Porto Torres, evento inaugurale dell’Acropoli dei Giovani

L’ultimo importante progetto di Gerardo Marotta, quello dell’Acropoli dei Giovani, ha visto il 24 ottobre un nuovo importante momento, l’evento inaugurale del Presidio di Porto Torres. Ad ospitare l’incontro il Liceo Scientifico, Linguistico e Sportivo “Europa Unita”. Il Presidio dell’Acropoli dei Giovani di Porto Torres è il frutto del protocollo d’intesa stipulato tra l’Amministrazione comunale e l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. Nell’occasione è stato proiettato il docufilm “La seconda natura”, del regista Marcello Sannino, un viaggio sulle tracce del pensiero di Gerardo Marotta, protagonista dal dopoguerra in poi della vita culturale e filosofica italiana.

“I presidi dell’Acropoli sono luoghi di incontro, confronto e formazione dedicati ai giovani e aperti a tutti coloro che hanno interesse a parteciparvi. Con questa iniziativa, le cui basi sono state poste dall’ex Assessora Antonella Palmas – ha sottolineato l’attuale Assessora alla Pubblica Istruzione, Alessandra Vetrano –  anche Porto Torres diventa ufficialmente sede del progetto, grazie all’Istituto Italiano degli Studi Filosofici e all’Istituto d’istruzione superiore “Paglietti” che ha ospitato l’appuntamento inaugurale. Prosegue l’Assessora che è stata “l’occasione per ricordare Gerardo Marotta, scomparso pochi mesi fa e promotore del programma culturale, realizzato con la direzione organizzativa e scientifica dalla giornalista Bianca Desideri, che sta coinvolgendo diversi comuni italiani”. Durante la mattinata sono intervenuti l’Assessora Alessandra Vetrano, il professor Diego Zucca, docente di Scienze storiche e filosofiche all’Università di Sassari e i professori Massimiliano Garau e Caterina Ortu, docenti dell’istituto superiore turritano. L’incontro è stato moderato dal giornalista Luigi Coppola che ha portato i saluti di Massimiliano Marotta, presidente dell’IISF, di Fiorinda Li Vigni, segretario generale dell’Istituto e di Bianca Desideri direttore scientifico e organizzativo del progetto Acropoli dei Giovani.

Discriminazioni di genere e sicurezza nei luoghi di lavoro

I temi delle discriminazioni di genere e della sicurezza nei luoghi di lavoro sono molto dibattuti. Quotidianamente i media ci propongono situazioni di discriminazioni e notizie relative a infortuni e morti sul lavoro.

Alta deve essere l’attenzione e la prevenzione così come la tutela delle vittime. Di questi argomenti si è discusso nella tavola rotonda tenutasi giovedì 26 ottobre a Napoli nella suggestiva Sala Consiglio della Città Metropolitana di Napoli, in via Santa Maria La Nova n. 43.

Due temi scottanti l’incontro che è stato un momento di incontro e scambio di esperienze e buone prassi per porre in essere ogni possibile azione per favorire l’eliminazione del fenomeno delle discriminazioni di genere nei luoghi di lavoro e per rendere sempre più sicuri i posti di lavoro per evitare malattie professionali e ancor di più morti.

Un elemento importante per raggiungere questi scopi è sicuramente quello di una maggiore attenzione alla sicurezza non solo fisica dei lavoratori ma anche psichica, un miglioramento delle relazioni e dell’organizzazione aziendali, un maggiore investimento in formazione e sicurezza.

Ai saluti istituzionali del Vice Sindaco della Città Metropolitana di Napoli, Salvatore Pace, gli interventi di Domenica Maria Lomazzo, Consigliera di Parità Regione Campania;

Isabella Bonfiglio, Consigliera di Parità Città Metropolitana di Napoli; Salvatore Adinolfi, Presidente Unisin Regionale Campania; Daniela Foschetti, Segretario Nazionale Unità Sindacale Falcri Silcea Sinfub; di CGIL Napoli in rappresentanza anche di CISL e  UIL; Antonello Sannino, Presidente Arcigay Napoli; Antonella Verde, Avvocato giuslavorista, hanno focalizzato l’attenzione sulle varie possibili forme di prevenzione e tutela.

A moderare i lavori: Bianca Desideri, Segretario Regionale Unisin Regionale Campania. Le conclusioni sono state affidate a  Giuseppe Cantisano, Capo dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Napoli. Al termine è stato siglato il Protocollo di Intesa tra la Consigliera di Parità della Città Metropolitana di Napoli e l’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Napoli al fine di prevenire e rimuovere ogni forma di discriminazione di genere.

Mazinga Z Infiniy, una nuova battaglia per il super robot

Era il 1972 quando veniva pubblicato il primo capitolo di Mazinga Z (マジンガーZ Majingā Zetto), manga scritto e disegnato dal fumettista e scrittore giapponese Go Nagai. L’opera, che nello stesso anno verrà trasposta in un anime di 92 episodi, è rivoluzionaria poiché introduce nei manga di genere mecha i super robot, ovvero robot colossali pilotati da ragazzi e caratterizzati dalla grande potenza distruttiva. Una serie in cui non solo quando l’eroe attiva specifiche armi ne grida il nome, ma dove il robot protagonista difende la Terra dall’invasione di mostri o alieni giganteschi che puntualmente vengono sconfitti.

Inoltre per la prima volta il robot acquista tratti demoniaci, poiché a seconda del comportamento del pilota può diventare un dio o un demone.

Non a caso il nome in giapponese (Ma) (ji) (n) (ga)  è scritto in caratteri katakana. La parola è composta dalle particelle ma che significa demone e jin (o shin) che vuol dire divinità, mentre la particella ga ha funzione rafforzativa. Nella mitologia giapponese i majin sono esseri magici, e la parola viene usata anche per indicare i demoni. Un termine che richiama quindi un essere divino e superiore.

Dopo anni di pace sulla Terra, il Dottor Inferno torna a minacciare il genere umano quando alcuni ricercatori scoprono, durante degli scavi interni al monte Fuji, un titanico robot che chiamano Mazinga Infinity, dotato di un potere straordinario, ovvero controllare e resettare intere galassie. Una simile abilità in mano al Dottor Inferno minaccia quindi non solo la Terra ma tutto lo spazio, motivo per cui il buon vecchio Tetsuya si mette al comando del Grande Mazinga per contrastare l’invasione. Dato questi per scomparso, entra in gioco Koji Kabuto, anch’egli ritiratosi in tempo di pace e ora pronto a tornare al comando di Mazinga Z, ultimo barlume di speranza per tutto l’universo.

Terzo lungometraggio dedicato ai personaggi creati dall’intramontabile Go Nagai, diretto da Junji Shimizu e scritto da Takahiro Ozawa, Mazinga Z Infinity farà la felicità di tutti i fan. Un film in grado  di risvegliare il bambino in ognuno di noi.

Nicola Massaro

Ricordando il poliedrico poeta Gennaro Esposito

Sfogliando le pagine del ricco e appassionato lavoro fatto da Luigi Esposito per ricordare il padre Gennaro, noto poeta contemporaneo, nato a Napoli il 3 novembre 1920 e morto il 28 febbraio 2004, si riesce solo in parte a cogliere tutta la vasta gamma di temi che hanno ispirato le sue poesie. E proprio “Puisìe e… rretàglie ‘e penziere” in ricordo di Gennaro Esposito raccoglie solo alcune delle liriche frutto della sua grande capacità poetica e della sua attenzione forte e continua ai temi a lui cari: “L’amicizia, la vita palpitante dei quartieri popolari, il disagio sociale e politico che anima la nostra città”.
Accompagnano le pagine di questo “ricordo” alcune testimonianze di amici e poeti che con lui hanno percorso un pezzo di strada nel panorama culturale napoletano o che hanno avuto il piacere di poter venire in contatto con questo poeta anticonvenzionale.
Flaviano De Luca, scriveva il 28 maggio 2014 su il Manifesto “Autore di canzoni, poeta-operaio, Gennaro Esposito è stato fra i raccontatori di una Storia collettiva di Napoli che affonda a piene mani nel sostrato della cultura orale partenopea”.
Ci piace citare anche un pezzo della storia di “Napoli è” legata a questo protagonista della cultura napoletana attraverso quanto scrive il poeta-avvocato Carlo Del Preite a proposito del suo secondo incontro con Don Gennaro, così spesso lo chiamavano amici e appassionati di poesia che frequentavano i salotti culturali napoletani: “Conobbi Gennaro Esposito nel 1994 o ’95… gli feci ricordare dell’occasione in cui ci eravamo conosciuti qualche sera prima, cominciammo a conversare piacevolmente e scendemmo insieme a Piazza Dante. Prendemmo un caffè e lo invitai a venire la domenica dopo a Via Pasquale Scura., dove all’epoca aveva sede l’Associazione Culturale “Napoli è”, nata da poco, che riceveva con grande disponibilità tutti i poeti o aspiranti tali che volevano partecipare agli incontri. Lui ci venne” e vi restò. E fra le oltre venti pubblicazioni di Don Gennaro una è stata edita proprio dall’Associazione Culturale “Napoli è” come ricorda Carlo Del Preite: “A “Napoli è” si era formato un bel gruppo, e nel 1997 Don Gennaro, io, Ettore Cicalese, Giovanni D’Amiano e Romano Rizzo, decidemmo di pubblicare insieme una raccolta di poesie in napoletano, “N’anticchia ‘e Napule”, che ebbe la prefazione di Ada Sibilio Murolo” e fu così che Gennaro si avvicinò a “Napoli è” e vi restò sempre vicino, grande poeta e caro amico del presidente Giuseppe Desideri e della sorella Bianca. Ancora oggi il ricordo degli incontri al Caffè dell’Epoca di Amedeo Pianese in via Costantinopoli dove il “Cenacolo poetico Napoli è” si riunisce è vivo in tutti coloro che lo frequentano.
Tante le testimonianze di affetto e rispetto per il poeta dai modi semplici ma capace di mostrare la grande forza della sua poesia raccolte dal figlio Luigi che ha raccolto la sua “pesante” eredità poetica e ne ha dato un assaggio nell’elegante volume edito nel 2016.
Salvatore Adinolfi

Capossela vince il Tenco. Massimo Ranieri premiato come operatore culturale

 Si è conclusa con grande successo l’edizione del Premio Tenco 2017 dedicata alle Terre di Mare. La più prestigiosa Rassegna della musica d’autore ha portato in un teatro Ariston di Sanremo pieno in ogni serata uno spaccato del cantautorato italiano trasversale con artisti che si sono cimentati in set unici e creati ad hoc come da tradizione del Premio Tenco vuole.

Vinicio Capossela, “artista dell’anno”, chiude l’edizione 2017 del Premio Tenco. “Ho portato qui a Sanremo la musica di risacca per un spettacolo che ho chiamato Cordàmi, fatto con strumenti di sole corde e pensato apposta per questa occasione”, aveva raccontato poco prima di salire sul palco dell’Ariston.  Tornato a Sanremo per la sua quinta volta  con un ensemble di musicisti e strumenti a corde tra i più vari per quasi un’ora di performance; nei panni di un “traghettatore di anime”, si è presentato seguito da Victor Herrero, Asso Stefana, Glauco Zuppiroli, Peppe Leone, dai greci Manolis Pappos e Dimitris Mistakidis, e da Jimmy Villotti, collaboratore di Paolo Conte, dando vita a un vortice di rebetiko, swing e blues, cavalcando onde di parole profonde come gli oceani che le hanno ispirate. E non è mancato un tributo al tango con ospite Flaco Biondini.

“C’avete pensato buono?” è la domanda di Massimo Ranieri poco prima di salire sul palco dell’Ariston a chi gli chiede se si aspettava di ricevere il Premio Tenco come operatore culturale. “Mi dimentico di avere 66 anni. E a ‘na certa età ricevere un tale riconoscimento ti permette di dire Io c’ero?”. Ranieri,  accompagnato dall’Orchestra Sinfonica di Sanremo diretta da Mauro Pagani, che nel 2011 ricevette dal Club Tenco lo stesso Premio, si è esibito sulle note di “Nottata e sentimento”, “Marechiaro”, “Scètate”, “Guaglione”, “Spingule francesi”. “Il cast è stato scelto in base al tema Terre di Mare, aveva spiegato il responsabile artistico Sergio Secondiano Sacchi, trattandosi di una rassegna basata su un progetto e non su una semplice sfilata di cantanti, e volendo disegnare una mappa delle realtà musicali legate alle culture marinare più rappresentative, e non solo a quelle italiane, la costruzione del cast è diventata quasi automatica. Si tratta di una manifestazione che scava nella storia, nella geografia e nel mito e con la scelta dei vari interpreti si è voluto andare in variegate direzioni stilistiche, dalla canzone popolare al rock, amalgamando la lingua italiana ai vari dialetti. Si traccia così un profilo abbastanza articolato della ricca storia della nostra canzone d’autore che è fatta di tradizione e di sperimentazione, sia musicale che poetica”.

Nicola Massaro

Spirano i venti secessionisti italiani?

Dopo il commissariamento della Catalogna, a 27 giorni dal referendum secessionista che per ora sembra aver provocato più caos che altro, tra la proclamata indipendenza e la contemporanea indizione di nuove elezioni per la Generalidad da parte del Governo centrale, è toccato alle meno temerarie Lombardia e Veneto andare alle urne, lo scorso 22 ottobre.

Il referendum consultivo in questione, che qualcuno non ha perso tempo a ribattezzare   quasi oscenamente “nordexit”, è stato rappresentato in diversi modi, ma va definito per ciò che effettivamente non è: non è stato un tentativo secessionista, non è stato il coronamento democratico delle idee indipendentiste dello “stato padano”, né il suo risultato può essere vincolante o farà entrare automaticamente Lombardia e Veneto nel novero delle regioni italiane a statuto speciale.

Piuttosto, lo si può considerare uno strumento, previsto dalla Costituzione (al terzo comma dell’art. 116) e a disposizione di tutte le regioni che vogliano prendere iniziativa nei confronti dello Stato per poter richiedere più autonomia in quelle materie definite concorrenti Stato-Regioni e pur essendo la prima volta in assoluto che ne viene fatto uso, esso non è il mezzo per ottenere alcuna scissione, né tanto meno viola l’ordinamento costituzionale.

L’esito positivo che ha avuto potrà essere utilizzato come mezzo di pressione sul tavolo delle trattative con il Governo per chiedere quella maggiore autonomia, in particolar modo fiscale, che le due Regioni hanno diritto di chiedere, anche indicendo un referendum consultivo sulla questione. Dunque, i promotori dell’iniziativa, i due Presidenti delle regioni, pur non avendo bisogno di alcun mandato popolare per poter mettere in atto il disposto dell’art. 116 della Costituzione, hanno ora la possibilità di sfruttare l’evidente vittoria del Sì e l’alta partecipazione popolare per dare maggior peso politico alla loro azione. Una mossa certamente strategica, al di là dei giudizi morali o dell’orientamento politico, ma compiuta nel solco e nel rispetto delle Istuzioni dello Stato.

Resta ferma, infatti, la procedura costituzionale per ottenere la maggiore autonomia, che prevede comunque il raggiungimento di un accordo con lo Stato che dovrà essere a sua volta approvato da Camera e Senato a maggioranza assoluta.

Che gli allarmisti tirino un sospiro di sollievo, dunque, l’Italia non è ancora sull’orlo di un conflitto sociale, né sta per spaccarsi sulla linea del Po, e nonostante da più forze politiche si siano levate grida di inneggiamento alla libertà (non si comprende bene da cosa), il referendum consultivo di Lombardia e Veneto può rimanere esattamente quello che è: un’espressione costituzionale di un Paese ancora democratico.

Rossella Marchese

Le mappe online delle migrazioni

 

La legge di Godwin nasceva nel 1990, quando Internet si chiamava ancora Usenet e affermava: “mano a mano che una discussione in Usenet si allunga, la probabilità di un paragone riguardante i nazisti o Hitler, tende ad 1”, ovvero se una discussione online, a prescindere dall’argomento o dallo scopo, va avanti abbastanza, prima o poi qualcuno paragonerà qualcun’altro ad Hitler; oggi questo avviene con i migranti.

Questa è la rivisitazione della vecchia legge di Godwin sostenuta da Max Galka, il creatore della mappa globale dell’immigrazione che si trova su metrocosm (metrocosm.com/global-immigration-map). La connessione con gli immigrati è sempre presente, che si parli di Isis, di Brexit, di Europa o di Trump.

Osservando sul sito i grafici che mostrano i flussi migratori fra il 2010 ed il 2015, i scopre, ad esempio, che in quegli anni i migranti dalla Siria verso la Svezia erano più numerosi che nel resto dell’Europa e dell’America e, consultando la mappa, si possono avere sorprese interessanti anche per quanto riguarda la portata reale delle migrazioni in Gran Bretagna e negli stessi Stati Uniti.

Controprova di questi flussi migratori che tanto sconvolgono la politica occidentale si può trovare ancora online, su un sito dal nome indicativo therefugeeproject.org: una grande mappa temporale e narrativa delle migrazioni dei rifugiati dal 1975 ai giorni nostri, basata sui dati delle Nazioni Unite e dell’Alto Commissariato.

I rifugiati oggi sono circa 21milioni, gli sfollati, a livello globale, circa 65milioni, mentre gli apolidi ammontano a 10milioni; nel 1975 erano soltanto 2.775.314. Il progetto del sito in questione è di Hyperakt, uno studio di New York, in collaborazione con il “data designer” Ekene Ijeoma e permette, anche qui, di calcolare la percentuale di rifugiati presenti nei vari paesi, oltre che di approfondire i motivi storici e politici che portano ad abbandonare il proprio paese. Tanto per capire che non sarà alzando i muri che la storia cambierà direzione.

Rossella Marchese

Fiaf Campania, le iniziative presentate dal delegato regionale Gianpiero Scafuri

Gli appassionati di fotografia, gli amatori, i giovani che si avvicinano alla fotografia sono i protagonisti di una stagione molto interessante promossa della Fiaf Campania che, con i suoi circoli attivi sul territorio, si muove grazie agli stimoli del suo delegato regionale Gianpiero Scafuri per promuovere l’arte dell’immagine. Con Scafuri ci caliamo nelle potenzialità fotografiche della nostra regione.

Una realtà fotografica quella della Campania che offre molte occasioni per gli amanti della fotografia, quale il rapporto tra fotografia e territorio?

La Campania è un territorio con tante potenzialità e ricco di creatività, non a caso vi è una buona cultura fotografica sempre più in fermento.

Una prova tangibile è la seconda edizione dell’Autore dell’Anno 2017 Fiaf Campania con 34 autori iscritti alla selezione finale nella fotografia tradizionale e 56 iscritti nella Iphonografia: sezione inserita grazie alla collaborazione con Igerscampania, per coinvolgere le giovani generazioni all’arte fotografica.

Quindi, mi auguro di riuscire ad ottenere un numero maggiore di tesserati che ci consentano di dare una giusta importanzaauna regione vivace. Ogni anno, in Italia, circa 40.000 persone ruotano intorno alla federazione in circoli, club e manifestazioni fotografiche, noi con i nostri tempi stiamo lavorando.

Cosa propone ai propri iscritti la Fiaf?

La Fiaf, che il prossimo anno compie settanta anni di attività, è una espressione nazionale nata per divulgare, sostenere e condividere la cultura dell’arte fotografica su tutto il territorio italiano. È fondatore del CIFA (Centro Italiano della fotografia di Autore) e membro del circuito internazionale FIAP (Federation Internationale de l’Art Photographique).

Principalmente offre la possibilità di entrare a far parte di un circuito dove la propria espressione artistica è valorizzata con competenza.

I soci interessati, possono contattare la delegazione regionale per concordare un incontro e valutare una eventuale candidatura al dipartimento culturale.

Mentre, durante l’anno è possibile ricevere un abbonamento alla rivista della federazione fotoit (rivista dedicata alla fotografia); una copia dell’annuario Fiaf con la pubblicazione che raccoglie la miglior produzione fotoamatoriale dell’anno in corso; monografie di un grande autore della fotografia contemporanea; un video corso per migliorare la vostra post produzione; convenzioni e sconti sul territorio nazionale.

Inoltre, i soci sono inseriti negli indirizzari di chi organizza concorsi fotografici nazionali e internazionali, mostre, workshop, e quindi ricevono bandi, inviti e promozioni. In occasione di congressi nazionali o regionali si ha la possibilità di accedere a letture portfolio dei propri lavori da parte di esperti.

La Fiaf della Campania è molto attiva sul territorio, ci parli delle iniziative portate avanti nel 2017?

Il Progetto nazionale sulla famiglia, la foto dell’anno, l’autore dell’anno nazionale e regionale, talent scout, i tanti concorsi nazionali e quelli organizzati daFiaf Campania; passeggiate fotografiche, incontri, proiezioni svolte nei circolidelnostro territorio. Una scelta ampia per tutti: professionisti, amatori e semplici appassionati.

Quali sono ancora aperte alla partecipazione dei fotografi?

La famiglia in Italia. E’ un progetto nazionale dedicato alla famiglia, il cui scopo è documentare e interpretare, attraverso la fotografia, la famiglia italiana contemporanea alla luce delle trasformazioni epocali che hanno riguardato i diversi ruoli dei suoi componenti, le identità sessuali, le esigenze economiche, il ruolo della donna, e la presenza di immigrati e italiani di nuova generazione.

Iscrizione entro il 30 ottobre 2017, presentazione opere 30 dicembre 2017.

Sono previste iniziative per i prossimi mesi?

A fine anno tutte le attività sono in fase di chiusura. Da novembre 2017 è aperto il tesseramento per i soci e i circoli/club che desiderano affiliarsi entro il 31 gennaio 2018.

Attualmente, oltre alle iniziative annuali per il prossimo anno con l’inaugurazione della mostra nazionale sulla famiglia il 16 giugno 2018 a Bibbiena,c’è il congresso nazionale del 2020 in Campania, evento su cui sto lavorando in collaborazione con il vice presidente Attilio Lauria. Abbiamo già alcuni contatti positivi e mi auguro che in questa occasione il nostro territorio riuscirà a distinguersi. Parallelamente stiamo anche valutando alcune disponibilità per realizzare una galleria Fiaf nel capoluogo campano: un luogo dove ci si nutre di fotografia con mostre e dibattiti sui grandi autori. Fiducioso di questo progetto, mi aspetto che la città di Napoli sia onorata per la scelta e ricambi con energia il nostro impegno.

Alessandra Desideri

 Mimì Capatosta, l’utopia della normalità

“Abbiamo scelto di lasciare parlare il cuore anziché le paure”.  La frase che risalta nel bianco assoluto della quarta di copertina, svela una matrice ideologica che permea le pagine di un saggio uscito in libreria lo scorso tre ottobre, edito da Fandango Libri per la collana documenti. Mimì Capatosta è l’ultima fatica letteraria di Tiziana Barillà, giornalista scrittrice, già inviata del settimanale Left, cofondatrice della testata www.ilsalto.net. Il sottotitolo (Mimmo Lucano e il modello Riace) con l’immagine del faccione sorridente del protagonista, cattura l’attenzione del lettore per scoprire una micro realtà italiana, la cui portata ha suscitato un’attenzione mediale internazionale nell’incontro di più dinamiche storiche complesse, realizzatosi in una specifica terra del sud d’Italia, la Locride.

Il libro tratta le vicende che nell’ultimo ventennio hanno cambiato la vita sociale di Riace e di una zona importante del territorio circostante, grazie all’azione politica e sociale impressa da Domenico Lucano, dal 2004 sindaco nel comune già noto per il ritrovamento marino dei “bronzi” nell’agosto del 1972.  Il suo progetto politico istituzionale è assurto ai primi posti nelle classifiche della popolarità globale, grazie al report pubblicato nella primavera del 2016 dalla famosa testata americana Fortune. Nella consueta classifica annuale dei cinquanta World Greatest Leaders, gli uomini e le donne più influenti nel mondo, fra Obama, Papa Bergoglio, Angela Merkel e i più noti profili, al quarantesimo posto, unico italiano, c’è Mimmo Lucano.  La motivazione di questo straordinario riconoscimento che attesta l’essere il migliore sindaco del mondo, consta nell’aver applicato nell’estremo sud d’Italia, alle falde dell’Aspromonte, “l’utopia della normalità”.  Una pratica avviata sin dal 1998 con lo sbarco a Riace di centinaia di profughi curdi. Nei suoi mandati istituzionali da sindaco, Lucano ha ospitato oltre seimila migranti che hanno ripopolato Riace, rendendo il centro della Locride un melting pot multietnico con oltre una dozzina di diverse nazionalità extra comunitarie. Un processo in netta controtendenza rispetto alla visione percepita del “problema” immigrazione nel nostro Paese: dagli albori degli anni novanta con le crisi di Albania e Balcani, sino ai giorni nostri con l’ecatombe nel Mediterraneo e la gestione del problema da parte dell’Unione Europea.

Il “modello Riace” scompagina la consueta vulgata nei confronti degli immigrati, considerati rifugiati e prima emergenza nazionale.  Nella Locride è la comunità locale che cerca, accoglie e ringrazia gli ultimi arrivati. Riconosciuti come chi ripopola paesi e centri storici abbandonati. Per la prima volta i migranti sono messi nella condizione di ricreare un tessuto urbano e cittadino fatto di relazioni e avviamenti per una serie di lavori che ricreano un’attività economica. Sostenuta con i progetti e i fondi europei per le politiche di accoglienza (s.p.r.a.r.) che creano nuovi posti di lavoro specifici per settanta, ottanta unità, fra mediatori culturali e addetti alla logistica a trecentosessanta gradi, di una sana e sostenibile integrazione. Non è un’operazione semplice, quella che conduce un ghanese a diventare il responsabile della raccolta differenziata, attrezzato con piccoli carretti fra i vicoli stretti del centro storico.  Così decisiva risulta la fruizione di vecchie case abbandonate da oltre cinquant’anni dai riacesi emigrati all’estero e ripristinate all’abitazione delle nuove famiglie arrivate. Per non dimenticare la potabilizzazione di una sorgente d’acqua che affranchi l’uso dell’acqua, bene comune e gratuito, dai monopoli affaristici di dubbia provenienza. Non è una favola la narrazione partita “dal basso”. Quella di Tiziana Barillà ha vissuto le fasi salienti di una vera e dura contrapposizione sorta a Riace nel 2016 fra l’amministrazione, la comunità calabra e le istituzioni centrali del governo italiano. Impossibilitato secondo l’impianto normativo vigente a riconoscere le iniziative di Lucano, volte a fronteggiare la sospensione o i ritardi dei fondi utili a continuare i progetti avviati. Nodo controverso, l’adozione di un sistema di “moneta locale” basato sullo scambio di bonus cartacei, equiparabili a buoni prepagati, raffiguranti, secondo il controvalore di scambio, personaggi storici dalla chiara vocazione rivoluzionaria. Lucano non è l’iconografia dell’uomo solo al comando. La sua popolarità recente ha già calamitato nel territorio troupe di editori tv (Beppe Fiorello ne ha già vestito i panni per una fiction di prossima programmazione televisiva) ed è già fiorente una narrativa indotta.

Il testo di Barillà, è un memoriale inedito, “un atto dovuto” secondo la direttrice editoriale di Fandango, Tiziana Traina che insieme alla scrittrice e allo stesso Lucano, ha partecipato alla prima presentazione del libro, avvenuta a Roma presso la sala stampa della Camera dei Deputati, (https://www.youtube.com/watch?v=iJ8Vy4pi4O4) lo scorso quattro ottobre.

Leggere le pagine di Mimì Capatosta, conduce inevitabilmente il lettore a vivere da cittadino, quei territori troppo “periferici “rispetto alle istituzioni dello Stato, dove la distanza fra giustizia e legalità, come ricorda anche Davide Mattiello nella presentazione citata, diviene pericolosamente enorme. La tendenza ricorrente, in una comunicazione superficiale, quando non di parte, nel creare miti o personaggi, declina in questo caso un passaggio da circoscrivere se non da archiviare. Rimane viva, a prescindere dai testi, dalle capacità talentuose di singoli individui libertari o anarchici, secondo le diverse interpretazioni, la contaminazione solidale di una comunità che scopre la via di una convivenza possibile, grazie anche e soprattutto all’aiuto di territori, comuni diversi e lontani. Protagonista, non solo nel libro, quanto nelle iniziative collegiali, le Rete dei Comuni Solidali (Recosol), rappresentata da Chiara Sasso.

Nella Locride, un territorio, impossibile dimenticarlo, condizionato pesantemente da presenze criminali, cristallizzatesi nelle strutture apparentemente più credibili o istituzionali, il modello Riace non è più utopia. Le iniziative degli ultimi giorni avviate dalla Procura di Locri che indaga sulle attività amministrative di Lucano confermano la necessità di approfondire e conoscere una realtà che coinvolge in ogni caso la nostra vita quotidiana.

Luigi Coppola

Dal 1° gennaio 2018 gli insetti arrivano in tavola: “no” dal 54% degli italiani

Alcuni ristoranti di fascia elevata a Bangkok hanno iniziato a includere nei loro menu piatti a base di larve, mosche e simili. A detta degli studiosi l’entomofagia potrebbe essere la chiave per un’alimentazione più ecosostenibile nel prossimo futuro. Scorpioni, grilli e formiche che dai prati arrivano direttamente nelle tavole degli italiani. Dal primo gennaio 2018, come segnala Coldiretti, anche nel nostro Paese si potranno produrre e vendere gli ingredienti per il cosiddetto novelfood, come previsto dal nuovo regolamento dell’Unione europea. E quindi spazio agli insetti come nuova frontiera alimentare. Piatti che all’estero, soprattutto negli Paesi orientali, sono considerati vere e proprie prelibatezze e che presto potranno essere acquistati e consumati anche in Italia. Come gli spiedini di grilli o di cavallette dalla Thailandia, tarantole fritte e millepiedi al forno dalla Cina, la Coldiretti ne ha dato un assaggio al Forum internazionale dell’agricoltura di Cernobbio, con ricette che hanno coniugato la tradizione della cucina italiana con i nuovi e insoliti ingredienti, dalla pasta all’uovo condita con i grilli ai vermi giganti della Thailandia.

Si tratta di una novità che vede contrari ben il 54% degli italiani che li considerano estranei alla cultura alimentare nazionale mentre sono indifferenti il 24%, favorevoli il 16% e non risponde il 6%, secondo una indagine Coldiretti. “Al di là della normale contrarietà degli italiani verso prodotti lontanissimi dalla nostra cultura alimentare, l’arrivo sulle tavole degli insetti solleva dei precisi interrogativi di carattere sanitario e salutistico ai quali è necessario dare risposte, facendo chiarezza sui metodi di produzione e sulla stessa provenienza e tracciabilità degli insetti”, ha dichiarato il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo nel ricordare che “la maggior parte dei nuovi prodotti proviene da Paesi extra Ue, come la Cina o la Thailandia, da anni ai vertici delle classifiche per numero di allarmi alimentari”. Di fatto, sono circa 2mila le specie di insetti che sono considerate commestibili. Il loro utilizzo in cucina è fortemente promosso dalla Fao, l’organizzazione Onu per l’alimentazione e l’agricoltura, secondo la quale il consumo di questi animali sarebbe un valido alleato contro la fame nel mondo. Sono già 2 miliardi le persone che li mangiano e che assicurano che il sapore degli insetti non sia niente male, ma che anzi somigli a quello di animali come il pollo e il tacchino. Ma i più tradizionalisti, per il momento, possono tirare un sospiro di sollievo: è ancora lontano il giorno in cui una ‘spaghettata’ di scorpioni sostituirà il ragù della domenica.

Nicola Massaro

 

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