus cerebrale la donna oltre ai sintomi comuni agli uomini come la difficoltà a vedere con uno o due occhi, improvvisa debolezza ai muscoli del viso, degli arti  superiori ed inferiori e spesso da un lato, difficoltà a parlare o a capire, mal di testa, perdita di equilibrio può spesso presentare sintomi come improvvisa debolezza generale, disorientamento, confusione, perdita di coscienza, cambiamento improvviso dell’umore e stato di agitazione.

Sintomi che vengono sottovalutati dalla donna ed  a volte anche non ben valutati dal personale sanitario ritardando così l’accesso alle cure intensive.

I fattori di rischio cardiovascolari, nelle donne, sono sottostimati nonostante molti dei più importanti come l’ipertensione arteriosa, il fumo di sigaretta, la dislipidemia, il diabete mellito tipo 2 e la sedentarietà sembrano penalizzare particolarmente la popolazione femminile.

Le donne presentano altresì alcuni fattori di rischio tipicamente femminili come la menopausa, l’ipertensione gestazionale, il parto pretermine, la sindrome dell’ovaio policistico (con rischio di patologia aterosclerotica 4 volte più elevata), contraccettivi orali, le malattie autoimmuni  (300% prevalenti nelle donne) in particolare l’artrite reumatoide ed il lupus eritamatoso sistemico, la chemio o radioterapia per carcinoma della mammella

Anche i fattori psico-sociali rappresentano in ugual maniera un rischio cardiovascolare. Infatti ancora oggi alle donne sono demandate la gestione della casa, dei figli e della rete familiare. Questo carico di lavoro si va ad aggiungere al lavoro retribuito  che quotidianamente svolge inducendo un sovraccarico mentale, psicologico ed emotivo che impatta negativamente sulla qualità della vita a causa dello stress, ansia e depressione correlati. Condizione questa  che mal si correla con uno stile di vita sano  (dieta e attività fisica) da praticare per la prevenzione delle malattie cardiovascolari. Un corretto stile di vita infatti prevede tempo e risorse economiche che lo donna il più delle volte non ha disposizione.

Nel pomeriggio nella sala teatro della Parrocchia sono stati consegnati i risultati degli esami effettuati e si è svolto un incontro-dibattito con la partecipazione di esperti della prevenzione delle malattie cardiocerebrovascolari.

Al termine della manifestazione il Governatore Pasquale Bruscino e la responsabile Distrettuale New Voice Carmela Fulgione coadiuvata dalla Coordinatrice Circoscrizionale Anna Maria Truppo, hanno premiato il gruppo sartoriale “Fatto a Scampia” che per l’occasione mostreranno le loro creazioni.

Ha concluso l’incontro il Governatore del Distretto Lions 108 Ya Pasquale Bruscino.

 

 

A colloquio con Rossella Pace. Per una resistenza al femminile: dalle staffette partigiane alle madri costituenti

“Se ci prendono e pensano di lasciarmi viva perché sono una donna mi metto a urlare che mi fanno schifo fin quando non mi zittiscono i proiettili”, così Alba Carla Laurita de Céspedes y Bertini in relazione ai tedeschi, che, arrivando nelle case per una rappresaglia, massacravano sempre gli uomini.

Quale contributo ha offerto la Resistenza alla causa femminile?

Indubbiamente, il contributo più importante che la Resistenza ha dato alla causa femminile è stato l’acquisizione di pari diritti politici e civili tra uomini e donne. Acquisizione che è stata, si badi bene, non un punto di arrivo bensì il punto di partenza per andare a colmare quel gap tra i due sessi, visibile nella società attuale benché in misura ridotta.

La Resistenza italiana è un argomento costantemente trattato. Esiste una faccia ancora in gran parte nascosta relativa alla presenza femminile.

Qual è l’apporto delle donne?

Certamente esiste ancora una parte poco conosciuta della Resistenza femminile. Un libro edito ultimamente sull’argomento ne è dimostrazione più evidente. Il testo, pur esaltando la resistenza femminile e mettendo in evidenza l’essenziale apporto delle donne alla causa della lotta di liberazione nazionale, non tiene minimamente conto degli orientamenti storiografici in tal senso. La compagine femminile liberale attiva sia nel campo civile che in quello della lotta armata non è minimamente menzionata. Sicuramente l’autore non aveva tale obbligo ma, a mio avviso, uno studio che pretende di essere esaustivo sull’argomento avrebbe dovuto tenerne conto, anche perché la fonte di questi nuovi orientamenti storiografici sono gli Archivi della Resistenza stessa.

Paola Del Din, altra fondamentale protagonista della Resistenza, combattente e patriota della brigata Osoppo-Friuli, agente pro tempore dello Special Operations Executive (SOE) britannico, medaglia d’oro al valor militare della Repubblica italiana. Ebbene, quale molla scatta in una ragazza – tante ragazze – tanto da indurla al rischio della vita?

Quella della Del Din fu la reazione alla morte del fratello Renato. Ciò la spinse ad occupare un ruolo sempre più importante nella brigata Osoppo. Le motivazioni furono varie. Citerò il caso di Cristina Casana, attiva nella Resistenza al fianco del fratello Rinaldo nella zona di Milano: “la resistenza fu per me  un momento di evasione dalla realtà in cui avevo sempre vissuto, anche perché fino a quel momento io di politica non avevo mai capito nulla”. Mentre per la ventenne Maria Giulia Cardini, attiva nella zona Cusio – Ossola, l’adesione alla lotta di liberazione nazionale fu un fatto del tutto naturale, “il Paese aveva bisogno di noi”.  Per i tre casi citati possiamo parlare di un antifascismo che per  – dirla con Edgardo Sogno – non derivava da premesse sociali o marxiste, derivava da una esigenza […] liberale, ossia dell’opposizione ad un sistema non democratico, non rispettoso della dignità e dei diritti della persona e da una rivolta contro i metodi e la politica degli stati totalitari.

Maria Giulia Cardini, militante dell’Organizzazione Franchi di Edgardo Sogno, combattente nelle Divisioni Beltrami e Di Dio in Val d’Ossola, capocellula dell’intelligence partigiana (Simni) nell’ambito della Missione Chrysler. Eppure, nome poco noto, addirittura ignorato. Quali sono le ragioni della “Resistenza taciuta”?

Se ragioni ci sono di questo silenzio, in primo luogo, forse, vanno rintracciate nel fatto che molte delle protagoniste di questa lotta preferirono dopo la fine della guerra non parlare e non chiedere riconoscimenti. Preferirono dimenticare o addirittura non parlare di quei fatti. Certo il caso di Maria Giulia Cardini ha davvero dell’incredibile. Dopo la prima militanza nell’organizzazione Franchi e nelle Divisioni Beltrami e Di Dio in Val d’Ossola arriva al SIMNI. Si badi che vi arriva non come staffetta ma come capocellula del SIMNI in collaborazione della missione Chrysler americana, potendo contare su una squadra di 12 uomini ai suoi ordini. Il paradosso lo troviamo nel fatto che  tutti gli uomini del SIMNI a partire da Giorgio Aminta Migliari compaiono nella sezione “Donne e uomini della Resistenza” sul sito dell’ANPI, ma non lei. Una ragione potrebbe essere che, solo tardivamente, a fine anni 50, l’Italia un Paese in cui nel 1945 le donne non godevano di alcun diritto politico, le riconobbe la medaglia d’argento. Forse, è arrivato il momento di rivedere la sezione?

35mila donne dal 1943 al 1945 parteciparono alle azioni di guerriglia partigiana per liberare l’Italia dal nazifascismo. Non sottoposte ai bandi di reclutamento e, in generale, non obbligate alla fuga ed al nascondimento: volontarie a pieno titolo nella resistenza. Cosa dobbiamo, tra le altre, alle “Gappiste di Milano”?

I numeri della partecipazione femminile alla lotta di liberazione nazionale sono molto alti, credo che addirittura molte di loro ancora non siano state neanche censite. Indubbiamente, alle militanti dei Gruppi di Difesa Patriotica di Milano, ma non solo, va ascritto un grande merito in quel frangente storico. Anche se, quasi immediatamente, nella sfilata del giugno del 1945 per festeggiare la libertà riacquistata i loro meriti e quelli di tutta la presenza femminile nella guerra ai nazifascisti vennero sminuiti da Palmiro Togliatti. Il quale alla vigilia della sfilata osservò: “Meglio che le ragazze non sfilino con i ragazzi, il popolo non capirebbe”.

Anna Cherchi. Alle carceri “Nuove” fu torturata ogni giorno per un mese: nemmeno le scariche elettriche riuscirono a farla parlare. Poi, su di un carro bestiame fu deportata a Ravensbruck, campo di concentramento per sole donne: Anna aveva 18 anni ed era una staffetta. Quale ruolo rivestirono le “Staffette”?

Nella Napoli occupata del settembre 1943, le donne impediscono i rastrellamenti degli uomini, facendo letteralmente svuotare i camion tedeschi già pieni ed innescando, così, la miccia dell’insurrezione cittadina. Le donne protagoniste della Resistenza civile?

Rispondendo ad entrambe le domande vorrei sottolineare che chiunque fosse stato scoperto a nascondere partigiani, trovato in possesso di documento da trasportare alle bande partigiane, avrebbe avuto la casa bruciata e lei o lui immediatamente fucilato insieme a tutta la sua famiglia.  Le staffette svolsero un ruolo di primo piano nella lotta ai nazifascisti. Innanzitutto, senza il sangue freddo di queste giovani e il loro coraggio nei momenti più duri dei rastrellamenti sarebbe stato impossibile mantenere i contatti tra le varie bande. Ricordava Virginia Minoletti Quarello, attiva nella resistenza prima a Genova e poi a Milano insieme al marito Bruno Minoletti: “un giorno giravo per Geneva con la borsa talmente tanto piena di documenti per il Pl genovese e di armi che se fossi stata fermata ad un posto di blocco, le uniche parole che mi avrebbero detto sarebbero state: prego il muro”. Detto questo, non farei differenza tra Resistenza civile e Resistenza armata; entrambe presentavano una dose altissima di rischi ed entrambe erano strettamente interconnesse tanto da non poter sopravvivere l’una in assenza dell’altra e viceversa.

Professoressa Pace, in qual misura la partecipazione delle donne alla Resistenza ha risposto ad un bisogno di affermazione di diritti ed opportunità?

Come dicevo all’inizio è stato il punto di partenza, sul quale – credo – ci sia bisogno ancora di lavorare, per evitare che quella indipendenza e quei valori conquistati sul campo di battaglia vadano sprecati.

 

Rossella Pace, PhD in Storia dell’Europa presso l’Università “Sapienza” di Roma. È Segretario Generale dell’Istituto Storico per il Pensiero Liberale Internazionale. Si è occupata di Storia del liberalismo, di Resistenza, di storia sociale e relazioni diplomatiche. È autrice di Una vita tranquilla. La Resistenza liberale nelle memorie di Cristina Casana (Rubbettino 2018), Partigiane liberali (Rubbettino, 2020), I liberali non hanno canzoni (Rubbettino, 2022) e di vari saggi e articoli su riviste specialistiche. Per Rubbettino ha curato i volumi La fatalità della guerra e la volontà di vincerla. Classe dirigente liberale, istituzioni e opinione pubblica (2019), Diplomazia multilaterale e interesse nazionale. Dal Congresso di Vienna (1815) all’atto finale di Helsinki (1975) e oltre (2016), L’eredità di Leopoldo Franchetti (2020) e Non possiamo non dirci liberali (2022).

Giuseppina Capone

 

Pasquale Bruscino: la libertà va sempre preservata, curata e tutelata

I valori della Costituzione, la forza dell’Unità nazionale, la gioia di condividere, in un giorno di festa, insieme a tutti i cittadini, il ricordo di una grande crescita generale dopo il buio della guerra, rappresentano pienamente il significato del  25 Aprile della nostra Democrazia.
I Lions, come sempre, sono in prima fila, presenti sia nel ricordare sia nel progettare il futuro!
La Libertà va sempre preservata, curata e tutelata, in ogni momento della vita e lo strumento per farlo è senza ombra di dubbio la Carta Costituzionale.
Giunga a tutti un augurio, in questo giorno di festa, di Libertà, Pace e Democrazia per la nostra Patria, perché per sempre ogni giorno possa essere il 25 Aprile.

Pasquale Bruscino

Governatore del Distretto 108 Ya Lions International

Il patrimonio di Napoli e della Campania: il Parco e la Reggia di Capodimonte

Nel 1734, il re Carlo di Borbone appena giunto a Napoli sentì immediatamente la necessità di avere una dimora sulla splendida collina di Capodimonte affinché le sue due passioni,  caccia e collezioni d’arte, potessero essere soddisfatte.

Commissionò quindi la costruzione della Reggia all’architetto Giovanni Antonio Medrano  e quando fu completata, vi portò da Roma e Parma la sua Collezione  Farnese.

Dopo qualche anno, nel 1742, l’attenzione del Re si spostò sul Bosco che aveva un’estensione di 130 ettari ed affidò la realizzazione del Parco alle scenografo Architetto Ferdinando Sanfelice che, riuscendo ad utilizzare tutte le risorse del territorio che aveva a disposizione, fuse in  meravigliose prospettive scenografiche  tutte le risorse naturali.

Partendo dall’ingresso principale realizzò la Porta di Mezzo disegnando una grande  area ellittica  da dove partono cinque viali ognuno intersecato da vialetti laterali.

All’interno del Parco aggiunti a costruzioni preesistenti, furono edificati alcuni edifici  tuttora esistenti, parte di questi utilizzati come fabbriche o per usi agricoli ed allevamento di  animali, mentre alcuni costituivano i luoghi di ritrovo della corte e degli ospiti occasionali.

La prima costruzione, acquistata dal re fu una palazzina originariamente di proprietà della famiglia di Carmignano. Era una tra le più belle ed originali ville collocate sulla collina e dove si svolgevano piacevoli  giornate di svago dedicate alla natura e alla musica. Questa villa dal 1826 divenne la residenza ufficiale dei figli del monarca borbone.

In seguito al suo ritorno  sul trono avvenuto nel 1815, re Ferdinando, seguendo la tradizione che voleva che un re offrisse un voto per la riconquista del Regno, volle la costruzione di un eremo che ospitasse dei monaci cappuccini. L’eremo dei  Cappuccini fu quindi eretto nel 1817.

Nel 1745, per soddisfare le  insistenti richieste della numerosa popolazione del Real Bosco, fu affidata sempre all’Architetto Sanfelice, la costruzione di una Chiesa denominata di San Gennaro, per adornala furono ordinate diverse opere d’arte, tra le quali una grande immagine di San Gennaro e altre quattro statue di Santi protettori: San Filippo,  San Carlo, Santa Elisabetta e Santa  Amalia.

Attualmente la Chiesa di San Gennaro a Capodimonte, dopo 50 anni  di chiusura, il 16 aprile 2023, dopo alcuni necessari  lavori di restauro è stata finalmente riaperta al culto dei fedeli.

Una delle arti che si praticava sul territorio collinare riguardava la produzione di oggetti in ceramica, pertanto il Re commissionò all’architetto Sanfelice la trasformazione nel 1743, di un edificio già presente nel Real Bosco in una Fabbrica di porcellana i cui prodotti divennero famosi e si diffusero in tutto il mondo. Attualmente in questo antico edificio l’arte della ceramica e della porcellana continua ad essere insegnata dai docenti dell’Istituto G. Caselli.

Tra gli edifici adibiti a funzioni agricole e di allevamento trova un posto di primo piano  il Giardino e Casamento Torre  dove nel 1889, nel suo forno a lega fu cotta la prima pizza Margherita (pomodoro, basilico e mozzarella), dedicata alla regina Margherita di Savoia.

Questo edificio è composto da una torre e da alcuni giardini suddivisi per aree di diversa coltivazione. Lungo tutti i vialetti si ergono alberi da frutto in particolare agrumi e alcuni ananas.

Al piano terra di un edificio agricolo del 18° secolo, denominato la Capraia,  si trovano stalle e locali adibiti a deposito dei prodotti agricoli e  di  animali, mentre i pastori e i contadini potevano accedere  ai loro ambienti  situati ai piani superiori.

Attualmente questo edificio è adibito  a centro d’arte grazie alla collaborazione tra il Museo di Capodimonte e l’Istituto di storia dell’Arte Edith O’Donnell.

I vini del re erano ben conservati in botti di legno in una cantina denominata il Cellaio. Nel Cellaio trovavano posto anche i cereali e le conserve di carne, miglio, legumi e tutta la buona selvaggina del Real Bosco destinata alla mensa del re.

Alessandra Federico

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