Floreana Nativo: I volti della Grande Madre

La Grande Madre è una divinità femminile primordiale, rinvenibile in forme molto diversificate in una vasta gamma di culture, civiltà e popolazioni di varie aeree del mondo. Qual è la ragione della pervasività di tale figura?

Chiariamo innanzitutto che la Grande Madre è la Terra. Questo spiegherebbe l’universalità del mito. La Dea è anche la Luna con le sue maree e questo accostamento rende la donna simile alla Dea per il mistero della nascita e del periodo mestruale uguale a quello lunare. Dal mito pelasgico di Eurinome a quello finnico (Kalevala) di Luonnotar possiamo rilevare che l’universo è creato dalla Dea che esce dall’acqua, danza, si forma il vento e il vento diventa serpente per Eurinome ed aquila per Luonnotar, dall’accoppiamento nascerà il mondo. Stiamo parlando dei primordi della civiltà, il cosiddetto periodo d’oro narrato dagli scrittori greci e latini, quando non si uccideva per combattimento, ma solo per nutrirsi, la discendenza era matrilineare e c’era parità fra i due sessi. Questo periodo durò fino alla calata dei popoli indoeuropei.

La tesi che le varie divinità femminili adattabili alla concezione antropologica moderna di Dea Madre fossero intercambiabili, utili in ogni caso in ambito mitografico, è stato oggetto di dibattito. Qual è la sua posizione in merito?

La Dea Madre è una sola, ma ha diverse facce a seconda delle esigenze dei popoli. Si possono fare diversi esempi. Demetra e Kore (Persefone) sono madre e figlia e conosciamo tutti la leggenda del rapimento da parte di suo zio Ade e della prigionia agli Inferi finché non verrà liberata, ma per un chicco di melograno assaporato nel regno sotterraneo vi dovrà periodicamente tornare. È chiaramente un mito di stagionalità , ma la Dea è sempre la stessa. Demetra nella sua veste invernale e in quella primavera/estate. Non due dee, ma una sola dea. A questo esempio potremmo aggiungere quello di Cerere, sempre attinente a Demetra oppure nel Pantheon egizio la dea Sekhmet che diventa Bastet.

La simbologia della Grande Madre rimanda alla fertilità della terra, talora identificata con il suo stesso corpo, o quantomeno ritenuta l’ambito di sua pertinenza. In tal senso essa può fungere da mediatrice con il divino celeste?

Certo, la simbologia inizia dai graffiti delle caverne ed ovviamente si riferiscono al corpo della donna. Il simbolo delle onde sono le acque uterine, la spirale è il cordone ombelicale che diverrà poi il serpente e le tube di Falloppio che diventeranno il Labrys (primo simbolo della Grande Madre e che troviamo in tutte le sale di Cnosso) o la farfalla (Psiche). A Panama la dea Mur (Farfalla) con il battito delle ali crea il mondo. In ogni caso la donna è il vaso fertile che genera come la Terra. Esiste una dea primordiale celtica la Sheela – na – gig che è composta da una piccola testa e una vagina che lei allarga con le mani. È la Terra che ci fa nascere e che ci riaccoglie con la morte. Questa divinità (non bella a vedersi) verrà anche scolpita nelle pareti delle chiese irlandesi e inglesi,  le donne inumidivano un fazzoletto e lo strofinavano sulla statuina, poi a casa scioglievano la polvere in un bicchiere d’acqua e lo bevevano invocando la fertilità. Si è ritrovata l’immagine di Sheela anche sulla tomba di alcuni vescovi inglesi. Nei Celti la dea Eriù era il territorio stesso: le montagne i seni della dea, i laghi il ventre umido, i fiumi il sangue e le gole e i burroni le parti intime. Sempre per i Celti la dea Cerridwen deteneva il calderone della fertilità che rimestava, quando il calderone verrà rotto avremo il patriarcato. La dea Inanna, la prima grande dea sumera a cui seguiranno altre più note come Ishtar, instituisce il primo Hieros gamos cioè la Dea che consacra con il suo corpo un re. Da allora in poi i re, per poter regnare dovranno congiungersi con la sacerdotessa della Dea ed ogni sette anni dovranno sottoporsi alle prove di prestanza. Cioè dovranno dimostrare di saper ancora difendere il popolo, diventeranno il “re cervo” che verrà inseguito dai pretendenti nel bosco (che rappresenterà il ventre materno o della dea), se ne uscirà vivo regnerà per altri sette anni altrimenti sarà ucciso e destituito. L’uccisione verrà poi sostituita con il sacrificio di un cervo.

Nella psicologia di Jung, la Grande Madre è una delle potenze numinose dello inconscio, un archetipo di grande ed ambivalente potenza. Distruttrice e salvatrice, nutrice e divoratrice?

C’è un capitolo del mio saggio che ho chiamato “Pulchra mater sed terribilis” che corrisponde alla dualità della domanda.  Madre bella, ma terribile. Una madre severa a cui cerchiamo di sfuggire, ma di cui continuiamo a cercare l’approvazione. Il volto terribile della Grande Madre è la morte. La Dea dispensa la morte perché è necessaria per ricominciare il ciclo. Lo fa con lo sposo sacrificale per un’alternanza delle stagioni: Inanna con Tammuz (dio pastore).

Oppure è la rappresentazione vera e propria della Morte come la norrena Hell che ha metà del viso scheletrico e metà normale o Kalì, ma qui s’innesta un discorso di salvezza in quanto Kalì sconfiggerà i demoni e la coppa da cui beve è colma di energia lo shakti. In ogni caso dobbiamo a Bachofen l’apertura del dibattito sul Matriarcato che poi numerosi altri autori hanno svolto e alle pubblicazioni della Gimbutas sulle scoperte dei suoi scavi archeologici se c’è stata una evoluzione sul discorso della Grande Madre. Jung ha dato il suo apporto con l’accostamento alla psiche.

L’archetipo della Grande Madre riappare non di rado nelle opere creative della tradizione occidentale: dalla figura di Medea a certe battute e immagini del cinema di Woody Allen. In cosa consiste il fascino della Grande Madre?

Il fascino della Grande Madre è dato dalla sua universalità e  nella sua adattabilità nelle varie epoche della Storia. Medea è un caso a parte; può far orrore che la madre uccida i propri figli, ma è un discorso sull’autodeterminazione del proprio destino e quello della prole. Un ragionamento sul tipo di vita a cui i figli sarebbero destinati se lasciati al padre. Il concetto di Grande Madre può avere, come ha fatto notare Neumann, effetti deterrenti come nel caso del Flauto Magico dove la Madre inibisce la Figlia ed a maggior ragione se il figlio è maschio con un carattere debole. Ne dà un esempio Woody Allen, nella sua immensa filmologia, con un episodio del film “Edipo a pezzi” in cui l’immagine della madre compare onnipotente nel cielo di New York e sappiamo che la discendenza ebraica è matrilineare. Un altro esempio è dato da Jodorowsky con il suo libro sulla madre “Quando Teresa si arrabbiò con Dio”.

Vorrei concludere con una frase di Pindaro che ho citato nel mio libro: “Uno è degli uomini, uno degli Dei il genere, da una Madre traiamo il respiro ambedue.”.

 

Floreana Nativo spazia le sue ricerche nel mondo della saggistica per ritrovare l’origine delle religioni, dei miti, delle leggende.

Con lo Scarabeo ha già pubblicato, creando la sceneggiatura vari mazzi di tarocchi fra cui: Tarot of Sacred Feminine, Universal Celtic Tarot, Tarocchi dei Templari e Herbs & Plants Lenormand.

Diversi saggi sono usciti con “Tra le righe libri” fra gli ultimi: “Superstizione – Tra Malasorte, Ragione, Sorte e Paura.”, “Guida insolita delle piante” e “I volti della Grande Madre”.

Con Panda Edizioni ha pubblicato: “La Cucina del Delitto”, “I Benandanti. Una storia senza tempo”, “Tarocchi in cucina” “Schegge. Storie di vita vittoriana” e i saggi “Templari tra fede, malicidio e leggenda”, “I Celti. Miti, storia e religione”.

Inoltre con Amazon: La Materia in Nero dei Tarocchi e Per Sempre Inanna.

Hanno parlato di lei: Il Corriere della Sera, La Repubblica, SETTE, IO Donna, Sirio, Dampyr, La Voce del Tabaccaio, Il Messaggero Veneto, Il Piccolo, Il Friuli, Top Taste of Passion.

Sito: floreananativo.wix.com/flora

 

Giuseppina Capone

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