Patrizia Poli: La pietra in tasca

Emily Brontë innalza la scrittura a “pulsazione, respiro, centro assoluto del vivere”. La narrazione in poesia e prosa da intendersi come rifugio paradisiaco?

Per Emily la scrittura era una fuga di libertà nella fantasia, una trascendenza romantica, e la poesia uno sfogo privatissimo. Ma non fuggiva dalla realtà quotidiana che amava oltre ogni dire. Adorava il luogo in cui viveva, la propria famiglia e i lavori umili che volentieri svolgeva nell’ambito domestico. Tuttavia la sua immaginazione, il suo cuore potente, la sua sensibilità sentimentale la spingevano verso lidi di gloria, di passione, tormento e turbamento, dove tutto era possibile e non esistevano mezze misure. Non cercava il paradiso, lo aveva già a portata di mano, le bastava guardare fuori della finestra. Cathy, nel romanzo, ha un incubo in cui si trova nel regno dei cieli e piange disperata perché vuole tornare sulla terra, nella brughiera e fra le braccia di Heathcliff, non certo un angelo, piuttosto un demonio che solo lei sa domare.

Può fornire degli elementi circa il contesto familiare e sociale in cui l’autrice ha scritto e vissuto?

Emily ha vissuto un’esistenza tragica ma quieta, in una famiglia che la amava e non era così rozza o isolata come poi si è voluto far credere. Figlia d’intellettuali, autodidatta come i suoi fratelli, ha poi perfezionato gli studi, anche all’estero. A Haworth non c’erano grandi distrazioni ma si leggeva, si dipingeva, si suonava, si commentavano le notizie politiche e sociali. Purtroppo un’atmosfera di morte ha accompagnato questa famiglia, a partire dal luogo dove i fratelli sono cresciuti, circondato da cupe pietre tombali, fino ai drammatici fatti che li hanno strappati al mondo nel fiore degli anni, uno dopo l’altro.

Emily Brontë pare essere in piena sintonia con gli elementi della natura.

Potrebbe essere questa specifica attitudine poetica la chiave per comprendere l’autrice di “Cime Tempestose”?

Senz’altro esiste fusione completa fra natura e opera poetica dell’autrice. I suoi personaggi non sono immorali ma premorali, agiscono come gli elementi atmosferici, come un fiume che esce dal suo letto o un terremoto che scuote le fondamenta della terra. Non importa quante vittime lascino sul cammino, loro devono fare quello che fanno, cioè amarsi, azzannarsi, fondersi. Ecco perché questo romanzo è così unico, così speciale, così fuori dal tempo.

Frammenti di lettere, poesie, testimonianze guidano direttamente il lettore in questa doviziosa biografia. Interessanti sono i rapporti intrafamiliari.

Quale analisi possibile?

In realtà la mia non è l’ennesima biografia, per questo vi rimando a quella classica, e fuorviante, di Elizabeth Gaskell – da cui è tratto il mirabile romanzo di Lynne Reid Banks e che ha contribuito a creare la “leggenda dei Brontë –, a quella monumentale, moderna e innovativa di Juliet Barker o a quella poetica e struggente di Paola Tonussi.

Qui è Emily che, ormai spirito nella brughiera come la sua Cathy e il suo Heathcliff, ricorda la propria vita e rivive il romanzo. Per questo ci sono ripetizioni e rimandi continui, per questo si va volutamente avanti e indietro nel tempo, mentre i ricordi si mescolano e rincorrono, insistenti, in un flusso di coscienza inarrestabile.

Emily era se stessa solo a casa, nella brughiera, con la famiglia e con i suoi amati animali: cani, gatti, falchi. Aveva un rapporto speciale con Anne, la sorella minore, ma adorava anche tutti gli altri componenti della famiglia: suo padre, serio, burbero ma giusto e compassionevole. Charlotte, severa e timida, romantica, l’unica a diventare famosa prima della morte. Branwell, che lei non giudicava ma sosteneva nonostante le malefatte. E poi la serva Tabitha che stimolava con i racconti la fantasia dei fratelli, la zia Elisabeth giunta a sostituire la madre morta. Il ricordo pietoso e struggente di Maria ed Elisabeth, le sorelle decedute da bambine.

Una famiglia unita nella fede e nel dolore ma anche molto nell’amore per le lettere e le arti, per la politica e l’impegno sociale. Una famiglia che, dopo aver perso la madre, ha visto morire in due mesi due sorelline e poi, a distanza di anni, altri tre fratelli in nove mesi.

Lettere, poesie e testimonianze sono state la base dalle quali sono partita, dunque, ma non le ho citate né riportate nel testo.

In “La pietra in tasca” emerge l’immaginario letterario di Emily Brontë.

Può motivare il suo interesse per l’autrice?

Credo di aver letto da ragazzina una vecchia edizione di “Cime tempestose” trovata in casa. M’innamorai subito dell’atmosfera “infestata e spettrale” del romanzo. Ho cercato di riproporla nella rivisitazione del testo che compone la seconda parte di “La pietra in tasca”.  All’università, poi, scrissi una tesina sull’argomento, approfondendolo, e da allora, il bisogno di scavare nell’animo di Emily e di Charlotte, e della loro disgraziata famiglia, non mi ha mai abbandonato.

Che cos’ha di tanto travolgente il romanzo di Emily? L’eroe byronico è scisso in due e non trova nessuna controparte capace di rabbonirlo e redimerlo. In realtà l’eroe satanico trova qui la sua amata metà dell’inferno. Heathcliff e Cathy non “s’innamorano”, non si scoprono, semplicemente “esistono” l’uno nell’altra, da sempre e per sempre (e, entrambi, sono Emily Brontë).

Un libro senza scampo, senza redenzione, almeno per i due eroi principali – dove la morte non è una sconfitta o una punizione bensì un premio. Non vanno in paradiso, questi due, né all’inferno, vanno in un luogo – la brughiera – al quale entrambi appartengono; si ritrovano, tornano a fondersi, a essere di nuovo la persona che la sorte aveva diviso.

Patrizia Poli

Si è laureata in lingua e letteratura inglese.

Ha gestito per molti anni un negozio in un quartiere popolare della sua città, poi si è dedicata a tempo pieno alla scrittura.

In passato ha collaborato al blog Critica Letteraria e al sito Livorno Magazine.

Dal 2012 amministra il blog culturale collettivo signoradeifiltri.

Ha tradotto alcuni saggi dello scrittore Guido Mina di Sospiro pubblicati sulla rivista Pangea.

Ha pubblicato:

L’uomo del sorriso, Marchetti Editore 2015, segnalato al XXVI premio Calvino e recensito su L’indice dei libri del mese, romanzo storico incentrato sulle figure di Gesù e Maria Maddalena.

Signora dei filtri, Marchetti Editore, 2017, romanzo mitologico basato sulla storia di Medea e Giasone e del viaggio degli Argonauti.

Una casa di vento, Marchetti Editore, 2019, storia di sentimenti familiari difficili, ambientata a Livorno ai giorni nostri.

L’ultima luna, Milena Edizioni, 2021, romance ambientato in Africa.

L’isola delle lepri, Literary Romance, 2021, romanzo storico su Santa Margherita d’Ungheria.

Axis Mundi, Literary Romance, 2021, historical romance sul ciclo arturiano.

Post Partum, Butterfly Edizioni, 2023, scritto a quattro mani con la scrittrice ogliastrina Federica Cabras.

La pietra in tasca, Literary Romance, 2023.

Giuseppina Capone

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