Il re scugnizzo

Quanto è aderente la figura di Maradona al monello napoletano indicato nel titolo?
Diego era il perfetto modello di scugnizzo: cresciuto in strada, bambino vivace e irrequieto con una famiglia poco abbiente alle spalle… Le caratteristiche c’erano tutte.
Nel Novecento il calcio ha sconfitto i totalitarismi di Hitler e di Stalin.
Quale funzione politico-sociale-antropologica ha assunto Diego Armando Maradona?
Dittature e regimi totalitari hanno sempre sfruttato lo sport a fini propagandistici e politici. Lo stesso Maradona, su cui aveva messo gli occhi il dittatore argentino Videla, aveva rischiato di diventare oggetto di propaganda. Il suo rapporto con la politica è stato, però, sempre distaccato, nonostante le sue idee, notoriamente orientate a sinistra, e la sua amicizia con Castro: Diego si limitava a sostenere con la sua popolarità le cause sociali e politiche che sentiva vicine. Quello che offre in particolare la sua parabola umana, con la sua ascesa e la caduta, è però un esempio senza pari di come il talento – indipendentemente da chi lo possiede – possa cambiarti la vita.
Il 25 novembre 2020 la notizia del decesso di Maradona richiamò con veemenza l’interesse dell’opinione pubblica internazionale.
Un campione dello sport quale eroe tragico contemporaneo?
Diego è stato un uomo con uno strepitoso talento e un’enormità di difetti: due aspetti destinati a catalizzare l’opinione pubblica. Ha incarnato la forza, la fragilità, la ricchezza e la povertà. Con la sua vita ha raccontato una storia epica che resterà nella memoria e nel cuore di molti.
La sceneggiatura è accompagnata da emozionanti illustrazioni. Quali sono i ritmi della collaborazione tra chi crea una graphic novel?
La storia la scrivo da solo, dopo aver raccolto le idee e tracciato le linee fondamentali della trama. Quindi fornisco a Ernesto tutti i dettagli: le immagini di riferimento, i luoghi e talvolta anche schizzi della scena che avevo in mente. Dopodiché inizia il lavoro duro: il suo. Ernesto si isola per un paio di mesi e torna con quelle tavole meravigliose che ha visto. È un lavoro che portiamo avanti separatamente, malgrado la comunicazione resti costante.
Paolo, può offrirci un ricordo personale che lo lega al Pibe de Oro?
Negli anni in cui Diego era a Napoli, per una serie di vicende, finii in una scuola privata e mi ritrovai in classe Ciccio Baiano, che allora giocava nel Napoli. Quel giovane calciatore era letteralmente assillato dalle domande sulla vita privata di Maradona, come se il resto della squadra non esistesse. Pochi mesi dopo arrivò lo scudetto e alcuni di quei giorni incredibili sono finiti inesorabilmente nella nostra graphic novel.
Paolo Baron e Ernesto Carbonetti muovono i primi passi nel fumetto pubblicando Suburbans (2013) e Punk is Undead (2016) per 80144 Edizioni. Nel 2017 esce per Magic Press la graphic novel Lazzaro, il primo zombie e – sempre per 80144 Edizioni – Chiedi a John. Quando i Beatles persero Paul (2018), pubblicato anche in Francia, Spagna, Brasile e Stati Uniti per Image Comics col titolo Paul is Dead. Per il mercato internazionale – in lingua inglese – è appena uscito Jim Lives. The Mystery of the Lead Singer of The Doors and the 27 Club (Image Comics).
Giuseppina Capone

Il CITS e il Symposium sulla fotografia sociale

La fotografia sociale è il tema su cui si è basato il Symposium presso la sede del progetto Uniforme. Vincenzo Angrisani, Raffaele Federico, Emilio Oriente e Carlo Landolfi sono stati i conduttori di questo conviviale incontro descrivendo, accuratamente, la storia della fotografia. La fotografia oltrepassa i secoli attraversando anche l’evoluzione sullo studio da parte di artisti e scienziati fino ad arrivare ai tempi moderni dove, l’utilizzo dello Smartphone, è riuscito a svalutare il valore di questo strumento diminuendone, appunto, il potere suggestivo e rivoluzionario.

Può ancora oggi la fotografia svolgere la funzione di scuotere quelle coscienze impigrite perché rassegnate da una ineludibile realtà circostante? E’ questo il quesito che molte persone al giorno d’oggi si pongono. Le risposte date alla domanda sono state tutte diverse e sostanziate da esempi recenti; quello riportato nella discussione è relativo al propagarsi di immagini sui social che, nell’arco di poco tempo, sono state in grado di diventare virali e manipolare e influenzare, purtroppo e spesso negativamente, il comportamento delle persone più sensibili e fragili. Per questo motivo, la fotografia, deve tornare ad essere utilizzata allo scopo di trasmettere emozioni, a chi la osserva e a chi la scatta, attraverso informazioni interessanti e idee positive atte a migliorare l’ambiente e la qualità della vita delle persone. A tal proposito, attraverso il programma di attività sociale denominato “Scatta e riscatta”, il progetto “Vivere meglio” utilizza proprio la fotografia come strumento di sensibilizzazione e risveglio delle coscienze. Da settembre 2021 questo progetto ha dato vita ad una serie di iniziative che ha stimolato i cittadini a partecipare attivamente (singoli o in gruppi) e che, con le foto-segnalazioni di degrado ambientale e igienico sanitario, (indirizzate agli enti responsabili e alla Stampa) sono riusciti a evidenziare alcune problematiche risolte poi con esito positivo. Al dibattito, seguito agli interventi, ha piacevolmente partecipato con interesse il cospicuo pubblico presente al Symposium, che ha, inoltre, collaborato ad incrementare l’incontro con nuove idee e nuove proposte.  Tutti gli interventi saranno inseriti in una pubblicazione.

Alessandra Federico

FoCS: La condizione delle Donne negli eventi bellici

“La condizione delle Donne negli eventi bellici e nelle situazioni di conflitto” è il titolo dell’incontro tenutosi alla Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus.

“L’iniziativa – ha evidenziato il prof. Antonio Lanzaro, presidente della Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus – raccoglie e rilancia, come focus di discussione, quanto emerso dalle riflessioni e istanze rappresentate a più voci in questi tragici mesi”

Si è trattato di una mattinata dedicata alla forte riflessione, così come nella tradizione della Fondazione, sulla condizione della Donna nelle situazioni di conflitto e guerra non solo di quelle in corso ma anche come non sia sostanzialmente mutata nel corso dei secoli.

Sono intervenuti: il presidente della Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus prof. Antonio Lanzaro, la dott.ssa Bianca Desideri, Giornalista-Giurista, Direttore “Centro Studi e Ricerche Mario Borrelli della Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus”; la dott.ssa Matilde Colombrino, assistente sociale della Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus; Gaetano  Bonelli, Direttore del Museo di Napoli-Collezione Gaetano Bonelli e della Casa Museo “Enrico Caruso”; la dott.ssa Assunta Landri psicologa – psicoterapeuta, consulente Procura della Repubblica presso Tribunale di Napoli Sportello d’ascolto psicologico ”FocsAscolto” Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus.

Gli interventi, tutti di particolare interesse, hanno analizzato –  partendo dall’importanza fondamentale del rispetto del diritto internazionale, troppo spesso calpestato nelle situazioni di guerra e conflitto, per non dire completamente ignorato – la condizione delle donne e le violenze che nei loro confronti vengono perpetrate.  Al temine degli interventi la parola è passata al pubblico presente in sala che ha partecipato attivamente alla discussione con osservazioni e ponendo domande.

Un incontro dedicato a tutte le Donne ucraine e alle Donne di tutto il mondo coinvolte in situazioni di conflitto e violenza per sensibilizzare sempre più tutti a lavorare per la pace in ogni situazione e in ogni luogo.

Orsola Grimaldi

Alla FoCS l’incontro: La condizione delle Donne negli eventi bellici e nelle situazioni di conflitto

Martedì 17 maggio 2022 alle ore 10.30, la Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus, in piazzetta San Gennaro a Materdei n. 3, Napoli, organizza un incontro di informazione e formazione sul tema “La condizione delle Donne negli eventi bellici e nelle situazioni di conflitto”.

“L’iniziativa – evidenzia Antonio Lanzaro, presidente della Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus – raccoglie e rilancia, come focus di discussione, quanto emerso dalle riflessioni e istanze rappresentate a più voci in questi tragici mesi ed anche nell’ambito dello sportello FocsAscolto, dello Spazio Donne e del Centro Studi e Ricerche Mario Borrelli”.

Un momento di forte riflessione, così come nella tradizione della Fondazione, sulla condizione della Donna nelle situazioni di conflitto e guerra in questa difficile situazione internazionale e alle porte dell’Unione europea, che si sovrappone alla pandemia da Covid-19.

Un incontro dedicato a tutte le Donne ucraine e di tutto il mondo coinvolte in situazioni di conflitto e violenza per sensibilizzare sempre più tutti a lavorare per la pace in ogni situazione e in ogni luogo.

Dopo i saluti del presidente della Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus prof. Antonio Lanzaro interverranno: la Dott.ssa Bianca Desideri, Giornalista-Giurista, Direttore “Centro Studi e Ricerche Mario Borrelli della Fondazione Casa dello Scugnizzoonlus” anche in veste di moderatrice; la dott.ssa Matilde Colombrino, assistente sociale della Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus; Gaetano  Bonelli, Direttore del Museo di Napoli-Collezione Gaetano Bonelli e della Casa Museo “Enrico Caruso”; l’Arch. Laura Bourellis, esperta Beni Culturali, Consigliera Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus; la Dott.ssa Assunta Landri psicologa – psicoterapeuta, consulente Procura della Repubblica presso Tribunale di Napoli Sportello d’ascolto psicologico ”FocsAscolto” Fondazione Casa dello Scugnizzo onlus.

Per partecipare all’evento è necessario attenersi alla vigente normativa per il contenimento del Covid-19.

“Scatta e riscatta” con il CITS

Il 13 maggio 2022, nell’ambito del Maggio dei Monumenti, si è tenuta  una interessante  ecofotopasseggiata organizzata dal CITS.

L’iniziativa, che ha il Patrocinio morale della seconda Municipalità del Comune di Napoli, ha condotto i volontari del progetto VIVERE MEGLIO lungo  via Duomo  fino a raggiungere la Chiesa San Giorgio Maggiore ai Mannesi.

La Chiesa risalente il IV secolo d.c., è un prezioso tesoro semignorato, posto in piazzetta ai Mannesi, un piccolo largo che da via Duomo conduce a  via Forcella.

Come tutto il patrimonio artistico culturale di Napoli è un luogo trascurato, con rifiuti abbandonati lungo la strada, cassonetti per i rifiuti aperti 24h24. La carreggiata presenta diverse buche causate da sampietrini divelti e sparsi ovunque.

Tutto meticolosamente documentato da fotografie  che andranno  a costituire  la mostra estemporanea “Scatta e riscatta”.

Lo stilista Valentino Garavani compie 90 anni

 Il celebre stilista di moda Valentino Garavani compie 90 anni. “Happy Birthday Mr.V” è la scritta che è apparsa sulla felpa Valentino il giorno del suo compleanno. La felpa, che è in edizione limitata, si può acquistare sul sito valentino.com  e il ricavato andrà alla Fondazione Valentino Garavani e Giancarlo Giammetti.

“ I love beauty, it’s not my fault” è la frase che il re dell’alta moda italiana ha espresso il giorno del suo novantesimo compleanno lo scorso 11 maggio. Ma non finisce qui, per festeggiare i 90 anni dello stilista, all’interno del Teatro Sociale di Voghera, fino al 5 giugno, si terrà una mostra con le creazioni di Valentino dagli Anni Sessanta ai Duemila.

Gli amanti dell’alta moda potranno ammirare tutte le meravigliose creazioni Valentino; dai disegni, bozzetti, ritagli originali, illustrazioni, fotografie e trentasei elegantissimi abiti rossi ricavati dall’archivio.

Valentino  Clemente Ludovico Garavani, noto come Valentino, è nato a Voghera (provincia di Pavia in Lombardia) l’11 maggio del 1932. Valentino ha da sempre avuto le idee molto chiare su quale sarebbe stato il suo futuro; sin da bambino era nota la sua dedizione al disegno, all’arte e alla moda e, infatti, la sua carriera nel campo del fashion iniziò molto presto; nella sua città di origine, Valentino, presso l’atelier della stilista Ernestina Salvadeo, iniziò ad apprendere le prime nozioni. Sempre più motivato a voler migliorare nel campo del designer, il giovane aspirante stilista decise di frequentare una scuola di figurino a Milano. Poco tempo dopo  studiò presso l’Ecole de la Chambre Syndicale de la Couture a Parigi. Ancora, terminato il percorso a Parigi, Valentino perfezionò i suoi studi da Emilio Schuberth a Roma. Collaborò con Guy Laroche e, nel 1957,  riuscì finalmente a dare vita alla propria maison: la maison Valentino.

Il vero successo lo raggiunse quando, nel 1962, presentò la sua prima collezione al Pitti Moda di Firenze.  Fu un vero e proprio trampolino di lancio per Valentino  lo show tenuto al Pitti di Firenze; da quel momento iniziò per lui la collezione di premi prestigiosi e l’apertura di atelier anche in città internazionali e non solo, anche le più celebri star del cinema iniziarono a vestire Valentino.

“Ho un primato: otto attrici hanno ritirato un Oscar vestite da me.”- Valentino

Alessandra Federico

Marcostefano Gallo: L’illusione del melograno

Il percorso dei protagonisti si dipana anche a ritroso nel tempo; si serve di ricordi ingialliti e via via emergenti. La sua personale indagine adopera flashback che compongono un puzzle di notevole suspense. Quale valore attribuisce all’elemento della “memoria” nella sua produzione? Si possono davvero chiudere i conti con il passato?
La memoria, in particolar modo nei romanzi in cui si indaga negli aspetti più torbidi dell’animo umano, è un elemento fondamentale, asse portante del comportamento dei veri personaggi, che spesso agiscono in base alle esperienze pregresse, che siano positive o meno. I conti con il passato non si chiudono mai, c’è sempre qualcosa che ritorna anche quando pensiamo sia tutto finito. È la natura umana del resto, soprattutto quella dei più fragili: volgiamo lo sguardo avanti ma la mente ed il cuore rimangono sempre un po’ negli anni persi, per varie ragioni.
Il suo romanzo narra di Tancredi e sua madre, agli antipodi tuttavia legati da un laccio sentimentale inscindibile, quello della famiglia.
Perché i legami familiari sono sempre così passionali, in grado, al contempo, di allontanare ed attirare, congiungere e dividere, annientare e generare?
La famiglia è il luogo in cui non scegli di abitare, ma quello che ti viene posto in dote, da questa casualità possono nascere divergenze (o convergenze) che inevitabilmente segnano la tua esistenza ed il tuo cammino. Essendo appunto persone con le quali spesso si convive a lungo tutto è amplificato ai massimi livelli, ed il sangue in comune porta inevitabilmente ad una sorta si legame speciale.
Tancredi vive come un animale in cattività, inconsapevole della propria natura. Quanto coraggio occorre per saltare dal trampolino ed aprirsi ad una vita piena in cui far emergere con forza il proprio talento?
Mi viene in mente il titolo di un disco del mio gruppo, i Noir Col: La teoria del primo passo. Ebbene, ogni passo che facciamo verso le nostre scelte è una rottura inevitabile con il vissuto che fino a quel momento abbiamo avuto.  C’è chi nasce con questo coraggio e riesce a sfruttarlo, c’è invece chi come Tancredi ha bisogno di una “spinta” causata da fattori esterni, che in questo caso non faranno altro che infondegli la fiducia giusta.
Macchinazioni, intrighi, segreti, misteri, verità sapientemente celate, insabbiamenti, enigmi: sono ingredienti essenziali del giallo. Il suo romanzo in che misura diverge dal genere codificato?
Generalmente faccio solo un tipo di distinzione nel mondo del romanzo: bello o brutto. Penso che nel caso di questa storia ho affrontato un tema che mi è caro, ovvero l’indagare sugli aspetti più neri dell’animo umano, il nostro personale “dark side of the moon”. In generale poi le storie ambientate nei piccoli borghi sono sempre in un certo qual modo intrise da segreti, misteri e verità che diventano menzogna (e viceversa). È l’animo umano ad essere così tremendamente complicato, per fortuna di chi deve scriverne.
Lei è uno storico dell’arte, scrittore, cantante e autore della band Noir Col.  Quanto ha riversato nella sua scrittura della sua eclettica vita professionale e spirituale?
Direi che tutto confluisce in un unico contenitore. Gli studi universitari mi hanno infuso il metodo giusto e la pazienza che occorre per orchestrare un’opera complessa come un romanzo, mentre la musica mi ha regalato il senso della fluidità nello scrivere (cosa che non per tutti è un pregio). In generale direi che la scrittura è una perfetta sintesi di quel che è stato il mio percorso di studi, che ha modellato anche la forma dei miei sogni.
Marcostefano Gallo, ha conseguito una Laurea Specialistica in Storia dell’Arte. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni letterarie:
“L’arte di uccidere” Calabria Letteraria Editrice (2007)
“L’infinito per me” CSA Editrice (2008)
“La vendetta ha il mio stesso nome” CSA Editrice (2009)
“Circo Dovrosky” Ferrari Editore (2016)
“La fragilità dei Palindromi” Ferrari Editore (2018)
“Lo strano caso del Rêverie” Scatole Parlanti (2020)
“L’illusione del melograno” Pellegrini (2021)
Giuseppina Capone

Riapre l’antico Teatro di Ercolano

”Con questa riapertura vogliamo sensibilizzare i nostri cittadini. Attraverso il turismo e la nostra storia Ercolano può rinascere e soprattutto creare con le sue bellezze tanti posti di lavoro di cui il Meridione ha gran bisogno” – ha dichiarato Ciro Buonajuto, sindaco di Ercolano.
Il Teatro di Ercolano riapre finalmente le porte. L’antico Teatro fu sepolto dall’eruzione del 79 d.C, mentre nel Settecento veniva scelto da turisti di tutta Europa (dopo essere stato il primo monumento esplorato tra tutti i siti vesuviani colpiti dal cataclisma).

Da domenica 24 aprile e ogni sabato fino a dicembre, il Teatro di Ercolano sarà nuovamente aperto a chiunque abbia voglia di respirare storia, arte e cultura: scale realizzate in età borbonica (con torce ed elmetti protettivi), cunicoli in cui sono visibili reperti, gallerie, graffiti, e piccole stalattiti.

A venticinque metri di profondità, il teatro, fonde la città antica con quella moderna, unisce il parco archeologico con la città sovrastante del mercato dei vestiti usati di Pugnano e il suo centro storico. ”Un luogo straordinario che è il punto di partenza per andare a visitare e scoprire il resto della città di Ercolano. Ci troviamo nel punto in cui è nata l’archeologia occidentale e moderna: con la data del 1738 cominciano gli scavi sistematici proprio dal sito del Teatro. Qui viene sperimentata una forma innovativa di documentazione che non era stata realizzata fino ad allora: qui, ad esempio, viene realizzato un plastico del 1802 che è basato su quello del Settecento che era stato rovinato da un incendio, e che noi esponiamo”, ha affermato, durante la visita in anteprima alla stampa, il direttore del Parco archeologico Francesco Sirano.

L’affascinante teatro, per volere del duoviro Annius Mammaìianus Rufus e progettato dall’architetto P. Numisius, fu costruito in un’area nei pressi del foro durante la prima fase dell’età augustea, (all’interno si svolgevano commedie e satire e poteva ospitare duemilacinquecento persone). Prima ancora di essere sotterrato da ceneri, fango e lapilli durante l’eruzione del Vesuvio del 79, il Teatro aveva già subito gravi danni a causa del terremoto di Pompei avvenuto nel 62. Nel 1710 fu scoperto da Ambrogio Nocerino, un contadino che, intento a scavare un pozzo per il suo orto, trovò dei pezzi di marmo che vendette, poi,  ad un artigiano di Napoli. L’artigiano lavorava per il duca Emanuele Maurizio d’Elboeuf, che, una volta venuto a conoscenza dei ritrovamenti, decise di acquistare il pozzo e di cominciare le indagini tramite cunicoli sotterranei.

Diversi furono i tentativi di studio per arrivare alla scoperta del teatro: l’architetto, ingegnere, archeologo svizzero Karl Jakob Weber, introdusse una tecnica di scavo ordinata, mentre, poco tempo dopo, tramite l’utilizzo di una pompo idrovora, Francesco La Vega, (ingegnere e archeologo) riuscì a raggiungere il piano di calpestio in cocciopesto. Ancora, altri studi furono intrapresi da Francois Mazois all’inizio del XIX secolo.  Ma per un lungo periodo le ricerche furono completamente accantonate e solo nel 1865 venne restaurato l’ingresso per la discesa del Teatro.

Un vero e proprio tesoro dal valore inestimabile l’antico teatro di Ercolano,  finalmente pronto per essere nuovamente vissuto.

Alessandra Federico

Samantha Colombo: Polvere e cenere

Samantha Colombo ha studiato etnomusicologia e lavora tra editoria, musica e comunicazione. È appassionata di letteratura inglese e americana, espressionismo tedesco e avanguardie russe. Ha scritto racconti in numerose antologie collettive. “Polvere e cenere” è il suo primo romanzo.
“Polvere e cenere” ha, evidentemente, richiesto ricerche storiche accurate e meticolose. Quale metodo si è imposta di adottare per trattenere le informazioni e, poi, renderle narrativa?
La ricerca storica è stata, per me, la fase più coinvolgente nella stesura del romanzo. Dopo aver abbozzato la trama, ho deciso di inserire gli eventi in un contesto il più possibile verosimile. Ad esempio, si parla di una rappresentazione della “Bohème” a Londra: lo spettacolo è andato davvero in scena nel giorno e nel teatro che sono descritti. Il metodo che ho adottato, e che mi è più congeniale, è stato di avere una padronanza il più possibile completa del periodo storico di riferimento, iniziando con ricerche su libri e archivi online, prendendo appunti. Studiando sono poi arrivate ulteriori idee per arricchire la trama e costruire meglio i personaggi. Inoltre, ho passato parecchio tempo ai Metropolitan Archives di Londra, dove ho potuto consultare documenti originali, mappe e altro materiale. Costruire una scenografia il più possibile accurata è stato indispensabile, anche perché Londra è una dei protagonisti principali.
Gloria vive nell’Ottocento in modo spregiudicato e consapevole. “Spingersi oltre i propri limiti e scardinare le proprie convinzioni, a dispetto di tutto, era ciò che la sua natura meglio rispecchiava” Quali sono le peculiarità che la rendono contemporanea?
Gloria è un personaggio abbastanza sopra le righe per la sua epoca, tuttavia non così atipico. Studiando la società tardo-vittoriana, ho trovato infatti molte somiglianze con la nostra epoca, sia nella spinta all’innovazione sia nelle criticità sociali e politiche. È una donna che, da sempre, si è trovata a badare a sé stessa, facendo scelte complesse, affrontando rinunce, costruendo una professione, gestendo la propria indipendenza economica, tutti aspetti molto difficili per le donne dell’epoca e, mi viene da dire, ancora oggi oggetto di rivendicazioni. Credo che la narrazione delle donne di ogni tempo, anche nella contemporaneità, abbia dei tratti comuni: uno di questi è senza dubbio il legittimo bisogno di affrancarsi da uno stato  di subordinazione, vivere appieno la propria vita, per quanto ciò comporti difficoltà e sofferenze.
Il percorso dei protagonisti si dipana anche a ritroso nel tempo; si serve di ricordi ingialliti e via via emergenti. La sua personale indagine adopera flashback che compongono un puzzle di notevole suspense. Quale valore attribuisce all’elemento della “memoria” nella sua produzione? Si possono davvero chiudere i conti con il passato?
L’elemento della memoria è essenziale, nel romanzo così come nella vita di ogni giorno. Per me è naturale scrivere racconti di ambientazione storica, mi trovo a mio agio con il passato nella misura in cui mi aiuta a mettere ordine nel caos del presente. Per usare un’immagine che amo molto, direi che non ho paura dei fantasmi, anzi: mi trovo a mio agio con loro, hanno molto da dire e, spesso, dei consigli da non sottovalutare. Per quanto riguarda il chiudere i conti col passato, non vedo le nostre vite come suddivise in compartimenti stagni. Credo che ogni decisione presa, che porti poi a soddisfazioni o rimpianti, sia stata dettata da emozioni e influenze che ci hanno portato ad agire in un determinato modo, questo non si può cambiare. Sono però davvero convinta che il passato ci dia una grande possibilità: quella di migliorare, di non commettere gli stessi errori, di lasciare andare ciò che ci fa stare male. Ci dà anche una grande speranza: che la felicità, spesso, è accanto a noi e dobbiamo riuscire a vederla, raccogliere le forze e lottare, se necessario, per lei.
Macchinazioni, intrighi, segreti, misteri, verità sapientemente celate, insabbiamenti, enigmi: questi sono ingredienti essenziali del giallo. Il suo romanzo, tuttavia, indossa una veste storica. Ebbene, in che misura diverge dal genere codificato?
Ci sono esempi stupendi di giallo storico, mi vengono in mente, ad esempio, Caleb Carr con “L’alienista” oppure la stessa Agatha Christie, con lo spesso trascurato “C’era una volta”, per non parlare di una pietra miliare del genere, “Il nome della Rosa” di Umberto Eco. Ho immaginato “Polvere e cenere” quando ero un’adolescente e l’ho ripresa alcuni anni fa, trovandomi quasi spiazzata per la presenza di tutti gli elementi appena citati, ma non credosi possa definire un  giallo nel senso stretto del termine. Forse è un racconto d’avventura con venature noir, soprattutto per le sfumature nei caratteri dei protagonisti, che prendono decisioni spesso opportuniste, trovandosi ad abbracciare il male in luogo del bene. Il giallo, come si diceva giustamente, ha delle regole ben codificate e credo che l’ambientazione storica presenti molti aspetti interessanti, uno su tutti quello di consentire a chi scrive di dare uno sguardo inedito a ciò che vuole raccontare, magari inserendo dei parallelismi con l’attualità.
Londra è da sempre una città caleidoscopio, multiple, imprevedibile, variabile?
Quali sono le ragioni che l’hanno indotta a sceglierla come ambiente che “accoglieva nel suo ventre universi tanto dissimili, uniti nel nome di una speranza più forte della povertà e persino della morte”?
Londra è proprio così e, come accennavo, è forse la protagonista principale del romanzo. L’ho scelta proprio perché, in origine, il mio desiderio era di scrivere una storia ambientata tra le sue strade. Anzi, l’intero racconto nasce proprio prendendo ispirazione da una vecchia cartina della città, pubblicata negli anni in cui è ambientato il libro. In particolare, quando si parla della Londra vittoriana, spesso si generalizza, pensando da un lato alle atmosfere orrorifiche dei quartieri poveri, dall’altro al perbenismo e alle luci degli ambienti nobili. Ciò che ho scoperto, approfondendo gli studi, è una città con somiglianze incredibili con il nostro mondo: mi ha colpito, ad esempio, l’estrema attenzione alla questione ambientale, con la progettazione di parchi, lo spostamento di fabbriche dal centro cittadino per ridurre le emissioni delle ciminiere, il potenziamento della rete fognaria e molti, molti altri interventi. Inoltre, la presenza della tecnologia inizia a farsi sentire, mi vengono in mente il telegrafo e i raggi X, oppure i movimenti politici progressisti, in grado di unire donne, operai, classe media. Londra è diventata una sorta di specchio del mondo, sono rimasta affascinata dalla tenacia di quanti combattevano, e combattono tuttora, per renderlo un posto migliore.
Giuseppina Capone

Dior presenta la collezione in Corea del Sud

Dopo la sfilata dello scorso anno a Shanghai, durante la quale presentò per la prima volta  in passerella la sua pre-fall donna, Dior, decide di  proporre la sua pre-fall 2022 il prossimo 30 aprile a Seul, in Corea del Sud.

Maria Grazia Chiuri, designer del marchio Dior, ha disegnato l’intera collezione,  (presentata online a dicembre 2021). La stampa internazionale ha diffuso l’annuncio della maison, seguendo quello attinente alla sfilata P/E 2023 uomo, che si terrà il 19 maggio a Los Angeles.  Lo show si svolgerà all’interno di un’università femminile privata a Seul (Ewha Womans University 1886). La casa di moda francese collabora con la Ewha Womans University ai programmi educativi che promuovono l’uguaglianza di genere. Difatti, a sostenere la sfilata, sarà proprio un programma di eventi educativi organizzato in collaborazione con l’università. Il flagship House of Dior, aperto nel 2015 a Seul, è uno dei dodici negozi donna in Corea del Sud della griffe di avenue Montaigne.

La partecipazione  della cantante e attrice sudcoreana Jisoo (del gruppo Blackpink), allo show come fashion e beauty ambassador globale, ha consolidato di gran lunga il rapporto tra Dior e il Paese asiatico, e non solo; è stata di grande contributo per ottenere 140 milioni di visualizzazioni sui canali di Dior durante la settimana della moda di Parigi dello scorso mese.  “Quest’anno, la maison sta creando nuovi e forti legami con la Repubblica di Corea. Dalla nostra collaborazione con la Ewha Womans University — nell’ambito del nostro programma Women@Dior che promuove la trasmissione di conoscenze, l’educazione e la sorellanza — fino a questa sfilata a Seul, siamo più determinati che mai a celebrare gli scambi creativi e la pluralità culturale”, ha dichiarato Pietro Beccari, CEO di Christian Dior Couture.

Per la realizzazione di questa nuova collezione, la designer della casa di moda francese, si è lasciata persuadere dall’eleganza di Catherine Dior (2 agosto 1917- 17 giugno 2008), la sorella minore del fondatore, nonché sua musa ispiratrice. Catherine era appassionata di fiori e coltivava rose a Naÿssè, la fattoria di famiglia a Provenza. Infatti, gli abiti prevedono raffinati modelli tra lo stile punk e giardinaggio; abiti da contadino, grembiuli da giardinaggio e una borsa ispirata ai sacchi di iuta (sacchi che l’azienda di famiglia utilizzava per imballare il compost). Non resta altro che attendere il 30 aprile per ammirare queste meravigliose creazioni Dior.

Alessandra Federico

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