Quando l’Italia si tinse di giallo… un secolo di polizieschi

Circa un secolo fa gli “strilli” per la narrativa di suspance recitavano tutti più o meno: “si legge tutto di un fiato. Questo libro non vi lascerà dormire. Ogni pagina un’emozione!” e, a distanza di tanto tempo, non sono cambiati molto. Più che slogan, oggi le chiameremmo dichiarazioni di intenti, e non era un caso vedere quelle scritte campeggiare sulle copertine dei volumetti in sedicesimo lanciati da Arnoldo Mondadori sul mercato nel settembre del 1929, mentre la grande crisi non risparmiava le librerie.
Si sentiva il bisogno di una narrativa di evasione e il romanzo “poliziesco”aveva tutte le carte in regola per essere quella lettura non troppo impegnativa, adatta ad un pubblico borghese desideroso di distrazioni, ancora lontano dall’intrattenimento dei moderni mass media (la tv non esisteva e le trasmissioni radiofoniche avevano circa 1 anno di vita).
Grazie al colore vivace della copertina, scelto per la subitanea riconoscibilità del prodotto, i polizieschi mondadoriani divennero subito per tutti i “libri gialli”; l’accostamento fu spontaneo, dato che già esistevano i “libri verdi” di storia romanzata e quelli “azzurri” dedicati alla narrativa italiana, mentre qualche anno più tardi, nel 1932, con la stessa logica vennero dati alle stampe i “libri neri”, che comprendevano la serie di romanzi di Simenon con protagonista l’ispettore Maigret.
La scelta dei primi quattro titoli fu significativamente variegata: La strana morte del signor Benson, di Van Dine; L’uomo dei due corpi di Edgar Wallace; Il club dei suicidi, raccolta di racconti neri di Robert Luis Stevenson comprendente il celebre Lo strano caso del dottor Jekill e del signor Hyde; Il mistero delle due cugine di Anna K. Green, inventrice dell’espressione detective story.
Il target a cui si rivolgeva il nuovo genere era chiaramente individuato nel lettore di città, frequentatore abituale di librerie ed edicole, in cerca di suspance e brivido, ma soprattutto, della soddisfazione di assistere alla vittoria del detective, incarnazione dell’ordine e del metodo razionale.
L’iniziativa editoriale riscosse un favore immediato, 50mila copie vendute in un solo mese, tanto che nel 1930, alla collana madre dal prezzo di 5 lire a volume cartonato venne affiancata una serie “economica” di gialli, composta di fascicoli dal costo di 2 lire.
Specchio di cotanto successo fu lo stesso termine “giallo”, entrato di diritto nella lingua italiana ad indicare il romanzo poliziesco; e così, mentre in Gran Bretagna ci si appassiona alla detective novel, alla thriller story o al mystery, in Francia si legge il roman judiciaire e il roman policier, nelle librerie tedesche si trovano i kriminalroman e i detectivroman, chiamare il giallo..giallo, per merito di quei libricini di quasi 90 anni fa, rimane un piacere tutto italiano.

Rossella Marchese

Giuliana, la balenottera materana vissuta circa 2 milioni di anni fa

Durante il periodo del Pleistocene, quando la Lucania era completamente sommersa dalle acque del Mediterraneo, e della Puglia non v’erano che piccoli arcipelaghi emersi, la balenottera Giuliana doveva nuotare indisturbata in quel suo habitat e tanto si sa sul suo conto visto che dal suo ritrovamento, avvenuto casualmente nell’agosto del 2006 ad opera di un agricoltore, alcuno studio è stato compiuto su di lei. Di Giuliana conosciamo ben poco, il suo fossile, rinvenuto sulle pietrose rive del lago artificiale di San Giuliano, vicino Matera, fu trovato ormai 10 anni or sono, recuperato in 3 apposite campagne tra il 2007 e il 2011 e successivamente deposto in grosse e robuste casse dimenticate al Museo Archeologico Nazionale “Domenico Ridola”.

A tirare fuori questa storia dal dimenticatoio ci ha pensato un documentario a firma di Renato Sartini, giornalista scientifico del Venerdì di Repubblica e film maker, dal titolo: Giallo Ocra. Il mistero del fossile di Matera.

Il ritrovamento di Giuliana è unico al mondo; in concreto della balenottera sono state rinvenute 12 vertebre toraciche, diverse costole, di cui una lunga 3 metri, e la pinna pettorale, rappresentata da scapola, omero, radio, ulna e diverse falangi; del cranio, invece, che è la parte più importante dello scheletro della balena, è stata ritrovata la porzione posteriore, cioè quella parte che includeva il cervello, e una parte del rostro. E proprio il recupero del cranio ha permesso di stimare la lunghezza della balenottera, che doveva superare i 25 metri, misure attualmente raggiunte solo dalla balenottera azzurra e dalla balenottera comune, che vantano il titolo di animali più grandi del pianeta; sorprendentemente, sono state rinvenute anche le bulle timpaniche dell’esemplare, cioè la struttura ossea cava che racchiude parti del sistema uditivo dei mammiferi placentati, elemento fondamentale che ha permesso l’assegnazione dello scheletro al genere balenottera. Questo spiegano nel documentario i paleontologi Giovanni Bianucci, Angelo Varola e Walter Landini, ordinari delle Università di Pisa e del Salento che si sono occupati del cetaceo fin dall’estate della sua scoperta.

Per le sue dimensioni, la balenottera potrebbe racchiudere in sé racconti interessanti, legati alle grandi transizioni climatiche o ai movimenti endogeni del nostro pianeta, che avrebbero portato ad uno sconvolgimento della vita sulla Terra, sia nella struttura degli esseri viventi che in quella delle terre stesse a causa del movimento delle placche.

In termini di ricerca, dunque, le premesse sarebbero promettenti, ma nonostante ciò il restauro, lo studio e la musealizzazione del fossile non sono mai partiti. Le ragioni del ritardo si sono legate ad una più che problematica reperibilità di fondi e, forse, anche nella mancata comprensione dell’importanza del reperto, complice una sensibilità istituzionale tradizionalmente più legata alla conservazione del patrimonio archeologico del luogo: il lascito storico ed artistico della Magna Grecia.

Tuttavia, grazie alla pressione esercitata dall’efficace mossa comunicativa di un documentario dedicato, che si è avvalso dei patrocini (pur non onerosi) delle più importanti istituzioni scientifiche pubbliche e private su scala nazionale, la ricchezza paleontologica eclissata di Matera ha seguito un percorso di divulgazione pubblica davvero importante, dalla presentazione al Festival Futuro Remoto di Napoli, nell’ottobre 2016, ad un’interrogazione parlamentare al Ministro dei Beni, delle Attività culturali e del Turismo, a febbraio di quest’anno e ad aprile è arrivata al Quirinale.

Si spera che con questa movimentazione di animi e di mass media la situazione di Giuliana migliori drasticamente, dall’abbandono alle prime pagine delle riviste di settore e non solo, lì dove dovrebbe stare, studiato ed ammirato, il fossile più grande del mondo.

Rossella Marchese

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