Il bambino che disegnava le parole

Molto più di un libro, il lavoro di ricerca di Francesca Magni, scritto con la mano del cuore, accende attese luminose per tante famiglie relegate al buio silente della sofferenza.

Se la “lettura è un piacere che chiede di essere condiviso”, l’autrice de “Il bambino che disegnava le parole”, in libreria dallo scorso settembre per i tipi di Giunti editore, compie in pieno l’obiettivo racchiuso nella sua stessa citazione. Il naturale amore per la scrittura e la narrativa, fruibile in rete nel suo blog letterario (http://www.lettofranoi.it/) superano con estremo impegno, non scindibile da pulsioni emotive e sentimenti forti, il guado non sempre scontato fra l’essere giornalista e scrittore. Il risultato è un libro che, per usare un eufemismo, potremmo pensarlo come un ibrido.  Ovvero, coerentemente ai contenuti e ai vasi comunicanti (emozioni e nozioni fondono una struttura complessa sempre lineare), il testo rifugge catalogazioni o etichette che coinvolgono quotidianamente il mercato della narrativa italiana.

Un romanzo storico? Contemporaneo o di formazione che evolva in un saggio denso di riferimenti scientifici, perciò con una valenza ampia, questo lo valuterà il lettore che, riteniamo, non potrà fare a meno di provare soddisfazione e un intimo desiderio di ringraziamento nei confronti dell’Autrice. Coraggiosa, non solo per avere reso pubblica la vicenda privata del figlio alle prese con la scoperta della dislessia all’età di dodici anni, quanto nell’affrontarne temi e interlocutori di diversa e variegata portata.

“Inoltre le neuroscienze sostengono che una scuola prestazionale finalizzata alle continue verifiche, in cui si studia stimolando solo la memoria a breve termine per il superamento dei singoli test, produce in tutti gli studenti, non solo nei dislessici, un apprendimento labile e non persistente.” 

L’enunciato stralciato dalla seconda appendice inclusa nel testo, che potremmo pensare come l’approfondimento divulgativo scientifico, ripropone nell’istituzione scolastica pubblica un ruolo essenziale.

Il racconto impetuoso parte con l’improvvisa renitenza alla scuola di Teo, il dodicenne, bello e bravissimo nel rendimento didattico sino al compimento delle scuole primarie. Di fronte alla crescente regressione nei voti scolastici, ai grossolani errori ortografici, a una serie di comportamenti non previsti con allarmanti crisi di panico, il ricorso agli specialisti è inevitabile, la diagnosi risulta evidente: Teo è dislessico.

La conclusione della terapeuta avvia un percorso inedito e sconosciuto per i genitori dello studente, e per la sorella più piccola, Ludovica, che somatizzerà con altri sintomi e criticità il disagio che permea l’intera famiglia. Con un linguaggio fluente, favorito dall’originale uso della seconda persona nella voce narrante e dall’altrettanto inedito ricorso a un carattere di stampa, mamma Francesca facilita la lettura, depurandone gli elementi ansiogeni. Il ritmo è necessariamente spasmodico rispetto alla condivisione con il lettore dello stato d’animo realmente vissuto. Alcuni episodi chiave non risparmiano alcuna reticenza nelle prove cui è sottoposta l’intera famiglia. Magni sdogana con un’ammirevole e responsabile volontà alcuni stereotipi radicati in una società manichea, sempre più scollegata con le giovani generazioni. Ne segnaliamo quelli più evidenti.

 “La diversità come ricchezza e opportunità”:  uno slogan sbandierato con una smodata disinvoltura da più parti sociali, è opportunamente smontato nell’evolversi del testo che, al contrario, rivela una fatica estrema nel presentare il soggetto riconosciuto dislessico come titolare di una variante neurologica. Questa elabora l’apprendimento traducendone lettura e relativo linguaggio, secondo un “assemblatore” diverso rispetto alla maggioranza dei più diffusi e comuni modelli cerebrali. Un sistema operativo (ribadendo la metafora di un calcolatore) che richieda più tabelle visuali (gli strumenti compensativi approvati nella recente riforma legislativa DSA del 2010) con dedicati piani didattici riservati agli scolari riconosciuti con tali peculiarità. Strumenti atti a partecipare il dislessico, disgrafico, discalculico, appartenenti tutti a una varietà del patrimonio genetico interessato che coinvolge una percentuale che oscilla fra il tre e il venti per cento della popolazione italiana, con estensioni importanti in altri ceppi linguistici europei come quello anglosassone. Opportunità che consentano la libera espressione del proprio codice macro, colorato, in luogo dei tradizionali programmi didattici ministeriali.

Il sistema di valutazione nell’apprendimento scolastico è un altro tema dirimente rispetto alla presenza in classe di soggetti DSA: sia nel racconto personale sia nella parte di approfondimento l’autrice dimostra come i sostegni normativi riconosciuti per una compensazione didattica necessaria per questi studenti, siano di fatto utili e maggiormente efficaci per l’intera popolazione studentesca. Un approdo concettuale che sconfessa, quando non rivoluziona un assetto culturalmente predominante, repellente a qualsiasi proposta innovativa.

Non esiste preparazione o istruzione adeguata rispetto a conoscenze ignorate dai genitori che coinvolgano i propri figli. Il senso di colpa palesato con amorevole pudore nella ritardata scoperta della dislessia di Teo, rende più vero e irrinunciabile l’afflato di solidarietà che contamina genitori, amici, insegnanti accomunati da esperienze analoghe per questo impegnatisi con maggiori sensibilità e iniziative al di fuori dei normali perimetri professionali e umani. Lo stesso concetto di normalità è seriamente posto in un’aperta discussione.  Sullo sfondo, non proprio tenue, il ruolo centrale della famiglia contemporanea, disadorna di ostentati modelli, quanto vulnerabile e fragile rispetto a un evento che ne possa minare la normale evoluzione.  Il disimpegno paterno nell’accettare un segnale di debolezza che possa segnare la stabilità psicofisica del figlio è una parte altrettanto comune quanto importante nell’economia del dolore usurante.

La Magni ne tratta con rigore e rispetto concedendosi in un altruismo a dir poco speciale, in un delicato ed emozionante equilibrio fra la sfera professionale e il suo primario ruolo materno.

Se il ricorrente dibattito sul“servizio pubblico televisivo” potesse trasferirsi ai libri, non esiteremmo proporre  l’adozione di questo testo come strumento utile per il Miur e per ogni famiglia italiana. Leggiamolo con cura e affetto.

Luigi Coppola

 

 

Il Gruppo Tecno finanzia il restauro di un’opera del Tiepolo

Il restauro di “San Domenico che istituisce il Rosario” del Tiepolo è finanziato dal Gruppo Tecno nell’ambito del progetto Rivelazioni – Finance for Fine Arts promosso da Borsa Italiana per le Gallerie dell’Accademia di Venezia.

Grazie a questo progetto che vede la collaborazione di privati e istituzioni le risorse raccolte saranno impiegate per il restauro e la digitalizzazione di opere d’arte custodite nei più importanti musei del nostro Paese. Le opere, dopo il restauro, restano in mostra temporanea nella Galleria BIG a Piazza Affari, per poi tornare alle Gallerie dell’Accademia.

A presentare l’opera del Tiepolo restaurata sono stati il Presidente di Confindustria Vincenzo Boccia e l’Amministratore Delegato di Borsa Italiana Raffaele Jerusalmi.

“Siamo orgogliosi – dichiara il fondatore di Tecno Giovanni Lombardi – di aver partecipato al progetto di Borsa Italiana per restaurare un’opera per le Gallerie dell’Accademia di Venezia. La crescita del nostro gruppo è fortemente legata al successo avuto nel Triveneto e ci fa piacere con quest’iniziativa aver supportato un’istituzione così importante come le Gallerie.”
“Questo progetto – continua Lombardi – ha un valore importante per Pmi come Tecno. Le PMI italiane, infatti, possono offrire un grande contributo alla valorizzazione del nostro patrimonio artistico e culturale, in una logica di investimento sostenibile per l’azienda e per il Paese. Rivelazioni semplifica la relazione tra azienda e museo, aggiungendo valore ad entrambi i soggetti e si è quindi dimostrata una piattaforma ottimale per le attività di mecenatismo di Pmi come Tecno.”
La Tecno è leader nei servizi alle imprese per il risparmio energetico e la sostenibilità ambientale in chiave di Industria 4.0 ed è molto attenta al mondo della cultura. Quest’anno,  ha finanziato anche l’app dedicata alla mostra napoletana su Picasso, organizzata dal Museo di Capodimonte.
Un impegno quello della Tecno in favore dell’arte che non può non essere leva per molte altre imprese a favorire il restauro e la promozione dell’immenso patrimonio artistico-storico-culturale del nostro Paese.

Alessandra Desideri

Le guerre commerciali con i loro risultati

Usa e Cina, con la controversia innescata fra i due Paesi, con le sanzioni minacciate, darebbero vita a un gioco pericoloso sia per i due Paesi e sia, per gli scambi internazionali.
Si paventa che le mosse del presidente Trump in materia di politica commerciale potrebbero sfociare in una disputa fuori controllo (Financial Times), visto che gli Stati Uniti colpiscono i settori strategici in cui la Cina sta cercando di crescere, sia in termini di quota di mercato globale che nel livello tecnologico, seguendo la dottrina “Manufacturing 2025” voluta da Xi Jing Ping. Una strategia questa che a stretto giro potrebbe non portare bene, visto che a novembre negli Stati Uniti si vota per il rinnovo di metà Camera e Senato, per cui alcune industrie e stati americani potrebbero essere particolarmente colpiti dalla ritorsione cinese. Quindi, appare difficile trovare spazi di ottimismo per una risoluzione consensuale della suddetta controversia.
Nel momento in cui le sanzioni minacciate dovessero attivarsi, la posta in gioco appare troppo alta per entrambi i paesi per cui anche nel commercio internazionale sembra valga il detto “se vuoi la pace, prepara la guerra” e attualmente si è in attesa dell’annuncio di una nuova rappresaglia cinese, senza comprendere dove questa insensata guerra commerciale condurrà il sistema degli scambi commerciali internazionali, il principale motore della crescita economica mondiale.
Danilo Turco

La complessità della questione immigrazione

Populismi e fake news si sprecano sui temi dell’immigrazione. Si diffondono pregiudizi, false certezze e addirittura probabili complotti, offrendo così una soluzione semplice nell’individuare i presunti responsabili nemici, senza volersi cimentare con nuovi problemi complessi da dover risolvere.
Una relativa novità sul tema della immigrazione riguarda l’uso spregiudicato di vere e proprie fake news, che ormai abbondano su internet, sui social network, diffondendosi così nell’opinione pubblica, fino a trovarne tracce evidenti anche nelle diverse nostre campagne elettorali. Si diffonde così la teoria risolutiva del complotto, che offre una facile conoscenza alle masse che seguono le informazioni sui media principali. Riguardo all’immigrazione, il cosiddetto complotto individua facili nemici: le istituzioni europee e americane, il capitalismo finanziario, gli Ebrei e altro, offrendo una semplice soluzione a problemi complessi e non facili, perché si tratta di una questione da affrontare in termini globali. A riguardo, nel mese di febbraio Onu e Unhcr (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) hanno presentato le prime bozze dei Global compact su migrazione regolare e rifugiati: due accordi internazionali ambiziosi e innovativi, che dovranno tradursi in impegni concreti da parte degli Stati se si vuole risolvere realmente la questione dell’immigrazione.
Entro la fine del 2018 avverrà l’adozione dei due accordi, iniziata sin nel settembre 2016, quando, con la Dichiarazione di New York, si è aperta la fase di negoziazione, su principi e impegni comuni sul fronte di migrazione regolare e rifugiati. Nel corso del 2017 le Nazioni Unite, in collaborazione con Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) e altre organizzazioni internazionali, hanno condotto una serie di consultazioni con attori locali e parti interessate per definire questa prima bozza dei due documenti, riguardanti i principi chiave che approfonditi, dovranno essere tradotti in impegni concreti. L’obiettivo riconosciuto da tutti è quello di migliorare la governance delle migrazioni, affrontando le sfide legate a quella attuale, specie con la valorizzazione del contributo offerto per lo sviluppo sostenibile. Si tratta di una pietra miliare nella storia del dialogo sulla migrazione globale.
Danilo Turco

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