Passeggiata di Natale al Centro Antico di Napoli, la Basilica di Santa Chiara e la Chiesa del Gesù Nuovo

Proseguiamo la nostra passeggiata (n.d.r. iniziata il 27 dicembre) nel Centro Antico di Napoli. Percorso l’ultimo tratto di via Benedetto Croce arriviamo ad un incrocio  dove a sinistra troviamo via Santa Chiara che costeggia le mura dell’Antica Chiesa dedicata alla Santa mentre sulla destra inizia l’antica Via di San Sebastiano, fino a qualche tempo fa conosciuta come la strada della musica per la presenza di numerosi negozi  ed artigiani di strumenti musicali.

Pochi passi ancora per via B. Croce e sulla sinistra notiamo l’ingresso  dell’imponente Basilica di Santa Chiara la cui costruzione risale all’anno 1310 per volontà del re Roberto d’Angiò e della sua seconda moglie Sancia di Maiorca.

La Basilica è la più grande  tra quelle in stile gotico-angioino esistenti nella città di Napoli ed  collegata al  monastero delle monache caratterizzato da ben quattro  chiostri  monumentali, da scavi archeologici e numerose sale arricchito da affreschi di Giotto.

Entriamo all’interno  della Basilica che si presenta  a navata unica  con dieci cappelle   per lato. Al centro della navata la tomba di Roberto d’Angiò mentre sul suo lato destro le tombe di Carlo di Calabria e di Maria di Valois realizzato dal Maestro Tino di Camaino mentre sul lato sinistro  si trova quella di Maria Durazzo.

La Basilica accoglie nell’ultima cappella sulla destra le spoglie della famiglia dei Borbone.

Usciamo dalla Basilica e di fronte a noi  si apre piazza del Gesù Nuovo con la guglia  del 1747  e l’omonima Chiesa, ricavata  dal Palazzo S. Severino edificato nel 1410 da Novello di S. Lucano. Il nobile casato fu costretto all’esilio in seguito ad una rivolta fallita contro il re Ferdinando I d’Aragona i beni furono confiscati alla famiglia e venduti  alla Compagnia di Gesù che vi fece costruire tra l’anno 1584  ed il 1601 la  Basilica dedicata alla Madonna Immacolata e chiamata del Gesù Nuovo.

Una recente scoperta dovuta agli studi dello storico Vincenzo De Pasquale, ha portato alla conoscenza dell’esistenza di note musicali incise su alcune pietre del bugnato. L’attento studioso, appassionato del rinascimento napoletano e   musicologo attento   è riuscito a decifrare l’enigma  dei simbolo occulti presenti sulle bugne che si tratterebbe  di uno spartito musicale  scritto all’inverso in aramaico.

Alla sobrietà dell’esterno contrasta  con un interno  barocco, riccamente decorato, con una pavimentazione ricca di marmi policromi, colonne ed altari.

Le pareti sono coperte di affreschi  di importanti artisti non solo napoletani mentre nelle  cappelle  si possono ammirare  sculture realizzati da artisti quali il Fanzago, e di Jusepe de Ribeira.

Tra le dieci cappelle troviamo la Cappella della Visitazione  che ospita il reliquiario  con i resti di San Giuseppe Moscati, medico dei poveri verso il quale i napoletani  nutrono una  profonda venerazione.

Usciamo dalla Basilica e tutt’intorno notiamo i Palazzi Pandola, Pignatelli di  Monteleone e Morisani, anch’essi del 500, che iniziano la Via della Trinità Maggiore.

La nostra passeggiata alla scoperta dell’arte storia e magia del Centro storico  di Napoli conclude, al momento, tanto ancora c’è da scoprire e da approfondire.

Alessandra Federico

Passeggiata di Natale al Centro Antico di Napoli

Siamo arrivati con la nostra passeggiata (n.d.r. iniziata il 27 dicembre 2023) all’incrocio tra Via San Gregorio Armeno e via San Biagio dei Librai, ovvero “Spaccanapoli”, dove si incontrano il Palazzo di Monte di Pietà (o Banco dei pegni), le chiese di S. Maria  della Stella eretta nel 1519, di S. Nicola a Nilo risalente  al 1647 e quella di S. Andrea  Apostolo, fatta costruire da Costantino, mentre l’altra che si affaccia nei suoi paraggi è  del Monte Verginella del 1314.

Proseguendo nella nostra passeggiata  giungiamo al Palazzo Carafa Montorio, dove nacque Giovan Battista Carafa, assunto al pontificato con il nome di Paolo IV, e al Palazzo Sant’Angelo di Carafa Maddaloni, che poco distava dalla Porta Ventosa oggi scomparsa.

Continuando troviamo Piazzetta Nilo con la statua di un vegliardo, di epoca  greca, ancora adesso considerata il simbolo del “Corpo di Napoli”, punto centrale della omonima via che da una parte sale a capo Napoli e dall’altra scende al Monte Erone, con l’Università vecchia, il Largo S. Marcellino, la Chiesa di S. Severino e Sossio e il Palazzo Carafa D’Andria, la Chiesa  di Sant’Angelo a Nilo (o Cappella Brancaccio) e la Biblioteca, costruita dal Cardinale Rinaldo Brancaccio nel 1385. Non lontano seguono le chiese  di Donna Romita e il Palazzo Pignatelli del 1400.

Nella parte alta di via Nilo si interseca la Strada del Seminario dei Nobili, con l’omonimo Palazzo che è del 1600. Questa strada si affaccia  sulla via di S. Severo alla Pietra Santa che, a sua volta, sbocca nella strada Francesco de Sanctis dove è ubicata  la Cappella di San Severo  de Sangro che custodisce  tra le sue numerose opere  la famosa scultura del Cristo Velato dell’artista Sammartino.

A pochi passi sulla sinistra entriamo in Piazza San Domenico Maggiore, dove si trova la chiesa domenicana (costruita dagli Angioini nel 1283 e rifatta nel 1700, epoca aragonese). La Chiesa di San Domenico era stata edificata sulla Cappella di S. Angelo a Morfisa , dei Padri  Benedettini, che la eressero  sui ruderi di un tempio pagano. La guglia elevata al Santo nel 1656 è del Picchiati. Importantissimi sono il Palazzo di Antonello Petrucci (segretario di Stato di Ferdinando d’Aragona), il Palazzo Calenda, il Corigliano, e quello di S. Severo de Sangro.

Entrando in via Benedetto Croce s’incontrano molti palazzi sorti  tra il ‘400  ed il 500. In particolare il Palazzo dei Foglia, quello dei Castelluccio Carafa del Belvedere ed ancora quello dei Mazziotti seguito del Palazzo della Serenissima (ex sede dell’Ambasciata di Venezia), ed infine il Filomarino del 1400, coinvolto in molti avvenimenti del Reame. I suoi locali sono stati rifatti nel 1600 e ritoccati del ‘700 così come appaiano attualmente ed il suo ultimo inquilino è stato proprio Benedetto Croce.

Alessandra Federico

Re Leone in miniatura

Un piccolo e prezioso cofanetto custodisce uno dei classici più amati dai bambini: Il Re Leone, uno dei capolavori della Disney che sin dalla sua uscita ha appassionato i bambini e continua ad incantare più generazioni.

Non è l’unico capolavoro che sarà riprodotto in miniatura, Hachette ha, infatti, lanciato in edicola le “Storie in miniatura Disney”, i “classici sempre nel palmo della tua mano”, così presenta la collana che riunisce le storie dei personaggi più noti al grande pubblico che dalla genialità creativa della Disney hanno conquistato gli schermi.

Pubblicazioni impreziosite da illustrazioni e disegni per far vivere ai piccoli storie entusiasmanti e perché no collezionarle per quando saranno più grandi nella loro biblioteca.

Simba, Cenerentolea, Mowgli, Bambi, Biancaneve e i sette nani, Frozen, Aladdin, La carica dei 101, La Sirenetta, Monster & Co., Peter Pan, Mulan, Lilli e il vagabondo, Pinocchio, Ratatouille, Toy Story e tanti altri sono i protagonisti della collana per allietare le giornate dei più piccoli che le possono ascoltare dal racconto dei grandi o leggere e far rivivere agli adulti il tempo della loro infanzia.

Antonio Desideri

Passeggiata di Natale al centro Antico di Napoli, da piazza Dante a San Gregorio Armeno

Ieri abbiamo varcato Port’Alba e dopo aver percorso un breve tratto di strada giungiamo a piazza Bellini dove  troviamo  le fondamenta delle fondazioni della prima porta greco-romana, chiamata “puteolana” perché dava  sull’attuale via Toledo fino a Mergellina e alla grotta che conduce a Pozzuoli.

Continuiamo la nostra passeggiata  transitando accanto al Conservatorio di musica   e raggiungendo  la piazza Luigi Miraglia  con la Chiesa  angioina  di S. Pietro a Maiella ed il vecchio Policlinico, che nel 1500 era la sede del convento della Chiesa  della Croce di Lucca.

In via Tribunali  sorgono: il tempietto del Pontano (Chiesa  di Santa Maria), il tempio di Diana, di epoca greca, la Chiesa della Pietra Santa, fatta costruire dal Vescovo Pomponio in epoca  vescovile-ducale  ed oggi sede del Museo dell’acqua.

Proseguendo a destra appare il sedile che si trova ai Tribunali, ovvero il Palazzo dell’Imperatore, costruito  intorno all’anno mille  con funzione di fortezza e rifatto in epoca angioina, poi aragonese ed infine spagnola. In questo palazzo hanno dimorato molti personaggi della storia della città tra i quali  Giovanna I d’Angiò, Carlo III, Carlo V imperatore, il Pontano ed il duca d’Avalos.

Difronte a questo palazzo vi è la Chiesa cosidetta “d’e ccap ‘e muorto”, risalente all’anno  1600. Nei pressi di questa Chiesa  si trovano:  vico Purgatoio ad Arco, il vico Fico, via Atri e la via San Paolo. Via San Paolo è un’antica arteria romana che  insieme alle strade Pisanelli, Anticaglia e Cinquesanti copre due teatri greci, il “piccolo” ed il “grande” (complessi monumentali dei quali il secondo ospitava  7.000 spettatori e che vide come attori e cantanti gli imperatori Claudio e Nerone).

Continuando per via Tribunali  arriviamo in piazza San Gaetano dove sorgeva il Foro, proprio sull’acropoli, davanti al tempio di Castore e Polluce  sui  cui resti,  in epoca cristiana, fu edificata la Chiesa di San Paolo Maggiore.

Il Foro era meraviglioso, ornato di colonne marmoree e di piccoli portici, pieno di botteghe artigiane, di profumieri, gioiellieri e di negozi per la vendita di generi alimentari e di vini. Era in quel luogo pieno di vita  che i napoletani  fissavano i loro incontri per contrattare affari e combinare operazioni commerciali, spettacoli teatrali o di gladiatori.

Inoltrandoci sulla discesa a destra incontriamo  l’antica strada del Tempio di Cerere, trasformato in seguito nella Chiesa da Santa Elena madre  di Costantino, che vi traslò il corpo di Santa Patrizia, dove avviene il miracolo della liquefazione del sangue della Santa.

Questa Chiesa  nel V secolo fu ampliata da S. Gregorio quando giunse dall’Armenia e dette il suo nome alla strada che è divenuta famosa nel mondo  per l’arte  presepiale  e dei pastori nata proprio a Napoli nell’anno 1000, poi diffusasi nelle altre città italiane, particolarmente  a Greccio, dove San Francesco nel 1223 costruisce il primo presepe vivente della storia.

In fondo a via San  Gregorio Armeno  abitò la  famiglia di San Gennaro, precisamente  dove appare la cappella di S. Biagio, alle cui spalle sorge il Palazzo Marigliano che affacciava sull’attigua Piazza dell’Olmo. Da queste parti visse anche Gian Battista Vico.

Alessandra Federico

Campi Flegrei. Tra i fuochi della storia

I Campi Flegrei sono i protagonisti  della pubblicazione de La Repubblica nella collana Novanta-Venti in collaborazione con Guida Editori.

Il volume è curato da Ottavio Ragone e Conchita Sannino in collaborazione con Valeria De Paola, Anna Laura La Rosa, con la prefazione di Maurizio Molinari  e il saluto del Sindaco di Napoli Gaetano Manfredi  e attraverso  i contributi degli autori i lettori possono approfondire i Campi Flegrei sotto vari aspetti, quello scientifico, quello storico, quello relativo alla popolazione, ecc., ma vediamoli in dettaglio.

I contributi sono divisi in settori. La scienza con Carlo Doglioni “Il vulcanismo e l’importanza delle geoscienze”, Fabrizio Curcio “Il piano per la popolazione”, Mauro Antonio Di Vito “In ascolto della terra” e “Il Monte Nuovo”, Francesca Bianco “I campi ardenti della Campania”, Italo Giulivo “485mila vite da proteggere”, Dario Del Porto “Il decreto del governo”, Gennaro Annunziata “La vulnerabilità degli edifici”, Iunio Iervolino “Terremoti e costruzioni”.

Le voci dei territori con Luigi Manzoni “Resilienza puteolana”, Josi Della Ragione “La sicurezza è un diritto”, Pasquale Raicaldo “1970, lo sgombero del Rione Terra”.

La cultura e l’ambiente con Fabio Pagano “Il segno della Storia”, Francesco Maisto “Un paesaggio che seduce”, Matteo Palumbo “Paesaggio di ombre e fumi: da Petrarca a Freud a Rossellini”, Marino Niola “Il fuoco amico”, Luigi Vicinanza “Hamilton, il fascino della terra che arde”,  Renata Caragliano “Artemisia Gentileschi nella cattedrale di Pozzuoli”, Patrizia Rinaldi “Ballando sui Campi”, a cura dell’Ufficio Stampa INGV e del Gruppo di Lavoro INGV Vulcani “Le domande più frequenti sui campi flegrei”.

Un volume arricchito da piante, grafici, immagini per scoprire e vivere i Campi Flegrei.

Antonio Desideri

Passeggiata di Natale al Centro Antico di Napoli

Durante il periodo delle festività natalizie è divenuta ormai consuetudine recarsi al centro antico di Napoli per vivere i momenti davvero magici che questo luogo  offre ai suoi visitatori.

In questi nostri  brevi appunti vogliamo  offrire una strenna  che illustra alcune strade, protagoniste del Natale, che rappresentano la parte più antica  di Napoli, quella  compresa  tra la collina  e il mare e che non ebbe sufficiente  spazio per la sua evoluzione urbanistica.

Questa era in principio divisa in tre arterie principali parallele, dette “decumani” (inferiore, maggiore e superiore), intersecate da molte vie più strette dette cardini. Le tre arterie erano dedicate rispettivamente ad Apollo, ai Dioscuri e a Cerere. Col tempo altre civiltà si sovrapposero ai dedali di templi, case e palazzi che erano stati costruiti. Cerchiamo di ricostruire questo iter prendendo in considerazione i vari avvenimenti che l’hanno determinato.

Entriamo in piazza Dante, incontriamo uno spazio che era fuori delle mura e fu incorporato nella città nell’anno 1765 e a cui venne dato il nome di “Foro Carolino”, dedicandolo  a Carlo III di Borbone. Questo spazio  racchiude l’emiciclo del Vanvitelli, costituito da un imponente colonnato  su cui poggia una balaustra  adornata da 26 statue di figure femminili di epoca classica. Sulla destra del colonnato era stato edificato il carcere di San Felice,  ora scomparso. Alle spalle, il monastero di San Sebastiano, con la scuola liceale ed il Collegio di musica, successivamente trasferito nell’ex convento di San Pietro a Maiella.

Nel colonnato  venne realizzata  una nicchia  che ospitò in un primo momento  la statua di re Carlo III di Borbone, sostituita poi in epoca murattiana da quella di Napoleone Bonaparte, infine divenne l’entrata del convitto che assunse il nome di Vittorio Emanuele II. L’orologio sull’ingresso, di epoca borbonica, ha una particolarità di cui parleremo in un prossimo articolo.

Una  commissione presieduta da Luigi Settembrini, su proposta  di Paolo Emilio Imbriani, deliberò, nell’anno 1872, di innalzare una statua  a Dante Alighieri la cui realizzazione fu affidata allo scultore Tito Angelini. L’opera fu completata in breve tempo e installata nel centro della piazza che d’allora fu intitolata al sommo poeta.

Proseguiamo ed inoltrandoci nel Centro antico attraversiamo Port’Alba, antichissimo accesso che ai tempi della sua edificazione era posta più internamente ed era stata soprannominata dal popolo “porta sciuscella” per la presenza  di un albero di carrube.

La porta fu fatta realizzare nell’anno 1624  dal Vicerè Duca d’Alba che fece aprire un varco nel mezzo di un antico torrione angioino. Dopo alcuni anni sulla sua sommità  fu fatta installare la statua di San Gaetano Thiene, proveniente dalla porta dello Spirito Santo.

Varcando la porta si fa ingresso nel centro Antico dando inizio ad una straordinaria  passeggiata nel tempo che ci farà percorrere oltre 2500 anni di storia, tra arte, leggende  e magia.

Ma di  questo tratteremo nei prossimi racconti.

Alessandra Federico

Auguro a tutti Buon Natale

Natale
Ogge è Natale scetateve ggente
è ppace overe pe’cchille c’’a sente.
È nnato llu Ninno ca stammo prianno
facimmo stu juorno ca dura pe n’anno.
Cu ‘a capa ncielo nun se fà guerra
ncè ppace sempe cu lli piere nterra.
Uommene forte putiente guardate
sciglite pe ssempe sti file ntricciate.
Bbombe che cadene senza pietà
ggente ca more sbaglianno cultura
criature annure e cchiene ‘e paura.
Sunate zampogne sunate campane
vinite Re Maggi, venite pasture
purtate sta pace â Paise luntane.
“A Te,
che hai letto, ascoltato questo mio sonetto tutto napoletano,
ti auguro, di cuore, di non smarrire mai
il senso del Santo Natale.”
Auguri Buon Natale 2023
Armando Fusaro

Lions ambasciatori di Pace

L’impegno dei Lions non si ferma mai, tante sono le iniziative che quotidianamente si svolgono nel Distretto 108 Ya che comprende la Basilicata, la Calabria e la Campania; tanti i Service che con passione e spirito di servizio vengono portati avanti sui territori delle tre regioni.

In questa intervista Mirella Napodano, coordinatrice distrettuale del Service dedicato alla Pace ci parla delle attività messe in campo per sensibilizzare e diffondere la cultura della Pace.

Perché parlare di Pace?

Le vie della Pace dovrebbero essere infinite, specie in un momento storico come questo in cui siamo costretti ad assistere ad eventi di particolare barbarie. Perciò il Service distrettuale – Area Comunità – di cui sono coordinatrice, dal titolo: I Lions ambasciatori di Pace attraverso la cultura, le arti e lo sport, giunge come una preziosa occasione per diffondere e approfondire la cultura della Pace intesa non solo come assenza di guerre, ma come ‘pienezza di vita’, benessere personale e sociale.

La Pace è da intendersi come apportatrice di crescita materiale e spirituale dell’essere umano nella sua esistenza personale come nelle relazioni sociali: nelle istituzioni politiche, giuridiche e amministrative, nella vita scolastica, nei rapporti familiari, negli eventi culturali, artistici, sportivi della quotidianità ed in particolare nel rapporto degli esseri umani con l’ambiente naturale che supporta la vita sul Pianeta, dove tutto è connesso.

I Lions del Distretto 108 Ya come operano per diffondere la cultura della Pace?

La risposta alla sua prima domanda è il messaggio che ho cercato come Lions di far giungere in particolare agli studenti delle scuole secondarie irpine che hanno partecipato in folto gruppo all’evento inaugurale del Service. L’incontro si è svolto la mattina del 7 novembre scorso presso la sala Maestrale del Centro Congressi dell’Hotel de la Ville di Avellino, con il patrocinio della locale Amministrazione comunale. Nell’ampio auditorium, in grado di ospitare circa duecentocinquanta persone, si sono riuniti – alla presenza del Governatore Pasquale Bruscino e di molte autorità lionistiche –  anche insigni rappresentanti delle istituzioni civili, militari e religiose del territorio.

Non solo Pace ma anche attenzione per il nostro pianeta…

L’intensa, filosofica accezione della parola Pace adottata nel Progetto del Service presuppone anche la necessità di custodire e curare il Pianeta e la natura che ancora ci sostiene nonostante gli enormi danni che le abbiamo arrecato,giunti spesso fino alla gravità dell’ecocidio. Allo scopo di sensibilizzare i numerosi presenti a queste tematiche, abbiamo scelto di proiettare – subito dopo i saluti e la cerimonia di rito – il docufilm La lettera – fortemente voluto da Papa Francesco e prodotto dal Vaticano – che è stato seguito con grande attenzione in particolar modo dagli studenti. Alla visione del docufilm è seguito un interessante dibattito sui temi della pace e dell’ecologia integrale coordinato dai proff. Guido Tortorella Esposito, docente di Economia delle Imprese e dei mercati presso l’Università degli studi del Sannio e Giovanni De Feo, professore di Ingegneria ambientale presso l’Università degli studi di Salerno e autore del metodo di divulgazione scientifica Greenopoli.

Quali sono le prossime attività in programma?

Le attività programmate nelle Linee Guida del Service proseguiranno a partire dal 21 gennaio e fino al 29 marzo 2024 con una fitta rete di interventi sul tema dell’educazione alla Pace come cura di sé e degli altri, da svolgersi presso le Scuole secondarie che aderiranno al nostro invito. Infatti, essere costruttori di Pace attraverso la cultura significa innanzitutto vivere e praticare il dialogo con noi stessi (introspezione) con gli altri (reciprocità) e con la natura (contemplazione). Come riuscirci? Sarà nostro compito mostrare ai giovani e agli adulti che il dialogo non è sinonimo di conversazione, ma scambio, conflitto, confronto, empatia e reciproco arricchimento.

Quali saranno le modalità di approccio didattico?

Le modalità di approccio didattico saranno svolte attraverso pratiche laboratoriali di Filosofia dialogica destinate ai giovani e agli adulti, secondo il metodo Creature variopinte da me ideato ormai più di un ventennio fa (marchio depositato presso il Ministero dello Sviluppo Economico) e ampiamente praticato in numerose sperimentazioni in tutta Italia. Sarà anche l’occasione per porre in essere percorsi di alfabetizzazione emozionale, di educazione affettiva nella dialettica identità/alterità/relazione e di prevenzione della violenza di genere, argomento quest’ultimo di cui oggi si avverte una drammatica, pressante esigenza. Con ciò, auspichiamo che il raggiungimento degli obiettivi di questo percorso possa garantire un sensibile miglioramento delle relazioni affettive in famiglia, a scuola e nella società.

Chi pensate di coinvolgere oltre alle scuole?

La tematica della Pace non ha confini, ma i nostri interventi saranno concentrati nel territorio del Distretto Lions 108Ya, in cui insistono realtà diversificate, ricche di storia e tradizioni da cui attingere a piene mani, ma anche estese zone afflitte da consolidate situazioni di prevaricazione e ingiustizia sociale. Il radicamento sul territorio delle nostre attività avverrà attraverso partenariati già definiti o in via di definizione con Enti Comunali e Provinciali; Prefetture;CONI; Conservatori musicali; ApS aventi finalità sociali, ecc.; collaborazioni con Pro Loco; Legambiente; ecc.

Quali sono gli obiettivi che vi proponete di raggiungere con le scuole?

Gli obiettivi che ci proponiamo di raggiungere, in collaborazione con gli enti e le scuole di ogni ordine e grado aderenti, sono:

  • diffondere la Pace in ambito interpersonale e interistituzionale attraverso la pratica del dialogo filosofico inteso ad incrementare il senso di cittadinanza, giustizia, inclusione, solidarietà e sostenibilità ambientale;
  • incentivare i legami di prosocialità tra persone e istituzioni attraverso la cultura, l’arte e le pratiche sportive;
  • diffondere e approfondire i temi della fratellanza globale e della tutela dell’ambiente.

Per la verifica dei risultati, chiederemo ai ragazzi di produrre degli elaborati in forma digitale per realizzare uno storytelling delle proprie emozioni, a scelta anche con la tecnica del fumetto. I prodotti più originali saranno premiati con gadget recanti i simboli del Lionismo.

Il Team oltre me vede la presenza di Ernesto Del Giudice del Lions Club Avellino Host.

Antonio Desideri

Angela Bubba: Elsa

“[…] tu che ti leghi per la vita e per la morte, quasi t’identifichi con le cose che fai. Ma vedi, tu appunto hai questo dono di ricondurre ad unità gli elementi più disparati […]. Tu senti che il mondo è fatto a pezzi, che le cose da tener presente sono moltissime e incommensurabili tra loro, però con la tua lucida e affezionata ostinazione riesci a far tornare sempre i conti” Così scrisse Italo Calvino. Può definire Elsa Morante?

Questa è una domanda in grado di dar luogo a una risposta vastissima, cerco quindi di non eccedere. Elsa Morante, al di là del suo essere oggettivamente uno dei più grandi scrittori mai apparsi su questo pianeta, è stata una donna, una persona, un essere di grande sensibilità e coraggio, un paradigma vero, e ancora attualismo, di forza, di libertà, di coerenza: pagata a prezzo carissimo. Elsa Morante era una creatura coi suoi particolarismi, con ciò che la rendeva speciale, unica, inimitabile, ma anche con le sue cadute, i suoi inciampi, le sue difficoltà e contraddizioni, che sono anche le nostre, sono quelle che affrontiamo tutti i giorni e in tutte le epoche. Ecco, Elsa Morante è da cercare in questa doppia luce, dolce e tagliente, affilata e morbida allo stesso tempo. Come definirla ancora? Elsa Morante è stata ed è ancora una leggenda, un fatto potremmo dire mitologico, che portava con sé un che di epico anche mentre era in vita, come i suoi libri del resto, che sono diventati immediatamente dei classici, anche prima della morte dell’autrice. Eppure era, rappresentava e viveva anche dell’altro, era quei pezzi di cui parlava Calvino, quei cocci di mondo che Elsa Morante coglieva dentro e fuori di sé, sulla propria pelle come su quella degli altri. Lo sforzo più grande, nella vita come nella letteratura, sforzo suo come di ogni altro vero scrittore, credo sia stato proprio questo: prendere consapevolezza di quelle schegge tremende, accoglierle nella propria esistenza e tentare di dar loro un’unità fondamentale, di riportarle alla Legge, dunque a una forma luminosa – e implacabile – di verità.

Morante riutilizza tematiche, topoi e modelli narrativi del romanzo ottocentesco. Eppure si innalza sul panorama letterario a lei coevo con estrema autonomia, slegata da qualsivoglia corrente. In qual modo plasma la sua coscienza metaletteraria?

Non credo che il suo più intimo riferimento sia il romanzo ottocentesco: lo stesso “Menzogna e sortilegio”, il suo esordio, per quanto possa rimandare a certi schemi del XIX secolo prende a piene mani dall’ “Orlando Furioso” e dal “Don Chisciotte”, quindi da periodi precedenti… Le radici di Elsa Morante ad ogni modo sono classiche, per la precisione greco-omeriche: tentare di comprendere Morante facendo a meno dell’ “Iliade” e dell’ “Odissea” è impossibile, si farebbe solo un grave torto all’autrice; pensiamo anche solo ad Arturo, né più né meno che un Achille in miniatura, e potrei fare molti altri esempi.

Il classicismo di Elsa Morante – fluido, dinamico, interiormente agente e mai meramente citazionale – è comunque quell’elemento che più di ogni altro la spinge verso la preferenza per gli archetipi, i simboli, le mitologie e dunque, di conseguenza, i sentimenti (sempre eterni e trasversali), a discapito delle ideologie (che invece sono circoscritte e caduche). Se perciò si vuol parlare di un’Elsa Morante metaletteraria, è da questa base che bisognerebbe partire.

Sulla rivista “Nuovi Argomenti” Elsa Morante paragonava la funzione del “romanziere-poeta” “a quella del protagonista solare, che nei miti affronta il drago notturno, per liberare la città atterrita” Ebbene, quali sono i riverberi letterari del suo sguardo alla società “piccolo-borghese burocratica”? 

Cosa dice Elsa Morante sulla bomba atomica? Parto da questo punto – dalla minaccia nucleare – perché il problema è attuale e crucialissimo per noi come lo era per l’autrice e i suoi contemporanei, e perché ha a che fare con quanto mi chiede. “La nostra bomba è il fiore” scrive Elsa Morante, “ossia l’espressione naturale della nostra società contemporanea, così come i dialoghi di Platone lo sono della città greca; il Colosseo dei romani imperiali; le Madonne di Raffaello, dell’Umanesimo italiano; le gondole, della nobiltà veneziana; la tarantella, di certe popolazioni rustiche meridionali; e i campi di sterminio, della cultura piccolo borghese burocratica già infetta da una rabbia di suicidio atomico. Non occorre, ovviamente, spiegare, che per cultura piccolo borghese s’intende la cultura delle attuali classi predominanti, rappresentate dalla borghesia (o spirito borghese) in tutti i suoi gradi. Concludendo, in poche, e ormai, del resto, abusate parole: si direbbe che l’umanità contemporanea prova la occulta tentazione di disintegrarsi”.

A ben pensarci, la cultura borghese (e per borghese Morante intende disumanizzata, misera, smarrita e avida del superfluo anziché dell’essenziale, meglio ancora dell’assoluto), questa cultura, dicevo, è pericolosamente simile a quella del “Processo” di Kafka: cultura composta per lo più da gente che invece di amare rimane indifferente, o al limite fa esegesi delle emozioni, fa filologia arida degli affetti, fa le cose solo per procura e mai per natura, quindi mai per schiettezza o sincerità, ma sempre per calcolo e tornaconto becero; gente che Kafka descrive preda di un mondo asfissiante e irrespirabile, dove tutto è burocratizzato, con la propensione al processo, per citare il suo titolo, e dunque al delirio dell’accusa, del verdetto, della condanna, dove le cancellerie dei tribunali – come dimenticarle? – vengono stipate nei solai dei palazzi, preda di un’aria viziata e fuligginosa, che mai viene cambiata e che è angosciante immagine della società che siamo, una società che nel finale del romanzo kafkiano si accanisce su un cittadino, Josef K., e lo giustizia assurdamente, senza neppure comunicargli la propria colpa e dopo averlo sottoposto a un calvario surreale – fatto di ansia, paranoie, pensieri deliranti.

Come termina questa storia?  L’uomo verrà raggiunto da due uomini col cappello a cilindro, che gli pianteranno infine un coltello nel petto. Ecco dunque la borghesia, o come dice l’autrice lo spirito borghese, spiegatoci da una metafora micidiale: una statalità che ammazza per decreto e senza manco più bisogno di incolpare, per Kafka; un insieme di statalità putrefatte che messe insieme hanno prodotto il fiore folle dell’atomica, per Morante.

La sua scrittura è dunque un tentativo estremo e appassionato di andare contro tutto questo, contro tutta la morte e tutto l’oscuro, tutto il buio e tutta la sfiducia che la borghesia irragionevolmente rappresenta. Da qui l’accento sulla luce, sulla solarità, non solo sulla possibilità ma sull’esigenza, ancora meglio sul dovere di agire, come uomini e quindi anche come poeti-romanzieri, a nome del chiarore, del visibile, del giorno che simboleggia irrimediabilmente la speranza e il bene, in una parola la vita, quella più profonda. Valeva per i tempi di Kafka e Morante questo ragionamento, vale ancora di più oggi.

Il suo è un romanzo biografico: dall’infanzia a Testaccio fino agli ultimi anni segnati dalla malattia. Quali sono state le difficoltà di tradurre la vita in letteratura?

Ogni scrittura porta con sé delle insidie. In questo caso i pericoli potevano annidarsi nel confondere la mia voce con quella dell’autrice, o nel volerla glorificare a tutti i costi lasciando da parte certe zona d’ombra della sua vita, oppure nella paura di non avere sufficienti informazioni per descrivere questa o quella parte… ho superato tutto questo con molto studio e molta pazienza, e molti incontri, molte interviste, molti strumenti – diversificati eppure collegati gli uni con gli altri – che dopo molto tempo mi hanno condotto a questa pubblicazione. Ho infatti dato alle stampe il mio romanzo dopo quasi quindici anni di studi su Elsa Morante. Il libro non nasce quindi dall’improvvisazione, non è un vezzo né un azzardo scriteriato, bensì un movimento del mio cuore e della mia mente, della mia vocazione alla scrittura, che ha avuto bisogno di non poche esperienze per arrivare a “Elsa”. È stato un viaggio difficile, lo ammetto, eppure affascinante, splendido, che tuttora mi commuove.

Elsa Morante appare ormai a tanti la principale scrittrice italiana di ogni tempo. Qual è il suo lasciato?

Quello di tutti poeti autentici, i poeti che per Elsa Morante sono “il sale della terra” e dovrebbero conformarsi a Cristo, anche nel lascito più complesso e sempre rivoluzionario da consegnare al mondo: dire la verità.

 

Angela Bubba

Col suo primo romanzo, La casa (Elliot 2009), ha vinto la terza edizione del premio What’s Up Giovani Talenti ed è stata finalista al premio Strega, al premio Flaiano, al premio John Fante e al premio Berto. Per Bompiani ha pubblicato nel 2012 il suo secondo libro, MaliNati, a cui sono seguiti Via degli Angeli (2016), scritto insieme a Giorgio Ghiotti e con la prefazione di Sandra Petrignani, e Preghiera d’acciaio (2017).

Suoi scritti sono apparsi anche su «Nuovi Argomenti» e «Nazione indiana». Recentemente un suo saggio, Elsa Morante madre e fanciullo. Intensità di archetipi e sogni nella vita di una scrittura (Carabba, 2016) ha vinto il Premio Elsa Morante per la critica. Vive a Roma, dove ha intrapreso un dottorato di studi in Italianistica su Anna Maria Ortese.

Giuseppina Capone

Autismo e futuro

Si è tenuto il 5 dicembre presso la sede di Federfarma a Napoli, un convegno di particolare interesse dal titolo: “Autismo in età adulta… il durante e il dopo di noi”.

Sono stati sviscerati diversi temi inerenti l’autismo, a partire dai progetti messi a punto o realizzati dalle numerose associazioni coinvolte, da tutto quanto ancora si può fare per i ragazzi, gli adulti e per le loro famiglie.

Dopo i saluti delle Istituzioni presenti: Prof. Vincenzo Santagada, Presidente Ordine Farmacisti Provincia di Napoli e Assessore alla Salute e al Verde, Prof. Paolo Valerio, Professore Onorario di Psicologia Clinica alla Federico II di Napoli, Dott. Gaetano Marotta, presidente dell’associazione “Oltre il muro Autismo” e Vice Presidente CDU Città del Sole, si sono susseguite le numerose relazioni moderate dalla Dott.ssa Bianca Desideri, Giornalista e Giurista, esperta di politiche di genere e pari opportunità, Vicepresidente dell’Associazione Culturale “Napoli è”.

Stimolanti e molto concreti gli spunti venuti fuori dalle singole relazioni, nello specifico sono intervenuti il Prof. Alessandro Pepino, Delegato del Rettore alla disabilità e ai disturbi specifici dell’apprendimento presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II che ha portato anche i saluti dell’Avv. Paolo Colombo, Garante dei diritti delle persone con disabilità della Regione Campania impossibilitato a presenziare per concomitante impegno, il Dott. Claudio Roberti, dell’A.N.S., Coordinatore tematico nazionale e regionale e Vice-Presidente Comitato esigibilità CRPD-OP, l’Avv. Lucia Marino, Consiglio Direttivo Comitato Disabilità Unite, la Dott.ssa Chiara Scarpa, Neuropsichiatra infantile, la Prof.ssa Antonella Colonna Vilasi, Psicologa e Responsabile Centro Studi U.N.I. PhD, la Dott.ssa Valeria Mirisciotti, Delegata del Governatore per la Disabilità e “Kairos-Integrazione al contrario”, Lions International Distretto 108 Ya, chi scrive Dott.ssa Milena Di Fina, Giurista ed esperta di Politiche di genere e pari opportunità , infine la Dott.ssa Luisa Di Biagio, Psicologa e Vicepresidente Associazione Cascina Blu Onlus, autrice del volume “Teste di zucca” giunto alla quarta edizione.

Dal Convegno tante le proposte e le lucide argomentazioni per definire proposte e possibili soluzioni da rendere alle Istituzioni, alle famiglie e alle persone con disturbo dello spettro autistico in ogni fascia di età, non soltanto in quella infantile. Proprio per questo il titolo del Convegno parlava del durante e del dopo di noi, per ricordarci che bisogna trovare diverse modalità di affrontare l’autismo in base a ciascuna età evolutiva, in base alle esigenze di ciascuno sia essa o esso studente o lavoratore o semplicemente fruitore di servizi civili e sociali. Partire dall’infanzia, da una corretta diagnosi aiuta tutti nel percorso successivo della vita, fino ad arrivare a quel dopo di noi che non deve essere temuto ma ci deve vedere preparati e pragmatici.

A pochi giorni dalla Giornata Internazionale delle persone con Disabilità, ci preme ricordare come l’inclusione generi ricchezza, come aprendo le porte a nuove sollecitazione ed esperienze, si possa arrivare a quel mondo ideale in cui ogni essere umano sarà riconosciuto solo in quanto tale.

Milena Di Fina

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